Intervista Intervista IGDI

Intervista a Raoul Carbone e Marco Accordi Rickards

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Girando tra gli stand dell’area business della GamesCom, tenutasi quest’anno a Colonia, si percepisce distintamente il clima serenamente frenetico che permea il mondo videoludico. Pur con la crisi economica, pur con qualche difficoltà maggiore da parte dei team più piccoli, è indubbio che l’industria dei videogiochi sia in costante crescita, con grande felicità degli addetti ai lavori. Nell’incessante via vai di sviluppatori, PR e giornalisti di ogni nazionalità, tutti indaffarati e visibilmente elettrizzati, il concetto diventa palpabile ed empiricamente dimostrato. EA, Ubisoft, Sega, Activision: non manca nessun grande produttore, ognuno con la sua area dedicata, ognuno con i suoi titoli da presentare a porte chiuse, ognuno con il suo giro d’affari d’ampliare ulteriormente.

In questo clima internazione, in questa fiera che urla l’importanza culturale ed economica del nostro medium preferito, c’è stato spazio anche per l’Italia. Non ci stiamo riferendo ai tanti giornalisti del nostro paese che hanno svolto il loro lavoro al meglio (soprattutto quelli di Everyeye!). Tra gli stand montati, uno batteva bandiera tricolore. Quasi si trattasse di un gruppo di condottieri alla conquista della terra teutonica, faceva bella mostra di sé il padiglione della IGDI. Acronimo di Italian Game Devolepers Industry, ci siamo diretti nella loro postazione intenzionati a scoprire di cosa di trattasse esattamente e a divulgare a più persone possibili le loro intenzioni e obiettivi.

Critico e sviluppatore, insieme verso un unico obiettivo

Ci siamo così ritrovati a fare quattro chiacchiere davanti a un caffè con il Presidente dell’associazione, Raoul Carbone e il Vice Presidente, Marco Accordi Rickards. Siamo partiti dalle presentazioni, più per educazione e per rispetto dei canonici rituali, che per reale necessità di conoscenza di due personaggi così importanti nel panorama italiano.

Marco Accordi Rickards, terminati gli studi in giurisprudenza, passa breve tempo nel mondo forense, prima di abbandonarlo e dedicarsi anima e corpo al giornalismo videoludico. Collabora praticamente con ogni rivista del settore, prima di giungere in seno alla Sprea Editori dove tutt’ora cura la rivista Game Pro. Instancabile, tra una recensione e l’altra, trova anche il tempo di promuovere il videogioco, curando innumerevoli eventi e fondando AIOMI (Associazione Italiana Opere Multimediali Interattive).

Raoul Carbone dal canto suo, in un primo momento si impegna affinché Marco non rimanga mai senza qualche titolo completamente italiano da recensire. Il suo viaggio nell’industria videoludica comincia nel 2000 come disegnatore, per giungere in poco tempo a ricoprire la carica di direttore artistico. In seguito fonda Black Sheep Studios, nel 2002, con il quale pubblica nel 2004 Il Rosso e Il Nero, FPS ambientato nell’Italia sconvolta dalla seconda guerra mondiale e dallo scontro civile tra partigiani e fascisti. Decide poi di dedicarsi alla formazione. Resosi conto della mancanza di una cultura e di un background di conoscenze tecnologiche, pur non abbandonando mai totalmente il campo dello sviluppo, ha prima creato una realtà privata d’insegnamento per poi diventare, nel 2008 un docente dell’AIV (Accademia Italiana Videogiochi). Attualmente è inoltre alle prese con lo sviluppo di grosso titolo completamente on-line e per PC, di cui ancora non si sa nulla se non che ad ottobre verrà rilasciata una demo prima della release, prevista a Natale.

Insomma se c’è qualcosa di certo è che non stiamo parlando con due novellini, ma con due capisaldi dell’industria videoludica italiana. Dunque la curiosità cresce. Cos’è esattamente la IGDI? Da quali presupposti nasce?

La franchezza di Roul, nel risponderci, è sinonimo di chiarezza e volontà di confrontarsi con la realtà dei fatti. “La IGDI è un’associazione, nata all’interno di Confindustria, che riunisce sotto la sua effige la quasi totalità delle case di sviluppo italiane. L’esigenza di creare un’istituzione, riconosciuta dallo Stato, è pervenuta con il rendersi conto che serve mettersi la giacca, la cravatta e parlare con i giusti toni, se si vuole avere un peso all’interno della vita culturale del paese”.

