Recensione 3D Dot Game Heroes

Un'avventura fuori dal tempo, un piccolo capolavoro di Pixel Art, un titolo coraggioso e fuori dagli schemi

Recensione 3D Dot Game Heroes
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  • PS3
  • Quale caratteristica deve avere un videogioco per essere ricordato negli anni? Una domanda apparentemente semplice questa, ma che -siamo sicuri- otterrebbe le più svariate risposte: c'è chi penserebbe, senza esitare, alle innovazioni che ha apportato al medium videoludico e chi invece punterebbe il dito sull'impatto grafico e tecnico; c'è chi citerebbe le atmosfere ricreate o il gameplay particolarmente raffinato e chi, invece, vedrebbe nella trama appassionante e coinvolgente l'unica vera risposta al quesito. La risposta più corretta, a nostro parere, è: tutte quante. L'unica cosa che rende un videogioco indimenticabile sono le emozioni che è riuscito a regalare a chi lo gioca, e queste possono scaturire da qualsiasi elemento, sia il carisma del protagonista o la bellezza della colonna sonora. Sono dunque le emozioni soggettive che più di ogni altra caratteristica posso rendere memorabile un titolo, spesso anche a prescindere dalle sue qualità o delle sue lacune.
    È con questa premessa che vogliamo parlarvi di 3D Dot Game Heroes, un titolo sì atipico nel panorama videoludico moderno, ma che sin dal suo annuncio sembrava dotato di quella scintilla divina capace di infuocare l'animo del videoplayer. Nelle prossime righe ci tufferemo nel cuore del nuovo titolo From Software, in esclusiva per PlayStation 3, e tenteremo rispondere alla domanda del giorno: ci troviamo di fronte ad un titolo degno di essere ricordato negli anni a venire?

    Long Live Dotnia

    C'era una volta, in un tempo molto molto lontano, un florido regno di nome Dotnia, ricco e prospero, dove tutti gli abitanti conducevano una vita felice e spensierata, nel loro onesto mondo bidimensionale. Un triste giorno, un prepotente signore dell'ombra decise di portare rovina e distruzione nel bel reame, per assoggettarlo al suo potere. Grazie all'intervento di un grande Eroe valoroso, tuttavia, il malvagio fu sconfitto e rinchiuso da sei potenti saggi in un sfera di cristallo oscuro per l'eternità.
    Dopo la disfatta del terribile nemico il regno tornò presto all'antico splendore e numerosi turisti visitarono il paese attratti dalla leggendaria figura del grande Eroe. Con il passare del tempo, però, le persone non visitarono più Dotnia e l'impresa del prode Eroe divenne presto una di quelle leggende da ascoltare seduti davanti al fuoco.
    L'anziano Re, deluso ed amareggiato dalla decadenza economica del suo regno, decise di dare una svolta epocale: per attirare nuovamente i visitatori e ravvivare sia l'economia che il morale dei suoi sudditi, ordinò che il regno acquistasse una dimensione in più. Il mondo obbedì. E fu così che, magicamente, il regno si convertì interamente al 3D. Al sorprendente quanto bizzarro evento, però, seguì una tragica notizia: Fuelle, servo del male, ha rubato la sfera di cristallo che imprigiona il signore oscuro, minacciando di liberarlo dalla sua condanna eterna.
    Con queste premesse inizia 3D Dot Game Heroes, la grande avventura del nuovo Eroe di Dotnia, destinato a ripercorrere e a ripetere le gesta del suo illustre predecessore nella lotta contro il male.

