Recensione The Legend of Zelda: A Link Between Worlds

Antico e moderno coesistono splendidamente nel nuovo capitolo di The Legend of Zelda

Recensione The Legend of Zelda: A Link Between Worlds
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Disponibile per
  • 3DS
  • La saga di The Legend of Zelda è la più piena ed intima espressione del gioco d'avventura da quando, nel 1986, sconvolse le convinzioni dei videogiocatori. Nel corso di oltre venticinque anni i vari capitoli della serie hanno esplorato stili diversissimi, tematiche eterogenee, mondi tridimensionali e boschi fatti di pochi pixel, ma tutti hanno sempre avuto qualcosa in comune: un eroe in verde, ed un viaggio da affrontare con Coraggio, Forza e Saggezza.
    Quella di Zelda è una mitologia intricata e bellissima, che declina con una semplicità estrema ed una forza allegorica senza pari i temi del viaggio di formazione, del riscatto e della rivalsa, costruendo -con personaggi sempre uguali a sé stessi eppure diversissimi- una sua etica peculiare. Ci sono episodi criticatissimi, troppo conservativi o troppo sperimentali, ed altri osannati come pietre miliari del game design: ma perdendosi nel mistero inafferrabile di una timeline che metta in successione esatta ogni capitolo, bisogna concordare che dalle avventure nei panni di Link si esce sempre arricchiti.
    E' così anche dopo aver giocato "A Link Between Worlds", nuovo capitolo per 3DS che si riallaccia, per colpo d'occhio e dinamiche, all'indimenticabile "A Link To The Past". Chiudendo la parentesi in cell shading aperta su DS (e conclusa, purtroppo, con il non eccezionale Spirit Tracks), la carriera "stereoscopica" di Zelda prosegue dunque nella riscoperta della tradizione. Prima il remake di Ocarina of Time, e ora il recupero integrale di dinamiche che sembrano antichissime, intrise di un fascino retrò, concentrate nel valorizzare uno spirito avventuroso che negli ultimi episodi - forse un po' troppo "pilotati" e più spiccatamente narrativi - sembrava quasi perduto.
    A Link Between Worlds, lo diciamo subito, è uno dei più riusciti capitoli "moderni" della saga, proprio in virtù di questo suo costante dialogo con il passato. Per certi giocatori che ricordano con nostalgia i tempi del Nes e del Gameboy, non sarà solo un capolavoro irrinunciabile, ma un commovente ritorno alle origini del genere: di quelli che si infilano nel cuore come la spada affilata di un Eroe.

