Provato I Am Alive

Una perla in DLC? Provato il survival di Ubisoft

Provato I Am Alive
Articolo a cura di
Disponibile per
  • Xbox 360
  • PS3
  • Pc
  • E’ piuttosto facile, in una generazione che vede sponsorizzare in maniera quasi estenuate i titoli “tripla A” (o presunti tali), sottovalutare in parte una produzione dalle qualità inaspettate: specialmente se distribuita in digitale, e dunque automaticamente bollata come “inferiore”. Non vorremmo fosse questo il caso di I Am Alive, che ha subito negli ultimi anni un travagliato processo di ridimensionamento (soprattutto per quel che concerne il budget), divenendo infine “uno dei tanti” prodotti venduti tramite gli e-shop delle nostre console preferite. A dispetto dell’avvicendarsi dei fatti, la produzione Ubisoft Shangai (in arrivo il 7 Marzo) ci ha recentemente dimostrato, grazie ad un codice ancora non completo, di poter tranquillamente inserirsi come pregevole outsider in una lineup (quella 2012) che promette faville ma che pare un po' a corto di idee genuine.
    Tra meno di un mese i pochi valorosi rimasti in attesa della produzione cinese (che, solo due anni fa, prometteva d’esser il The Last of Us che tutti noi già idolatriamo) potrebbero insomma ricevere qualche piacevole sorpresa. Vediamo quale.

