Intervista La fine del Giappone? - Intervista a Keiji Inafune

Abbiamo chiacchierato con Keiji Inafune, creatore di Megaman e Mighty N.9, che ci ha spiegato perché il Giappone è destinato al fallimento e Kojima starà meglio da solo che male accompagnato.

Intervista La fine del Giappone? - Intervista a Keiji Inafune
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  • Sguardo vispo, fisico minuto, magliettina azzurra con il logo di Mighty N.9 in bella vista, Keiji Inafune ci accoglie con un sorriso, invitandoci a sedere su un divanetto di pelle nero nello stand di Koch Media qui alla Gamescom. Mentre accendo il registratore dell'iPhone, vede che sul cellulare c'è una foto di mia figlia. "Sai, anche io ho un figlio e proprio il mio rapporto con lui mi ha fatto venire in mente l'idea di Mighty N.9. Volevo creare un gioco dal sapore retro, ma che parlasse di temi attuali", spiega. Anche se arrivare a realizzare questo titolo non è stato semplice. "Inizialmente non pensavo di rivolgermi a Kickstarter, ma avevo bisogno di dimostrare che la gente voleva ancora un titolo del genere. In Giappone ho avuto difficoltà a trovare investitori, così ho pensato che valesse la pena fare un tentativo", spiega.

    Everyeye.it: Già, e il risultato parla da solo. Sei stato il primo fautore della rivoluzione "Kickstarter", il primo grande game designer che si è rivolto al popolare sito di crowdfunding per relizzare un videogame. Una scelta che ti ha permesso di lavorare a stretto contatto con i tuoi fan. Puoi raccontarci la tua esperienza?
    Keiji Inafune: Lavorare con i fan è senza dubbio una cosa importante, ma la cosa migliore di questa mia prima esperienza con Kickstarter è stata la possibilità di mantenere la proprietà intellettuale del mio gioco. E' il nostro bambino, ed è una cosa che ci spinge a fare il massimo, è una motivazione molto più forte. Chiunque può realizzare un videogame con il budget messo da un'altra compagnia, ma alla fine se il guadagno non è tuo, se non sei tu a rischiare, non è la stessa cosa. Costruire qualcosa che poi rimane tuo è un'esperienza totalmente diversa.

    Everyeye.it: Avere un contatto costante con i fan durante la fase di sviluppo, fargli vedere i miglioramenti del gioco e controllare le loro reazioni in tempo reale, ha avuto un impatto sulla creazione di Mighty N.9? Magari facendovi cambiare un'idea su un aspetto del gioco, ad esempio?
    Keiji Inafune: Penso che se hai un'idea devi avere il coraggio di imporla. Il feedback dei nostri fan è sempre fondamentale, ma non dobbiamo farci influenzare troppo. Le decisioni più importanti, insomma, le prendiamo da soli e non le cambieremmo nemmeno se la reazione dei nostri appassionati fosse molto negativa, perché si tratta di difendere quello in cui credi. Ci sono però moltissimi aspetti in cui avere una risposta immediata dai nostri giocatori è importantissimo: ad esempio il design di un personaggio, la scelta di un colore per un'armatura. Questi sono aspetti in cui l'opinione dei fan può avere un peso. C'è però anche l'altro lato della medaglia, l'aspetto negativo e la dimostrazione che avere il tuo pubblico così vicino può essere anche un problema: quando abbiamo dato la notizia del rinvio di Mighty N.9, la reazione è stata piuttosto dura (sorride, ndr)...

    Everyeye.it: Visto che ci siamo, ci puoi dire qual è stata la ragione di questo ritardo?
    Keiji Inafune: In una parola, i bug. Il gioco è finito, ora si tratta solo di assicurarsi che tutto sia perfetto, che non ci siano errori. Non vogliamo far uscire un gioco per poi doverlo aggiornare il giorno dopo. Vogliamo che sia tutto senza sbavature, da subito. Considerate anche che Mighty N.9 uscirà su un gran numero di piattaforme, e dobbiamo essere certi che la qualità dell'esperienza sia la stessa, su tutte le console.

    Everyeye.it: Megaman è sempre stato un titolo impegnativo, una vera sfida. Mighty N.9 nasce seguendo quella filosofia? Sarà un gioco difficile oppure pensate di renderlo più accessibile per raggiungere un più ampio numero di persone?
    Keiji Inafune: A me non interessa raggiungere un pubblico più ampio, almeno non in questo modo. Non voglio scendere a compromessi. Se creo un gioco difficile e poi abbasso il livello di difficoltà per permettere a più persone di giocare, probabilmente comprometterei il concetto stesso alla base di Mighty N.9. Certo, ci sarà la possibilità di affrontarlo con un livello di difficoltà più accessibile, ma sarà comunque ostico e, in ogni caso, spero che i giocatori si impegneranno per affrontare la sfida di Mighty N.9 per come io e il mio team l'abbiamo immaginata. Questo è un gioco nato per chi ama un certo tipo di sfida, ed è a loro che si rivolge.

