Dossier Stereotipi e Videogame - Parte2

Videogiocatori... brutta razza. O no?

Dossier Stereotipi e Videogame - Parte2
Articolo a cura di

Videogioco: semplice passatempo o qualcosa di più?

Cos’è per voi il videogioco? Un hobby, forse più divertente degli altri, forse più coinvolgente. Per alcuni però è anche qualcosa di educativo e utile per il cervello: aiuta a sviluppare la cosiddetta mentalità parallela, quella che parte quando devi calarti nelle vesti del giocatore. Non sei più la persona che sei nella vita di tutti i giorni: le tue scelte devono essere improntate al conseguimento dell’obiettivo finale del gioco, non alle tue normali abitudini.

Anche la violenza nei videogiochi, tanto criticata dai “benpensanti” è in realtà limitata ad una stretta nicchia di videogames. In questi casi, comunque limitati, dipende dal ragazzo stesso l’interpretazione: c’è chi la utilizza come sfogo per le pulsioni negative che giungono dalla vita di tutti i giorni e chi invece ne legge solo il messaggio negativo e si appropria di questa violenza anche nel quotidiano.
Allo stesso tempo però sono tante anche le critiche ai videogiochi che non trovano una risposta valida. Un esempio su tutti, quella sui valori: c’è chi sostiene che i videogames contribuiscano a far perdere di vista i valori più importanti, quelli della famiglia, dell’educazione, del rispetto. C’è anche chi aggiunge che i videogiochi tolgano non solo il tempo, ma anche l’amore per la lettura. Sono tuttavia numerosi gli studi che hanno attestato come i videogiochi non solo non limitino il tempo dedicato ai libri, ma anzi ne incentivino la lettura stimolando una complementarità di testi e paratesti (spingendo ad esempio il giovane a leggere le riviste specializzate nel settore).

Videogiocatori alla riscossa

In ogni caso, a chi vi criticherà per il vostro amore per i videogames e per la vostra passione, potrete spiegare che il videogioco pareggia questo gravissimo difetto con lo sviluppo di alcune capacità. La mentalità parallela, citata in precedenza, il dinamismo della mente, la gestione di un gruppo (virtuale): l'università Cattolica di Milano ha annunciato che strutturerà i prossimi corsi di Organizzazione aziendale, laurea triennale in Economia, curriculum in Management delle imprese, grazie alla realtà virtuale di uno dei videogochi più famosi del mondo, "The Sims".

Jaime D’Alessandro, autore di molti libri sull’argomento videogiochi (di cui l’ultimo uscito nelle edicole è Play 2.0) e collaboratore di testate quali “il sole 24 ore” e “La Repubblica”, ma anche accanito giocatore e frequentatore di comunità in rete spiega che i videogiochi sono un’esperienza importante per lo sviluppo della mente, paragonabile a quello che per i nostri genitori è stato il flipper e per i nostri nonni furono i trenini di legno. Insomma, semplicemente un gioco. E come tutti i giochi può diventare una droga, una sostanza psicotropa se la si usa senza moderazione. Il mondo dei videogames è un abisso sfumato che può creare dipendenza ma anche tante emozioni e ricordi (virtuali, ma pur sempre ricordi) tutto sta alla capacità di autoregolazione dell’utente.

Ma il videogioco ci isola dalla realtà?

Va detto però non spetta esclusivamente a noi il dover capire cosa si celi dietro al videogioco, ma anche e soprattutto a chi ci circonda e spesso esprime preoccupazione e malcontento per il nostro stato di "videogiocatori".
Quelle espresse dalla maggior parte dei genitori, per parlarci chiaro, sono preoccupazioni del tutto legittime, soprattutto quando programmi televisivi e videogiochi diventano esperienze sostitutive di occasioni relazionali, oppure quando il tempo di esposizione nell’arco della giornata si prolunga eccessivamente, quando gli stimoli sono inadatti all’età e di contenuto violento. Se male utilizzati, i videogiochi, come per altro la stessa televisione, assumono forme tutt’altro che positive fino a generare, nei casi estremi, vere e proprie dipendenze.

Tali casi sono comunque degenerazioni del videogioco per come è nato e per come doveva crescere nelle intenzioni degli sviluppatori: un mezzo per divertire e simulare situazioni particolari, che deve però restare tale. Ad oggi il videogame costituisce un mezzo originale ed interessante, il cui utilizzo può portare anche vantaggi. La grande varietà di giochi, con l’altrettanto ampia varietà di competenze che richiedono, e la straordinaria trasformazione delle nuove tecnologie vanno sempre più dissolvendo quelle barriere innalzate dalla televisione o che ci costringono ad assistere in modo del tutto passivo, azzerando l'interattività e la possibilità di coinvolgimento diretto. Questi elementi possono diventare pericolosi per la crescita del ragazzo giocatore se entrano con troppa prepotenza nella vita del giovane trasformando quello che era un semplice mezzo in una droga.