Gli obiettivi che intende raggiungere la IGDI, non necessitano nemmeno di una domanda a parte. Raoul continua, esponendoceli chiaramente. “Innanzitutto un obiettivo già raggiunto: portare per la prima volta all’estero, nella realtà della GamesCom, una delegazione di sviluppatori italiani. Parlando invece dell’immediato futuro, prossimamente verrà presentato alla Camera dei Deputati un resoconto del mercato videoludico in Italia, in modo da darne una visibilità di tipo istituzionale. Questo report verrà poi mostrato nuovamente l’8 ottobre a Milano, in occasione della seconda edizione della IVDC, la conferenza degli sviluppatori italiani. Allargando gli orizzonti, invece, la IGDI, intende creare una cultura videoludica nel nostro paese, ancora restio nel dare importanza al nuovo medium. Sarà quindi importante far capire cos’è un videogioco e come lavora un’azienda che ne produce uno”.

L’intento tuttavia non ha fini puramente e unicamente culturali. Già la prima Playstation e, più recentemente, Wii e DS, hanno creato una nuova generazione abituata e cresciuta con il medium videoludico. Raoul, anche in questo caso non si nasconde dietro a falsi moralismi. “La nostra intenzione è anche quella di destare il governo, al fine di promuovere campagne di agevolazioni per sviluppatori o aspiranti tali, simili a quelle già in atto in stati come la Francia o il Canada. L’industria videoludica italiana, purtroppo, vive una pesante arretratezza rispetto agli standard mondiali e IGDI, tra gli impegni, vuole anche stimolarne lo sviluppo proprio grazie a sovvenzioni statali”.

Ma c’è di più. Raoul, proprio in merito a questo gap competitivo che c’è tra l’Italia e il resto del mondo, è convinto che la IGDI può servire per colmarlo, proprio grazie alla collaborazione stessa tra le software house, che potrebbero anche unire le forze per dare vita a un progetto di grossa portata. Siamo nell’ambito di un’ipotesi, ci tiene a sottolinearlo il nostro intervistato, ma la volontà di farlo, non manca.

Sentendo parlare di una simile volontà, chiediamo se l’IGDI ha piani per aiutare case di sviluppo appena nate, incapaci ancora di reggersi completamente sulle loro gambe.

Marco e Raoul sono concordi nell’affermare che c’è tutta la volontà di farlo. Azioni di questo tipo, infatti, rientrerebbero perfettamente all’interno del piano di riduzione del gap di cui sopra. Gli aiuti non si tradurrebbero tanto in possibili sovvenzioni, quanto nel tentativo di creare un punto di visibilità per le nuove case di sviluppo e di un centro di raccolta di contatti utili di persone o di altre aziende dell’industria. Purtroppo però, “la barca è stata appena gettata in acqua”. Ci vorrà insomma, ancora un po’ di tempo prima che la IGDI possa avere poteri sufficienti per svolgere e sostenere attività di questo tipo.

Ci rivolgiamo poi a Marco, chiedendogli in che modo AIOMI si sia inserita all’interno del progetto IGDI.

Questa raggruppa al suo interno ben diciassette software house italiane: Adventure’s Planet, Artematica Entertainment, Black Sheep Studios, Digitalfun, EVE-Interactive Studios, Frame Studios, Idra Editing, Imagimotion, Kalicanthus Entertainment, Milestone, Pixel Revolution, PM Studios, Raylight Studios, Spinvector, Twelve, Virtual Identity e 7th Sense. AIOMI, all’interno di quest’organizzazione, è l’unico socio aggregato, aggregato poiché per l’appunto non è una società di sviluppo. AIOMI si batte per la promozione culturale del videogioco ed è stata proprio grazie al suo interessamento, che si è giunti alla creazione della IGDI. Due motivi più che sufficienti insomma per farne un socio aggregato.

Cambiamo poi discorso, chiedendo come viene vista l’esplosione del digital delivery dalle software house italiane. E’ una possibilità in più? Pensando anche a titoli come World of Goo, creato da due sole persone, l’ambito dei titoli scaricabili via internet, non potrebbe essere il punto di inizio per tante aziende italiane?

“A mio modo di vedere, anche per esperienza personale”, afferma Raoul,“è un buon modo per abbattere le difficoltà della distribuzione sugli scaffali, che manca di democraticità. Sugli scaffali sicuramente vanno i giochi più pubblicizzati, che godono di grande successo che per forza di cose finiscono per cannibalizzare i prodotti più piccoli. Il digital delivery, in questo senso può eliminare questa differenza tra prodotti più o meno supportati dalla spinta mediatica e dare una possibilità anche al piccolo gioco. E’ quindi un buon modo per dare visibilità agli sviluppatori italiani, senza dubbio”.

