Provato Binary Domain

Provata la demo a pochi giorni dall'uscita

Provato Binary Domain
Articolo a cura di
Disponibile per
  • Xbox 360
  • PS3
  • Pc
  • Presentatosi all'E3 ed alla GamesCom in sordina, Binary Domain -nuova produzione del team Yakuza- promette di ritagliarsi una piccola nicchia di mercato tra gli amanti degli shooter che abbiano voglia di qualcosa di leggermente differente da Gears of War, soprattutto per design e meccaniche ludiche. La produzione, almeno a livello stilistico, si rifà infatti ad alcuni grandi capolavori dell'animazione giapponese come Ghost in The Shell, dal quale trae spunto soprattutto per mecha-design e realizzazione delle armi.
    Riguardo alla componente narrativa, invece, la produzione Epic non sembra poi così lontana, se non altro in alcuni stilemi/cliché utilizzati per dipingere lo scenario apocalittico che farà da sfondo alla vicende. La Tokyo del 2080 è oramai ridotta ad un cumulo di macerie: nelle strade impazza la battaglia tra umani e robot, unità avanzatissime create per servire l'uomo ma dotate segretamente di un Ego, che le ha portate alla ribellione (vi ricorda niente?).
    Deja vù a parte ci troveremo nei panni di un gruppo di soldati scelti (abilissimi nei rispettivi "campi") per sventare la minaccia e riportare l'umanità a quieto vivere. La demo, rilasciata recentemente su Marketplace Xbox Live e Playstation Network, non ha fatto in ogni caso trapelare molto altro riguardo alle vicente, finondandoci subito al centro dell'azione. Vediamo come.

    Collaborazione

    Il primo livello offerto per la prova gratuita è ambientato tra le strade di una Tokyo seriamente malridotta e completamente ri-disegnata (trincee, coperture..) alla stregua di un tristemente realistico campo di battaglia urbano. Il nostro gruppo si riunisce alle porte di un quartiere pattugliato dalle milizie robotizzate e ci viene immediatamente chiesto di formare un piccolo gruppo di perlustrazione. La scelta è tra cinque soldati dalle specialità uniche: chi fenomenale nell'arte del cecchinaggio, chi in grado di maneggiare potenti bocche da fuoco. Per equilibrare il team (e mantenere una certa "parità tra i sessi") scegliamo l'omaccione addetto all'armamentario pesante e la bella tiratrice orientale. Non facciamo tre passi che si mettono in mostra -o almeno in minima parte- le meccaniche che, nella versione finale, regoleranno i delicati rapporti interpersonali tra i compagni. Il nostro gigantesco subalterno si sbilancia in un apprezzamento estetico ben poco velato sulle curve della tiratrice scelta, interpellandoci per una conferma. Di getto, tra un "Nooo" e un "Fantastica!" propendiamo per la seconda scelta, che fa inalberare, e non poco, la signorina in questione, mostrandoci al contempo una poco incoraggiante icona che ne sacisce il calo della fiducia nei confronti della squadra.
    Messa da parte l'ironia le cose si fanno serie: veniamo in contatto con la prima pattuglia. I nostri ci mettono alla prova con un'altra scelta: caricare il nemico cogliendolo di sorpresa o aspettare? Decidiamo di assecondare l'indole bellicosa che leggiamo chiaramente negli occhi dei nostri commilitoni, riducendo a brandelli quei sofisticati ammassi di latta e facendo automaticamente (almeno in cuor nostro) "pace" con la precedente "caduta di stile".
    Proseguendo, a massacro conlcuso, notiamo una sorta di distributore automatico, accorgendoci solo dopo trattarsi di una comoda armeria ove spendere i battle points guadagnati per ogni uccisione. Tra le varie voci disponibili vediamo diversi upgrade per ogni bocca di fuoco a nostra disposizione, nonché alcuni accessori e talenti indicati specificatamente per i nostri compagni di squadra. Il sistema ci fa sperare per una certa profondità in ambito personalizzazione, che porti nell'avventura completa, a coadiuvare l'eventuale consolidamento di un gruppo ben affiatato e dalle capacità complementari.
    Con i pochi crediti a nostra disposizione potenziamo il fido fucile automatico e ci dirigiamo verso il prossimo checkpoint. Giunti nei pressi di un'incrocio completamente sventrato veniamo attaccati da una gigantesca unità meccanica, pesantemente corazzata. I nostri compagni si accorgono subito dell'impossibilità di danneggiarne la scocca con armi normali e ci consigliano di recuperare un -guarda caso- vicino lanciarazzi. Per la prima volta prendiamo confidenza con il comodo menù dei comandi di squadra, chiedendo la copertura mentre ci avviamo al recupero dell'arma. I compagni eseguono alla lettera e, con il robottone distratto, siamo in grado di ottenere la maggior potenza di fuoco desiderata per sbriciolarne la corazza. Il combattimento non tuttavia ancora finito: il bipede non vuole sentir ragione e continua ad incassare senza andare a terra, contrattaccando con missili che mettono quasi KO il nostro alter ego, costringendoci a chiamare in aiuto un compagno, che accorre a rianimarci alla maniera di Gears of War.
    Grazie all'ennesima azione corale, ricevuta la scheda tecnica dell'avversario dal comando generale, riusciamo ad abbatterlo, ridonando speranza e chiudendo di fatto il primo livello dimostrativo.