    Catastrofe e sopravvivenza

    Per quanto riguarda l’incipit, volendo rimanere in tema d’idee, non siamo in verità di fronte ad una vicenda molto diversa da tante (tantissime) altre. Il protagonista, un uomo come tanti altri (non un poliziotto ne tantomeno un militare addestrato), dopo un catastrofico sisma (l’Evento) che ha gettato il suo mondo nell’apocalisse, è finalmente tornato a casa; in quella cittadina -Haventon- dove tranquillo e sereno, oltre un anno prima, viveva con la moglie e la figlia, di cui l’uomo è alla disperata ricerca. Un anno di cammino (questo il background del nostro alter ego) e sopravvivenza stentata, perlopiù frutto di sciacallaggio, lo hanno reso particolarmente debole: starà quindi al giocatore, giunto finalmente in controllo, dosare con estrema cura le forze dell’avatar, per evitare una morte prematura (e nascosta, intendiamo specificarlo subito, dietro ogni angolo).
    La produzione si presenta subito come un mix tra un pacato action/adventure (Uncharted in super slo-mo) ed un tremendo survival horror, che potremo senza dubbio paragonare al primissimo Silent Hill levandogli una buona metà dei già pochi strumenti d’offesa presenti. Equipaggiato -almeno all’inizio- di una pistola con un solo colpo in canna ed un machete, il nostro beniamino dovrà destreggiarsi tra le rovine della desolante cittadina alla costante ricerca dei suoi cari, scopo ultimo ed unico dell’avventura. Sul suo cammino non mancheranno, ovviamente, ostacoli di vario genere. Primi tra tutti quelli strutturali: l’abbandono generale e la già citata catastrofe ci mostrano un panorama alla “Io Sono Leggenda”, dove, tra auto sventrate e palazzi in procinto di collassare, trovare la “retta via” sarà più che mai un’impresa. In questo senso viene reso tutto più complicato da meccaniche d’arrampicamento sì ottime (alla Uncharted, per l’appunto) ma legate a doppio filo all’esigua quantità d’energia del protagonista. Qualsiasi movimento diverso dalla tranquilla camminata consumerà energie, recuperabili solo tramite un certo periodo di riposo o una determinata quantità di vivande: veri e propri miraggi in un mondo dove tempeste di polvere tossica si sollevano dal suolo flagellando i superstiti ad intervalli regolari ed ogni risorsa è alle porte dell’esaurimento. Allo stremo della resistenza fisica (e della suddetta barra) avremo la possibilità di intraprendere dei cosiddetti Sforzi Immani, sacrificando perennemente parte dell’indicatore nel tentativo di raggiungere un sicuro luogo di riposo. Per non morire immediatamente (esaurendo l’energia stramazzeremo letteralmente al suolo) sarà fondamentale muoverci con circospezione e dimenticare qualsiasi adventure game passato tra le nostre mani tra il 1990 ed oggi. L’esplorazione, fase chiave e meravigliosa di quest’avventura, si giocherà dunque sull’avanzamento cauto e ragionato, sulle arrampicate effettuate poco alla volta, analizzando le strutture e sfruttandone, ad esempio, appigli sicuri come parte dell’intelaiatura dei muri rimasta scoperta, e, non ultimo, su lunghe fasi di riposo e di studio (dell’ambiente e della situazione).
    Si parlava però di ostacoli, al plurale. Oltre alla devastazione generale, che impedirà qualsivoglia agevole e comodo movimento, dovremo fare i conti con la deriva della società umana, rimasta per troppo tempo in balia dell’anarchia e popolata (se così si può dire) da individui oramai deviati. Ogni incontro sul nostro cammino (ben pochi, considerando le prime ore di gioco da noi sperimentate) dovrà essere immediatamente valutato come un potenziale pericolo. Tranne rarissime eccezioni (ad esempio una madre disperata per il figlioletto ferito), infatti, le persone che popoleranno il setting di I Am Alive saranno più disperate del protagonista, e non esiteranno un istante ad intimargli la resa o ad aggredirlo in maniera molto più diretta per impossessarsi di tutte le sue risorse. Anche in queste situazioni il titolo ci ha stupito per il suo crudo realismo, nonché per l’avanzato stadio di sviluppo dell’IA che controlla le routine nemiche. Abbiamo provato ad ignorare le minaccie di un piccolo gruppetto di sciacalli (tre individui) e siamo morti; in seguito, osservando fossero praticamente disarmati, abbiamo provato ad ingaggiare il combattimento... e siamo morti. In I Am Alive bastano pochi (pochissimi) colpi per salutare definitivamente il mondo dei vivi: una serie ben assestata di calci e pugni -quando ci andrà bene- o due, massimo tre, coltellate. Delle armi da fuoco meglio non parlarne: impossibile affrontarle a viso aperto. Per sopravvivere, dunque, dovremo agire d’astuzia, sempre. Puntando una pistola, anche scarica, al volto di un avversario (possibilmente isolato e non altrettanto “ben armato”), gli intimeremo la resa, facendolo indietreggiare. Tale situazione potrà essere sfruttata per darci alla fuga, facendo perdere le nostre tracce, o per spingere -qualora fosse possibile- il malcapitato a ridosso d’una delle molte voragini aperte nel terreno, per poi precipitarlo giù senza sprecare alcun proiettile. Siccome abbiamo lodato l’intelligenza artificiale è bene specificare che, protraendosi in questo comportamento minaccioso, il nemico di turno comincierà pian piano a chiedersi se la nostra pistola sia effettivamente carica, arrivando, ad un certo punto, a prendere la drastica decisione di provare ad attaccarci. Se non ci faremo trovare pronti, moriremo. Nelle situazioni che la progressione ci metterà di fronte, però, saremo raramente impegnati contro un singolo avversario. L’arguzia andrà dunque affinata, disperdendo il gruppo ed affrontando gli ostili ad uno ad uno, eliminando il “capo” per mettere in fuga il “branco” (in un mondo dove vige la legge del più forte succede anche questo) e via discorrendo. Non solo duro ed intransigente realismo, quindi, ma anche un’ottima (almeno per quanto visto sino ad ora) varietà di soluzioni per affrontare qualsiasi minaccia, e non solo. Agli squilibrati s’accompagneranno infatti anche esseri umani che hanno mantenuto un minimo d’integrità morale e che, sporadicamente, potrebbero avere bisogno del nostro aiuto: se aiutarli privandoci di preziose scorte (ma magari guadagnando in informazioni o altro) o lasciarli al loro destino starà soltanto alla nostra coscienza.

