Provato Top Spin 3

Prova diretta del tennistico più promettente

Provato Top Spin 3
Articolo a cura di
Disponibile per
  • DS
  • Xbox 360
  • Wii
  • PS3
  • Lo scorso inverno Top Spin 3 sciorinò classe ed eleganza confezionando un numero proibitivo di passanti lungo la linea delle nostre aspettative. Spettatori privilegiati insieme ai PR di Take 2, assistemmo ad un match esaltante tra arcade e simulazione, filosofie che scorrono da sempre sui binari del divertimento senza mai sfiorarsi. Fu una rivelazione. Le parole del producer di PaM si cristallizzavano sullo schermo immortalando un prodotto diverso, capace di lanciare il proprio cuore al di là della rete di convenzioni intessuta negli anni dalla saga tennistica di casa Sega (e solo in parte rinnegate da Smash Court Tennis di Namco). Stretta di mano, pacca sulla spalla e tanti saluti ad un modo di intendere il tennis interattivo che non può che infilarsi nel tunnel dell’obsolescenza. Addio velocità sfrenata. Addio scambi ai confini del sovrumano. Addio superuomini in grado di recuperare di slancio ogni palla. Durante la presentazione italiana, Top Spin 3 fece un bel pacco di quei dettami, rispedendoli cordialmente al mittente. Destinazione: Giappone.
    Come evidenziato in sede di preview (LINK ALLA PREVIEW), la corsa al realismo non interessava solo il nucleo del gameplay, bensì anche gli apparati tesi ad irrobustirlo. Stanchezza dei giocatori, il progressivo irrigidimento delle animazioni in accordo con le energie spese, i cambiamenti climatici (puramente decorativi), la ristrutturazione di una scuola tennis più sobria nei contenuti rispetto alla pazzie nipponiche, ma non per questo meno efficace o divertente, denunciavano la volontà degli sviluppatori francesi di ripercorrere la strada imboccata dal capostipite del franchise.
    Racchetta alla mano, pochi giorni fa abbiamo lasciato gli spalti dell’attesa su invito di Take 2, per testare sul campo le potenzialità del gioco. Dopo anni di sogni arcade, il risveglio è stato traumatizzante. Abbiamo sudato. Lottato su ogni palla. Gioito ad ogni punto. Ed imprecato ad ogni errore. Un’esperienza estenuante, ancorché totalizzante. Perché nessuna trasposizione ludica di questo sport era mai stata così immersiva. Così verosimile. Benvenuti nel tennis reale, quello che si nutre di tecnica, potenza e strategia. E di tanta, tantissima dedizione.

    “You cannot be serious” (John McEnroe)

    Una volta sul campo, gli echi del tennis reale assumono diverse forme. La decurtazione della velocità, in primis, può destabilizzare l’habitué del tennis di matrice nipponica. Gli atleti si muovono rapidi per il campo e rispondono con sollecitudine ai comandi (solo tramite lo stick: la croce direzionale non è contemplata), tuttavia permane, quantomeno inizialmente, un senso di pesantezza straniante, scomodo retaggio di una concezione tennistica distorta e maggiormente abituata alle venature arcade. Già dopo pochi minuti il disappunto lascia spazio al ravviso di un ritmo di gioco perfetto, in grado di ricalcare con tratto sicuro le tempistiche degli scambi e le movenze dei tennisti. Ma la velocità è solo uno dei materiali di cui si fregia la cornice simulativa. Ciò che conta è il risultato della loro correlazione. Si pensi al fattore strategico. La verosimile celerità degli spostamenti non consente i recuperi impossibili, rigorosamente in tuffo, professati da Virtua Tennis 3. Rimanere immobili durante uno scambio equivale dunque a perdere il punto. Come nel vero tennis, è necessario saper leggere l’azione di gioco, anticipare i tempi in ossequio ai colpi dell’avversario ed occupare quanto prima la porzione di campo che con più probabilità accoglierà il rimbalzo della pallina. La non-pianificazione viene invero punita dalla CPU con puntigliosa disinvoltura. Scendere a rete senza un buon colpo preparatorio (o in assenza di circostanze favorevoli) è quindi un altro modo per sedersi anzitempo sulla propria panchina, con l’asciugamano della sconfitta ben calato sulla testa.
    Il sistema di controllo ha subito un analogo processo di sofisticazione. Se di primo acchito i cambiamenti possono risultare marginali (tiro normale, back spin, top spin e lob sono deputati rispettivamente ai tasti A, B, X e Y come vuole la tradizione; è possibile altresì servire agendo sullo stick destro, muovendolo dal basso verso l’alto), i primi spiacevoli colpi a vuoto, o semplicemente fiacchi, per tacere di quelli finiscono la propria parabola fuori dal rettangolo bianco, rappresentano i campanelli d’allarme di una ristrutturazione ben più viscerale di quanto si è portati a credere. Il tempismo è la chiave che scardina la porta di un buon colpo; velocità della pallina, posizione del corpo rispetto ad essa così come qualità della postura sono gli elementi che concorrono invece a definirlo, differenziandolo dalla media. All’atto pratico, premendo un pulsante si dà il via all’animazione corrispondente, che si conclude al suo rilascio. L’incisività del colpo è dunque proporzionale alla quantità di tempo dedicata alla sua preparazione, mentre per modificarne direzione e profondità è necessario industriarsi con lo stick sinistro.
    La libertà lasciata al giocatore può interdire, perché se è vero che con l’allenamento è possibile piazzare la palla in qualsiasi punto del campo, la complessità iniziale non può che rappresentare un ostacolo per i tennisti della domenica. Il timing con cui si colpisce è solo la punta dell’iceberg. Esattamente come nella realtà, il posizionamento dell’avatar rispetto alla pallina è altrettanto importante. Non è raro infatti trovarsi nell’impossibilità di ribattere colpi velenosamente indirizzati all’altezza dei polpacci, o a misurarsi con casi in cui tempo di risposta e posizionamento vengono vanificati dalla velocità della palla. In quest’ambito, è d’uopo ricordare il potenziale ricorso agli advanced shot, premendo uno dei due trigger mentre si colpisce la pallina. Grilletto sinistro per i colpi di fino, come i passanti lungolinea. Quello destro per le stoccate brucianti, utili soprattutto quando si vuole imprimere un’accelerazione a uno scambio troppo prolungato. Premendo entrambi gli effetti subiscono un’impennata tangibile, al pari della difficoltà che ne accompagna l’esecuzione. Rispetto a Top Spin 2, il passo in avanti in nome del bilanciamento è comunque concreto. Sebbene efficaci, i suddetti colpi non minano l’economia di gioco come occorso nel precedente capitolo. In accordo con quanto asserito dagli stessi Product Manager di Take 2, le chance di vittoria possono esulare dal loro utilizzo. Le variabili da considerare sono talmente numerose che è dunque fattibile la formulazione di uno stile vincente non contemplante lo sfruttamento intensivo dei grilletti. Finalmente.