Raoul poi continua prendendo in esame una questione piuttosto spinosa ma che affronta, con la solita dose di realismo e sincerità. “In merito alla spinta mediatica di cui gode una parte dei videogiochi, ci sarebbe anche un discorso relativo all’interessamento del giornalismo videoludico italiano, nei confronti dei prodotti made in Italy. Molti personaggi della nostra industria, lamentano uno scarso interesse, ma a mio modo di vedere è più colpa nostra, che dei giornalisti. Se non siamo ancora riusciti a catalizzare l’attenzione della stampa e perché evidentemente non siamo stati in grado di proporre lavori qualitativamente all’altezza di quelli esteri. Anche per questo è nata l’IGDI.

Unendo le forze si può fare di meglio e al tempo stesso, la stampa può essere maggiormente coinvolta e interessata a ciò che si fa in Italia”.

Un’ulteriore domanda ci conduce sul campo della censura. In Germania è risaputo lo stretto controllo sui contenuti dei videogiochi. Anche in Italia spesso non mancano i proclami di qualche politico intenzionato a controllare maggiormente ciò che giunge nelle case degli utenti. Quale è la posizione della IGDI in merito?

Marco risponde in modo rapido riprendendo una frase già sentita. “La barca è stata appena gettata in acqua. E’ chiaro che comunque noi siamo e saremo dalla parte del videogioco che, in quanto oggetto artistico e culturale, deve essere fruito senza censure”. Raoul inoltre, sottolinea l’importanza della collaborazione con AESVI (Associazione Editori Software Videoludico Italiana) per il rispetto e la difesa dei contenuti. “Dopo un iniziale fraintendimento, IGDI e AESVI si sono trovate accumunate da diversi obbiettivi comuni. In particolare noi, in quanto sviluppatori, e loro, in quanto editori, vogliamo difendere i videogiochi da qualsiasi censura”.

Essendo in presenza del Presidente di AIOMI e di quello della IGDI, non può mancare una domanda sulla prossima IVDC, che si terrà a Milano tra l’8 e il 9 di ottobre, nell’Aula Magna dell’IULM . Ci sono particolari novità rispetto all’anno scorso?

Marco intanto invita tutti a visitare il sito internet ufficiale (http://www.ivdconf.it/) al fine di aggiornarsi sul programma della conferenza. “Il taglio della conferenza sarà più internazionale, in quanto verrà tradotta in inglese, così da poterne facilitare la comprensione anche a chi non è italiano. Ci saranno poi moltissimi ospiti internazionali. Solo per citarne alcuni, potrei fare i nomi di Ian Livingstone presidente di EIDOS, Andrea Pessino di Ready at Dawn, Matteo Bittanti che terrà un intervento sullo stato dell’editoria videoludica. Non mancheranno poi sviluppatori da Codemasters, Ubisoft e tante altre software house estere. Ci saranno varie tavole rotonde, tra le quali una dedicata al mobile gaming, una relativa ai corsi di formazione in campo dei videogiochi, una sulla game education e una sull’industria italiana in cui si tratteranno i rapporti tra sviluppatori, produttori e distributori. Inoltre dovrebbe tornare anche quest’anno Wolfgang Marzin, Presidente del comitato direttivo della società Leipziger Messe GmbH, la società che ha organizzato la Games Convention On-Line di quest’anno, con l’intenzione di comunicare le intenzioni per le future fiere che si terranno l’anno prossimo.

L’ultima domanda riguarda nuovamente la IGDI. In percentuale quante software house italiane si sono affiliate con l’associazione?

Raoul afferma che la quasi totalità delle aziende sono già o sono in procinto di unirsi alla IGDI. Naturalmente in questo calcolo esula Ubisoft Italia, in quanto si tratta comunque di una filiale di una software house francese.

Chi ben comincia...

Al termine dell’intervista, allontanandoci dallo stand della IGDI, facendo mente locale su quanto ci è stato detto, si intravede un chiara luce infondo al tunnel dell’ostracismo nei confronti del videogioco. Se le iniziative promosse da Raoul Carbone, da Marco Accordi Rickards e da tutti coloro che collaborano all’interno della IGDI, dovessero andare a buon fine, presto potremmo anche parlare del primo best seller per PC o console sviluppato interamente in Italia. Nel via vai di PR, giornalisti e sviluppatori, tutti intenti a far progredire l’industria videoludica, per una volta, si respira anche l’aria di casa nostra.