    C'era una volta il 3D

    3D Dot Game Heroes è un gioco di ruolo molto particolare e, come detto in apertura, decisamente atipico nel mercato attuale: stilisticamente spiazzante, fresco ed inaspettato al primo contatto, eppure al tempo stesso così canonico, così convenzionale, così classico da sembrare una pietanza troppo vecchia per essere servita ancora. Ma paradossalmente proprio per questo motivo custode di un sapore a lungo dimenticato e tutto da (ri)scoprire.
    Sfruttando la semplice, ma delirante trama ideata dagli sviluppatori giapponesi di Silicon Studio, 3D Dot Game Heroes non è nient'altro che un gioco bidimensionale... in tre dimensioni: esso, mutuando in toto la struttura ludica dai primi capitoli di The Legend of Zelda, riesce sorprendentemente a mantenere lo stesso feeling della storica saga Nintendo nonostante il passaggio dalle due alle tre dimensioni. I vecchi appassionati, oltre a trovarsi presto a proprio agio, non faranno fatica a notare le evidentissime similitudini tra i due titoli, che condividono così tante cose da dare l'impressione di trovarsi di fronte, piuttosto che a delle citazioni, ad un plagio in piena regola (si va dal boomerang per stordire i nemici, ai fasci d'erba da tagliare, alle crepe nei muri da far saltare con le bombe, al protagonista “muto” e molto altro ancora). Ma è solo giocando che si riescono ad apprezzare le vere intenzioni degli sviluppatori: a metà strada tra l'omaggio sincero e la presa in giro bonaria, 3D Dot Game Heroes diventa Zelda per omaggiare una tipologia di gioco che oggi non ha più spazio sulle console casalinghe; è un'opera sentita, sottile e delicata, che si nasconde dietro uno stile grafico cubettoso ed infantile. È un titolo che non vuole prendersi sul serio e lo dimostra addirittura offrendo al giocatore, al caricamento della partita salvata, di riprendere l'avventura ogni volta con un personaggio diverso (da scegliere tra quelli, numerosi, di default e quelli creabili tramite l'apposto editor). 3D Dot Game Heroes gioca sia con il mondo videoludico moderno (con frecciatine varie: dalla corsa al dettaglio grafico, alla condizione lavorativa dei programmatori) che con il giocatore (esemplare a tal proposito il comportamento dei frequentatori di una locanda che si divertono a prendere in giro l'utente, ma gli esempi possono essere numerosi) offrendo un tipo di esperienza ludica che eravamo sicuri di non rivivere mai più se non recuperando le nostre vecchie console dalla soffitta.
    Più che un gioco, l'ultima produzione della casa di Armored Core è una macchina del tempo che permette al giocatore di far tornare indietro le lancette dell'orologio senza alzarsi dal divano: un vero e proprio collegamento con il passato (e qui sfidiamo i nostri lettori a trovare la citazione nascosta).

