Uncharted 3: lo abbiamo visto dal vivo all'E3 2011!

Visto dal Vivo al Playstation Experience 2011

Uncharted 3: lo abbiamo visto dal vivo all'E3 2011!
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  • PS3
  • Uncharted 3 è il vertice di una struttura piramidale capace di custodire al proprio interno una line-up ricca, ricchissima di esclusive. E’ anche un’orgia tecnologica ed estetica che mozza il fiato, a dirla proprio tutta, nondimeno è doveroso sottolineare l’importanza strategica del titolo griffato Naughty Dog, che certifica una volta di più la volontà di Sony di puntare sempre e comunque su un’utenza estremamente game oriented.
    In buona sostanza, la stratificazione dell’offerta ludica (Move, 3D) viaggia in parallelo con la consapevolezza che la frangia di giocatori cresciuta a “pane e joypad” è tutto fuorché dimenticabile, soprattutto se si vuole costruire una politica commerciale priva di istinti suicidi.
    Il senso dell’appena conclusosi Playstation Experience sta tutto qui. I giocatori sono avvertiti e nel contempo rassicurati. Se il 2010 è stato tutt’altro avaro di soddisfazioni per gli utenti PS3, l’appena sbocciato 2011 sarà semplicemente massiccio. Pronti con lo spumante?
    Ok, lo slogan “un’esclusiva al mese” è pericolosamente vicino ad un becero claim pubblicitario, eppure i giochi sono qui, a portata di mano. E allora torniamo all’inizio, e apriamo col botto. Partiamo con Uncharted 3.

    Le mille e una leggende

    Naughty Dog, dal 1996 ad oggi, ha piazzato qualcosa come 45 milioni di pezzi dei propri giochi.
    Una fucina inarrestabile di proprietà intellettuali, franchise e intuizioni tecnologiche di successo.
    Uncharted è la cuspide di una freccia che schizza veloce impalando consensi e numeri da capogiro. Uncharted 2: Among Thieves, ad esempio, è una sberla alla concorrenza da quattro dicasi quattro milioni di copie.
    Le leve usate dalla saga per sollevarsi in un mercato tanto competitivo sono presto ricordate dagli stessi portavoce del team di sviluppo, che Everyeye.it ha incontrato in quel di Londra: carisma del personaggio, storytelling intrigante, cosmesi da urlo, per un’esperienza cinematica interattiva con forti richiami ai blockbuster marchiati Hollywood.
    Difficile non includere in questa lista un senso del ritmo spiccatamente delizioso; un climax ascendente -cardiopalmico e sincopato- dalle cui morse è impossibile fuggire e che trova pochi termini di paragone nell’offerta ludica attuale.
    L’intelaiatura, per questa terza iterazione, è giocoforza la stessa. Un third person shooter con chiare inclinazioni al platforming esplorativo, una miscela in cui gli ingredienti principe si sciolgono fortunatamente in un’unica sovrastruttura.
    La prima ventata di aria fresca (!) deriva ovviamente dal setting. Il deserto, così pregno di misteri ancestrali, è semplicemente affascinante e ricchissimo di potenziali applicazioni nel versante gameplay. Gli sviluppatori hanno confermato lo sfruttamento intensivo di una location tanto atipica quanto inospitale. La sabbia del Rub’ Al Khali soffia aliti di morte continui sul collo degli avventori: tempeste, sabbie mobili, miraggi sono da prendere con le pinze anche dal presunto pronipote di Sir Francis Drake, che qui intreccia le trame zingare dell’antenato con quelle di Lawrence d’Arabia, alla ricerca della mitologica Atlantide del Deserto.
    Ancora una volta, la scrittura attinge alle fonti leggendarie che brulicano nei dintorni di figure storiche realmente esistite, andando così ad imbastire una ragnatela simbolica stuzzicante e per nulla scompaginata. Una rete sospesa fra nozionismo storico e fantasia a cui ci si abbandona con piacere, alla stregua di chi negli anni ’80 gongolava per le avventure cinematografiche di Indiana Jones.
    La città perduta di Ubar è lì, da qualche parte. Sepolta dalle mille e una tempeste di sabbia, sferzata dal vento incessante e corrosivo, nascosta agli occhi del mondo dalla mano di Dio, offeso dal viscidume e dall’empietà dei suoi abitanti.
    Il fronte narrativo godrà di un notevole ispessimento. La personalità di Nathan Drake sarà ben più marcata che nei precedenti capitoli: un viaggio a ritroso che forse potrebbe condurre a eventi cardinali del suo passato. Discorso applicabile anche alle relazioni sociali ed al ruolo dei comprimari.
    Prendiamo il rapporto Sully-Drake: le sfaccettature di una relazione attigua al concetto “padre-figlio” sono molteplici e proteiformi. I perché si uniscono alle motivazioni, agli sbagli, alle reticenze, alle menzogne. Il titolo del gioco, Drake’s Deception, è chiaramente emblematico. Non tutto è come sembra. Guai a fidarsi di quella canaglia bugiarda che è l’essere umano. Soprattutto quando porta i tacchi a spillo. L’elemento amoroso tornerà quindi anche in questo terzo capitolo. Drake è avvisato.

