Provato Need for Speed: Shift

EA Showcase. Playtest Aggiornato

Provato Need for Speed: Shift
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Disponibile per
  • Xbox 360
  • PS3
  • iPhone
  • iPad
  • Pc
  • Psp
  • AGGIORNAMENTO dallo SHOWCASE EA

    Nel corso della due giorni londinese dedicata alla line up EA, possiamo ben dire di aver covato -neanche troppo segretamente- due desideri.
    Primo: testare con mano le versioni console di Shift.
    Secondo: riuscire a staccarci dal pad.
    Need for Speed Shift è, a conti fatti, e al di là di ogni ragionevole sermone pubblicitario, un’autentica rivelazione. Poiché estremizzando le condizioni di guida -disattivando gli aiuti elettronici, per esempio-, e optando per la visuale dal cockpit, le sensazioni che si ricavano sparigliano definitivamente tanto le connotazioni arcade della serie quanto il concetto di realismo su console. Shift è un gioco proteiforme, pregno di sfaccettature capaci di adattarsi a manici, talenti ed esigenze diverse. La sua modularità è sostenuta dai tre livelli di difficoltà previsti: arcade, pro e simulazione. Tutti possono quindi avvicinarvisi senza timori riverenziali, perché il gioco effettivamente cambia a seconda delle impostazioni effettuate dall’utente. Ma essendo figlio del team che ha progettato capolavori come GTR 2, l’impronta maggiore è lasciata dalla vena “simulativa”. Già da ora, il modello fisico delle vetture sorpassa per concezione, aderenza alla realtà e verosimiglianza delle reazioni quanto palesato dagli ottimi Forza Motorsport 2 e Race Pro.
    E nel complesso, se si soppesano le nuove variabili in campo (IA, incidenza procedurale delle collisioni, comparto estetico), Shift si candida a divenire il nuovo punto di riferimento dei giochi di guida su console. Su PC, la compresenza di simulatori integerrimi -e indirizzati ad una specifica nicchia di appassionati- come rFactor rende improponibile un reale confronto critico. Perché in Shift non si parla di reale simulazione, quanto di realismo, di soddisfazione estrema delle aspettative, soprattutto nel comportamento dei bolidi a quattro ruote.
    Le due prove su strada effettuate (due circuiti cittadini: Tokyo, su 360; Londra, su PS3) ci hanno letteralmente spiazzato. Senza le spintarelle dell’elettronica, bisogna studiare e sudare. E tanto. In primis, il carattere della vettura di cui si dispone. Peso e stabilità della Porche 997 GT3 utilizzata nel percorso nipponico sono del tutto differenti dalle controparti della Shelby GT 500 usata tra le vie della capitale britannica. In secondo luogo, il circuito. Una volta tanto, il ricorso alla traiettoria ideale visibile torna ad avere un senso. Capire i punti in cui staccare, dove spaccare il pedale del gas e dove eventualmente poter superare diviene una pratica necessaria.
    Senza il controllo della stabilità e della trazione, gli spostamenti di carico stuzzicano la schiena del pilota con brividi di pura paura. Perdita di aderenza, bloccaggio dei pneumatici, testacoda: le vetture abbisognano di precisione e pulizia di guida per non divenire delle fiere del sovrasterzo (come le due usate nel nostro test).
    E ancora. Lo sfruttamento dei cordoli, croce e delizia di chi guida virtualmente. Usufruirne è quasi un dovere morale, tuttavia è d’uopo tenere presente che c’è cordolo e cordolo. Arrischiare le ruote dove non si dovrebbe, sortisce effetti sempre diversi, soprattutto in relazione alla velocità di entrata e alla tipologia del mezzo.
    L’implementazione dei danni, poi, e l’efficacia tutta del sistema collisionale, amplificano l’esperienza di guida in maniera radicale: gli impatti con le barriere di protezione -dai treni di gomme, ai guardrail- non solo risultano esteticamente fantastici (niente rimbalzi modello Race Pro), ma producono oltretutto scompensi alle vetture -prestazionali ed estetici- del tutto verosimili. Non si arriverà -come erroneamente riportato da alcuni siti italiani- alla distruzione e quindi al ritiro del mezzo. I compromessi ci sono, ovviamente, e sono tutti indirizzati alla proposta di un’offerta ludica appagante, ma non necessariamente frustrante.
    L’unicità di Shift risiede anche nella volontà di ricreare l’esperienza sensoriale del pilota: la visuale in prima persona non è fissa e immobile. Non è un mera telecamera. Sono gli occhi del pilota. Come preannunciato nella nostra precedente anteprima, l’implementazione della G-Force simula i movimenti del capo, sollecitati in special modo in frenata e durante le manovre ad altissima velocità.
    Lo stordimento dopo un impatto, con tanto di offuscamento momentaneo e minore percezione della vista periferica, è assolutamente fantastico.
    Impressionante, e imparagonabile nel panorama attuale -se escludiamo Grid-, è la sensazione di velocità fornita dal gioco, e non solo utilizzando la visuale in prima persona.
    Il frame rate ancorato ai 30fps assicura la corretta fluidità: tuttavia, il modo in cui le vetture schizzano letteralmente sullo schermo va visto per essere compreso appieno.
    Dal punto di vista strutturale, saranno più di quindici le locations che ospiteranno i vari circuiti inclusi (tra cui Macao, Laguna Seca e un vociferato e quanto mai famoso tracciato tedesco), mentre il garage si comporrà di più di settanta vetture, tutte altamente personalizzabili sia sotto il profilo cosmetico (è pur sempre un Need for Speed), sia sotto quello delle performance. In fiera non è stato mostrato nulla della fase di tuning: il supporto del team Black Box (deputato alla ricreazione del feeling NfS), e l’aver citato come modello di completezza un certo Gran Turismo 3 fa ben sperare al riguardo.
    I sedici avversari in gara sono animati da una intelligenza artificiale estremamente combattiva. In più, dodici personalità specifiche moduleranno i loro comportamenti. Sbagli, errori di impostazione, incidenti, ma anche algoritmi che conservano memoria dei torti subiti (magari proprio da parte del giocatore) rendono anche l’esperienza in single player totalmente soddisfacente.
    La presenza di personalità peculiari, inoltre, ci porta a pensare che il gioco possa sorprenderci anche in modalità carriera, magari con uno story mode sulla scorta del seminale Toca Race Driver 3. Per ora, sono solo illazioni prive di fondamento. Ne sapremo di più all’E3.

