Provato Army of Two: The Devil's Cartel

Per Army of Two la terza volta potrebbe essere quella buona!

Provato Army of Two: The Devil's Cartel
Articolo a cura di
Disponibile per
  • Xbox 360
  • PS3
  • Diretto come un proiettile al volto, freddo come una pistola puntata alla tempia, il brand Army of Two continua a presentarsi con una certa puntualità nella Line-Up di Electronic Arts, incurante dei nomi ben più altisonanti che lo circondano. Del resto la saga di Third Person Shooter cooperativi sembra aver accumulato un suo stuolo di fan, che hanno apprezzato massimamente la concentrazione su dinamiche di gioco che stimolino il supporto e l'aiuto reciproco. Chi proprio non sopporta il multiplayer competitivo, chi ha nostalgia dello split screen, chi si esalta quando si porta a casa un'azione ben coordinata, costruita grazie ad intesa ed affiatamento, non può che restare ammaliato dal concept alla base di Army of Two.
    I primi due capitoli non rappresentano delle perle nel panorama videoludico moderno, un po' grezzi e fin troppo spiccioli nel proporre la loro ricetta di piombo e violenza, ma hanno comunque venduto bene e mostrato qualche spunto intrigante. Così Army of Two 3: The Devil's Cartel, si affaccia sul mercato, tentando di raccogliere ancora più consensi. L'abbiamo provato per voi allo Showcase londinese di Electronic Arts: ecco le nostre impressioni.

    Killing Spree

    Al timone dello sviluppo di The Devil's Cartel non c'è più EA Montreal, ma Visceral Games. Per intenderci, il team che ha dato i natali a Dead Space. Questo cambio al vertice è accompagnato anche dall'arrivo del Frostbite 2, motore grafico sviluppato da DICE e sfruttato potentemente da Electronic Arts, che ormai tende a promuoverne l'utilizzo presso tutti i suoi studi interni.
    Si avverte subito, quindi, un sapore abbastanza nuovo per l'esperienza di gioco: il feeling nei panni di uno dei due protagonisti è diverso rispetto al precedente episodio, e sembra aumentato il dinamismo del sistema di mira e di coperture. I ritmi si sono un po' intensificati, nel tentativo di pompare una cospicua dose di adrenalina nel sangue del videoplayer.

    "La nostra è una prova troppo breve per pronunciarsi in via definitiva, ma l'idea che abbiamo avuto è che una parte del carattere della serie, concentrata fin quasi alla nausea sulla necessità di cooperare, sia stata sacrificata in nome di una ricercata spettacolarità"

    Il cambiamento non può che farci piacere, soprattutto perchè è più facile entrare in partita, senza doversi abituare ai movimenti un po' goffi dei due eroi precedenti.
    La cesura con il passato è evidente anche a livello narrativo: Alpha e Bravo sono due nuovi soldati al centro della scena, incaricati dalla Tactical Worlddwide Operations di risolvere le scaramucce che sul suolo messicano si stanno trasformando in una vera e propria guerra fra bande. I cartelli della droga lottano per il controllo del territorio, e la faccenda sembra essere sfuggita di mano pure a loro.
    Lo stage testato, dal nome Ghost Town, vede i protagonisti correre dietro ad un pericoloso trafficante, che si nasconde in un villaggio abbandonato, protetto da un piccolo esercito personale.
    L'azione comincia con i due soldati separati. Nel corso della cut scene iniziale uno dei due viene ferito, e si accascia a terra, nel centro dell'ampio cortile attorno a cui su sviluppa la fazenda. Questi dovrà resistere, sparando ai nemici, fino all'arrivo del compagno, che intanto passerà dal porticato al piano superiore, bersagliando i nemici che mettono a repentaglio la vita del giocatore in difficoltà.
    Una volta ricomposta la squadra, l'azione proseguirà in maniera abbastanza lineare attraverso i vicoli e le stanze di questa tenuta centroamericana.
    Se da una parte i ritmi di gioco sembrano più rapidi e la risposta ai comandi più precisa che in passato, bisogna dire che la produzione si trova adesso ad assomigliare moltissimo ai tanti emuli di Gears of War che hanno popolato il mercato in questa generazione. Rispetto agli episodi precedenti sembrano sparite quelle soluzioni "estrose" che vedevano protagonista la coppia di soldati, come ad esempio la possibilità per uno dei due soldati di sollevare uno scudo (magari di fortuna) coprendo il compagno e spianandogli la strada. A questo giro non si fa altro che sparare e sparare ancora, coordinandosi semmai nell'uso dell'Overkill, una sorta di Berserk mode (dopo Borderlands si dovrebbe dire Gunzerker?) che incrementa i danni inflitti dai proiettili. Nel caso in cui entrambi i giocatori lo usino allo stesso momento, si attiverà il Bullet Time, rendendo gli assalti del duo veramente letali.

