Provato Red Faction: Armageddon

Il ritorno della Fazione Rossa. Armageddon provato a New York

Provato Red Faction: Armageddon
Articolo a cura di
Disponibile per
  • Xbox 360
  • PS3
  • Pc
  • Considerato il marasma di TPS ed FPS che hanno invaso questa generazione, un esponente del genere, per uscire dalla mediocrità, ha bisogno di idee forti, che vadano a sradicare i preconcetti della categoria per rinfrescare il gameplay.
    Ci ha provato, poco più d’un anno fa, Volition Software con Red Faction: Guerrilla, primo episodio in alta definizione della fortunata serie shooter. Guerrilla anzitutto ha abbandonato la prima persona in favore della terza, ed ha portato alcune sostanziali novità legate alla distruttibilità degli ambienti. Grazie al Geo-Mod Engine 2.0, insomma, le locazioni di gioco potevano davvero essere sventrate e distrutte massicciamente. L'inserimento delle routine di danneggiamento, tuttavia, non si legò al meglio con le soluzioni ludiche di quello che, a tutti gli effetti, apparve un Free Roaming un po' asettico, in cui il dinamismo della distruzione era finalizzato ad offrire soltanto un disimpegnato passatempo.
    Con Red Faction: Armageddon, presentato alla stampa in occasione dei THQ Gamer’s day di New York, Volition cerca dunque di sfruttare ancor più massicciamente il Geo-Mod di cui sopra.
    Everyeye era presente ed ha potuto saggiare con mano i primi livelli della campagna single player, nella versione Xbox 360 che, assieme a quella Playstation 3, farà capolino sugli scaffali nel corso del mese di Maggio.

    Cinquant’anni dopo

    Le vicende di Red Faction: Armageddon prendono il via nel 2170, esattamente cinquant’anni dopo Guerrilla. Il pianeta Marte, colonizzato dagli esseri umani, è diventato inabitabile a causa della distruzione del Terraformer, complesso marchingegno capace di ricreare l’atmosfera ed il clima terrestre. Gli esseri umani vengono dunque costretti a spostarsi nel sottosuolo, dove i colonizzatori, per il bene comune, si vedono costretti a realizzare una rete di cunicoli abitabili.
    L’avventura ha inizio 5 anni dopo l’occupazione del sottosuolo e segue le gesta di Darius Mason, nipote di Alec Mason e Samanya, i protagonisti del precedente capitolo. Il nostro eroe, uno dei pochi “contractor” in grado di accettare lavori di recupero sulla superficie del flagellato pianeta, s’imbatte ad un certo punto in uno strano artefatto che, in maniera del tutto analoga ad alcune famose pellicole hollywoodiane, risveglierà una malvagia e pericolosa razza aliena.
    Darius e la “Fazione Rossa” saranno dunque chiamati, ancora una volta, a salvare il pianeta e la razza umana.

