Provato Yakuza 3

Il drago di Sega ha perso gli artigli

Provato Yakuza 3
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Disponibile per
  • PS3
  • Come un drago...

    Yakuza (trasposizione occidentale del nipponico Ryu Ga Gotoku) è stato, al tempo della sua uscita europea, un piccola sorpresa nel panorama ludico di Ps2. Visto in Giappone come il messia di un messaggio salvifico, rivelatore della “vera via” del videogioco ed unico prodotto in grado di recuperare la tradizione di Shen Mue, in realtà i mesi di ritardo con cui il gioco giunse in Europa permisero di far sedimentare gli entusiasmi ed analizzare il titolo Sega per quello che era: un prodotto discreto, divertente e ricco dal punto di vista quantitativo, attraversato da una trama coerente e piacevole, capace di spezzare quella routine fatta di grandi nomi e grandi attese, regalando un’esperienza diversa dal solito.
    Passati i tempi della PsTwo, sarà l’ancor più monolitica nuova console Sony ad ospitare niente meno che il terzo capitolo della saga (il secondo non ha ancora visto la luce in occidente). E se l’Hype pare diffondersi anche per osmosi, dev’essere a seguito degli stretti contatti mediatici con la stampa nipponica che l’attesa per tale prodotto è salita alle stelle anche in suolo statunitense ed europeo. Fortunatamente il rilascio di una coppia di demo permette anche a noi giocatori del vecchio continente di saggiare la bontà del titolo. Ed, eventualmente, di correggere il tiro riguardo le attese.

    ...ma senza artigli


    A chi non abbia una conoscenza più che buona del giapponese, consigliamo vivamente di scaricare, nel caso sia intenzionato a testare la demo del titolo distribuita sul PS Store nipponico, la demo contrassegnata dall’immagine di un Samurai in nero. Si tratta infatti di una serie slegata di attività, selezionabili da un menù iniziale, che permettono di saggiare le varie caratteristiche del gameplay portante del prodotto. Anche chi ignora totalmente il significato degli ideogrammi, dunque, potrà farsi un’idea di come le meccaniche di gioco si siano evolute rispetto a quelle dei precedenti episodi, al passaggio dall’ambientazione moderna a quella storica.
    Chi abbia più familiarità con i kanji, può tentare invece di percorrere, grazie alla demo “bianca”, una breve sessione degli eventi che comporranno la trama principale, scontrandosi con una struttura praticamente identica a quella dei due capitoli già commercializzati da Sega. Si tratterà in pratica di girovagare per le strade di una non troppo popolosa cittadina, adempiendo agli incarichi assegnati da personalità di spicco, senza dunque troppa libertà d’azione o varietà concettuale. Senza entrare nel merito di quelli che sogno i fatti narrati (anche a causa della evidente barriera linguistica), ci limitiamo in questa sede a ricordare che uno dei punti di forza del primo Yakuza era proprio la sceneggiatura: una storia ben raccontata e sviluppata con un uso registico delle inquadrature tutt’altro che banale. La speranza è quella che pure Yakuza 3 riceva lo stesso trattamento, anche perché quello che è emerso da un’analisi più approfondita del sistema di combattimento e delle attività “extracurricorali” lascia nei palati degli utenti Next Gen estrema amarezza.

    Il fulcro portante della serie è sempre stato un sistema di combattimento non banale, semplice da metabolizzare e gestire (tramite la pressione di tre tasti, rispettivamente per gli attacchi forti, deboli e per le prese), ma capace di regalare estrema soddisfazione, soprattutto per le possibilità d’interazione ambientale e la crudezza di ogni scontro. Ricordiamo infatti che nei capitoli scorsi, dopo aver afferrato un avversario, era possibile attivare una grande varietà di “finishing move” (alcune delle quali interattive), in dipendenza dal contesto ambientale o dall’oggetto equipaggiato (che, sottoposto ad usura, diventava presto inutilizzabile, costringendo a mutare approccio allo scontro). Yakuza 3 sembra aver compiuto evidenti passi indietro. Già durante le prime battute di gioco il sistema appena descritto appare per nulla evoluto, bensì riproposto integralmente; con il risultato di sembrare forse non del tutto efficace in un titolo di nuova generazione, in cui -dopo le conquiste degli action game più recenti- sarebbe stata auspicabile una gestione della lotta più dinamica e meno “incatenata” ad una serie di combo indipendenti fra loro. Ma il problema principale si mostra quando ci si accorge che le caratteristiche vincenti della serie appaiono “smussate”, poco incisive, messe in secondo piano. Durante gli scontri a mani nude, infatti, l’ambiente offre pochissimi spunti di interazione: non ci sono oggetti da raccogliere e gli Hot Spot su cui fracassare gli avversari sono appena un paio. Le cose non migliorano durante gli scontri all’arma bianca: in questo frangente il sistema di gioco appare del tutto snaturato, e l’idea è quella di trovarsi di fronte ad uno dei vecchi capitoli di Onimusha, fra quelli meno riusciti (il paragone con Onimusha 2 regge pienamente). La possibilità di alternare l’utilizzo di una singola katana a quello di due lame non riesce a reggere il confronto con la varietà di situazioni del primo episodio, e le combinazioni di colpi sono molto limitate. L’impossibilità di eseguire le prese costringe il giocatore ad esibirsi in una serie di fendenti ed affondi poco convincente, in cui il protagonista “scivola” sul suolo mimando involontariamente i risultati visivi dei peggiori B-Movie.
    La speranza è quella che la demo proponga situazioni ancora acerbe, e che durante il corso dell’avventura le possibilità concesse all’utente diventino più interessanti, anche se la netta separazione fra combattimento di spada e scontro corpo a corpo ci sembra sinceramente un azzardo poco gradito, che rivela in tutta la sua pienezza le radici Old Gen del progetto.
    Radici per altro evidenziate dal secondo “minigame” disponibile nella demo: il tiro con l’arco da cavallo. In questa sessione di gioco il protagonista era chiamato ad abbattere dei bersagli fissi con le proprie frecce, lanciato in una insipida galoppata lungo un improbabile rettilineo. L’unica occupazione del giocatore era quella di muovere un mirino con lo stick sinistro, premendo con il giusto tempismo il dorsale destro per incoccare la freccia e rilasciandolo per scoccarla. Poco gratificante ed insipida, anche a questa sessione ludica concediamo il beneficio del dubbio: in caso di inseguimenti coreografici, bivi e QTE integrati, anche uno spezzone del genere potrebbe risultare gradevole. Altrimenti, nessun utente moderno avrebbe difficoltà a considerarlo come il retaggio di un metodo di sviluppo antiquato ed in piena decadenza.

