Provato Interstellar Marines

Il promettente "ritorno" di un FPS dalla genesi sfortunata

Interstellar Marines
Trailer: PC
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  • Grazie alla settimana di prova gratuita concessa da Zero Point Software e Valve, abbiamo potuto testare approfonditamente Interstellar Marines. Il progetto, nato addirittura nel lontano 2004, ha da allora affrontato una serie interminabile di ostacoli, che lo hanno quasi portato ad una brusca cancellazione: tra tutti citiamo una campagna Kickstarter fallita miseramente e l’impossibilità di trovare un publisher che sostenesse il team di sviluppo. Tuttavia, nel momento in cui scriviamo, Interstellar Marines ha raggiunto il suo aggiornamento numero 17: foriero di alcune interessanti novità, ma soprattutto del rinnovato intento da parte degli sviluppatori di traghettare il titolo con più convinzione verso una release definitiva, grazie anche ai fondi raccolti negli ultimi 2 anni tramite Greenlight ed Early Access sulla piattaforma Valve. Senza ulteriori indugi, quindi, eccoci a raccontarvi la nostra esperienza con questo interessante First Person Shooter.

    UN VERO MARINE INTERSTELLARE

    Credevo che per essere un buon Marine bastasse una mira eccellente e la capacità di smontare, pulire e rimontare la propria arma in tempi da record. Niente di più sbagliato. Qui, nello spazio interstellare, bisogna avere gli attributi e il sangue freddo. Me ne sono accorto immediatamente, dopo esser stato schierato in una delle due mappe relative alla campagna, The Neurogen Incident. Un tonfo improvviso, il portello della navicella che si chiude alle spalle e l’oscurità più tetra è diventata padrona del ponte d’attracco. Fin da subito mi sono sentito come Amanda Ripley a bordo della Sevastopol: isolato. Fortunatamente, al contrario di Amanda, mi hanno fornito una carabina ed un fucile d’assalto, le uniche armi su cui potrò fare affidamento per l’intera missione (e al momento, per tutto il gioco). Ciò che colpisce immediatamente di Interstellar Marines è l’immersività (Oculus Rift, qui c’è pane per i tuoi denti!): l'atmosfera è quella di un vero horror, i silenzi sono opprimenti e i corridoi claustrofobici, e la luce della torcia montata sul fucile si infrange contro le fredde pareti metalliche della stazione spaziale. Bastano i piccoli dettagli della visiera, leggermente appannata dal respiro, oppure gli indicatori dell’HUD (munizioni, accessori, obiettivi) posti in maniera scrupolosa sullo sfondo traslucido, per sentirci veramente al centro di un incubo. È possibile sollevare la visiera guadagnando una migliore visibilità e annullando la percezione ovattata dei rumori ambientali, sacrificando però l’interfaccia olografica, estremamente preziosa per muoversi nel territorio ignoto e nel buio bituminoso che ci si appresta ad affrontare.
    Il compito è raggiungere il ponte di controllo per riattivare l’energia elettrica della stazione spaziale ed ottenere informazioni più chiare sulle vicende che hanno portato alla perdita di comunicazione con il team di ricerca dislocato sul posto. Per progredire verso gli obiettivi è necessario sbloccare alcune porte di sicurezza, utilizzando carte magnetiche seminate proceduralmente in vari settori della stazione. La situazione è più complicata di quanto possa sembrare, sia a causa dell’assenza di una mappa, sia perché il campo visivo frontale è limitato ad appena pochi metri. Non fa alcuna differenza attraversare un enorme hangar o uno stretto condotto di ventilazione: l’oscurità comprime e corrode lo spazio in tutte le direzioni e la sensazione costante è che da un momento all'altro qualsiasi cosa possa “sbucare dalle fottute pareti”. Per sopravvivere diventa quindi fondamentale avanzare lentamente, senza rivelare la propria posizione. Anche limitarsi nell’uso della torcia è una saggia strategia, affidandosi ai flebili raggi luminosi dei lontani corpi celesti esterni alla stazione. L'incedere lento, giunto al laboratorio di ricerca e sviluppo, è stato interrotto da un flebile lamento elettronico, proveniente dal lato opposto della stanza: ho alzato immediatamente la bocca di fuoco all’altezza degli occhi, con il dito inarcato nervosamente sul grilletto, e ho acceso la torcia; non ero solo.
    Un robot leggermente inarcato stanziava in un angolo, voltato di spalle, dando l’impressione di essere paradossalmente assorto in qualche pensiero. Mi sono accovacciato per avvicinarmi di soppiatto, ho acceso il puntatore laser (fondamentale al buio) per piantargli con precisione un proiettile nel cranio metallico, ma di colpo l’androide ha cominciato ad emettere dei suoni striduli, gracchianti, e si è scagliato contro di me, guidato da un’intelligenza artificiale feroce. Ho dovuto sparare i primi colpi di carabina, scoprendo con piacere un feedback realistico, con un rinculo tutto da controllare, e uno spread dei colpi sempre più ampio nelle raffiche prolungate. Fortunatamente un paio di proiettili sono andati a segno (l’hitbox è davvero molto precisa), ed il robot è collassato con inerzia nella ragdoll mortale. Pochi secondi dopo, alcuni passi hanno rotto il silenzio, provenienti in maniera roboante da una direzione incalcolabile.
    Questa volta ho scelto di attivare l’iron-sight del fucile d’assalto con il click destro, sfruttando lo zoom del mirino olografico a punto rosso; apprezzabile tentativo, ma due o più robot erano già piombati alle mie spalle: due colpi ben assestati, schermo nero, missione fallita. Ecco svelata l’anima insidiosa, quasi da roguelike, delle missioni in single player di Interstellar Marines: non ci sono salvataggi o checkpoint, si muore in pochi colpi e bisogna ricominciare da capo.

