Provato JU-ON: The Grudge

Prova diretta (versione Jap) del primo simulatore orrorifico per Nintendo WII

Provato JU-ON: The Grudge
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Disponibile per
  • Wii
  • Qualità o originalità?

    Ci sono titoli che rimangono nell'immaginario collettivo come veri e propri pilastri dell'industria videoludica. Blockbuster fatti videogioco che infrangono ogni record di vendita realizzato, in un turbinio di rivalità fra software house sempre più competenti. Vi sono poi delle coraggiose sperimentazioni che rompono le canoniche classificazioni videoludiche, creando attorno alla propria produzione un'aura di curiosità - innegabile, per chi segue i videogiochi dai loro primi vagiti monofonici - e aspettativa spasmodica da parte dell'audience affezionata, come se il nuovo titolo e le sue meccaniche di gioco originali fossero in grado di svecchiare una formula ludica che ormai, da anni, sembra essere sempre più improntata verso l'innovazione e lo stravolgimento dei canoni classici.
    Ju-On: The Grudge (Kyōfu Taikan: Juon) fa parte proprio di quelle produzioni che possono avvalersi del beneficio del dubbio da parte di pubblico e critica perché, volente o nolente, quello che offrono è un prodotto talmente originale e fuori da canoni che poterlo analizzare in modo analitico risulterebbe quasi sempre riduttivo e poco professionale. Tuttavia il ruolo della stampa specializzata resta principalmente quello di proporsi come guida obiettiva e tecnica nell'intricato labirinto di titoli che ogni anno finiscono sugli scaffali dei nostri centri commerciali e il sottoscritto, così come il newtwork stesso, non può esimersi dal mettere nero su bianco e in totale libertà le proprie impressioni su un titolo tanto atteso dal pubblico statunitense quanto da quello europeo.

    Feelings have no thoughts

    Ju On si apre con un fullmotion video che palesa fin da subito la totale aderenza all'opera cinematografica dalla quale eredita il nome. Scorci della casa infestata nella pellicola di Takashi Shimizu si stagliano sullo schermo illustrando qualche scena confusa dedicata ai due protagonisti indiscussi del gioco: Kayako e Toshio, rispettivamente madre e figlio in forma ectoplasmatica. Uniche vere star della produzione, i due - ripresi direttamente dal cult cinematografico - non perderanno occasione di disturbare la vostra esplorazione nelle diverse location che il gioco presenta.
    Il titolo presenta situazioni che coinvolgono protagonisti differenti, appartenenti tuttavia alla stessa famiglia: gli Yamada. Colpiti dalla maledizione vendicativa di una donna morta in circostanze violente e non del tutto chiare, questi devono scontare la triste condanna attraverso esperienze sempre differenti ma ugualmente terrificanti. Dopo aver creato il proprio dato in uno dei tre slot disponibili per memorizzare i progressi all'inizio del titolo, Ju-On chiede al giocatore di comunicargli il sesso e il segno zodiacale, così da adattare l'esperienza di gioco al profilo che la combinazione delle due scelte designa.
    Il primo livello dà l'occasione di testare con mano la bontà del sistema di gioco ideato dai Feelplus (Lost Odyssey), connubio di innegabile immedesimazione e semplicità d'utilizzo. Impugnando il wiimote senza alcun bisogno di nunchuk o strane mappature dei tasti, si è direttamente catapultati nell'azione. La telecamera è in prima persona e il puntatore del miracoloso pad Nintendo visualizza su schermo un cerchio di luce equivalente a quello emesso dalla torcia elettrica del protagonista, lasciando al giocatore la possibilità di muovere a suo piacimento il fascio luminoso all'interno delle buie location. Per avanzare basta semplicemente premere il tasto B e il personaggio interpretato dal giocatore muove dei timidi - lenti - passi verso la direzione puntata dal wiimote, con la possibilità di girarsi velocemente di 180° con una rapida oscillazione orizzontale (proprio come ci è stato dato modo di vedere in Project Zero 4). L'interazione con l'ambiente è tutta affidata al tasto A, che capeggia sul lato frontale del wiimote, pronto ad essere premuto nelle vicinanze di qualsiasi oggetto sospetto. Una volta presa confidenza con il sistema di controllo - di per sé molto semplice, ma anche molto macchinoso e poco reattivo - è possibile impegnare i propri sforzi nell'esplorazione degli ambienti infestati con un occhio di riguardo all'icona a forma di batteria che appare in basso a sinistra della schermata di gioco. In Ju-On: The Grudge non è presente alcun indicatore vitale né menù di qualsivoglia natura, poiché tutto è affidato alle schematiche icone sullo schermo che tengono compagnia durante l'esplorazione, per nulla invasive e, anzi, vitali alla totale comprensione del sistema di gioco. Tornando all'utilità della batteria precedentemente nominata, essa rappresenta non solo la fonte di salvezza del giocatore ma anche un'inesorabile countdown che, esaurendosi, segna l'ineluttabile venuta della classica schermata “game over”. Se le batterie si esauriscono, infatti, il gioco finisce automaticamente, trasformando le inquietanti scampagnate nell'oscurità dei componenti della famiglia Yamada in una corsa contro il tempo all'insegna del risparmio energetico. Nulla è lasciato al caso, ovviamente, e le ambientazioni sono disseminate di batterie o torce elettriche d'emergenza, utili alla sopravvivenza del giocatore nonché alla risoluzione del gioco. Tenendo conto di queste premesse, l'esplorazione delle location, minuscole stanze collegate da corridoi, è semplice, mentre la progressione narrativa è spesso affidata alla risoluzione di piccoli enigmi che incoraggiano una minuziosa esplorazione degli ambienti interni. Ambienti che, ovviamente, rispondono attivamente alla curiosità della torcia dei protagonisti, reagendo in modo spesso inaspettato e sconvolgente, regalando qualche breve ma intensa sequenza horror al giocatore e agli ipotetici spettatori.