    “L’immagine è tutto” (Andre Agassi)

    L’influenza della fatica sulle prestazioni degli atleti è una delle feature chiave di Top Spin 3. Stress e affaticamento muscolare (sintetizzati dalle pulsazioni del cuore che sovrastano le teste durante i turni di battuta) dovrebbero dunque incidere sui cambi di direzione, sulla prontezza di riflessi, modificandone in parte le animazioni. Data la contenuta durata dei match a cui abbiamo partecipato, non abbiamo potuto saggiarne l’efficacia, se non a livello estetico. Ancora una volta, il motore grafico allestito da PaM regala soddisfazioni importanti soprattutto per via degli shader e delle texture utilizzate. I tennisti, oltremodo particolareggiati e imperlati da un sudore che si propaga sul corpo quanto sui vestiti in maniera procedurale, ridefiniscono il concetto stesso di fotorealismo, anche per merito di un set di animazioni personalizzate concatenate armoniosamente. Su questo fronte, le uniche pecche sono ravvisabili nei gesti di stizza che, oltre ad essere eccessivamente contenuti, sono di fatto i medesimi per l’intero roster di campioni.
    Le figure di contorno (giudici di linea, raccattapalle, spettatori) fanno da contraltare alla perfezione stilistica delle strutture: maggiormente curati rispetto a qualche mese fa, non nascondono tuttavia una costruzione poligonale votata al risparmio, che graffia senza indugi il colpo d’occhio.
    Ineccepibile l’implementazione delle fonti luminose al pari dei cambiamenti climatici (da soleggiato a nuvoloso), il cui corollario è la costruzione di ombre diverse e credibili per ogni elemento presente sullo schermo.

    Single match, torneo (singolo e doppio), scuola tennis e carriera sono le modalità di gioco previste.
    Purtroppo non abbiamo potuto testare le funzionalità dell’editor dei tennisti, sulle cui fondamenta si dipanerà la carriera. Rimandiamo alla precedente anteprima per le informazioni basilari riguardanti questa preziosa opzione.
    Sul fronte online Take 2 assicura sorprese, oltre ai canonici tornei locali e mondiali. Confermato comunque il reset delle classifiche ogni quindici giorni, in modo da offrire a tutti la possibilità di ambire democraticamente al trono.

    Top Spin 3 Quaranta le arene che faranno da teatro alle partite; invidiabile il roster di tennisti presenti all’appello, fra cui alcuni miti intramontabili. Ciò che conta veramente è però il senso di nuovo che ammanta il pargolo di PaM. Un’ideologia di fondo senza compromessi, che abbisogna di una lunga fase di apprendistato per essere metabolizzata, ma che sa nel contempo regalare soddisfazioni altrettanto ricche. Per la prima volta, dunque, stile e tattica conteranno quanto i riflessi. Per la prima volta, il prossimo giugno, si giocherà a tennis. Quello vero.

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