    CO-OP: L'ANSIA CONDIVISA

    Per avere un'idea della qualità di tutti i comparti di gioco, abbiamo affrontato la stessa missione in modalità co-op, entrando in una delle tante partite pubbliche nel server di gioco. Purtroppo, se non doveste avere la possibilità di "far gruppo" con gli amici, vi capiterà spesso di entrare in una missione già iniziata, con il team che si sarà addentrato nei meandri della mappa. Dovrete quindi raggiungerli sfruttando gli indicatori che li rappresentano sull’HUD della vostra visiera, sperando di seguire lo stesso percorso da loro battuto, per evitare incontri spiacevoli con altri robot.
    Una volta raggiunto il drappello, continuerà ad essere fondamentale muoversi con la stessa cautela utilizzata in modalità single-player; con il solo vantaggio, visto il potenziale superiore di fuoco, di poter tenere accese le torce per coprire in maniera più uniforme i fianchi. In co-op i nemici sono più numerosi e alcuni persino armati di carabina, capaci di abbattervi dalla lunga distanza in una manciata di secondi. Dobbiamo sottolineare quindi che abbiamo affrontato -ma mai completato- la missione per ben 10 volte. Tra una morte inattesa e qualche "ragequit" dei compagni, non siamo mai riusciti ad avere la meglio. La principale causa di tale disfatta non è, contrariamente a quanto si possa pensare, la difficoltà di gioco, quanto piuttosto uno strano senso di spaesamento collettivo: da un lato dovuto alla soverchiante oscurità, dall’altro causato da un level design labirintico, in cui non si sa bene come agire e da che parte andare. A complicare drasticamente il tutto, oltre alla già citata assenza di mappe, ci pensa la mancanza totale di un registro missioni e dell’aggiornamento in tempo reale degli obiettivi, utilissimo nei giochi in prima persona. Dovremo quindi fare affidamento sulle indicazioni della voce che ci arriverà in cuffia, che ci comunicherà, con un segnale abbastanza disturbato, il prossimo obiettivo da conseguire. Risultato? Dopo 10 minuti di giri disperati per capire il da farsi, i giocatori preferiscono abbandonare ed entrare in un'altra partita, speranzosi di trovare finalmente qualcuno abbastanza abile per completare la missione.

