The Elder Scrolls V Skyrim si mostra all'E3 2011: la nostra anteprima

Visto dal vivo il nuovo capitolo di The Elder Scrolls. Skyrim si mostra nel corso della prima presentazione ufficiale

The Elder Scrolls V Skyrim si mostra all'E3 2011: la nostra anteprima
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  • Xbox 360
  • PS3
  • Pc
  • La demo di Skyrim presentata all'E3 2011 era la quasi la stessa che qualche mese abbiamo visionato in occasione del Bethesda Day, in quel di Park City (Utah).
    Ecco dunque che il GdR Occidentale per eccellenza torna a mostrarsi in tutta la sua vastità, pronto a convincerci della bontà di un lavoro che punta a migliorare soprattutto il fronte tecnico e la qualità della sceneggiatura. Certo, in questi ultimi anni di acqua sotto i ponti ne è passata, e sembra difficile che a livello di narrazione la creatura di Todd Howard possa far meglio dell'eccellente e dinamico Witcher 2, in arrivo su console questo autunno.
    Ma Skyrim, come avevamo anticipato nel nostro precedente articolo (che potete leggere in calce a questo piccolo aggiornamento), appare davvero un prodotto in grado di stuzzicare tutti i fan, se non altro per le nuove possibilità legate al Battle System ed alla crescita strutturata del personaggio.
    In ogni caso, per chi fosse interessato alle (poche) novità presentate in occasione dell'E3, descriviamo brevemente un nuovo spezzone giocato dal team di sviluppo. La sezione inedita della demo si ambientava in una gigantesca pianura, i cui confini si perdevano a vista d'occhio, punteggiati qua e là da alberi secolari. Il protagonista si è avvicinato lentamente a due creature davvero pachidermiche, che si aggiravano nei dintorni: un grosso mammuth ed un ciclopico gigante. La loro andatura tranquilla rivelava le loro intenzioni non belligeranti. Il mondo di Skyrim, ci dicono gli sviluppatori, sarà vivo e pieno di specie. Non tutte attaccheranno indistintamente il giocatore, proseguendo -se non infastiditi- la loro esistenza calma e riposata. Nonostante la clava del gigante appaia piuttosto minacciosa, dunque, la flemma di questa enorme creatura può rassicurare i giocatori meno smaliziati, che avranno poco da temere. Nel corso della presentazione, tuttavia, chi gioca decide di attaccare i due pacifici avventori, e comincia così uno scontro piuttosto furioso: già le dimensioni dei bestioni tradivano la loro forza, e basta un colpo ben assestato per capire che lo scontro diretto potrebbe avere esiti infausti. Meglio dunque ricorrere a magie a distanza ed a qualche “urlo”, in grado di rallentare il tempo.
    La parte finale della demo si ambienta in una torre. Il suo profilo si staglia maestoso al termine della radura, ed una volta giunti alla sommità compare niente meno che un drago. Giunge il momento per il team di sviluppo di mostrare un nuovo “urlo”: il protagonista scandisce le parole di una lingua mistica, antica, potente: esse stesse intrise di un potere enorme. Il cielo si oscura, carico di nubi minacciose, mentre una tempesta si abbatte sul nemico. E' una tattica ben precisa, ci spiegano: i draghi non possono alzarsi in volo quando sono feriti. Il grosso bestione scalpita, muove la coda nervosamente. Ma non c'è scampo: ci gettiamo contro al rettile mastodontico, decisi ad abbatterlo con qualche colpo ben preciso.
    Cade. Ogni volta è come un delirio di onnipotenza. Il corpo del Drago svanisce, lentamente, mentre la sua essenza viene lentamente assorbita dal protagonista. E' come il nocciolo fuso di un potere immenso che scorre, magmatico, nelle vene. Come il fuoco dell'immortalità che brucia nei polmoni. L'eroe senza nome alza la testa al cielo, e urla agli dei il dolore di questa nuova forza.