    In verità avremmo preferito che le soluzioni cooperative fossero un po' più creative, meglio integrate nel gameplay. Invece Army of Two 3 sembra ricercarle soprattutto in occasione di eventi scriptati, che però non mostrano troppa verve. Fra momenti in cui la coppia si separa e procede parallelamente, e incursioni al rallentatore che assomigliano a quelle di Call of Duty, la varietà potenziale di Army of Two sembra un po' derivativa.
    La nostra è una prova troppo breve per pronunciarsi in via definitiva, ma l'idea che abbiamo avuto è che una parte del carattere della serie, concentrata fin quasi alla nausea sulla necessità di cooperare, sia stata sacrificata in nome di una ricercata spettacolarità. Anche l'introduzione del Frostbite 2 sembra andare in questa direzione. Basta vedere la caciara che il duo di soldati mette in piedi nella piazza del mercato: bombole esplosive che saltano in aria, coperture che crollano in frantumi, casse logorate dalle raffiche dei mitra. Una distruttibilità meno raffinata di quella di Battlefield 3, ma di sicuro d'impatto. Bisognerà però vedere come reagirà la fanbase, che potrebbe trovare questo approccio un po' meno affilato rispetto a quello precedente. Sicuramente The Devil's Cartel guadagna in immediatezza, rapidità, usabilità, ma quanto è giusto se poi si perde quel carattere tutto particolare che aveva attirato molti fan, convincendoli per ben due capitoli?
    La risposta a questa domanda arriverà probabilmente con le prossime prove; nel frattempo segnaliamo che a livello tecnico questo nuovo Army of Two si difende benino: il Frostbite 2 è un motore molto malleabile, e sebbene siano molto lontani i risultati ottenuti da DICE con i suoi sparatutto, il colpo d'occhio è comunque superiore rispetto a quello a cui la saga ci aveva abituati. Un po' monotematica la palette di colori, non sempre perfette le texture, ma la fluidità è garantita. L'aliasing si vede, ma al contempo non si può che rimanere positivamente impressionati da una buona distruttibilità dell'ambiente (che manca in altri produzioni anche recenti che usano lo stesso engine, come Medal of Honor Warfighter), e da una discreta complessità poligonale.
    Molto belle alcune scelte stilistiche, come il gioco di camera che accompagna le cruente uccisioni corpo a corpo. L'inquadratura si avvicina, sottolineando il fiotto di sangue che esce dal collo del povero malcapitato, che si accascia a terra con un'animazione molto realistica.

    Army of Two: The Devil's Cartel Army of Two 3: The Devil's Cartel cambiaalcune delle caratteristiche della serie. Si concentra sempre sulla cooperazione fra due giocatori, ma cerca al contempo di avvicinarsi quanto più possibile al canone di Gears of War, ricalcandone persino i ritmi di gioco ed il feeling generale. A questo punto coordinazione e supporto reciproco diventano fondamentali soprattutto nella misura in cui si spara insieme, si attiva l'Overkill allo stesso momento, e si continua a “tirare su” il compagno in difficoltà. Chi conosce bene la saga sa invece che le dinamiche cooperative di Army of Two sono sempre state un po' più strutturate. Piacerà questo nuovo approccio ai fan di vecchia data? Sicuramente migliore dal punto di vista dell'immediatezza, della spettacolarità e dell'interazione ambientale, The Devil's Cartel dovrà dimostrare di saper proporre una buona varietà di situazioni, bivi, location. Restate su Everyeye.it per sapere come andrà a finire.

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