Provato X-Men Origins: Wolverine

Un Tie-In Graffiante

Provato X-Men Origins: Wolverine
Articolo a cura di
Disponibile per
  • PS2
  • DS
  • Xbox 360
  • Wii
  • PS3
  • Pc
  • Psp
  • Cruento. Efferato. Wolverine. Il titolo Raven Software graffia e scarnifica le paure di chi vede nei tie-in solo una bieca accozzaglia di riferimenti filmici, rimpastati in salsa ludica.
    I tempi, fortunatamente, cambiano. E schizzano veloci tra una convenzione e l’altra, rimodellando certezze e punti saldi. Per una visione ragionevolmente più agile, e meno zavorrata di viziosi cliché, è bene ancorarsi alla nuova politica di Activision Blizzard, particolarmente attenta ai valori qualitativi da conseguire. Tanta, tantissima quantità -fra titoli su licenza e nuove proprietà intellettuali, la line up del publisher parla chiaro-, ma anche cura per il dettaglio, così come per l’estetica e le specificità dei vari brand.
    X-Men Le Origini: Wolverine è l’ultimogenito di una prassi produttiva che ha preso il largo già lo scorso anno, e che ora pare aver raggiunto un soddisfacente grado di maturazione. Perché in grado di colpire nel profondo, nella fattispecie, l’appassionato del lungometraggio, del comic o anche solo del personaggio, i cui conflitti interiori e taluni brandelli di un passato indecifrabile vengono raccontati anche tramite tasselli narrativi esclusi dalla controparte cinematografica, rendendo l’opera ludica finalmente completa. Finalmente libera dal concetto di mera trasposizione. Finalmente a sé stante.
    La struttura di gioco confessa un citazionismo evidente, abbracciando tanto il gusto lacrimevole del bello di Dante, quanto la furia divina di Kratos. Ma con gli artigli ben conficcati nel suolo e nelle carni dei nemici, di ultraterreno in Wolverine c’è davvero ben poco. Il punto nodale non è certo l’originalità, bensì la ricerca di un divertimento duraturo, forgiato su una base solida come l’adamantio.
    La caccia all’uomo inizierà il prossimo 29 Aprile su Xbox 360, PS3 e PC (versioni next gen con PEGI +18).
    Resta solo da capire chi è la belva braccata, e chi il cacciatore.

    La build, testata in versione Xbox 360 e già rifinita nella cosmesi, ha evidenziato sbavature nelle sole cut scene utilizzanti il motore di gioco: granulosità e carenza di definizione che comunque non troveranno posto nell’edizione definitiva.
    Ancora da valutare il doppiaggio nel nostrano idioma. E’ comunque confermata l’inclusione delle voci italiane che daranno vita ai personaggi del film.