    Presentazione ufficiale a Park City

    Fallout è stata una bellissima parentesi. Ma Bethesda, appena conclusi i lavori sull'RPG post apocalittico (e dopo aver affidato lo sviluppo di un poco convinto seguito ad Obsidian), si è subito messa al lavoro per produrre il degno successore di quella che è la sua serie principale. Ci riferiamo ovviamente a The Elder Scrolls: un nome marchiato a fuoco nel cuore di ogni appassionato di GdR, legato ancora a doppia mandata a quel Morrowind che di fatto sconvolse convinzioni e convenzioni del mercato. Dopo l'incerta ricezione che pubblico e stampa hanno riservato ad Oblivion (diviso fra un'avventura principale dalla ripetitività desolante ed una libertà d'azione davvero senza confini), è tempo per Skyrim (quinto episodio della saga) di dimostrare nuovamente il valore della software house. In seguito ai teaser trailer ed i primi dettagli rilasciati con il contagocce, Everyeye ha avuto modo di assistere ad una lunga presentazione, che ha finalmente mostrato la faccia di questo nuovo prodotto. Un interessante “question time” con il Producer ha poi fatto luce su alcuni punti oscuri. Ed anche se abbiamo rischiato di dover aspettare una nuova generazione di console (inizialmente il team di sviluppo ha pensato di saltare il doppio appuntamento con Ps3 e 360), ad oggi le fondamenta di Skyrim appaiono solide e robuste.

    Narrazione

    Il gioco prende il nome dai vasti territori nordici del continente, in cui si ambienta l'avventura principale. Della trama si sa ancora poco, ma il team di sviluppo si diverte a stuzzicarci con qualche dettaglio inedito. L'inizio dell'avventura, come vuole la tradizione, ci vedrà prigionieri, accusati di chissà quale crimine e privi di speranza. I primi momenti di gioco saranno proprio quelli fatali, mentre il nostro boia ci conduce -impietoso- al patibolo. Ignoriamo quali saranno le vicende che ci ridaranno la libertà, ma di lì a poco ci troveremo a scorrazzare fra le aspre montagne della regione, cercando di rimettere a posto le cose. Oltre ad una sanguinosa guerra civile, che ha opposto i nove domini del regno in una lotta fratricida, anche l'incombente minaccia dei dragoni è una piaga che graffia e brucia i campi e le città. E dal momento che il protagonista dell'avventura sarà un “Dragonborn”, fra i pochi eletti capaci di controllare il potere dei draghi e delle loro antiche rune, una grande responsabilità peserà sulle sue spalle.
    L'auspicio di tutti gli utenti è che la qualità narrativa dell'avventura principale sia in qualche modo superiore a quella di Oblivion. Le prime domande, insidiose, riguardano proprio questo aspetto. Il Producer, fortunatamente, ci rassicura: “in Oblivion, lo ammettiamo, l'avanzamento era abbastanza meccanico e iterativo. Il giocatore procedeva di portale in portale, semplicemente devastando tutti i demoni di questa realtà alternativa per precludergli l'accesso sulla terra. In Skyrim cercheremo non solo di focalizzarci maggiormente sulla qualità del plot, sul pathos e sull'emotività: vogliamo anche garantire all'avventura un discreto dinamismo. Ricordiamo del resto che i draghi sono creature senzienti, vive, e dargli la caccia non è solo questione di trovarli, ma di studiare i loro comportamenti, le loro debolezze. L'interazione con queste creature può essere di varia natura, la loro propensione a comparire in determinate zone del territorio va anzitutto scoperta. La possibilità di regolare i comportamenti dei draghi permette anche di mantenere sempre alto il ritmo, facendone comparire uno all'orizzonte nel caso in cui il videoplayer sia da troppo tempo inattivo su ogni fronte”.
    Avremo modo e tempo di valutare il lavoro di revisione del team di sviluppo, consapevoli che la bellezza di Skyrim, molto probabilmente, andrà ricercata ancora una volta non soltanto guardando alla Main Quest, ma soprattutto alla grande libertà concessa in dote ad ogni videoplayer, fatta non solo di una meticolosa personalizzazione dell'alter ego, bensì di un profondissimo sostrato di inesauribili attività collaterali.