    Everyeye.it: Che razza di industria è quella in cui un game designer importante come te deve abbandonare Capcom per poter realizzare un videogame? Considerando anche quanto stanno soffrendo le software house storiche giapponesi oggi, che senso ha?
    Keiji Inafune: Per spiegare quello che sta succedendo oggi in Giappone nel mondo dei videogame, bisogna capire e conoscere la nostra società, la nostra cultura. Nel nostro paese, l'individuo deve rimanere nell'ombra, essere una star o prendersi il merito di un successo non è visto di buon occhio. Da noi è la logica del gruppo ad avere sempre la meglio sul singolo. Nel caso dei videogame, il gruppo sono le grandi software house, sono Konami e Capcom, sono loro che devono avere il ruolo più importante. Se qualcuno all'interno di questo gruppo spicca sugli altri, se la sua figura diventa più appariscente, questo è un qualcosa che la nostra cultura non accetta. E questo è un fatto. Se provate a chiedere a un ragazzo in Giappone se conosce il nome di un famoso game designer, probabilmente riceverete risposte vaghe, tanti "non lo so". Qui in occidente è tutto diverso, sono certo che il mio nome è molto più conosciuto in America o in Europa che in Giappone. Ecco il motivo per cui ho deciso di rivolgermi alla comunità internazionale per realizzare il mio videogame.

    Everyeye.it: Ok, però che senso ha sacrificare l'individuo che ti porta i maggiori successi, che ti rende famoso in tutto il mondo? Se sono il proprietario del Real Madrid, farò di tutto per avere i giocatori migliori. Ronaldo, insomma, me lo terrei stretto.
    Keiji Inafune: Beh, se però parliamo del Real Madrid giapponese, in quella squadra Ronaldo sarà sempre sacrificabile, perché la cosa più importante è la sopravvivenza del Real Madrid. Anche se questo significa rinunciare a un campione: questa è la mentalità in Giappone. Questo significa anche che le compagnie giapponesi non apprezzano i grandi game designer, non li rispettano come invece fanno gli investitori, i publisher o anche i fan in occidente. Un discorso che non vale solo per me, ma anche per Hideo Kojima, ad esempio. Per il mio nuovo progetto, Red Ash, che su Kickstarter non ha avuto lo stesso successo di Mighty N.9, mi sono rivolto a una compagnia d'investimento cinese, perché da loro sono apprezzato e rispettato. In Giappone non ho trovato nessuno che volesse investire nel progetto. È un mistero, ma è così.

    Everyeye.it: Più che un misteroso, è semplicemente sbagliato!
    Keiji Inafune: (ridendo, ndr) Sono d'accordo!

    Everyeye.it: No, davvero, è incredibile. Oggi vediamo molti nomi storici come Capcom o Sega avere difficoltà a produrre videogame in grado di competere con i colossi occidentali come Activision o Ubisoft, per fare due nomi. Eppure un tempo dominavano il mercato. Possibile che non ci sia una soluzione? Cosa bisognerebbe fare, secondo te?
    Keiji Inafune: Ripeto, è un problema di mentalità. In Giappone non si riesce a costruire qualcosa sfruttando la creatività e le abilità di una singola persona. Non è accettabile, eppure i videogame molto spesso sono l'espressione della creatività di singole persone. Se non si da la possibilità di esprimersi, allora è tutto inutile. Oggi in Giappone stanno nascendo tanti piccoli studi di sviluppo nati intorno alle capacità di singoli individui, game designer importanti come Mikami o lo stesso Yu Suzuki. Penso che le grandi compagnie farebbero bene a fare una visita in quegli studi, perché oggi non sono più capaci di creare nuovi titoli, di sviluppare nuove idee. Quello che fanno è continuare a vendere gli stessi giochi che vendevano venti anni fa. Ma prima o poi la gente si stancherà e, se non si cambia, il destino possibile è solo uno: il fallimento. È davvero importante che ci sia un cambio di prospettive, che si capisca che bisogna proteggere la creatività e i talenti, non cacciarli via.

    Everyeye.it: Eppure, se guardiamo quello che sta succedendo in Konami
    Keiji Inafune: E' assurdo, lo so. Ma sono convinto che Kojima non avrà problemi senza Konami, perché troverà sicuramente qualcun altro disposto a credere in lui, a sfruttare il suo talento. Al contrario, penso che senza Kojima la Konami avrà perso tanto, tantissimo.

    Everyeye.it: Ma almeno hai provato a proporre Mighty N.9 in Capcom?
    Keiji Inafune: No, semplicemente perché l'idea mi è venuta dopo, quando ero già andato via e fondato la mia compagnia. Mi sarebbe piaciuto creare un altro Megaman, magari utilizzando lo stesso meccanismo di Mighty N.9, ma non c'è stato modo di farlo.

    Everyeye.it: Realizzare un seguito spirituale di Megaman era ovviamente uno dei tuoi sogni. Ma possiamo chiederti cosa ti piacerebbe fare dopo Mighty N.9? Quali altri sogni vuoi trasformare in realtà?
    Keiji Inafune: E' una bella domanda, ma è difficile risponderti ora. Ho diverse idee, ma non ho ancora deciso quale sviluppare come prossima. Posso dirvi una cosa: ho sempre cercato nella mia carriera di sorprendere le persone, di stupirle. Nessuno ad esempio pensava che sarei andato via da Capcom, invece l'ho fatto. Mi piacerebbe che il mio prossimo progetto riesca ancora a sorprendervi...

    Ringraziamo e salutiamo Inafune-san per la bella chiacchierata, scambiandoci un sorriso. Sì, magari in Giappone non sarà un gran momento per essere un game designer, ma nel mondo del web, del tutto connesso, dove basta un click per raccogliere qualche milione di dollari e magari fare il record su Kickstarter se ti chiami Yu Suzuki e vuoi fare Shenmue III... beh, in questo mondo ci sarà sempre una speranza per chi ha una bella idea.

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