Ecco così che il videogioco per chiunque non lo conosce diventa “una droga che ti risucchia e sfocia nell’individualismo, nella perdita di cognizione di spazio e tempo, addirittura problemi psicologici.”. O addirittura: “il videogioco è un male per il bambino che è ancora incapace di distinguere: va tenuto lontano ed evitato per quanto possibile.” La stessa Repubblica del 17 novembre 1999 titolava minacciosa “Videogiochi pericolosi” e ammoniva implicitamente le famiglie riguardo ai rischi che correvano nel momento in cui ammettevano in famiglia l’uso ludico di un PC o di una console: nel videogioco è possibile abbandonarsi all’illusione infantile di un controllo onnipotente sul mondo e a quella della negazione del bisogno dell’altro. Questo solipsismo psichico, forse ben più grave del temuto rischio di isolamento sociale cui il gioco potrebbe condurre, viene inquadrato nel più ampio contesto dei rischi connessi all’uso dei videogiochi: da quelli per la salute, in particolare le crisi epilettiche, a quello del gioco coatto e della dipendenza, agli effetti sul rendimento scolastico, fino alla psicologia vera e propria.

Oltre a questo altri problemi temuti dai genitori sono obesità, problemi muscolo scheletrici, oculari e perfino nervosi: crisi convulsive, tendenze aggressive e desensibilizzazione della violenza. Senza però arrivare a casi estremi, l’utilizzo dei videogiochi comporta quasi sempre i seguenti svantaggi: la riduzione del tempo dedicato a studio, sport, musica, lettura con conseguente isolamento e difficoltà nel relazionarsi con i coetanei; perdita di tempo ed omologazione.

I vantaggi del videogioco

Allo stesso tempo sono però molte le cose che il giovane può imparare giocando, a partire dalle capacità strumentali che derivano dal giocare utilizzando particolari accessori, come ad esempio la capacità di usare un pc, almeno nelle sue funzioni elementari e di prendere confidenza con mezzi come mouse e tastiera. E’ più difficile che gli adulti non genitori riconoscano dei meriti al videogioco, in particolare il divertimento e la creatività del giocatore sono sottostimate dalle persone che non giocano. Nonostante ciò, secondo le statistiche, è universalmente riconosciuto che il bambino o il ragazzo che si impegna al videogioco usufruisce di: maggiore stimolo a fare attenzione ai particolari, sviluppo della memoria, della logica, della fantasia, dell’intelligenza e delle strategie, promozione della coordinazione occhio - mano, miglioramento della percezione visiva e dell’analisi delle situazioni complesse.

Ma forse il vantaggio maggiore dei videogiochi è quello di essere un potentissimo medium capace di unire trasversalmente. Come abbiamo già dimostrato negli scorsi numeri, il videogioco è prima di tutto un fenomeno di aggragazione, che permette ai giovani di confrontarsi e socializzare. Oltre però a questa capacità di collante (che va al di là del ceto sociale e delle differenze culturali e caratteriali) c’è anche l’unione intergenerazionale, ovvero il confronto tra diverse generazioni. E’ il caso di un padre che gioca con il proprio figlio alla PlayStation o di un adulto che argomenta con i propri figli riguardo ai videogames: tali casi sono purtroppo rari nel nostro Paese, come dimostrano le statistiche: solo l’1% dei ragazzi dichiarano di giocare con i propri genitori, anche se l’8% dei ragazzi dicono che sono stati i genitori stessi ad insegnare loro a giocare.

Perché gli adulti odiano frequentemente i videogiochi?

E’ più frequente però che i genitori prendano le distanze dai videogiochi, sostenendo che "sono un gioco povero, non come i trenini di legno, quelli sì che stimolavano la fantasia". O anche che "i videogames sono solo per bambini, gli adulti hanno altri passatempi." Spesso però la demonizzazione del videogioco va letta attraverso una chiave strettamente psicologica: la vecchia generazione tende a demonizzare tutto ciò che c’è di nuovo, perché in quanto nuovo non è conosciuto e perciò fa paura.

Accadde alla generazione precedente con i flipper, e prima ancora con le televisioni, è un meccanismo comprensibile che genera tuttavia pregiudizi (soprattutto tramite le campagne stampa) che derivano solamente dalla paura di qualcosa che non si conosce e che per questo va temuto. Se si imparasse a conoscere questo nuovo mezzo forse si riuscirebbe ad apprezzarlo di più e a sfruttarlo in modo costruttivo. Si potrebbe senza dubbio controllare meglio l’utilizzo del pc da parte dei più giovani: già oggi non si può aspettare che sia il ragazzo da solo a darsi dei limiti. Sono gli stessi giovani a sostenere che i genitori non li controllano a sufficienza: i genitori stessi per controllo, il più delle volte, intendono solo la presenza in casa.

Insomma, ad oggi per controllo dei videogiochi si intende quasi sempre una semplice osservazione, mentre per poter davvero evitare che i videogiochi diventino pericolosi è necessario ricorrere al dialogo (che può avvenire solo se si conosce davvero il mezzo in questione) tramite il quale si può davvero entrare nel merito del gioco. E anche nel caso della dipendenza da PC è raro che i genitori intervengano, sia perché non si rendono conto dei problemi del bambino sia perché è difficile ammettere di non esser stati in grado di evitare che il proprio figlio facesse un cattivo uso degli strumenti a sua disposizione.

stereotipi e videogame I videogiochi, come tutte le cose, portano con sè vantaggi e svantaggi, uniscono e separano generazioni, razze e sessi. Non sono una cosa buona nè cattiva, ma possono diventarlo a seconda dell'uso, o dell'abuso, che ne facciamo. Si tratterebbe, infondo, solo di un gioco e come tale andrebbe preso: impariamo a conoscerli e a conoscerci, facciamone l'uso più adatto, cerchiamo di sfruttarli per imparare, sfogarci e anche per divertirci. E ora forza, riprendiamo il joystick e facciamo un'altra partita!

Altri contenuti per stereotipi e videogame