Recensione Dillon's Rolling Western: The Last Ranger

La nuova avventura di Dillon soffre degli stessi problemi della precedente

Recensione Dillon's Rolling Western: The Last Ranger
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  • 3DS
  • L'esordio videoludico di Dillon e del suo affascinante mondo fatto di tinte rosso fuoco e cappelli da cowboy resta, ad oggi, uno dei picchi qualitativi più alti toccati dallo store digitale di Nintendo. Colpevole di non aver esplorato più affondo la componente strategica e di proporre un ritmo di gioco non sempre convincente, l'epopea dell'armadillo sceriffo seppe comunque strapparci un otto tondo tondo grazie al carisma dell'art design e a un gameplay intrigante, frutto dell'inusuale incontro del genere action con quello dei tower defence.
    A un anno di distanza Dillon's Rolling Western: The Last Ranger riesuma l'IP, per la felicità di tutti coloro che chiedevano a gran voce un seguito. Nonostante l'entusiasmo dei fan, giustificato vista la qualità generale dell'opera, si odono sin da subito gli scricchiolii di una formula che ha già raggiunto il punto di rottura.
    Se in passato era plausibile essere accondiscendenti con un prodotto originale, che tuttavia mal celava alcuni peccati di gioventù, oggi siamo meno indulgenti nei confronti di una software house (Vanpool, la stessa che diede i natali all'accattivamente Freshly-Picked Tingle's Rosy Rupeeland) che si è chiaramente accontentata di proporre un more of the same, poco attento a rimediare e correggere le problematiche riscontrate nel prequel.

    La vita monotona del cowboy

    Tempo dopo aver riportato pace e tranquillità nelle selvagge terre dell'ovest, il taciturno Dillon, scortato dall'inseparabile marmotta Scott, si vede costretto a indossare nuovamente i panni dell'eroe di turno. Puntuale come un orologio svizzero, la sinistra minaccia dei Grocks, luciferine creature che emergono dal sottosuolo, è tornata a sconvolgere la vita degli abitanti che popolano le isolate cittadine immerse nel deserto. Ghiotte di Mangiolini, animali d'allevamento simili a suini, le rocciose mostruosità rischiano di depredare l'unica fonte di sostentamento dei villaggi: solo l'impavido armadillo può impedire una simile tragedia, affrontando con tenacia e intelligenza gli stessi nemici già sconfitti tempo addietro.
    Le premesse narrative, intriganti solo nella misura in cui permettono a Scott di dare vita a qualche siparietto comico, ben testimoniano la principale problematica di Dillon's Rolling Western: The Last Ranger: l'eccesiva similarità con il prequel. Se non è un grosso problema imbattersi in una trama fondamentalmente identica, vista la secondarietà dell'aspetto narrativo nell'economia della produzione, è piuttosto fastidioso incappare nelle medesime problematiche riscontrate più di un anno fa.
    Come anticipato, il gioco è un tower defence che abbandona la visuale dall'alto e le meccaniche tipiche dei god game, per mettervi al comando di un avatar con cui effettuare qualsiasi operazione direttamente sul campo.
    Il gameplay è sostanzialmente ripartito in tre fasi interdipendenti, che si alterneranno pedissequamente in tutti i livelli del gioco. L'esplorazione è il punto di partenza. Guidando Dillon per gli ampi scenari avrete modo di visionare le voragini da cui sbucheranno i Grocks, raccogliere Mangiolie con cui incrementare il numero di Mangiolini e imbattervi in miniere ricche di materiali con cui potenziare e costruire postazioni difensive. Una puntigliosa ricognizione è il primo passo per vincere la partita, visto che durante la battaglia vera e propria dovrete essere rapidi e sicuri negli spostamenti.