    Le versioni console, sul versante della cosmesi, hanno ben poco da rimpiangere alla prima versione mostrata su PC (ninja). I modelli delle vetture rappresentano la punta più alta finora raggiunta dal genere. Esterni ed interni (esaminabili tramite lo stick destro) puntano al pixel perfect, sfiorandolo più e più volte. Analogo discorso per le mappe che le ricoprono: definite, variegate, formalmente prive di difetti. La riproduzione speculare dell’ambiente sulle carrozzerie -la chicca della versione PC- è ancora da implementare nella sua interezza, mentre lo studio delle sorgenti luminose appare altrettanto caldo ed efficace.
    La deformazione delle lamiere non lascia spazio a perplessità di sorta, meravigliando ogni volta per l’innegabile realismo.
    Ultimo appunto, il rombo dei motori. Semplicemente, è da sentire. Perché da brividi.

    Vecchio Hands-On (04/03/2009)

    Cambio di marcia per Need for Speed. Un’inversione di stile, intenti e tendenza violenta come un’inchiodata di gomme in fondo ad un rettifilo; eppure, così matura e decisa da scrollarsi di dosso le scorie di un passato recente dall’assetto evidentemente più che imperfetto. Si pensi a Pro Street. Le avvisaglie di rinnovamento predette dal titolo in questione si sciolsero come neve al sole, soprattutto perché non sorrette da un design progettuale adeguato; da qui, il rientro con Undercover nei confortevoli box strutturali tipici della saga. Una retromarcia baciata da vendite eccellenti seppur lontana dagli standard qualitativi più volti additati come determinanti dagli stessi vertici di Electronic Arts.
    Dopo un rivelatore giro di ricognizione a bordo di Need for Speed SHIFT, ospitati da EA Italy, non possiamo che accreditare i due titoli sopraccitati come figli illegittimi di un ormai evidente processo di ristrutturazione in atto presso il publisher statunitense, che partendo da lontano è poi sfociato, già nel 2008, nella controcorrente pubblicazione di nuove e sorprendenti proprietà intellettuali.
    SHIFT rappresenta dunque una svolta. E non solo per lo storico franchise. Una scommessa (clandestina?) che sancisce il sospirato ritorno nel giro che conta -dopo il dissesto finanziario occorso al team Blimey Games e la successiva costituzione di Slightly Mad Studios- di Ian Bell e Doug Arnao, capaci di sventolare curriculum includenti capolavori come GTR, GT Legends e GTR 2.
    Il gioco uscirà in autunno su 360, PS3, PC (e PSP).
    Allacciate le cinture. Non ve ne pentirete.