    Tante novità

    Nell'immaginario di Zelda le generazioni durano quanto un sogno. Ne sono passate sei, dai tempi di "A Link to the Past", ma tutto è ancora identico a prima: le inondazioni di Wind Waker e le migrazioni celesti di Skyward Sword sono lontanissime. Così, quando la mappa di gioco si apre rivelandosi uguale a quella che ricordavamo, un senso di dolce sgomento ci coglie.
    A Link Between Worlds si diverte a giocare coi ricordi fin dall'inizio, e lo fa poi nel corso di tutta l'avventura, recuperando il dualismo fra le lande solari di Hyrule e il Mondo Oscuro, piegato dalla volontà di potere di Ganon. In questo titolo il "doppione corrotto" della terra di Link si chiama Lorule: e come sempre i crepacci che la attraversano, le stanze logorate del castello, persino i colori smorti e tetri, raccontano la storia di un dolore antico, che ha spento la speranza di tutti gli abitanti.
    Al di là della componente scenica e dei molti rimandi all'avventura pubblicata su Super Nes, la trama di A Link Between Worlds è semplice, molto diluita, e inizialmente potrebbe sembrare quasi inconsistente. Dopo le prime, banali peripezie, il nostro Link scopre che qualcuno vuole rapire i discendenti dei sette saggi, che eoni prima unirono il loro potere per intrappolare Ganon, il male incarnato. L'obiettivo è proprio quello di risvegliare il signore oscuro: per evitarlo Link -ultimo erede dell'eroe che un tempo fermò Ganon- partirà all'avventura, trovandosi ben presto catapultato fra un mondo e l'altro.
    In questo nuovo capitolo la componente narrativa resta spesso e volentieri sottotraccia: sembra quasi che il titolo sia sviluppato per i fan di lungo corso, che non hanno bisogno di troppe parole. A loro basta un nome, un luogo, un'immagine dentro cui si accumulano significati precisi, ricordi ed emozioni. Ma forse la volontà degli sviluppatori è proprio quella di lasciare in secondo piano gli orpelli del plot, concentrando i colpi di scena nella parte finale dell'avventura e lasciando che a parlare sia soprattutto il senso della scoperta, il mondo di gioco che si svela nel rapporto così stretto con la sua parte speculare, e poi ancora la costruzione sostanzialmente perfetta dei dungeon, che finalmente tornano ad essere machiavellici e spietati.
    Superato il primo, straniante impatto con lo stile complessivo, che utilizza un motore poligonale ma "ruba" la visuale dall'alto al suo predecessore, quello che ci si apre davanti è infatti un mondo completamente libero da esplorare. Fin da subito Hyrule si concede senza riserve, spingendo l'utente a curiosare in ogni schermata. Ci sono ovviamente barriere naturali che non è possibile superare, per cui è necessario trovare i classici strumenti della saga: bombe, boomerang, martelli e arpioni. Ed è qui che A Link Between Worlds mostra le prime, consistenti novità. Sostanzialmente è possibile noleggiare quasi da subito qualsiasi accessorio, spendendo le rupie che abbiamo trovato fra l'erba alta o dentro gli onnipresenti (e fragilissimi) vasi. Starà quindi a noi decidere dove vogliamo dirigerci, scegliendo se "affittare" le bombe che permettono di far esplodere le pareti più deboli o il martello con cui spaccare le enormi rocce che ci bloccano il passaggio.
    Idealmente un approccio del genere rischia di banalizzare la progressione, e invece Nintendo riesce nell'obiettivo di mantenerla sempre stimolante ed anzi piuttosto difficile. Oltre a tutti gli accessori classici, ci accorgeremo presto di aver bisogno di abilità extra per raggiungere certe zone della mappa: le pinne per tuffarsi nelle acque profonde, i calzari per correre a perdifiato, i guanti del titano per riuscire a sollevare alcuni massi enormi. Il bello di A Link Between Worlds è proprio questa sua progressione "bipartita": da una parte il titolo concede tantissimo al giocatore, dall'altra lo costringe ad esplorare ogni angolo di Hyrule alla ricerca dei personaggi e degli oggetti indispensabili per andare avanti.

    Perfettamente in linea con la difficoltà dei capitoli degli anni '90, e dimenticandosi integralmente di una generazione di titoli che aveva voluto eliminare il senso di smarrimento, A Link Between Worlds è tremendamente parco nel darvi indizi su come proseguire. Anzi, vi lascerà soli e abbandonati, immobili di fronte ad un ostacolo che ancora non potete superare, a chiedervi come fare per andare avanti. Ecco: questa cattiveria che sembra "ancestrale" è forse l'aspetto più entusiasmante del nuovo capitolo.
    L'unico modo di uscire dalle difficoltà è insomma quello di rimboccarsi le maniche e mettersi ad esplorare l'uno e l'altro mondo, cercando quella strada che non avevamo adocchiato, quell'ingresso che avevamo tralasciato, quel personaggio che sembrava lì solo per caso.
    L'esplorazione è finalmente una componente fondamentale della progressione, ed anzi cercare affannosamente in ogni angolo di Hyrule è davvero l'unico modo per proseguire.
    Non è mai frustrante, girovagare per i boschi verdeggianti del mondo luminoso e addentrarsi nei deserti aridi di Lorule: il titolo riesce infatti ad innescare un sistema per cui ogni azione è funzionale alla crescita dell'eroe. Accumulare le Rupie serve prima per noleggiare gli strumenti (che ci verranno tolti nel caso di una sconfitta prematura), poi più avanti per acquistarli. Trovare le conchiglie nascoste nei luoghi più improbabili non è solo un semplice extra, ma permette di potenziare gli accessori e facilitarsi la vita nei dungeon.
    Che, per inciso, sono davvero fra i migliori mai visti nella saga. Ognuno è interamente basato sull'uso di un particolare strumento, ma A Link Between Worlds si distingue per un level design veramente stratosferico. La qualità degli enigmi è altissima, ed ogni labirinto è caratterizzato in maniera impeccabile da un elemento che ne determina lo stile e impone al giocatore di usare particolari strategie. Il tutto si lega poi con l'abilità di Link di trasformarsi in un dipinto e appiattirsi contro una parete, muovendosi poi lungo di essa. Quella che sembrava una maledizione terribile scagliata contro il nostro eroe si rivela invece una risorsa fondamentale per l'esplorazione, sia dei territori esterni che dei molti dungeon che costellano Hyrule e Lorule. Sulla base di una così complessa dotazione di gadget, strumenti e abilità, insomma, il team di sviluppo ha potuto sbizzarrirsi nel costruire una componente enigmistica varia, ben strutturata, che gioca con la prospettiva e stimola costantemente l'utente. Recuperare i forzieri con i tesori più rari è un'impresa che riempirà di soddisfazione, ma anche imbattersi di tanto in tanto in piccoli dungeon di dimensioni ridotte al termine dei quali si guadagnano solo Rupie trasmette un senso di profonda soddisfazione: la cura che il team ha riposto nella costruzione del mondo di gioco e dei suoi segreti è impareggiabile.
    Complessivamente, dunque, è molto probabile che, invogliati anche dalle attività collaterali, si finisca per passare assieme ad A Link Between Worlds ben più delle sedici ore necessarie per vedere la fine.