    Destroy Everything

    Il primo livello da noi provato altri non era se non un gigantesco HUB nei dintorni nel quale provare tutte le armi a disposizione del protagonista, fornite di proiettili infiniti offerti da uno speciale dispenser. Una sorta di avvincente tutorial per imparare in che modi e maniere sfruttare le caratteristiche del motore fisico, vero protagonista dell’avventura. Tra nuove e vecchie conoscenze l’arsenale di Darius annovera il poderoso Sledgehammer, il Charge Launcher, il devastante Plasma Beam, il Singularity Cannon e la Magnet Gun; aggeggi che, a nostro modo di vedere, meritano un approfondimento già in questa sede.
    Lo Sledgehammer è il classico martello per il combattimento melee in grado di polverizzare in pochi colpi un muro in cemento come fosse di carta; l’utilizzo si rivela particolarmente utile in situazioni d’accerchiamento, poiché permette di scagliare veloci e ripetuti fendenti con brevissime pause e, naturalmente, senza il bisogno di ricaricare. Il Charge Launcher, passando alle armi da fuoco vere e proprie, è un particolarissimo lanciagranate in grado di scagliare sino a quattro cariche l’una di seguito all’altra per poi farle detonare a ripetizione: durante la prova si è rivelato utile a stanare una particolare tipologia d’alieno che soleva annidarsi negli anfratti scavati su muri e soffitti, dove la luce artificiale delle cave sotterranee spesso non arrivava. Il Plasma Beam e il Singularity Cannon vanno invece ad inserirsi nella categoria d’armi adatte principalmente alla distruzione ambientale: la prima produrrà una scarica energetica continua in grado di smaterializzare ogni elemento con cui verrà in contatto, la seconda produrrà una potente esplosione alla quale seguirà un buco nero in grado di risucchiare la materia circostante. Chiude il cerchio l’affascinante Magnet Gun, arma in grado di agganciare due punti qualsiasi dello scenario ed attrarli l’uno verso l’altro; l’ideale per schiacciare sotto il peso d’enormi massi gruppi di inermi nemici.
    La dotazione si completa naturalmente con tutta una serie di bocche da fuoco leggermente più “canoniche”, alle quali va aggiunto, non bastasse, un particolare guanto (il Nanoforge) tramite il quale il nostro beniamino sarà in grado di lanciare scariche energetiche (concentrate, a zona...) e persino di riportare ogni elemento su schermo allo stato originario (in sostanza ripararlo).
    Durante questo tutorial interattivo abbiamo anche avuto modo di valutare il livello e la qualità della tanto decantata distruttibilità ambientale. Sin dal primo istante, è bene precisarlo, siamo rimasti colpiti dall’enorme cura riposta in questo aspetto dagli ingegneri del team statunitense, che hanno saputo integrare un motore fisico in grado di sovrastare l’ottimo Frostbite 2.0. Il Geo-Mod Engine 2.5 permette, ad esempio, di sgretolare le fondamenta di una torre e vederla conseguentemente schiantarsi al suolo o addosso ad altri edifici, producendo una devastante reazione a catena; oppure consente di far detonare i muri portanti d’un edificio per poi vederlo collassare su se stesso e sui malcapitati occupanti, in pieno stile “demolizione controllata”.
    Ad impressionare, comunque, non è solo l’implementazione fisica ma anche tutto ciò che ne “abbellisce” il contorno, rendendola a tratti epica. Parliamo, in particolare, di una quantità spropositata di effetti particellari realizzati a regola d‘arte e capaci di produrre polvere, schegge e detriti in maniera estremamente credibile. Naturalmente ogni “momento WOW” ha un suo prezzo ed Armageddon, in questo senso, non fa eccezione. Nei momenti in cui l’ambiente viene letteralmente sconquassato dalle armi di distruzione di massa sopracitate il frame rate subisce diversi rallentamenti e mostra il fianco ad alcuni problemi di tearing, spesso mascherati abilmente da un leggero effetto blur che “simula” -se vogliamo- lo stato di confusione dovuto ai disastrosi impatti col terreno.

    Aldilà del piacere nell’osservare tanti piccoli elementi in movimento e nello sperimentare un’interattività potenzialmente mai vista prima d’ora, il nuovo Red Faction ci ha dimostrato, almeno per ora, di poter superare in maniera piuttosto agevole uno dei grossi problemi citati in precedenza parlando del prequel. Durante il secondo dei due livelli da noi provati, infatti, ci siamo imbattuti innumerevoli volte in situazioni che richiedevano in maniera non certo velata l’abbattimento di intere strutture per avere immediatamente la meglio su nemici in netta superiorità numerica. Nel prosieguo del livello, ambientato prima sulla superficie del pianeta e poi sottoterra si sono scorte anche molti dei classici barili esplosivi, utili ad enfatizzare la spettacolarità del titolo che vede, tra le tante novità, anche un certo innalzamento del ritmo complessivo.
    E’ parsa soddisfacente, infine, anche la varietà e la variabilità delle situazioni, veicolate oltre che da un level design sempre piuttosto articolato e ricercato, dalla presenza di truppe nemiche dal diverso armamentario, capaci di mettere in difficoltà il videoplayer grazie ad una dotazione del tutto similare.
    Tra una sparatoria e l’altra siamo infine capitati, agli sgoccioli dell’ultimo livello provato, a bordo di un mastodontico Vital Suit che ci ha permesso di sperimentare una gatling dalle munizioni infinite e la possibilità di caricare nemici ed elementi dello schermo sfruttando la stazza e la spinta meccanica dell’ingombrante accrocchio: un vero toccasana.

    Red Faction: Armageddon Red Faction: Armageddon, per il momento, ha fatto vedere ben poco di se; possibilmente solo i lati migliori. Benchè sia dunque presto per trarre qualsiasi conclusione dobbiamo ammettere che quanto ammirato nell’hands on propostoci in quel di New York ci ha lasciato piacevolmente stupiti. Questo sequel, ad ora, non si è dimostrato solo “bigger and better”, ma è anche stato in grado, fin dai primi istanti in game, di far vedere come le interessanti routine già introdotte in Guerrilla siano state effettivamente implementate con una nuova logica, andando ad integrarsi meglio col gameplay. Il consiglio, come per ogni titolo promettente, è quello di continuare a seguirci in attesa di maggiori informazioni e di hands-on sempre più approfonditi.

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