    Chateau

    Sotto il profilo ludico, il livello visionato -Chateau, la casa/fortezza in rovinoso disfacimento già visionata nei due brevi trailer ad oggi disponibili- dà corpo in primis alle considerazioni dei designer sull’intenzione di ampliare le ambientazioni, arricchendole di punti sensibili al contesto, di un maggior numero di oggetti con cui interagire “fisicamente”.
    Per ciò che concerne il puzzle solving, la tensione è tutta rivolta ad ingigantire le situazioni cooperative, rendendo l’esplorazione ambientale meno ovvia. In realtà, nella mezz’ora di giocato cui abbiamo assistito, tale feature è stata di gran lunga eclissata dalla componente spettacolare.
    Le nuove applicazioni del sistema di combattimento rendono Drake’S Deception ancora più fisico e coreografico. Rubare un’arma ad un avversario col giusto tempismo, divincolarsi da una presa da tergo tramite gomitate all’addome mentre si scalcia in avanti un secondo sgherro voglioso di sfruttare la superiorità numerica, scivolare tra le gambe di un avversario per parcheggiargli un doloroso pugno tra i testicoli (o quello che ne rimane), promettono un’azione diversificata rispetto ai due capitoli precedenti, più inclini alle sparatorie e medio/lungo raggio che ai combattimenti ravvicinati.
    Nuove animazioni consentono inoltre sia scalate più verosimili, ancorché degne del miglior parkour, che approcci stealth meno farseschi.
    Il proponimento “tutoriale” del livello non consente una qualsivoglia disanima sull’intelligenza artificiale, sebbene il numero copioso di avversari sullo schermo conceda spazio a troppe distrazioni (uno dei producer, per la cronaca, è passato a miglior vita un paio di volte).
    Ciò che realmente colpisce, ancora una volta, è l’andamento complessivo, che non lascia respiro al giocatore, trasportandolo in un sopraffino festival dello scripting. La scalata di una struttura verticale così articolata è scenograficamente impagabile. Il taglio delle inquadrature, il senso di urgenza anabolizzato dalla colonna sonora e dai continui cliffhanger, le diverse meccaniche incastonate senza soluzione di continuità creano un apparato tanto piacevole da giocare, quanto da guardare.
    Di certo lo schema di gioco non prevede ribaltamenti di una formula tanto cara ai precedenti episodi. Ne deriva che chi non ha apprezzato i due prequel, difficilmente scoverà autentici stimoli per abbracciare questo terzo capitolo. Ciononostante, i suoi meriti rimangono innegabili.

    Due piccoli appunti a margine. Benché l’ambientazione desertica giochi un ruolo di prima grandezza, la varietà degli ambienti ricalcherà quanto fatto con il secondo capitolo della serie.
    Massima considerazione anche del multiplayer, piuttosto apprezzato in Among Thieves, che verrà ampliato alla voce modalità. Punzecchiati dai nostri microfoni, per ora gli sviluppatori si trincerano dietro un comprensibile riserbo.
    Move, infine, non sarà supportato.

    Cocci di mascella

    Esteticamente, Uncharted 3 spinge PS3 ai suoi limiti. Sono gli sviluppatori a parlare. E dopo aver visto una primissima parte del risultato finale, non stentiamo a concedere loro la giusta dose di credito.
    La varietà delle texture, le danze dinamiche delle sorgenti luminose, l’uso dei filtri e dei particellari tratteggiano un quadro tecnico senza pari, su console.
    Di pari livello le animazioni, affinate con intense sessioni di mo-cap ad hoc (il team si è da poco trasferito in uno nuovo studio che ingloba un sezione interamente progettata per il motion tracking) e di facial capture. I risultati per ora sono strabilianti e confacenti ad un blockbuster così atteso. Blockbuster che Sony potrebbe anche usare come cavallo di troia per sponsorizzare i pannelli 3D nel mercato di massa.

    Uncharted 3 Uncharted 3: Drake’s Deception estremizza i concetti di spettacolarità, ritmo, composizione e incastro delle varie scene. Non innova in maniera radicale né rivoluziona bensì espande una meccanica collaudata e consolidata dal successo dei due precedenti capitoli. Da qui all’uscita, comunque, ne passerà di acqua sotto i ponti, o meglio, di sabbia nella clessidra di ogni appassionato, e certamente avremo modo per approfondire le tematiche lasciate in sospeso da queste primissima presentazione europea. Che l’attesa cominci.

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    Exp 2011
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