    Carattere unico

    A Link Between Worlds ha un look tutto particolare. Il motore di gioco è interamente in 3D, ma la visuale "a volo d'uccello" mima il colpo d'occhio del capitolo SNES o degli episodi portatili usciti su GBA. Le forme sono quindi molto semplici; alberi, rocce e colline sembrano quasi stilizzati, anche se la telecamera vuole sottolineare in maniera abbastanza evidente che quelli che abbiamo di fronte non sono sprite bidimensionali, ma oggetti interamente modellati. Volendo giocare anche con l'effetto stereoscopico della console (Nintendo è forse rimasta l'unica software house che davvero valorizza il suo 3D?), nel corso del gioco troviamo una miriade di elementi che "salgono e scendono" dal piano in cui ci troviamo, e addirittura interi dungeon che sono basati sugli spostamenti in verticale.
    L'insieme di uno stile così vicino alle origini della serie e di un uso tanto spericolato della prospettiva sfocia in uno dei capitoli più strani dell'intera saga, che mostra un carattere a suo modo unico. Saranno anche i tratti spigolosissimi dei dipinti in cui Link si trasforma, o i nemici ottimamente reinterpretati, o ancora i colori tanto vicini a quelli delle console a 16 bit, che sembrano quasi antitetici rispetto al rifiorire di dettagli che l'engine poligonale permette di schierare: fatto sta che A Link Between Worlds resta un capitolo con una sua personalità ibrida e proteiforme, al contempo vecchia e nuova. Forse non bellissima, ma di sicuro affascinante.
    Come affascinanti sono tutti i brani di una soundtrack che si diverte a riscoprire sonorità sopite, giocando con i brani-simbolo della serie ed esibendo arrangiamenti coraggiosi, ma anche nuovi pezzi orchestrati che riescono in maniera limpida e spettacolare ad addensare sia le atmosfere spensierate e solari del regno di Hyrule, che il senso di profondo smarrimento che si prova nel mondo d'ombra.

    The Legend of Zelda: A Link Between Worlds The Legend of Zelda: A Link Between WorldsVersione Analizzata Nintendo 3DSA Link Between Worlds è veramente un ponte che unisce due mondi. Non solo quelli all'interno del gioco, che rappresentano la luce e l'ombra, il bene ed il male, la continuità della vita e l'ineluttabilità della morte. Il nuovo Zelda traccia anche una connessione tra due universi videoludici distantissimi: si sforza in maniera esemplare di far coesistere antico e moderno, vecchio e nuovo. Da una parte i cromatismi e le forme di un'epoca quasi preistorica, dall'altra poligoni e prospettive che rappresentano le nuove conquiste tecniche dell'hardware Nintendo. E ancora una libertà inedita per la saga unita ad una difficoltà che non si vedeva da oltre un decennio, in un miscuglio di entusiasmi e smarrimenti che riesce a coinvolgere e appassionare. In questo suo mettere in risalto contrasti ed opposizioni, comunque, il risultato più importante del nuovo capitolo portatile è quello di saper valorizzare in maniera sopraffina l'esplorazione e l'incedere avventuroso, superando in questo molti degli episodi casalinghi e più in generale tanti capitoli moderni. Stravagante ed al contempo classico fino al midollo, questo episodio poliedrico e sfuggente farà struggere i nostalgici e scervellare i neofiti, finendo assieme al suo ideale predecessore nel novero dei capitoli più riusciti della saga.

    9

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