    E’ la stessa portavoce di EA a calcare pesante sul pedale delle aspettative. Se il connubio fra la concezione classica di realismo e SHIFT è di fatto comprovato, parimenti è assodato il sostanziale disinteresse del team di sviluppo verso le stantie demarcazioni fra arcade e simulazione: “SHIFT non è e non vuole essere un mero compromesso. Semplicemente, non ci interessa. Ciò che ci sta a cuore è creare un prodotto che possa essere percepito come estremamente realistico -in termini visivi e di riproduzione della fisica-, capace di adattarsi ai diversi gradi di esperienza dei singoli giocatori, ma che al contempo li ponga come centro nevralgico dell’esperienza di guida. Cosa prova un pilota al comando di un missile a quattro ruote da 500 cavalli? Cosa vede? E, soprattutto, come vede? Come controlla la paura? Sono queste le idee che hanno condotto per mano lo sviluppo: tutto il resto è seguito in maniera tanto consequenziale quanto naturale”.
    Ipnosi da driving experience, verrebbe da dire. Che punta forte su di un modello fisico accurato e su un impianto cosmetico di prima grandezza, se non sbalorditivo, che stupisce ancor di più se si considera il lasso temporale che separa la build testata dalla release. Ma ci arriveremo fra poco.
    Ciò che ci preme adesso è rimarcare -nonostante il cristallino cambio di rotta nel design soggiacente- l’influenza non secondaria dell’eredità del brand.
    Sappiamo di andare controcorrente rispetto a quanto trapelato recentemente sul web, e dunque siamo pronti alle ritrattazioni del caso, eppure è stata la stessa portavoce del team di sviluppo a confermarci, annuendo timidamente col capo, la presenza nel pacchetto finale di un garage ricco di componenti diverse per le proprie vetture, che ne interesseranno tanto la parte meccanica quanto il layout esterno. Probabilmente la sottoveste scenica del tuning sarà meno spinta e underground del solito, ma solo il tempo potrà confermare o meno tale supposizione.