    Al di là di questo pesante problema, il consiglio spassionato è di affrontare la missione cooperando al meglio con i compagni di squadra, comunicando con la chat testuale (o il voip) e muovendosi all'unisono negli anfratti lugubri della mappa, senza distanziarsi troppo e controllando ogni angolo cieco per non farsi cogliere impreparati. A completare il corollario della modalità co-op troviamo alcune missioni secondarie da affrontare in mappe più generiche, suddivise nelle categorie Survival, Elimination ed Escape: Survival ci costringerà, sotto il continuo attacco di robot di sicurezza, ad attivare dei punti nodali sparsi per la mappa, Elimination prevede lo sterminio di tutti i robot presenti nella location ed infine Escape ci spingerà a farci largo tra numerosi nemici per scappare da una base aliena. Niente di trascendentale, ma si tratta comunque di missioni interessanti in grado di arricchire l’offerta della modalità cooperativa. Una nota di rammarico riguarda l’assenza quasi totale di una componente narrativa in grado di esaltare il pathos delle missioni; un vuoto da colmare per un titolo che punta molto sull'atmosfera.

    MULTI-DINAMICO

    L’ultimo pilastro portante di Interstellar Marines è il comparto Multiplayer Online, da affrontare in team rigorosamente da 10 giocatori. L’unica modalità disponibile al momento è denominata Deadlock: una sorta di mix, abbastanza riuscito, tra le classiche modalità Deathmatch e Conquista.
    Le mappe, 9 in tutto, sono caratterizzate dalle atmosfere rugginose e metalliche dell’universo sci-fi già esplorato in single player e co-op. Sarà quindi facile attraversare laboratori abbandonati, corridoi illuminati da lugubri luci soffise, fino ad arrivare a terreni paludosi flagellati da pessime condizioni atmosferiche. Anche nel multiplayer si registra un'attenzione particolare per la costruzione della giusta atmosfera: ci siamo ritrovati ad esempio in una mappa dove ad una leggera pioggerella si è sostituito improvvisamente un pesante nubifragio, con l’acqua che si abbatteva fragorosa sulla visiera, disturbando drammaticamente la percezione uditiva e l’individuazione dei nemici. Ulteriore dinamismo è garantito da un ciclo luce/buio: è infatti presente nei cieli delle mappe in esterna un enorme faro orbitale che ruota con un ritmo costante, in grado di cambiare letteralmente l’approccio tattico agli scontri. Al buio, diventa fondamentale l’uso della torcia e del puntatore laser, che deve tuttavia essere circostanziato e intelligente: la prima aiuta a muoversi nell'oscurità, ma trasforma il giocatore in un vero e proprio faro nella notte, mentre il laser, il cui scopo è sopperire alla mancanza di un puntatore, sarà composto da un fascio rossastro sottile che rivelerà la posizione di chi lo sta utilizzando, anche a lunghissima distanza.
    L'ambiente di gioco è dinamico, con piattaforme mobili, e stretti passaggi che si aprono e si serrano ciclicamente, creando nuovi diversivi e costringendo i giocatori a rimanere sempre in movimento per raggiungere una nuova posizione sicura. Per aumentare le proprie chance di sopravvivere avanzando verso i punti di cattura, i giocatori possono utilizzare le numerose coperture dinamiche sfruttabili semplicemente accovacciandosi dietro di esse.