    L’ultima attività disponibile nella demo permetteva di passare qualche minuto con le avvenenti fanciulle di un Club Privato, seguendo pedissequamente il sistema già conosciuto dai possessori del primo capitolo (basato sulle preferenze culinario delle ragazze e sulla possibilità di offrire loro doni e intrattenere conversazioni). La volontà di introdurre nella demo una componente così marginale nell’economia di gioco è evidente tributo alla cultura propria del gamer nipponico, massimamente attratto dai “simulatori di appuntamento” e forse pronto a chiudere un occhio sulle sviste concettuali por di godere della compagnia di una ragazza virtuale. Ci piace pensare che i giocatori europei non si lascino ingannare da questi facili espedienti, e riescano a vedere Yakuza 3 per quello che, ad oggi appare: un relitto della vecchia generazione, un titolo che può salvarsi in virtù della caratterizzazione degli interpreti e della sceneggiatura, ma non certo in grado di rivaleggiare con i mostri sacri del suo genere.

    Il Giappone medievale in alta definizione


    Il comparto tecnico di Yakuza 3 non si discosta poi molto da quanto visto in precedenza su Playstation 2, non fosse per l’alta definizione. Le texture sono di scarsa fattura, con picchi qualitativamente più elevati ed altri esiti ben meno felici, assestandosi su una media generalmente sufficiente. La cura dei dettagli è elevata sui personaggi principali ma lascia parecchio a desiderare sulla folla che si aggira in kimono per le vecchie abitazioni feudali. Piuttosto piatta la caratterizzazione dei personaggi non giocanti, che paiono muoversi con legnosità e scarsa fluidità. Anceh le animazioni del protagonista non sono il massimo della naturalezza. Scordatevi poi l’interazione realistica con il “popolo” vista in Assassin Creed: ogni spallata o scontro diretto con il povero cittadino qui verrà riprodotta con un semplice passo a ritroso del malcapitato. Durante i combattimenti avremo a che fare con immancabili compenetrazioni, animazioni scattose e pessime collisioni: i medesimi problemi riscontrati nei precedenti capitoli, ma aggravati dalla differenza dell'hardware in questione, e sintomo in questo caso di totale assenza di ottimizzazione.
    Fortunatamente lo stile architettonico del Giappone del 1600 è riprodotto alla perfezione, anche se la ripetitività di alcuni scenari ed elementi del paesaggio appare un pò troppo forzata. Ottime invece le espressioni del volto durante le scenette in real time che introducono la storia e le varie missioni, peccato per i dialoghi che per la maggior parte delle volte si ridurranno a versi monosillabi e semplici sottotitoli. Musiche molto ispirate ed evocative sapranno rendere ancor più vivido e suggestivo questo antico mondo orientale, unico vero pregio del titolo. Sparite le molteplici luci al neon che serpeggiavano in immense metropoli moderne, gli abiti gessati da malavitosi, scomparse le armi da fuoco ed i lussuosi locali alla moda, almeno qualcosa è rimasto a tirar su il morale dei giocatori.
    In definitiva il passaggio alla nuova generazione di console sembra non aver giovato al team di Yakuza che ha semplicemente ridipinto le squame al proprio drago di un colore differente senza preoccuparsi minimante di aggiornare anche il suo cuore pulsante.

    Yakuza 3 Sega sembra aver messo ben in chiaro le sue intenzioni: minimo sforzo per un grande guadagno. La casa nipponica continua con la propria filosofia di produzione già poco nascosta in questi ultimi anni e ancor meno apprezzata da gran parte dell’utenza. C’è ben poco da fare, il “Dio denaro” muove questa grande multinazionale ludica a suo piacimento, sfruttando brand di sicuro successo ma senza alcun valore aggiunto. Il terzo capitolo della saga di Yakuza dimostra come le idee di innovazione e di “next generation” non siano ancora approdate nelle teste dei programmatori e manager Sega, che ci propongono l’ennesimo “vecchio” gioco in alta definizione. Pur avendo lasciato i precedenti capitoli a più di cinquecento anni di distanza (temporalmente parlando) Yakuza 3 crea un fortissimo senso di dejavu nel giocatore, che ritrova le medesime meccaniche che approdarono su Playstation 2 nel 2006, anno in cui il capostipite della serie fece il suo ingresso sul mercato europeo. Le due demo presenti sullo Store Giapponese del Playstation Network danno una realistica visione di ciò che ci proporrà il gioco completo: moltissimi minigiochi, combattimenti scadenti ed un comparto tecnico non impeccabile. Per quanto riguarda la trama dovremo attendere una versione di prova in lingua comprensibile, nella speranza che lo storyboard sia ben curato e cinematografico, in linea con la maestosa regia che regnava nei precedenti capitoli.

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