Provato Ni No Kuni - Stile Ghibli

Studio Ghibli e Level-5 assemblano un piccolo gioiello dal carattere unico

Provato Ni No Kuni - Stile Ghibli
Articolo a cura di
Disponibile per
  • DS
  • PS3
  • Nelle prime due puntate di questo nostro viaggio alla scoperta del titolo Level-5 abbiamo analizzato nel dettaglio i fondamenti del Battle System ed il sistema di crescita dei personaggi. Non dimenticatevi ovviamente di leggere la nostra recensione, prevista per Giovedì 17, dal momento che in quella sede prenderemo in esame qualche ulteriore dettaglio di cui abbiamo volutamente evitato di parlare.
    Oltre al Gameplay, comunque, Ni No Kuni si distingue per un altro elemento fondamentale: lo stile. Level-5 ha infatti lavorato fianco a fianco allo Studio Ghibli, che gli appassionati d'animazione conosceranno per le eccezionali produzioni firmate Hayao Miyazaki. Da La Principessa Mononoke a Il Castello Errante di Howl, i lavori dello Studio Ghibli sono fra i più apprezzati di sempre, ed il loro tratto distintivo si esibisce anche nel videogioco, caratterizzandolo in maniera molto risoluta. Cerchiamo quindi di entrare più nel dettaglio.

    Stile Ghibli

    Non dev'essere stata un'impresa facile, quella di coniugare due stili così diversi come l'animazione classica e la modellazione tridimensionale. Uno degli aspetti più spiazzanti di Ni No Kuni è proprio questa sua capacità di saltare con inaspettata leggerezza dalle cut scene disegnate a mano a quelle realizzate con il motore di gioco. Nel corso della lunga sezione introduttiva, che estende lo sguardo sulla vita di un ragazzino di paese, non sembra esserci un criterio ben definito che ha portato il team di sviluppo a preferire le une alle altre. Forse, anzi, il discriminante è l'esigenza di una spettacolarità sommessa, colorata e vivace: quando Level5 vuole davvero stupire, abbandona poligoni e cell shading e lascia tutto nelle mani di Studio Ghibli. Che, come sempre, incanta lo spettatore con l'inatteso rifiorire di dettagli, con il tratto semplice che ricorda da vicino i grandi capolavori degli anni '80 e '90. Lo stile è essenziale, ma la cura per i particolari maniacale come di consueto. Quando racconta i piccoli incidenti domestici o le avventure notturne, fino poi alla trasformazione di Mr. Lucciconio, il re delle fate che “esce” da una bambola magica bagnata dalle lacrime di Oliver, Studio Ghibli penetra nelle cose, le muove e le esibisce come se dovesse esplorarle con la curiosità di un fanciullo.
    E dato che la commistione fra videogioco e animazione classica è un'evenienza assai rara nel mercato moderno (solo Layton la sta portando avanti con discreto successo, ed anche questo è un prodotto firmato Level5), l'eccezionalità di Ni No Kuni risalta ancora di più. Lo fa anche quando le tavole bidimensionali lasciano il posto ad un 3D ispiratissimo. Se lo “stacco” si avverte a malapena è merito soprattutto delle scelte cromatiche: le tinte pastello scolorano naturalmente nei poligoni nudi di un ottimo cell shading. Che per mantenere una certa continuità con l'impostazione complessiva, si concentra tutto sulle animazioni del personaggio, così da creare un ponte ideale fra manuale e digitale. Così mentre Oliver corre nelle città di questo monto fatato, il suo mantello oscilla dolcemente smosso dal vento, ed il giovane protagonista non si fa scrupolo a saltellare sui massi che spuntano da un ruscello, o sul cappello di funghi giganti. E pure Mr. Lucciconio, che lo segue sempre, rotola a terra quando viene travolto dalla corsa del ragazzino. Forse la connessione fra le due anime di Ni No Kuni è proprio questo gusto tutto particolare per il guizzo inatteso, per la minuteria ricercata. Basta pochissimo tempo, comunque, perchè l'evidente dicotomia si riduca e si smussi, consegnandoci un titolo con una poetica precisa ed unitaria.

    Ni No Kuni non si lascia comunque scappare l'occasione di lavorare sull'iconografia tipica del genere, in maniera sempre brillante e creativa. E' difficile spiegare la meraviglia visiva che si prova quando per la prima volta si mette piede nella World Map. La mente corre coi ricordi dietro ai grandi GdR delle scorse generazioni, con fascinazioni che si avvicinano molto a quelle del nono capitolo della serie Final Fantasy, ma qui rivisitate in modo che tutto sembri uno splendido quadro in movimento. Le nuvole che proiettano la loro ombra sui boschetti e sulle radure, i gorghi di sabbie mobili che bucano il deserto, la scie di lava che si alternano ai ruscelli. Questa delicata meraviglia (a cui fa da controcanto una mappa disegnata che sembra uscita dallo zaino polveroso di un cacciatore di tesori) risalta anche quando il giocatore uno dei molti “dungeon” che scandiscono l'incedere della storia. Il Boscoscuro o il Boscodoro rivelano quindi i loro cromatismi così divergenti: il primo, ombroso e cupo, fitto di vegetazione e ricoperto da uno strato di mucillaggini scure; l'altro meno opprimente, con fronde che lasciano filtrare la luce del sole, ed i colori di un autunno pieno di foglie appassite.
    Studio Ghibli e Level 5, insomma, confezionano un titolo prezioso e ricercato, delicatissimo nello stile e originale persino in questa sua esibita alternanza fra animazione classica e modellazione poligonale. Colori, dettagli, emozioni: tutto è al posto giusto.

    Ni No Kuni: Wrath of the White Witch Ormai manca poco alla recensione completa, che potrete leggere su Everyeye.it giovedì 17 Gennaio. Nell'ultima puntata di questo nostro viaggio alla scoperta di Ni No Kuni, parleremo dell'adattamento italiano. Restate sulle nostre pagine per un altro piccolo "bonus": una Top 10 un po' speciale.

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