    Il risentimento

    Sporadicamente si assiste alla comparsa di qualche QTE e minigiochi dagli esiti, nel caso non si riuscisse a completarli con successo, fatali - come tenere il puntatore del wiimote all'interno di un piccolo cerchio in movimento sullo schermo per trattenere il respiro e non essere scoperti dagli inquietanti inseguitori. In gran parte il titolo è però basato - dicevamo - sulla lenta esplorazione degli ambienti, la risoluzione dei semplici enigmi e la corsa contro il tempo per portare a termine gli scenari prima che la torcia possa estinguersi improvvisamente. Una delle feature più interessanti promesse dai produttori in fase di sviluppo del titolo consisteva in una modalità di riconoscimento in tempo reale della tensione del giocatore, che si basava sull'interpretazione delle oscillazioni del wiimote, più frequenti per un giocatore irrequieto e ovviamente meno per un giocatore dai nervi saldi, poco impressionabile. Effettivamente in due walkthrough differenti dei primi tre livelli c'è stato dato modo di osservare la comparsa di sequenze diverse a seconda dell'utente impegnato, tuttavia non è ancora ben definito il ruolo di questa sedicente componente all'interno del contesto videoludico scelto da feelplus e dal creatore della saga di Ju-On, Shimizu. Gli eventi di contorno (è proprio il caso di dirlo) sono raccontati attraverso brevi riassunti testuali all'inizio e alla fine dei vari episodi in cui è suddiviso il gioco, non contaminando la semplice ed estremamente diretta atmosfera che gli sviluppatori sono riusciti a confezionare per l'occasione. Nessun file testuale, né cutscene precalcolata racconta le vicende degli Yamada. Tutto per rientrare in una visione di Ju-On: The Grudge, che esula dal consono campo adventure-survival horror, puntando più a volere essere riconosciuto come un vero e proprio "simulatore di ambientazione infestata", dai tratti dunque squisitamente arcade. Ad aumentare la sensazione di tensione e la carica emotiva che il gioco riesce a creare nel giocatore, uno spettatore armato di secondo wiimote può disturbare ulteriormente l'amico impegnato nel gioco interagendo con le ambientazioni e facendo comparire, previa la pressione sul tasto A, vari effetti in linea con le atmosfere che caratterizzano il titolo.

    La versione giapponese i Ju-On: The Grudge non dovrebbe essere intaccata nel processo di localizzazione in quello che definiamo comparto tecnico-visivo, quindi possiamo sottolineare sin da ora il discreto comparto grafico del gioco che non brilla certamente per varietà d'ambientazione o palette cromatica, ma che si difende più che bene in un panorama videoludico, quello di Nintendo WII, spesso svalutato dalla presenza di titoli tecnicamente poco curati. Il comparto sonoro svolge un ottimo lavoro, con rumori ambientali campionati in modo eccelso, i caratteristici suoni estratti dal film stesso usati per dare anima a madre e figlio fantasma e qualche brano strumentale d'accompagnamento per le scene più intense. Di certo non è l'atmosfera a mancare a questo titolo.

    JU-ON: The Grudge Ju-On: The Grudge non è propriamente un videogioco piuttosto un interessante software simulativo che, salvo per alcuni QTE e il tempo limitato, di ludico ha ben poco. Non si parla di esperienza passiva o di film interattivo bensì di una vera e propria esperienza interattiva capace di ricreare le atmosfere della serie horror più nota del panorama cinematografico giapponese: The Grudge. Riuscirà l'audience occidentale a capire un titolo tanto originale quanto limitato nella sua meccanica pseudo-simulativa?

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