    In queste fasi il control system si affida all'accoppiata touch-screen-analogico (o pulsanti frontali nel caso siate mancini): il primo vi permette di lanciare Dillon come fosse una pallina, mentre lo stick gestisce la direzione. Il sistema è ereditato dal prequel senza alcuna modifica e se la cava egregiamente come in passato. Anche se alla lunga trascinare continuamente il pennino sullo schermo inferiore per ridare vigore all'incedere dell'armadillo corre il rischio di stancare l'utente, il senso di velocità trasmesso è tale da controbilanciare la ripetitività dell'operazione.
    Dopo aver gironzolato a sufficienza, dovrete pensare alla fortificazione della zona. I cancelli della città, una volta potenziati, bloccano per un lasso di tempo gli assalitori. Torri d'avvistamento fungono da occhi ausiliari con cui controllare l'avanzata dei Grocks; cannoni e mitragliatrici forniscono fuoco supplementare, spesso decisivo per eliminare i nemici più deboli e ferire quelli più coriacei.
    Purtroppo ancora una volta non potrete decidere dove e quante torrette edificare: potrete farlo solo in luoghi prestabiliti, spegnendo sul nascere qualsivoglia aspirazione tattica. Il limite, già ravvisato nel prequel, è piuttosto invasivo e finisce col ledere la profondità del gameplay.
    Discorso simile anche per le battaglie vere e proprie, che ripresentano il brutto vizio di spezzare l'azione: entrando in contatto con un nemico sulla mappa verrete indirizzati in una specifica ambientazione, reale teatro della battaglia, dopo un'interruzione di qualche secondo per il relativo caricamento. Sebbene il combat system si riveli ancora una volta piacevole, incentrato com'è sull'uso intensivo del touch-screen su cui disegnare linee e picchiettare con tempismo per effettuare le mosse, il ritmo singhiozzante con cui eliminerete ciascun gruppo di Grocks alla lunga finisce per spezzare anche il più contagioso degli entusiasmi.

    Le uniche due novità ravvisabili in Dillon's Rolling Western: The Last Ranger sono relative alla possibilità di assoldare un alleato per darci man forte durante le battaglie con i mostri e alla presenza di stage in cui dovrete difendere un treno in corsa piuttosto che le mura di una città. La prima feature è un'introduzione piacevole nella misura in cui rende l'avventura lievemente più affrontabile anche per i neofiti (stiamo comunque parlando di un titolo generalmente ostico). L'altra, a discapito delle aspettative, non ha il potere di modificare così profondamente il gameplay, visto che le azioni da effettuare sono praticamente le stesse.
    Difficile insomma non biasimare l'operato di Vanpool. Per quanto stiamo pur sempre parlando di una produzione ben infiocchettata e piacevole da giocare, il ripresentarsi immutato di certe problematiche non può che indispettire la non indifferente porzione di videogiocatori che già si rifiutarono di scendere a compromessi con il prequel. Far rotolare Dillon per il polveroso deserto regala soddisfazioni, ma alla centesima interruzione per introdurci alla battaglia anche l'animo più mite verrà colto dall'irrefrenabile voglia di scaraventare il 3DS contro la parete. Non solo: l'impossibilità di dare sfogo alle proprie abilità strategiche, frustrerà gli amanti dei tower defence che troveranno limitato e fin troppo semplificato il gameplay della produzione.
    Il rammarico è ancora maggiore quando ci si ritrova ad ammirare gli ottimi modelli poligonali dei personaggi, le ispirate ambientazioni che compongono il mondo di Scott e Dillon, le favolose scene d'intermezzo caratterizzate da un art design graffiante e quando ci si accorge che perfino l'effetto 3D non da fastidio agli occhi ed è ben realizzato.
    Discreto perfino il sonoro, che può vantare un paio di componimenti in pieno stile far west ed effetti sonori ben campionati.

    Dillon's Rolling Western: The Last Ranger Dillon's Rolling Western: The Last RangerVersione Analizzata Nintendo 3DSDillon's Rolling Western: The Last Ranger è una grande occasione sprecata. Non ci voleva molto a aggiustare i pochi dettagli fuori posto del capitolo originale e proprio per questo biasimiamo l’operato di Vanpool che si è (codardamente) limitata a proporci un more of the same del tutto privo di vere novità. Così com’è, il gioco può solo sperare di fare breccia nei cuori di chi apprezzò il prequel o di coloro che si sono persi la puntata precedente, ma rimasero comunque colpiti dal concept alla base dell’epopea dell’armadillo sceriffo. Se un anno fa ci siamo lasciati conquistare dal coraggio e dello spunto creativo di Vanpool, oggi ci vediamo costretti a punire il team per non essersi applicato nell’ovviare alle evidenti lacune della propria IP. Un gioco divertente che non mancherà di fare la felicità di tanti videogiocatori, ma che non può certo aspirare ad ammaliare un pubblico eterogeneo o quello abituato a tower defence di tutt’altro spessore tattico.

    6.5

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