    Ultimo elemento degno di nota è rappresentato dal friendly fire, ovvero la possibilità di colpire i propri compagni. Questo aspetto, spesso e volentieri snobbato negli FPS degli ultimi tempi, ma determinante in uno sparatutto tattico, costringerà il giocatore ad essere molto più accorto nelle fasi di assalto. Dopo aver subito un colpo (amico o nemico), del resto, sarà necessaria una buona dose di sangue freddo per cavarsi d'impaccio, poiché l’interfaccia olografica del casco si disabiliterà temporaneamente, perdendo tutti gli indicatori e rendendo impossibile distinguere i compagni dai nemici. In caso di morte è comunque possibile rianimare il compagno entro 15 secondi, interagendo sul suo corpo.
    Purtroppo Il multiplayer non è esente da difetti: un respawn time settato a 120 secondi (la partita dura 10 minuti) taglierà le gambe ad un ritmo già di per sé molto lento e ragionato. A bilanciare, solo in parte, le cose, ci penserà una riduzione notevole del tempo di respawn, valido per un compagno alla volta, nel caso i propri alleati riuscissero a conquistare una nuova bandiera o a mietere una vittima avversaria.
    L’altro evidente difetto è l’attuale mancanza di altre modalità PVP, fondamentali per dare slancio ad un comparto fino ad ora promettente ma non brillante. I ragazzi di Zero Point Software hanno già annunciato l’aggiunta della modalità Hell Week già nella prossima patch: qui tutti i giocatori, catapultati in mappe enormi, dovranno raccogliere delle risorse per sopravvivere il più a lungo possibile, ed eliminare in seguito tutti gli altri concorrenti, proprio come in un’edizione militare degli Hunger Games. A differenza della maggioranza degli FPS disponibili sul mercato, Interstellar Marines non adotta il classico sistema di livellamento del profilo per sbloccare abilità e perk (inesistenti al momento), ma sfrutta un semplicistico sistema di promozioni, con titoli e riconoscimenti puramente simbolici. Gli sviluppatori hanno comunque promesso l’inserimento di ben 27 bocche da fuoco (complete di accessori di personalizzazione), da sbloccare avanzando di grado: un sistema per rendere meno evanescente il senso di progressione.
    Sotto il profilo tecnico, Interstellar Marines è un gioco a due facce: da una parte abbiamo una caratterizzazione delle ambientazioni non scevra da difetti, con un ampio riciclo degli asset e una scala di colori dominata dal grigio; dall'altra un lavoro di tutto rispetto per quanto concerne l’illuminazione e le ombre dinamiche. Il lavoro svolto sul motore di gioco, l'Unity Engine, è comunque davvero degno di plauso, tenendo sempre bene a mente quali possono essere le possibilità di un team di sviluppo composto da appena pochi elementi.


    Interstellar Marines Interstellar Marines, a detta degli stessi sviluppatori, si ispira a grandi classici come System Shock 2, Half-Life e Rainbow Six 3: Raven Shield; titoli che con la loro componente tattica e la loro caratura artistica hanno fatto scuola in questo settore. Resta sicuramente il rammarico si fronte ad un progetto che sarebbe potuto essere rivoluzionario per il genere già molti anni fa, se solo avesse goduto fin da subito del supporto del giusto publisher e di una buona direzione artistica. Purtroppo, invece, siamo costretti ad attendere con speranza la prossima evoluzione del titolo, senza conoscere le tempistiche di sviluppo, ma fiduciosi del fatto che il gioco ha raccolto fondi e sostenitori per aumentare il proprio ritmo di sviluppo. Interstellar Marines, nonostante la gestazione travagliata cominciata nel lontano 2004, ha quindi tutta l'aria di essere un progetto affascinante, capace di miscelare in maniera intrigante elementi tratti da FPS tattici, horror in prima persona, e ispirate produzioni sci-fi. L'immersività è il suo punto forte, in grado di regalare momenti di ansia e smarrimento piuttosto marcati. All'ottimo feedback delle armi si accosta una cura dettagliata dell'illuminazione dinamica, cui spetta il merito di aggiungere un ulteriore elemento tattico a tutte le modalità di gioco. Allo stato attuale dello sviluppo, il titolo offre un buon numero di contenuti, soprattutto lato co-op, ma ci aspettiamo nel futuro prossimo l'aggiunta di nuovi elementi di gioco e alcune forti migliorie dal punto di vista artistico/grafico. Il consiglio, come spesso accade affrontando le spigolosità dei titoli in Early Access, è quello di tenere d'occhio il prodotto con costanza, cercando -se il gioco vi stuzzica- di capire il momento giusto per effettuare un eventuale acquisto.

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