    Abbandonata la giungla sudamericana -già oggetto di una nostra ANTEPRIMA-, fornente una gustosa un’infarinatura dei concetti basici di XMO: Wolverine, è il turno del laboratorio Arma X, crocevia inalienabile nella vita del buon Logan.
    La violenza delle immagini azzanna di primo acchito gli occhi del giocatore, scaraventando a schermo una coreografia di sangue, smembramenti e squartamenti che rileggono con parole nuove il significato di uccisione all’interno di un videogioco. A tenere banco sono gli artigli di Wolverine, e la sua furia distruttiva. Laddove in un titolo come il recente Mad World di Sega il fine è la ricerca estetica, edulcorata dal ricorso al bianco e nero, nel prodotto Activision le sottigliezze artistiche lasciano il campo all’animalesco anelito di vendetta del protagonista, che trucida il nemico con rabbia infinita. Il risultato è senza dubbio spettacolare, soprattutto se si pensa alla profondità del sistema di combattimento, pregno di proiezioni e mosse concatenabili che minano il dissennato ricorso ai soli tasti X eY, escludendo dunque a priori la classica fiera da button mashing; al tasto A è deputato il salto; prese e parate rispettivamente a B e al trigger sinistro. Fondamentale inoltre il ricorso al lounge (LB), ovvero al salto felino e mortale sui nemici precedentemente lockati (RB).
    Il livello testato, claustrofobico e fitto di apparecchiature scientifiche, di salette operatorie, di corridoi angusti, ha reso ampia giustizia al sistema di combattimento, il quale sebbene non si avvicini alle esasperazioni tecniche di un qualsivoglia Ninja Gaiden, necessita comunque di buon apprendistato. Le varie stanze pullulano di nemici piuttosto incattiviti, differenziati da armi e modalità di attacco assolutamente peculiari. Optare per un approccio superficiale, tamburellando senza cognizione sui tasti, equivale a morte certa, con buona pace della capacità rigenerativa del protagonista. Quantunque una volta nelle mani all’X-Man per antonomasia le loro chance di sopravvivenza si approssimino allo zero assoluto, il loro numero soverchiante (una decina fissa contemporaneamente sullo schermo) insieme all’alto grado di combattività -sparano come dannati- e ai gingilli tecnologici di cui sono dotati, costringono il giocatore a vagliare tecniche differenti, scandagliando l’intero spettro di azioni offensive. Soldati semplici o con protezioni rinforzate; nemici con artigli simili a quelli del protagonista; altri in grado di mimetizzarsi -scomparendo- tramite nanotecnologie camaleontiche; altri ancora imbraccianti uno scudo e un devastante braccio meccanico. Per non parlare di aberrazioni genetiche piene di carinerie come il classico Wendigo Prototype (l’intero Logan è grande come un suo braccio) a fungere da mini boss. E tutto in un solo livello. L’intelligenza artificiale utilizza degli schemi di gruppo ben strutturati, con squadriglie che puntano quasi sempre all’accerchiamento e all’avvicinamento progressivo. Individualmente, anche il nemico più coriaceo può poco: nelle mani del dottor Wolverine, le cavie nemiche assumono le sembianze di fantocci da impalare e smembrare con rabbiosa ferocia. E fanno quasi tenerezza quando privati di un arto, alcuni si trascinano carponi verso un salvezza inafferrabile; altri invece scaricano gli ultimi colpi di fucile strisciando all’indietro, col grido di terrore strozzato in fondo alla gola.
    Le coreografie di morte non sono quindi meri orpelli scenici: giocare con la profondità del sistema di combattimento, concatenando lounge a uccisioni istantanee, prese e lanci per sparpagliare il gruppo di antagonisti, usufruendo di uno dei poteri Rage acquisibili (ricaricabili uccidendo nemici e distruggendo l’oggettistica), o sfruttando i sensi ferali per ordire agguati (magari nel mezzo di una nebbia mefitica), alimenta un climax ludico potente. E anche la ridotta interazione ambientale non sembra avere peso nell’economia di gioco. Di fatto interviene soprattutto nel puzzle solving: nel livello affrontato prevedeva il corretto spostamento di alcune casse per raggiungere altezze proibitive o per bloccare porte mal funzionanti e tendenzialmente assassine.
    XMO: Wolverine ostenta quindi soluzioni diverse che frazionano il ritmo canonico dei combattimenti. Si pensi alla possibilità di uccidere furtivamente, agguantando un nemico da tergo (tasto X); alla necessità di sfuggire a delle mortali torrette laser seguendo pattern e tempistiche precise al millimetro; ai QTE necessari per sconfiggere alcuni mini boss; alle porzioni di livello giocate privi del dono rigenerativo.
    La caratteristica primaria di Wolverine ricopre ovviamente un ruolo fondamentale, tanto ai fini del gameplay, quanto sul piano critico. Il corpo di Logan soffre sotto il fuoco nemico. Corrompendosi, scarnificandosi, aprendosi tanto da lasciare intravedere il celebre scheletro di adamantio. Stare lontani dall’azione, rifuggendola, quasi nascondendosi, acuisce la rigenerazione dei tessuti. Consumata però la barra d’energia principale (molto old style, ma altresì funzionale), è il cuore stesso del protagonista che comincia a battere all’impazzata. Una volta decurtato il sangue ivi contenuto, il giocatore è invitato a riprendere dall’ultimo savepoint.
    Da non sottovalutare, anche in chiave di replay value, la progressione di Wolverine sulla scorta di un qualsivoglia RPG. Raggiunti determinati obiettivi (in genere un numero di nemici uccisi) il protagonista sale di livello, sbloccando nuove abilità di base e soprattutto accumulando punti spendibili in quattro sezioni specifiche: skills, fight moves, mutagens e reflexens. Se le prime due non sono che ordinaria amministrazione (potenza dei colpi, energia, resistenza; nuove tecniche eseguibili), le ultime interessano sia le qualità genetiche dell’avatar (ancora da valutare con quali conseguenze), che la possibilità di imparare animazioni peculiari per contrastare specifici gruppi di nemici (ad esempio, i robot).
    La curva di difficoltà, già a livello medio, è assai poco morbida, il che lascia presagire un livello di sfida accettabile per l’intera durata dell’avventura (dodici/quindici ore).
    Infine ricordiamo l’assenza di una qualsiasi modalità online.

    L’apparato scenografico è sicuramente squisito, ed in linea con gli attuali standard qualitativi. Mappe superficiali curate e variegate fanno il paio con una riproduzione della pelle umana particolarmente riuscita. Curatissimi gli ambienti poligonali, e soprattutto ricchi di oggetti da distruggere a piacimento. Fiore all’occhiello è sicuramente la modellazione dei personaggi, curati con certosina maniacalità: i particolari sulle armature dei nemici si sprecano, mentre Wolverine è sostanzialmente la perfetta trasposizione del personaggio amato sul grande schermo (si pensi per esempio alle animazioni facciali ricche di micromovimenti che ne riverberano la credibilità). Nel novero delle note positive rientrano anche le animazioni, selvagge e animalesche come da prassi, sebbene la presenza di alcuni movimenti poco articolati non ci abbiamo pienamente soddisfatto.
    Buona la prontezza della telecamera, che segue l’azione senza evidenti tentennamenti.
    Migliorabile invece l’aliasing persistente e il già citato smottamento qualitativo delle cut scene (al contrario, i filmati in CGI sono assolutamente fenomenali): problemi che in accordo con le promesse dei portavoce Activision, saranno estirpati prima della release (la build provata era di inizio Marzo).
    Nel complesso, quindi, XMO: Wolverine appaga cuore e occhi.

    X-Men Origins : Wolverine X-Men Le Origini: Wolverine è un tie in capace di stuzzicare le aspettative anche dei giocatori più recalcitranti. Arricchito da un sistema di combattimento per nulla scontato e pregno di sfaccettature, il titolo Raven non aspira a riscrivere le norme degli action game, bensì ad inserire nel migliore dei modi l’iconografia del personaggio Marvel in un genere che già vanta contendenti illustri. Da aspettare, e non solo se siete dei fan di Wolverine.

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