Dossier Stubbs the Zombie

Il ritorno dei morti dementi

Dossier Stubbs the Zombie
Articolo a cura di
Disponibile per
  • Xbox
  • Xbox 360
  • Pc
  • L’alba dei morti viventi

    Pubblicato nell’ottobre del 2005, Stubbs the Zombie ha vissuto una release caratterizzata da un’immeritata disattenzione da parte di pubblico e critica. La causa di ciò è da ricercarsi, molto probabilmente, nell’imminente uscita di Xbox360, evento che determinò, in quel periodo, un certo disinteresse nei confronti dei prodotti destinati alla primogenita Microsoft.
    Il progetto Stubbs nacque, infatti, da premesse entusiasmanti: in primis la possibilità di vivere un’avventura nei panni di uno zombie e non, come da tradizione, dei suoi aguzzini. Sotto il profilo tecnico, inoltre, Stubbs usufruiva del potente motore grafico di Halo, in quanto frutto del lavoro di un team nato da una costola di Bungie, i Wideload. A completare un quadro davvero interessante vi era una dose di humour nero che, unito ai forti elementi splatter, rese Stubbs the Zombie un prodotto estremamente accattivante.
    Consci di aver avuto tra le mani un best seller mancato, i responsabili di Microsoft hanno deciso di riproporre il titolo Wideload attraverso il Marketplace, alla voce Xbox Originals.

    Cronache dei morti viventi

    1933. Edward “Stubbs” Stubblefield svolge la sua mansione di commesso viaggiatore attraversando le tranquille campagne della Pennsylvania; almeno fino al giorno in cui, senza un motivo apparente, viene colpito a morte da una fucilata e sotterrato impunemente dal suo misterioso assassino.

    1959. Nello stesso luogo dove, anni prima, Stubbs andò incontro alla morte ora vi è una città chiamata Punchbowl. Punchbowl non è un normale centro abitato, è la città del futuro, fortemente voluta e sovvenzionata dal magnate Andrew Monday. Un connubio tra architetture tipiche anni ’50 ed elementi futuristici quali robot e mezzi di trasporto volanti.
    In questo contesto Stubbs torna in vita, infastidito dal fragore della civiltà ed estremamente affamato di carne fresca.
    Quello che sembra un plot piuttosto semplice nasconde, col procedere dell’avventura, alcuni colpi di scena davvero interessanti ed un finale che miscela intelligentemente horror, fantascienza e romanticismo.

    La struttura di gioco prevede 12 livelli dal design estremamente lineare intervallati da numerosi checkpoint e da cutscenes realizzate attraverso il motore grafico. Il tutto condito da squartamenti e decapitazioni: elementi splatter tanto eccessivi da lambire i confini del grottesco e del parodistico. Effetto ovviamente voluto nonché grande punto di forza della produzione intera.
    Altrettanto delirante il gameplay alla base di Stubbs: i programmatori si sono sbizzarriti nel creare una mole non indifferente di situazioni e possibilità d’azione. Non tutte, come vedremo, funzionano bene ma, se non altro, non ci limiteremo a mangiare cervelli dall’inizio al termine dell’avventura.

    Zombie flesh eaters

    Il primo livello, come da tradizione, fa le veci di tutorial introduttivo. Un robot-guida ci assiste per i primi minuti di gioco, regalandoci informazioni sulla città e sulle interazioni di base con il nostro decomposto alter ego. Le meccaniche alla base del titolo Wideload si rivelano davvero originali; i programmatori non si sono limitati alla carneficina fine a sé stessa: Stubbs vive, infatti, di frequenti sezioni ragionate dove non basta buttarsi a capofitto in cerca di nemici da sgranocchiare.
    Innanzi tutto una premessa: ogni avversario sconfitto dopo pochi secondi si trasforma in zombie e, in quanto tale, si rivelerà un prezioso aiutante. La gestione della nostra orda di non morti, in ogni caso, si limita al semplice comando d’adunata, escludendo a priori tatticismi da shooter strategico. Ciò nonostante, nel corso dell’avventura Stubbs verrà in possesso di alcune capacità offensive che sottintendono un’accurata pianificazione delle nostre azioni: vediamole.

    Gut granades: Stubbs si strappa le budella dal fianco e le lancia contro il nemico, con conseguente deflagrazione. Ottime contro avversari volanti e corazzati. Si ricaricano nutrendosi di cervelli.

    Flatulence: Stubbs si prodiga in un potentissimo attacco asfissiante, degno del miglior mangiatore di fagioli. Riesce a stordire i nemici nell’area circostante. Vista la difficoltà nel ricaricare la flautolenza, spesso un attacco sprecato può rivelarsi letale.

    Bowling head: Stubbs scaglia la sua testa contro gli avversari e, tramite la pressione dello stesso testo adibito al lancio, possiamo farla esplodere coinvolgendo i nemici nell’area. Praticamente una granata ad ulteriore distanza di sicurezza.

    The Hand: in assoluto lo strumento offensivo più originale e divertente. Prenderemo il controllo della mano destra di Stubbs e la guideremo tra le schiere nemiche. Preso di mira un avversario, potremo possederlo tramite la pressione del tasto Y. Tale azione ci permette di controllare qualunque tipologia d’avversario e godere dell’arsenale a sua disposizione. Soprattutto durante gli ultimi livelli avremo la possibilità di incontrare soldati muniti di bazooka e mitragliatori in grado di sterminare gran parte delle forze nemiche.