    Tradizione

    Eccolo, il mondo di Skyrim che si apre davanti ai nostri occhi. Il profilo minaccioso di montagne imbiancate, solcate dai fiumi cristallini e punteggiate dai colori delle piante, che spuntano con scostante convinzione dal profondo strato di neve. Ad ingombrare la visuale in prima persona, soltanto la sagoma di una spada e di uno scudo: il filtro attraverso cui inquadriamo il mondo. Da appassionati, ci sentiamo immediatamente a casa. Ma, ci tengono a precisare gli sviluppatori, stavolta la saga di The Elder Scroll cercherà di venire incontro anche a chi preferisce giocare in terza persona, convinto che l'immedesimazione non debba necessariamente passare dalla visuale in soggettiva. Il cambio d'inquadratura, in effetti, è indolore: il modello del protagonista è curato, dotato adesso di animazioni convincenti. Si muove finalmente con naturalezza. La scelta se mantenere la visuale “di default” oppure optare per un'inquadratura più vicina ai canoni dell'action RPG sarà dunque lasciata in mano all'utente, anche se è chiaro che le dinamiche di gioco, soprattutto per quel che riguarda il combattimento corpo a corpo, sono pensate per la visuale in prima persona. Il gameplay, da questo punto di vista, è cambiato ben poco. Bastano i trigger dorsali per combattere ed interagire con ambiente e nemici. Ognuno regola l'attività di uno dei due arti superiori, che cambia ovviamente a seconda dell'equipaggiamento. Imbracciando spada e scudo, da una parte ci si protegge con una pressione ripetuta, dall'altra si sferrano fendenti, più o meno forti, a seconda della rapidità dei tocchi. E' anche possibile colpire l'avversario con lo scudo, magari tentando di disarmarlo. Le dinamiche di combattimento all'arma bianca, dunque, sono nuovamente basate sul tempismo: si attende pazientemente la cozzata dell'avversario, e poi si risponde con foga e determinazione, stando attenti a non affaticarsi troppo consumando tutta la “stamina”.
    Ma il profilo ludico di Skyrim può cambiare in un lampo, nel caso in cui si decida di utilizzare altri strumenti. Imbracciando un arco, ad esempio, diventiamo micidiali sulla distanza, sferrando le nostre frecce acuminate e precise. Il team di sviluppo, per meglio caratterizzare la professione dell'arciere, ha ben pensato di rendere i danni da penetrazione molto più ingenti, aumentando però il tempo necessario per incoccare e scagliare una freccia. Gli assalti furtivi sono sono adesso molto funzionali, ma attenti a non farvi sorprendere da un folto gruppo di nemici in spazi ristretti: a salvarvi, in questo caso, potrebbero essere le abilità avanzate (come una sorta di bullet time che si attiva mentre si estrae un dardo dalla faretra), ma gli esiti dello scontro potrebbero essere molto più incerti.
    Se all'abilità tutta digitale nel maneggiare spada e scudo preferite la varietà da sempre garantita dalle scuole di magia, non vi resta che assegnare un incantesimo ad ogni trigger. In questo caso scoprirete un sistema che assomiglia moltissimo a quello dei Plasmidi di Bioshock, evidente fonte d'ispirazione per la revisione che ha interessato la “classe” del mago. Nel corso del playtest gli incantamenti mostrati sono stati molti: un raggio di fuoco in grado di incenerire gli avversari ed accendere le chiazze d'olio che di tanto in tanto si trovano nelle locazioni; un fulmine magico che, scagliato nell'acqua, può elettrizzare più di un bersaglio; un cono di ghiaccio che di fatto rallenta i movimenti dei nemici. Ma ancora -ed ecco che tornano le somiglianze con il capolavoro di Irrational Games- incantesimi più tattici: utilizzando “Furia” potrete infervorare un soldato e fare in modo che attacchi anche i propri commilitoni, mentre con “Detect Life” visualizzerete d'un colpo le sagome di tutti gli esseri viventi (per organizzare, semmai, come fosse una sorta di visuale tattica, i vostri assalti furtivi). Potreste anche pensare di piazzare sul terreno rune in grado di far scattare trappole magiche al passaggio di un nemico. La pluralità è moltiplicata dalla possibilità di utilizzare un incantesimo per ogni mano, combinando assieme gli effetti o raddoppiando la potenza di una singola magia. Grazie proprio all'interazione con l'ambiente appena accennata, anche il profilo del mago esplora dunque nuove possibilità.
    Dal punto di vista del gameplay, in ogni caso, è inutile nascondere che le somiglianze con il predecessore sono molte. Ma del resto, questo garantisce anche una gradevolissima ampiezza di approcci ed una discreta vivacità: il “fronte ludico” della serie è stato sempre ben protetto.
    Discretamente più soddisfacente è inoltre il sistema di progressione del protagonista: ogni singola attività compiuta in-game, dai fendenti andati a segno all'utilizzo intensivo di una scuola di magia, aumenta lentamente il grado d'abilità ad essa legato. Una volta raggiunto un nuovo livello, si potrà acquistare una skill aggiuntiva nell'ambito di competenza. Un sistema che si avvicina dunque a Fallout, impreziosito da un numero impressionante di variabili (diciotto specializzazioni con una quindicina di skill ciascuna). L'attenzione si sposta quindi dalle caratteristiche “fisiche” dell'alter ego (lasciate totalmente in secondo piano) ai “perks” attivi e passivi, in grado di definire in un lampo il profilo del vostro eroe. Il team di sviluppo conferma inoltre che, rispetto al già citato Fallout, salire di livello sarà un'impresa meno faticosa del solito. Non che il titolo sia più facile: semplicemente sono state riviste le progressioni, con un Cap fissato attorno al livello 50, in modo da garantire un'ascesa più remunerativa e la possibilità di agire più frequentemente sugli skill tree per ridefinire le abilità del vostro personaggio.