    Desperate shooting

    Di fattura ben più sbrigativa e lineare il secondo, che ci vede impegnati nell'angusta struttura di una stazione della metropolitana. Qui non ci sono compagni da scegliere: veniamo proiettati nell'azione ritrovandoci al fianco l'orientale di prima (che piacere!) ed uno strano droide che, a dispetto della discreta potenza di fuoco, ci irrita continuando ad interoquire in maniera oltremodo reverenziale, per lo più con un fastidioso (e decisamente malriuscito) accento francese. La quantità di nemici è doppia rispetto a prima ed il tempo per le tattiche limitatissimo. Solo alcuni piloni ed il continuo andirivieni di treni ci permette di architettare qualche movimento, grazie soprattutto alla sempre efficace risposta ai comandi da parte dei compagni guidati dalla CPU. Tra uno scontro e l'altro ci accorgiamo anche di una decente diversificazione tra le fila nemiche, con unità più resistenti di altre, meglio equipaggiate, dotate di strumentazione particolare e via discorrendo. Qualche istante in più in copertura, oltre a darci un assaggio di un sistema vario e funzionale (è possibile passare dinamicamente da un riparo all'altro e slegarsi dalla posizione di copertura in molte maniere differenti, a seconda dell'intenzionalità offensiva o difensiva del caso), ci permette di osserva meglio l'ambiente circostante e notare una certa carenza di dettagli, manifestata in particolare da una modellazione poligonale non ricchissima ed una texturizzazione di medio livello. Ad uno sguardo accorto nemmeno i particellari fanno gridare al miracolo; spicca invece il motore di calcolo dei danni, interessante in quanto perfetto per gestire il fuoco contro macchine che progressivamente si distruggono, con arti, protezioni corazzate e addirittura la testa che possono saltare sotto l'impatto dei proiettili, fino alla completa distruzione che ne arresterà l'attacco. Un buon diversivo (soprattutto molto vario) alla generica povertà del colpo d'occhio.
    Il bello, anche in questo caso, viene alla fine, quando, superata una lunga scala-mobile, giungiamo nei pressi dell'ingresso in superficie della stazione, dove un gigantesco robo-gorilla ci attacca. L'ingresso è davvero spettacolare, con il bestione intento a demolire qualsiasi struttura sul suo cammino, strappando letteralmente dal suolo qualsiasi oggetto a portata di mano per scaraventarcelo addosso. Ancora una volta saremo chiamati a trovarne e colpirne il punto debole.....ma non ora, dato che la demo s'interrompe bruscamente, riportandici ai titoli d'introduzione.

    Binary Domain Binary Domain è una produzione che recupera molti elementi già visti, rimestandoli in una struttura ludica che fa della collaborazione tra commilitoni, soprattutto nelle interessanti boss fight, il suo punto di forza. La prova di questa versione dimostrativa ha consolidato le nostre aspettative: quello di SEGA non è certo un titolo che ambisce alla tripa A ma ad accontentare una certa fascia d’utenti, attenti a quel “panorama underground” che, alle volte, può rivelarsi veramente interessante. Ad uscire dal coro, al momento, è però solamente il design, chiaramente ispirato all’animazione giapponese ed in grado, a nostro avviso, di regalare molte più soddisfazioni rispetto ad un Vanquish, per portare un esempio inerente. Se anche l’aspetto della personalizzazione e della gestione della squadra si dimostreranno altrettanto curati allora sì che Binary Domain, a modo suo, potrà spiccare nel cuore di qualche appassionato del genere; altrimenti sarà costretto a rimanere uno tra i tanti ad averci provato.

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