    Le mani sul Pad

    Disquisizioni sull'importanza simbolica del titolo a parte è doveroso scendere nei dettagli dello stesso. Il gioco in sè è, come abbiamo anticipato, sostanzialmente identico ai primi episodi della serie Zelda, e ovviamente ci riferiamo soprattutto al gameplay: armato di spada (gigante!) e scudo il giocatore avanzerà per le lande e i dungeon del regno di Dotnia, alla ricerca di forzieri da aprire o nemici da affettare seguendo la strampalata storyline messa in piedi dallo sviluppatore Giapponese. L'impianto ludico della produzione è esile ed essenziale, come ci si aspetterebbe da un titolo che fa dello stile retrò il suo punto di forza, ma dire che il gioco è una passeggiata salutare significherebbe forse mentire. Dopo un inizio molto blando ed abbordabile la difficoltà inizia gradualmente a crescere già dopo i primi dungeon, e presto la parata e il tempismo diventeranno parte integrante dell'economia di gioco. È tuttavia doveroso sottolineare che non ci troviamo comunque a livelli tali da mandare il giocatore su tutte le furie, grazie anche ad una comoda gestione dei salvataggi e dei checkpoint (non è difficile come “QUEL gioco”, ci rassicura un avventuriero in una grotta, riferendosi a Demon' Souls in una delle tante citazioni riservate ai titoli From Software).
    Cuore ludico del titolo è l'esplorazione metodica dei dungeon disseminati per la mappa: labirinti pieni di tranelli, nemici e puzzle ambientali, ognuno protetto da un boss finale.
    Mentre sul semplice gameplay aleggia sempre lo spettro della ripetività a causa dei limitati (voluti, ma pur sempre limitati) pattern di attacco, quando si entra in uno di questi dungeon il gioco si fa più interessante, grazie ad una buona varietà di situazioni a cui far fronte: dai pavimenti cedevoli, ai puzzle con statue ed interruttori, passando per trappole, meccanismi di difesa e ostacoli superabili solo con determinati oggetti o abilità.
    Parte integrante dell'esperienza di gioco è l'ironia di fondo che lo anima, così presente da risultare da sola un motivo più che valido per continuare a giocare per ore. Dalle numerosissime autocitazioni, ai richiami ad altri giochi di ruolo, passando per un numero davvero elevato di piccole chicche disseminate per tutto il mondo di gioco, 3D Dot Game Heroes riesce a divertire senza stancare. Gli esempi sarebbero tantissimi, ma vogliamo lasciare al giocatore il piacere della scoperta senza anticipare nulla, perchè è cosa rara riuscire a strappare un sorriso così spesso.
    Sotto il profilo più prettamente ruolistico il gioco non tradisce i suoi “natali”, presentando la possibilità di comprare, forgiare e collezionare nuove spade, con la possibilità migliorarne gli attributi dal fabbro. Ogni spada avrà delle sue caratteristiche peculiari, che possono riguardare il numero massimo di potenziamenti o particolari abilità speciali.
    Le missioni secondarie, nella maggior parte dei casi attivabili parlando con una certa persona al momento giusto, pur non presentando il massimo in quanto a varietà di situazioni, un peccato ancora oggi molto comune (a causa anche di un più che presente backtracking), risultano in generale ben inserite nel contesto ludico. In 3D Dot Game Heroes il giocatore è spronato a vivere l'universo di gioco, parlando con i personaggi non giocanti e interagendo con essi: oltre a ricevere occasionalmente qualche buon consiglio ed assistere a comici siparietti, spesso capiterà una parola, una frase, o un semplice evento che sbloccherà una quest o una ricompensa ore ed ore dopo, rendendo difatti il gioco poco prevedibile (a meno di non affidarsi ad una guida strategica).
    Per completare il titolo serviranno una ventina circa di ore di gioco, molto variabili a seconda dell'importanza data dal giocatore all'esplorazione, alle quest secondarie, al raggiungimento di obiettivi non legati alla trama e alla caccia ai Trofei. Al termine dell'avventura si potrà reiniziare il gioco con parte dell'equipaggiamento ottenuto nella partita precedente.

    In definitiva l'esperienza giocata del titolo From Software è più che godibile, anche se occasionalmente ripetitiva. L'ampio mondo di gioco, l'ironia dei dialoghi e il carattere fascinoso dell'intera produzione riescono a mantenere vivo l'interesse del giocatore che saprà farsi catturare da un gioco certamente non comune. Le caratteristiche descritte rendono il titolo altamente sconsigliabile a tutti i lettori che non sono capaci di scendere a patti con un comparto tecnico-stilistico fuori dall'ordinario, che rifiutano o trovano eccessivamente limitanti certe strutture ludiche “antiche”. Gli appassionati di retrogaming, della serie Zelda e tutti gli estimatori di esperienze diverse e particolari sono invitati ad inserire il titolo nella propria lista della spesa, specialmente in virtù del basso prezzo a cui si trova.