    Innovazione

    Fra i molti aspetti su cui questa presentazione ha fatto luce, indubbiamente quello che più ci lascia fiduciosi per il futuro di Skyrim è la varietà ed il dinamismo delle quest, e la meticolosa caratterizzazione delle cittadine, dei dungeon, e delle routine comportamentali degli NPC.
    Il producer spiega che adesso il sistema “Radiant AI”, deputato alla gestione delle interazioni fra giocatore e personaggi non giocanti, estende la sua sfera d'influenza dal singolo cittadino all'insieme delle “relazioni interpersonali” che interessano il protagonista. Analizzando i comportamenti del videoplayer, dunque, non solo modificherà quelli dei popolani, ma anzi si divertirà a modellare delle quest -diremmo- “modulari” cercando di coinvolgere gli NPC che con lui hanno stretti rapporti (economici, politici o -perchè no?- romantici). L'intenso lavoro di scripting che ha caratterizzato Oblivion cerca quindi adesso di svincolarsi dall'opprimente linearità che lo caratterizzava. Sfortunatamente, ancora non abbiamo riscontri diretti sul funzionamento di questo sistema, che dovrebbe di volta in volta “scrivere” le quest secondarie.
    Abbiamo potuto invece dare uno sguardo alla vita tranquilla di una ridente cittadina sorta sulle rive di un fiume. Il lavoro quotidiano dei popolani, intenti a segare i tronchi trasportati dalla corrente, a tagliare ed accatastare la legna, o a battere il ferro rovente di una spada in lavorazione, procede tranquillo nonostante le nostre interferenze. Ci dicono che nel gioco completo potremo prender parte attivamente alle attività lavorative, magari superando delle piccole prove d'abilità che ci permettano, alla maniera di un qualsiasi Fable (ma si spera con più profondità), di guadagnare qualcosa o renderci utili al bene comune.
    Scambiamo quattro chiacchiere con una donna che sembra lamentarsi di una strana ruberia. Il suo volto è espressivo, ed il sistema di dialoghi è finalmente meno “ingessato” rispetto al vecchio Oblivion: il close-up dell'inquadratura sul volto dell'interlocutore è opportuno, ma questo non impedisce di muovere un po' la visuale, guardarci intorno, esaminare le rughe d'espressione di un motion capture più attento (ma non ancora al top di questa generazione). Gli spunti per le missioni, primarie o secondarie che siano, arriveranno ora anche dalle conversazioni ascoltate per sbaglio, o origliate con intenzione malevola. Seguendo il consiglio della donna, indaghiamo oltre riguardo al furto misterioso. Scopriamo che ad un mercante è stato sottratto un prezioso artiglio d'oro, che si vocifera sia legato in qualche modo ad un potere antico. Rapidi, ci muoviamo in direzione della montagna su cui si ergeva, un tempo lontanissimo, il tempio dei draghi verso cui si sono diretti i malviventi. E' qui che avviene il primo incontro con le fiere creature alate che un tempo dominavano sul mondo conosciuto. Il drago che incontriamo resta appollaiato su di un lungo menhir dal profilo minaccioso. La sua sagoma si smuove appena ci avviciniamo: spiega le ali, e comincia a volteggiare su di noi. Scagliamo una freccia: eccolo allora in picchiata, mentre le sue fauci vomitano fuoco. Le sue grida sono minacciose, la sua mole opprimente: meglio fuggire all'interno del vecchio edificio che un tempo celebrava la sua magnificenza.