    A completare il quadro vi è il classico combattimento corpo a corpo, con tanto di animazioni finali che vedono il nostro pasteggiare col cervello del malcapitato o, ancora peggio, strappargli un braccio per poi usarlo come mazza contro i suoi compagni. Un metodo d’attacco, però, valido solo se in presenza di pochi avversari e, preferibilmente, sprovvisti di armi particolarmente potenti.
    Presenti, inoltre, alcuni mezzi di trasporto come carri armati, jeep e trattori; tutti caratterizzati, purtroppo, da controlli piuttosto imprecisi e da una fisica eccessivamente irrealistica.

    Death of the dead

    Pienamente soddisfatti delle meccaniche di gioco duole constatare quanto vi siano alcuni aspetti decisamente meno curati, primo su tutti un level design tristemente poco ispirato. I 12 livelli che compongono l’avventura, per quanto caratterizzati a tratti da scorci pittoreschi, si rivelano eccessivamente piatti e scarsamente diversificati. Assolutamente intollerabile, infatti, la presenza di aree pressoché identiche tra di loro e, per di più, collegate per mezzo di squallidi corridoi. Il riciclo continuo di textures e strutture poligonali non è una lacuna di poco conto e, nel caso di Stubbs, fa presto a rivelarsi il suo difetto peggiore.

    Come già accennato, anche i controlli soffrono di una certa imprecisione, soprattutto in presenza di mezzi di trasporto, alcuni di essi del tutto inguidabili. Risulta piuttosto ostico anche il controllo della mano, a causa, principalmente, di una camera virtuale poco reattiva; fortunatamente, è sufficiente un po’ di pratica per riuscire ad aggirare tali imperfezioni.
    Poco condivisibile, infine, la scelta di attivare la corsa solo dopo una manciata di secondi di camminata, limitazione che spesso rende impossibili ritirate strategiche e manovre evasive.

    Il titolo Wideload, inoltre, sotto il profilo della longevità stenta a raggiungere il minimo sindacale. Poco aiuta la presenza della modalità cooperativa per 2 giocatori quando l’avventura in singolo offre, a fatica, una durata di cinque misere ore. Resta il fatto che, considerata la natura low cost di questa riedizione, possiamo sorvolare, almeno in parte, su questo aspetto.

    La terra dei morti viventi

    Dal punto di vista tecnico Stubbs offre un buon compromesso tra qualità e quantità. Se, infatti, gli ambienti si rivelano piuttosto poveri di dettagli, il colpo d’occhio generale recupera grazie ai numerosi modelli 3D presenti su schermo (si parla di una ventina di personaggi contemporaneamente). Più che buono il dettaglio generale delle textures (per quanto poco varie e fin troppo spesso riciclate) ed il framerate, quasi sempre stabile sui 30fps, anche per merito di un’emulazione su Xbox360 priva di incertezze.
    Degna di lode la realizzazione del protagonista, dotato di animazioni valide e di particolari caratterizzanti (dal mozzicone di sigaretta che si illumina col respiro, alla ferita sul fianco con tanto di organi interni in bella vista). Meno curati ma, tutto sommato, discreti i modelli di antagonisti e comprimari.
    A completare una resa visiva già pienamente sufficiente vi è l’uso di pesanti filtri grafici che invecchiano e sporcano la fotografia donando un tocco da z-movie assolutamente azzeccato, per certi versi simile al risultato ottenuto dal regista Rodriguez col suo Planet Terror. In conclusione, per quanto palesemente sotto gli standard odierni, Stubbs si rivela un prodotto ancora gradevole, afflitto da pecche minori che, in ogni caso, non compromettono l’esperienza di gioco.

    Ma è sul versante audio che Stubbs eccelle. Ad effetti sonori magistrali come i lamenti degli zombie ed i suoni, volutamente cheap, delle pistole laser si affiancano dialoghi da oscar, tanto demenziali quanto efficaci. Impossibile non ridere alla visione di Stubbs che, con la bandiera americana su sfondo, incita i suoi compagni zombie attraverso un discorso pseudo-patriottico, ripetendo all’infinito la parola “brain” (cervello). Purtroppo, a tal proposito, la mancanza dei sottotitoli risulta un forte deterrente per coloro che non masticano l’inglese.
    Assolutamente eccezionale, per concludere, la colonna sonora: una tracklist che alterna pezzi originali, per lo più marce militari, a brani su licenza: nello specifico cover di pezzi anni ’50 e ‘60 ad opera di gruppi rock e indie contemporanei (tra i quali Death Cab For Cutie, Flaming Lips e The Raveonettes). Fantastico il risultato di tale antitesi, del tutto simile a quella scaturita dalla violenza e dalla comicità presente nel gioco, per un risultato finale memorabile.

    Stubbs the Zombie Stubbs the Zombie è un titolo che vive di alti e bassi. Il carisma del protagonista, la valida sceneggiatura ed un’atmosfera surreale in bilico tra splatter e commedia lo rendono un prodotto d’altissimo livello artistico. Duole constatare, d’altro canto, come il concept vincente si scontri con controlli a tratti imprecisi, un level design poco ispirato ed una longevità insufficiente. Qualora riusciate a chiudere un occhio sulle evidenti lacune di Stubbs potrete, comunque, gustarvi uno dei titoli più originali della scorsa generazione videoludica, da molti ingiustamente sottovalutato. Un concentrato di humour nero e violenza al limite del parodistico che farà felice ogni buon estimatore dell’horror. E, una volta terminato, comincerete a sperare in un seguito.

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