    I numeri, per ora, vacillano nell’incerto. Il parco macchine sarà foraggiato da più di 70 vetture, provenienti da marchi prestigiosi (Porsche, Chevrolet, Lotus, Pagani e Audi, tra gli altri), mentre tutto tace sul fronte tracciati. Oltre ai due testati da Everyeye.it (Brands Hatch e uno ritagliato nelle sempre affascinanti strade londinesi), le uniche conferme risiedono nella natura “chiusa” dei circuiti, rientranti in una struttura di gioco progressiva e non libera come quella, ad esempio, del recente Undercover. Attendiamo i dettagli su come si svilupperà la modalità carriera.
    Pad alla mano, SHIFT ha semplicemente sottoscritto quanto evidenziato durante la presentazione. Il modello di guida, nonostante non si conoscesse l’attivazione o meno di eventuali aiuti elettronici (trazione, stabilità, abs), ci è parso invero appagante e visibilmente distante dalle offerte arcade di PGR o Grid, andando a bussare alla porta -guarda caso- dell’ultimo pargolo targato SimBin, Race Pro. La Porche 911 ci è parsa estrema, nervosa e potente, e priva di riguardi nei confronti delle nostre disattenzioni, sia nella lettura della traiettoria che in fase di frenata. Gli spostamenti posizionali del carico, e il peso del mezzo, praticamente ininfluenti nei non-simulatori, giocano qui un ruolo preponderante: evitare dunque le manovre brusche, così come il bloccaggio delle gomme sono dunque dogmi da rispettare, pena l’abbraccio frequente e doloroso con le barriere di sicurezza.
    Sia chiaro: l’approccio è sicuramente sofisticato, e già da ora in grado di regalare congrue soddisfazioni agli appassionati. Tuttavia il bilanciamento è vistoso, e meno costrittivo rispetto ai coevi simulatori per PC. Non sono tanto le influenze arcade a tenere banco, quanto la volontà di regalare un’esperienza appagante e intesa, senza cadere in manierismi fin troppo marcati e spesso frustranti per i novizi (si pensi ad iRacing, per intenderci).
    Se dunque si esclude una gestione dei fuoripista un po’ troppo permissiva (ma che sarà certamente rifinita nei mesi a venire) il modello di guida di SHIFT è parso privo di sbavature ed capace di tenere fede alle velleità realistiche professate da Slightly Mad Studios.
    Diversi gradi di difficoltà accompagneranno livelli specifici di preparazione dell’IA e di danni subiti dalle vetture. La decina di avversari in pista godrà di routine e personalità specifiche, in grado di simulare la tensione di una gara vera, e la pressione che può piegare un pilota. Nel corso del test, non è stato raro assistere ad incidenti causati dalla stessa cpu, così come agl’errori commessi se portata in condizioni di guida estreme, magari durante un sorpasso al limite dove lo spazio per tentare l’entrata è più nella testa del giocatore che realmente visibile in pista. Di converso, l’intelligenza artificiale sarà in grado di registrare i torti subiti, e di agire di conseguenza in maniera spietata.
    Sebbene siano sensazioni figlie di un veloce test, il sistema pare privo di forzature. I piloti avversari schizzano sulla pista adottando stili di guida peculiari, diverse traiettorie, diversi punti di frenata, diverse reazioni alle nostre “finte” (in scia, prima di portare l’attacco vero e proprio). Nessun trenino di granturismiana memoria. Nessun sportellata “sporca” in frenata.
    In pratica, un sogno che si avvera.
    Il profilo tecnico è semplicemente sbalorditivo. La costruzione poligonale degli scenari (dagli elementi a bordo pista di Brands Hatch, alle strutture architettoniche di Londra, meravigliosamente definite, particolareggiate e cesellate spesso da vetrate ricche di rifrazioni luminose diverse e peculiari) è senz’ombra di dubbio pronta per essere confrontata con il già sensazionale Grid. L’appunto sostanziale è che di fatto SHIFT sosta ancora in uno stadio pre-alpha, mentre il capolavoro Codemasters occhieggia dagli scaffali da un pezzo. Se il buon giorno si vede dal mattino...
    Analogo discorso per le vetture in pista: ricche e definite in maniera certosina, non offrono il fianco a critiche di sorta. Il livello di dettaglio subirà nei prossimi mesi un ulteriore incremento, probabilmente alle voci cerchioni/pneumatici e negli orpelli poligonali minori. Il quadro d’insieme, quindi, è una continua fonte di soddisfazione. Si pensi per esempio agli interni, tutti ricreati seguendo le specifiche delle case madri, e ispezionabili agendo sullo stick destro.
    Inoltre, la visuale dal cockpit è uno dei vettori con cui il team vuole sponsorizzare la filosofia alla base della driving experience di SHIFT. Le oscillazioni del capo del pilota, della vista periferica e l’implementazione delle dinamiche della g-force, contribuiscono in maniera determinante all’immersività dell’esperienza. Accelerazioni e decelerazioni vengono amplificate da un blur accentuato ma mai sopra le righe, mentre in caso di incidente lo stordimento viene rimarcato da un annebbiamento scenico particolarmente azzeccato.
    Danni e collisioni sono gestiti da un motore fisico rigoroso. I primi sono sia estetici che meccanici, con un livello di incidenza più o meno marcato a seconda -come detto- del grado di difficoltà prescelto. Durante il test non abbiamo potuto appurare il decremento delle prestazioni, ma solo un degrado grafico procedurale (ammaccature, vetri infranti, cofani volanti) nel complesso più che soddisfacente. Non sarà però possibile distruggere completamente le vetture, che potranno comunque concludere le gare anche più disastrate. Una scelta di campo che spalleggia le istanze dei meno avvezzi, ma che forse potrà far storcere il naso ai puristi. Migliorabili invece le collisioni, soprattutto sul fronte delle reazioni dei mezzi coinvolti. Nulla di preoccupante, soprattutto per un gioco che ha ancora davanti mesi e mesi di sviluppo.
    Frame rate ancorato ai 30FPS: nessuna incertezza, nessun tentennamento. Già da applausi la sensazione di velocità.
    La definizione delle texture si coniuga ad un impianto luminoso davvero suggestivo: se la varietà delle mappe rende evocativo il panorama (perlomeno dei due tracciati provati), è la rifrazione dell’ambiente sulla carrozzeria che abbaglia in maniera decisiva, soprattutto perché calcolata in tempo reale. Palazzi, porzioni di pista, cartelloni pubblicitari, pubblico: tutto viene riprodotto, in particolari condizioni di luce, dalla struttura metallica del mezzo. Semplicemente strabiliante.
    Ottimo il contributo degli effetti particellari, tra cui spicca la profondità della nebbia volumetrica ormai indistinguibile da quella reale.
    Da brividi, infine, il rombo dei motori. Profondo e assordante: una vera sinfonia urlata per gli appassionati.

    Need for Speed: Shift Need for Speed SHIFT è un capolavoro annunciato. A 9 mesi dalla release, abbiamo già potuto provare il gioco in prima persona e bearci di una veste grafica per una volta conforme agli screenshot rilasciati dalle agenzie di stampa. Modello fisico e sistema di guida rendono l’esperienza impegnativa ed appagante, senza perdersi in venature né troppo arcade né troppo simulative. Non sarà una terza via, ma poco ci manca. In sostanza, l’esoscheletro del prodotto non ha potuto che soddisfarci. Ora non ci resta che attendere i dettagli sulle modalità di gioco, sul numero dei tracciati, sulle differenze di guidabilità dei mezzi e sul multiplayer per cominciare a trattenere definitivamente il fiato.

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