    Entrati nel “dungeon”, cominciamo finalmente la caccia al truffatore che ha trafugato l'artiglio d'oro. Si scende in un intrico di stretti cunicoli umidi, che di tanto in tanto si apre in androni cavi, fatti di guglie appuntite e pavimentazioni lacere. Dall'alto, filtra semmai la luce del sole. L'avanzamento, breve ed intenso, mostra i pregi di un level design finalmente attento e compiuto. Attraversiamo sentieri scoscesi, e poi catacombe irte di trappole, e scale a chiocciola che portano in larghe sale cerimoniali: una varietà di ambienti senza pari, in cui ci scontriamo prima con una fiera razza di non morti, poi con un ragno gigante che ha intrappolato in una fitta tela l'autore del furto. Restiamo colpiti non solo dalla vivacità delle architetture naturali, ma anche dal numero di spunti d'interazione che questa propone. Ora un ruscello sotterraneo scorre sotto i piedi di un gruppo di non-morti: una folgore magica basta per metterli tutti al tappeto. Ora un rudimentale lampadario ad olio pende instabile dal soffitto: una freccia precisa per farlo precipitare e causare una piccola esplosione. Sono tutti accorgimenti che, assieme al buon nutrito numero di cunicoli e strade senza uscita, concorrono a costruire uno dei dungeon meglio realizzati che ci sia capitato di vedere. Il team conferma, alla domanda diretta, l'attenzione profusa in questo aspetto, e la speranza è che la qualità media del level design si mantenga su questi (ottimi) livelli. Piacevolissima anche la presenza di piccoli enigmi ambientali, da risolvere con colpo d'occhio e spirito d'osservazione: cercando gli indizi in giro, o magari esaminando da vicino gli “oggetti chiave” (tutti modellati, così come le armi ed il resto dell'equipaggiamento) per scoprire sequenze di simboli o altre imbeccate.
    L'esplorazione del dungeon, recuperato l'artiglio, termina in una grande sala illuminata, dominata da un'enorme parete in cui sono incise le rune antiche della lingua dei draghi. Essendo uno dei pochi umani in grado di comprendere questo linguaggio, ci avviciniamo: fra gli ideogrammi acuminati scorgiamo una parola. E' l'occasione giusta per introdurre una delle novità dell'episodio: padroneggiando l'aspro vocalismo di questo linguaggio magico, il protagonista sarà in grado di lanciare potenti incantesimi, semplicemente “urlando” le parole dimenticate dal tempo. Le dinamiche che regolano questo tipo di incantesimi sono diverse da quelle classiche legate al consumo del mana. Ogni incantamento avrà tre diversi livelli di potenza ed un tempo di “cooldown” (in cui non potremo urlare altre formule) ad impedirci di abusare di questo potere. Starà a noi decidere se sfruttare gli incantesimi al massimo della loro potenza, urlando tutte e tre le parole della formula e restando “sguarniti” per un bel po', oppure se sfruttarli in versione “rapida”.
    Nel corso della presentazione sono stati mostrati due “urli”, in grado rispettivamente di rallentare il tempo o di scagliare una potente onda d'urto capace di spostare oggetti e ribaltare avversari. Il team ha citato la presenza di un urlo in grado di “incantare” le armi, avvolgendole con un alone di fuoco davvero letale. Ad onor del vero, tuttavia, dobbiamo ammettere che la differenza fra gli incantesimi classici e queste nuove capacità appare davvero esile: questione di semantica, si dirà. Se non che, almeno, essendo la lingua dei draghi un patrimonio comune a tutti i tipi di personaggi, anche ai guerrieri sarà consentito assaporare un pizzico di quella varietà d'approccio agli scontri che solitamente si fa apprezzare soltanto da chi abbraccia le arti magiche.
    La sessione di gioco, tornati allo scoperto, termina con il combattimento contro il drago che ci aveva accolto all'ingresso del tempio. E' uno scontro breve ma intenso, che termina con la disfatta del nobile avversario. E' allora che il protagonista, con un urlo da Highlander, assorbe l'anima del fiero dragone, mentre lo avvolge un'aura luminosa. Lo schermo si oscura, e termina il nostro incontro con Skyrim: per scoprire quale sarà la funzione delle anime accumulate, dovremo aspettare ancora.

