L'annuncio di The Darwin Project sul palco della conferenza pre-E3 di Microsoft è probabilmente quello che, più di tutti, ha spinto gli spettatori a chiedersi "ok, cosa stiamo guardando?".
Questo perché, dopo un'intro dal piglio drammatico, il trailer virava repentinamente su note ben più scanzonate, presentando il gioco come una sorta di trasposizione eSportiva degli ormai iconici Hunger Games. Una caratterizzazione sottolineata, tra l'altro, dai moti d'entusiasmo espressi dai commentatori di fronte a ogni barbarica uccisione.
Morale della favola? Al termine del video avevamo un'idea decisamente vaga di come le scene viste sugli schermi del Galen Center si sarebbero tradotte, pad alla mano, in dinamiche di gameplay.
L'idea che ci eravamo fatti era quella di un titolo pensato per la scena competitiva, una sorta di battle royale videoludica pensata per attirare, in primis, i professionisti del frag.
In pratica l'opposto di quello che il titolo di Scavengers Studio punta a essere, almeno nell'immediato. Al diavolo le prime impressioni.
Felici Hunger Games
The Darwin Project cala il giocatore nei panni di uno dei "concorrenti" di uno show televisivo incentrato, simpaticamente, sul massacro indiscriminato: sette prigionieri lasciati a congelare tra le nevi di un'arena immersa nei boschi delle montagne rocciose canadesi, destinati a maciullarsi l'un l'antro a favor di telecamera. Non parliamo certo del più originale dei concept, anche ludicamente parlando, sebbene l'impostazione data al titolo dagli sviluppatori di Scavengers Studio provi a rielaborare - almeno in parte - la classica formula del genere, ponendo un particolare accento sul survivalismo ambientale.
Strano a dirsi, infatti, la vostra prima preoccupazione in The Darwin Project sarà quella di trovare un modo per resistere alle rigide temperature dell'ambientazione montana, magari accendendo un fuocherello con strumenti di fortuna, nella speranza di non attirare attenzioni indesiderate. Una parte consistente di ogni match è quindi dedicato alla ricerca e alla raccolta di materie prime come legname e pelle, che possono essere utilizzate sia per procurarsi un po' di tepore corroborante, sia per creare e potenziare gli strumenti letali a disposizione del proprio personaggio. Girovagando per le ambientazioni, realizzate con uno stile cartoonesco che non offre particolari guizzi in termini di varietà, è anche possibile imbattersi in strumenti tecnologici capaci di offrire ai personaggi abilità speciali come invisibilità, scudi protettivi o la capacità di individuare gli altri giocatori.
Tutte meccaniche che, in barba ai propositi delittuosi dei giocatori, dominano i primi minuti di ogni partita, almeno fino a quando il presentatore dello show non comincia a rendere progressivamente inaccessibili (pena la morte) i diversi settori che compongono la mappa, costringendo i concorrenti allo scontro diretto.
La localizzazione del bersaglio più vicino passa attraverso meccaniche di caccia all'uomo piuttosto basilari, che permettono di braccare gli avversari seguendo le piste luminose attivate dal ritrovamento di indizi come alberi abbattuti, tracce sul terreno e i resti di qualche focolare di fortuna. Una circostanza che spinge i giocatori a moderare tatticamente i propri sforzi nell'accumulo di risorse e materiali, onde evitare di offrire ai nemici troppe tracce da seguire. Anche in questo caso parliamo di dinamiche che The Darwin Project condivide con altri titoli con il medesimo tema, che contestualmente si traducono in un aumento via via sempre più netto delle ritmiche di un gioco che parte piano, quasi come un survival game classico, per poi culminare in una lotta all'ultimo sangue per il predomino.
Paradossalmente, però, è proprio durante questi scontri che il titolo di Scavengers Studio mostra le proprie debolezze più eclatanti, a causa di un sistema di combattimento non particolarmente soddisfacente. Durante i duelli corpo a corpo si nota infatti una gestione delle collisioni ancora piuttosto approssimativa, imprecisa, che si traduce in combattimenti tanto furiosi quanto parodistici.
Anche perché, dopo ogni fendente andato a segno, il giocatore colpito viene - irragionevolmente - sbalzato via di un paio di metri, guadagnando così una buona finestra di opportunità per una fuga precipitosa. Passare agli attacchi a distanza, in questi frangenti, sottolinea come anche il sistema di mira necessiti di qualche limatura, sebbene il feedback sia decisamente migliore rispetto a quello offerto dal corpo a corpo.
Sembra quasi che il team di sviluppo abbia voluto impostare gli equilibri ludici della produzione in modo da favorire più l'aspetto survival che quello battagliero.
E infatti, tra i pericoli ambientali delle location innevate e le intemperanze assassine del presentatore (che può anche decidere di scagliare le sue sentinelle robotiche contro i giocatori), non è raro che i giocatori ci rimettano le penne ben prima di aver posato gli occhi su un avversario in carne e poligoni. Ritornando al fraintendimento concettuale in testa a questo articolo, al termine della nostra prova nel booth di Xbox all'E3, un portavoce dello studio ci ha spiegato che, malgrado il piglio eSportivo del trailer d'annuncio, il titolo è stato pensato per un pubblico decisamente casual. Scavengers Studio non esclude di poter, in futuro, trasformare The Darwin Project in uno sport digitale ma, pad alla mano, appare più che chiaro come il gioco non sia stato sviluppato con questo obiettivo in mente.
Il nostro hand-on losangelino con The Darwin Project ci ha lasciati con più dubbi che certezze. Lo spessore tattico del titolo ci è parso piuttosto altalenante, così come non ci hanno convinto appieno tutte le meccaniche legate allo scontro tra i diversi contendenti. In generale, non ci è sembrato che, almeno allo stato attuale, The Darwin Project abbia tutte le carte in regola per spiccare tra le produzioni del microgenere di riferimento, anche a causa di una natura casual che, seppur caratterizzante, finisce per edulcorare fin troppo il profilo ludico della produzione.