    Pixel Art

    L'ultima produzione From Software va ad inserirsi in maniera originale nel filone dello pseudo retrogaming, proponendo una grafica non vecchia, ma stilisticamente antiquata, pur mantenendo alcune conquiste tipiche della corrente generazione come effetti superficiali (davvero riusciti gli specchi d'acqua), un effetto blur abbastanza invasivo, qualche sparuto e pallido esempio di illuminazione dinamica e qualche elementare routine fisica.
    Fluido, colorato, pulito e con buone texture il titolo non risulta essere però per ovvi motivi al livello tecnico della media di questa generazione. Se del resto giustifichiamo ampiamente la grafica semplice ed essenziale, convinti dalle particolari esigenze stilistiche del titolo, non possiamo chiudere un occhio sui tempi di caricamento un po' lunghetti, che fortunatamente migliorano notevolmente una volta installato il gioco su hard disk (occupa poco più di un gigabyte), operazione che consigliamo di fare a tutti i nostri lettori appena inserito il disco nel tray della console.
    Il già citato impianto stilistico è sicuramente la parte migliore della produzione: tutto il mondo di gioco, nel passaggio dalle due alle tre dimensioni, ha mantenuto l'aspetto cubettoso dei vecchi titoli di 3 generazioni fa. Tutto è creato da decine e decine di piccoli cubetti, veri e propri pixel tridimensionali che costruiscono il regno di Dotnia con un carattere straordinario. L'impatto visivo è assolutamente apprezzabile nella sua unicità: raramente abbiamo visto una tale scommessa a livello artistico e non possiamo fare altro che toglierci il cappello di fronte ad una scelta che mai più di ora sembra assolutamente coraggiosa (e un doveroso ringraziamento anche ad Atlus e Southpeak che, credendo nel titolo, lo hanno portato qui da noi in occidente). Discorso leggermente diverso per il design del mondo di gioco, che alterna scorci notevoli a passaggi meno ispirati, ma fortunatamente i primi superano in numero i secondi.
    Le musiche del gioco, anch'esse caratterizzate da uno stile volutamente retrò, sono generalmente più che discrete e si rifanno a temi per lo più classici: davvero molto belle alcune, passabili invece altre.
    Il titolo non contiene inoltre nessun dialogo parlato, ma solo sequenze testuali. A tal proposito ricordiamo ai nostri lettori che il titolo è completamente in inglese, ma vogliamo rassicurare tutti dicendo che il livello della lingua è decisamente abbordabile anche per chi ha una conoscenza scolastica appena sufficiente: le frasi sono abbastanza semplici da capire e non rischieremo di perdere parole per strada essendo noi stessi a mandare avanti i dialoghi schiacciando il tasto X.

    3D Dot Game Heroes 3D Dot Game HeroesVersione Analizzata PlayStation 3Cliente difficile, questo 3D Dot Game Heroes. Non è certamente un capolavoro o il gioco che stravolgerà i canoni ludici della corrente generazione, ma risulta essere nel complesso un titolo oggettivamente godibile e ben sviluppato, senza evidenti difetti che ne possano pregiudicare l'esperienza in maniera determinate. Eppure sembra quasi impossibile quantificare il valore di questo titolo nel mercato odierno: derivativo nell'anima e convenzionale nell'incedere, rappresenta tuttavia un progetto unico e degno di nota in questa generazione, caso raro, isolato e forse irripetibile. I due giudizi, quello analitico, rigoroso, apollineo, e quello contestuale, romantico, dionisiaco, sono inconciliabili. Una gameplay scarno ed essenziale che si poggia su una struttura ludica ferma ad un ventennio fa e un comparto tecnico e stilistico tra i più bizzarri che ci sia capitato di vedere di recente sono gli ingredienti di un prodotto indigesto al giocatore moderno, abituato ad esperienze di ben altra profondità e complessità. Se invece tu, lettore che sei arrivato fino alla fine dell'articolo, sei un nostalgico incurabile, un amante del videogioco vecchia scuola, un appassionato di Zelda o anche, semplicemente, un giocatore che si lascia ipnotizzare volentieri da progetti curati e fuori dagli schemi, forse abbiamo la risposta alla domanda che ci siamo posti alla fine dell'introduzione: sì, forse questo può essere un titolo davvero degno di essere ricordato.

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