    Question Time

    Il fuoco incrociato delle domande sovrasta Todd Howard. E' una sessione di Q&E che tenta invano di colmare le legittime curiosità della platea. Del resto esaurire le mille sfaccettature di un titolo come Skyrim nell'ambito di una presentazione è davvero impossibile. Todd annuisce il più delle volte, confermando il ritorno di tante delle possibilità che si sono fatte amare in Fallout o Oblivion. Ci saranno ad esempio le gilde, e dunque - anche se non è stato ufficialmente annunciato - le serie di quest che vi permetteranno di guadagnare il titolo di Gran Maestro.
    Torneranno i minigiochi legati all'apertura delle serrature, assieme ad altri, come si è già accennato, basati sulla possibilità di svolgere una professione rispettabile. Fra le tante, quella del fabbro, regolata da un apposito Skill Tree, permetterà di incantare le armi con le cosiddette “Soul Gem”, per aggiungere effetti al danno provocato.
    Confermata inoltre la presenza di molti avventurieri desiderosi di accompagnarvi nell'esplorazione dei dungeon e delle terre desolate. Così come accadeva in Fallout, potrete contare sul supporto di un fido compagno, dopo averne guadagnato la fiducia.
    Ritornerà infine il sistema di Housing, grazie al quale potrete costruire il vostro piccolo impero immobiliare, acquistando almeno un edificio in ogni città importante del regno. E per accumulare il denaro necessario contate pure su un sistema economico complesso e stratificato, che vi permetterà di commerciare nei territori del regno. Nel caso in cui una vita retta e regolata non faccia per voi, anche la strada del crimine -in barba alla saggezza popolare- potrebbe pagare. Fra omicidi e furtive ruberie, attenti però a non farvi scoprire, o dovreste eliminare metodicamente tutti i testimoni per evitare ripercussioni: fidatevi, avere alle calcagna la guardia cittadina non sarà certo uno spasso, soprattutto perchè in ognuno dei Domini di Skyrim le leggi saranno diverse. “Non sempre la punizione prevista per i malfattori sarà la prigione”, avverte Todd. E a noi non resta che navigare con la fantasia, almeno fino al prossimo appuntamento con Skyrim. Quel che è certo è infatti che la nuova creazione di Bethesda ha ancora tanti elementi da svelare, da qui al momento della sua uscita. Questo primo incontro ha appena scalfito la vastissima superficie ludica finemente levigata da Howard e compagni, e molte delle caratteristiche del prodotto restano ad oggi soltanto nominate. Siamo sicuri che già all'E3 novità succulente appariranno all'orizzonte.