    Qualche difetto

    Quello che si è presentato ai nostri occhi in questo breve playtrough è dunque un sistema di gioco davvero ben confezionato, attento ai dettagli e profondamente diverso dal leit motiv odierno, che vede sin troppo spesso la rincorsa alla frenesia ed al dinamismo spinto. Le meraviglie di un così ampio spettro di variabili e di un alto tasso di realismo, tuttavia, vanno inevitabilmente a scontrarsi con le problematiche derivanti dal basso budget, presenti anche in frangenti che esulano dalla mera componente grafica. Prima di tutto, quando l’azione passa in prima persona (durante i combattimenti), il sistema arranca visibilmente, obbligandoci a sopportare una palese rigidità del sistema di controlli, qualche imprecisione nel reticolo di mira ed una generale mancanza di fluidità nei movimenti, che si traduce in fasi corpo a corpo convulse e non sempre chiare. E’ chiaro sin dal principio che le limitazioni in termini di budget sono andate ad influire, in prima istanza, proprio sulle -pur rare- sessioni di combattimento, sicuramente la parte meno riuscita della produzione.
    Sensazioni discordanti si riscontrano anche analizzando a fondo il level design, apparentemente slegato dalla concezione free roaming che molti ancora auspicano. L’avventura, pur mantenendo un buon piglio esplorativo, parrebbe infatti indirizzarsi su un binario ben definito, che non consente -ad esempio- salti ove non previsti ed arrampicate ad ogni appiglio visibile. Parlare di limiti, in questo senso, è tuttavia ancora prematuro: la scarsa durata di questo test code non ci ha permesso di farci un’idea precisa della progressione, ne per quel che concerne la durata (che supponiamo comunque condensata in meno di dieci ore) ne tantomeno per quanto riguarda l’eventuale linearità del prosieguo.
    Si può invece disquisire sulle velleità grafiche piuttosto timide del titolo Ubisoft Shangai, che non mette certo a dura prova le mirabolanti capacità dell’Unreal Engine. Le atmosfere, a dire il vero, appaiono immediatamente convincenti e (giustamente) disturbanti: ideali per un survival game ispirato a Silent Hill e al compianto Zettai Zetsumei Toshi. Nebbia e polvere avvolgono costantemente strade e scorci visivi, un’espediente atto ad accrescere il coinvolgimento ma anche a nascondere una visibile pochezza per quel che concerne polygon counting e definizione delle texture. Considerando la bontà (o -al momento- appartente tale) della struttura ludica, in ogni caso, quelli puramente estetici sono difetti ai quali, con un minimo di pazienza, possiamo passare sopra. Non possiamo invece fare a meno di sottolineare un’implementazione non troppo curata delle animazioni, che risultano spesso dinocolate ed innaturali rovinando, in alcuni frangenti, il gusto di una riguardosa esplorazione. La speranza è che alcuni di questi difetti, per quanto non in grado di minare l’esperienza tutta, siano stati corretti nelle versioni più avanzate del codice in nostro possesso.

    I Am Alive I Am Alive, senza soffermarci troppo su un comparto tecnico dal quale non possiamo certo aspettarci faville, promette davvero bene. La cura riposta dal team di sviluppo in ogni più piccolo frangente del gameplay, per quanto sui combattimenti si sia dovuto evidentemente “risparmiare”, stende sulla line up 2012 l’ombra di un grande outsider: un titolo davvero diverso. La fugacità di questo playtrough ci impone in ogni caso di rimanere coi piedi saldamente ancorati a terra, per vedere se, nella versione finale, varietà e libertà esplorativa (per quanto non totale) sperimentate si manterranno tali e se la durata complessiva dell’avventura meriti la pur ridotta spesa.

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