Provato Papo & Yo

All'E3 scopriamo una splendida perla dello sviluppo indipendente.

Provato Papo & Yo
Articolo a cura di
Disponibile per
  • PS3
  • Pc
  • In un E3 che ha portato tante conferme e poche sorprese, la scena Indie ci ha regalato alcune delle emozioni più vere e sincere. Del resto, in una generazione che sembra aver perso la capacità di sfiorare con delicatezza le corde emotive dei videogiocatori, sono spesso le produzioni svincolate dalle logiche di mercato a saperci ammaliare con inattesi guizzi artistici e creativi.
    Papo & Yo è uno di quei titoli capaci di toglierti il fiato. Un prodotto in grado di ragionare in maniera delicatissima sulle cose del mondo, filtrando anche le questioni più atroci con la forza della fantasia e dell'immaginazione.

    Tormenti

    Il titolo è sviluppato da Minority, un team che può essere definito davvero "infinitesimale", dal momento che è composto da sole cinque persone. Ma, come insegna la saggezza popolare, nella botte piccola...
    Papo & Yo racconta la storia di un rapporto familiare. Della relazione contrastata fra padre e figlio, il primo intrappolato nella spirale della violenza e dell'alcool, ed il secondo impegnato a trovare una via di fuga da un'esistenza fatta di dolore e incomprensioni. E posando lo sguardo sugli scorci sognanti del titolo, si capisce subito quale sia il modo per sfuggire: il sogno e la fantasia. Il mondo di Papo & Yo è una versione immaginifica di quello di Quico, il giovane protagonista: l'ombra scura del genitore si è trasformata in quella mastodontica di un essere assurdo. Monster, questo è il suo nome, è un gigantesco rinoceronte rosa, che non riesce a resistere alle Rane. E quando le mangia, si trasforma totalmente: da un compagno affettuoso, diventa un pericolo per il giovane Quico, in preda ai suoi istinti animaleschi e pronto a scatenare una violenza incontrollata.
    Il rapporto fra genitore e figlio, dunque, è trasfigurato, in una delle allegorie videoludiche più riuscite di sempre. Ed il "velo" della fantasia si deposita anche su tutta l'ambientazione: Quico è un ragazzo che vive in una favela, ed il gioco non si fa scrupoli a presentare un ambiente spoglio ed ostile, fatto di solitudini ed incuria. Ma basta un tratto di gesso sull'asfalto per poter cambiare le cose. Le interazioni di Quico con l'ambiente di gioco sembrano essere proprio quelle della sua mente, di un sogno fatto di speranza. Nella demo testata sullo showfloor dell'E3, ad esempio, era sufficiente spostare qualche scatola di cartone per veder cambiare in tempo reale tutta la planimetria della città che si estendeva di fronte a noi. Come in un piccolo "Inception" videoludico, è il potere del pensiero quello attraverso cui si interagisce con le ambientazioni.
    A livello di Gameplay, il titolo si presenta come un adventure game incentrato sui puzzle ambientali. Superare i rompicapo preparati dal team di sviluppo è indispensabile per raggiungere nuove zone della città, alla ricerca di una cura per il vizio terribile di Monster. Anche le interazioni con quest'ultimo e con Lula, un piccolo robot che si rivela un fedelissimo compagno di avventure, sono importanti per avanzare, in un titolo dalla progressione riflessiva e pacata. Il sistema di controllo è semplice e funzionale, e tutto il titolo si basa sulle possibilità di interagire con ambienti e personaggi. Ma dal momento che l'obiettivo principale del team è quello di veicolare emozioni e sensazioni, meglio non spingere troppo sul pedale della complessità. I primi rompicapo sembrano elementari (è sufficiente spostare delle casse per collocarle in un certo ordine o lanciare un pallone da far rincorrere a Monster), ma anche nel caso in cui si dovesse incontrare qualche difficoltà, un sistema di aiuti brillante permetterà di non rimanere mai bloccati. Basterà infatti "nascondere la testa" dentro una scatola di cartone per poter visualizzare, grazie all'inquadratura che passerà alla prima persona, alcuni semplici schizzi sulle pareti interne, che ci daranno qualche spunto utile per procedere. Anche quando si toccano questioni più "materiali", dunque, il lavoro del team di sviluppo non mostra cedimenti, anzi facendosi vanto di una coesione e di una coerenza difficili da trovare in tante altre produzioni.
    Anche dal punto di vista tecnico, Papo & Yo è una piccola perla. Il motore grafico è funzionale, sufficientemente ricco e dettagliato (soprattutto a livello di texturizzazione e mappe superficiali) per una produzione destinata al mercato Digital Delivery (in arrivo nel 2012). Ma è ovvio che i risultati migliori si registrino nel campo artistico: lo stile visivo è davvero unico, e fonde in maniera eccellente i tratti spesso brutali della favela con colori sgargianti e dettagli che sembrano usciti dai disegni di un bambino. Delicato al primo impatto, Papo & Yo nasconde in maniera elegantissima la storia di un animo tormentato.

    Papo & Yo Sono sempre meno i titoli capaci di commuovere e far riflettere. Papo & Yo è uno di questi prodotti, che fortunatamente ancora nascono dal terreno fertile della scena Indie. I valori comunicativi che da sempre attraversano, in sordina, i videogiochi indipendenti (da Passage a Today I Die), si cementano in un progetto che lascia a bocca aperta, per la sua capacità di misurarsi con estrema delicatezza con temi non facili da trattare. Sul gameplay ci sono molte incognite (la qualità e la complessità degli enigmi ambientali), ma sarebbe davvero banale ridurre le qualità del progetto a questo aspetto.

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