    Orizzonti

    Prima di concludere, inevitabile qualche appunto sul fronte tecnico della produzione. Che i lavori di Bethesda abbiano da sempre sacrificato la qualità complessiva del colpo d'occhio per abbracciare una vastità senza paragoni, cercando di offrire un'esperienza fluida e senza interruzioni, non è certo un mistero. Anche Skyrim sembra alla fine procedere su questa via, prediligendo la profondità dell'orizzonte al dettaglio della texture, l'enormità dello scenario alla pienezza del dettaglio.
    E per quanto riguarda Draw Distance e quantità di poligoni visualizzata a schermo, ci sono davvero pochi paragoni in questa generazione. Certo, dai tempi di Oblivion ne è passata di acqua sotto i ponti, ed alcune produzioni esclusive per il monolite Sony hanno mostrato scorci altrettanto dettagliati e ricolmi di oggetti interamente modellati, ma per quanto riguarda i titoli “Open World” potrebbe essere davvero difficile trovare qualcosa di meglio. Inutile però gridare al miracolo: l'enormità strutturale si paga, lo sappiamo tutti. In particolare, in questa prima Built si notano non solo texture in bassa definizione, e la disordinata applicazione di mappe superficiali, ma anche qualche problema di ottimizzazione che riguarda soprattutto il tearing. Molto limitato ci è apparso il Pop-Up degli elementi: un notevole passo in avanti rispetto ad Oblivion. Interessante anche l'effetto dell'HDR, al passaggio dalle zone d'ombra a quelle di luce. Meno notevole invece il lavoro dell'illuminazione dinamica, con ombre che tremolano anche in sequenze statiche, a sporcare lievemente la scena. Ancora un poco ingessate le animazioni di alcuni personaggi.
    Celebrare a priori la magnificenza visiva di Skyrim, oggi come oggi, avrebbe davvero poco senso. Anche se il team ha cercato in qualche maniera di inserire interessanti tocchi di classe (come la neve che si accumula credibilmente sulle superfici e sugli oggetti), le imperfezioni sono tante, evidenti, e l'opportuno lavoro di rifinitura probabilmente non potrà cancellarle del tutto. Proprio perchè gran parte delle risorse computazionali sono deputate alla gestione di un ambiente davvero vastissimo.
    Non si dica però che i risultati complessivi non sono buoni: alcuni “fermo immagine” sono davvero da mozzare il fiato. Skyrim da il meglio di se, anche dal punto di vista stilistico, quando si inquadrano i panorami naturali che procedono a perdita d'occhio verso l'orizzonte, fino ad incontrare la bruma del mattino. Le guglie rocciose delle montagne, i salmoni che giocano con gli schizzi della corrente, ed il candido manto della neve che si impossessa lentamente delle strade, mentre i sassi grigi di una piccola cittadina brillano al sole, compongono quadretti digitali davvero esaltanti. Certo, gli amanti di un fantasy magari più originale e caratterizzato, potrebbero trovare il lavoro di design un po' abusato, ma la forza di The Elder Scrolls sta proprio nella sua spassionata adesione ai canoni, reinterpretati solo marginalmente, e non certo al livello dell'iconografia di base.

    The Elder Scrolls V: Skyrim Il primo incontro con Skyrim (e con Todd Howard) stuzzica la fantasia, ci lascia con la voglia di penetrare ancora più a fondo nei freddi territori del nord di Tamriel. Il titolo si mantiene nel solco della tradizione di Morrowind e Oblivion, cercando di evidenziare quanto più possibile le somiglianze del gameplay di base, ma proponendo finalmente una struttura più sfaccettata, una trama più “passionale”, un'interazione con ambiente, cittadini e sub-quest più sincera. Difficile esplorare tutti questi aspetti già al tempo della prima presentazione ufficiale, e altrettanto periglioso lasciarsi prendere la mano sul fronte dell'analisi tecnica. Per il momento, oltre alla bontà del gameplay di base, confermiamo non solo l'eccellenza del design di dungeon e quest, ma anche una vivacità discreta del combat system, come sempre “tripartito”. Il mondo di Skyrim sembra davvero ricco di possibilità, ed anche per questo attendiamo di vedere dal vivo le mille feature promesse dal producer.

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