Recensione Again

Recensita l'ultima avventura della defunta Cing: un'interactive drama appassionante e ben scritto

Recensione Again
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  • DS
  • L’arrivo di Nintendo DS sul mercato, nell’ormai lontano 2004, è stato accompagnato dai primi titoli che, timidamente, tentavano di proporre nuove tipologie di interazione con l’utente grazie all’introduzione del touch screen.
    Tra i team principali, spesso interni a Nintendo, possiamo sicuramente citare Cing, compagnia nipponica di piccole dimensioni specializzata in un genere ormai definito interactive drama; proprio al lancio della console Cing pubblicò Another Code: Two Memories, particolare ibrido tra avventura grafica e romanzo interattivo che divenne subito un banco di prova interessante per lo schermo tattile del portatile Nintendo.
    Con il passare degli anni Cing ha continuato a pubblicare titoli appartenenti a quel filone, raffinando lo stile grafico e narrativo ma senza mai ottenere un grande successo in termini di vendite.
    La storia della compagnia si è fermata nel Marzo di quest’anno, con una dichiarazione di bancarotta che di fatto ne ha sancito la prematura scomparsa.
    Again, a suo tempo conosciuto con il titolo Eye Of The Providence, è uno degli ultimi giochi sviluppati da Cing e il più recente a giungere in occidente, sotto l’etichetta Tecmo che ne ha curato la produzione e la pubblicazione.
    Vediamo se il canto del cigno di questa piccola compagnia nipponica sia meritevole di attenzione da parte degli appassionati di gialli e investigazione.

    Un videogioco che sa di romanzo

    Molti sono gli elementi che avvicinano Again al romanzo, ovviamente interattivo: il più ovvio è il fatto che il gioco basa tutte le sue qualità sulla storia, sui personaggi e sull’ambientazione.
    Come viene definito sulla confezione, Again è una “interactive crime novel”, con uno stile narrativo che prende idee da svariati media: dal romanzo la tipologia di scrittura, dalle serie televisive la struttura narrativa, con tanto di suddivisione dell’indagine in giorni che in qualche modo fanno pensare ad episodi distinti (con tanto di sigla, molto breve, nel passaggio tra uno e l’altro).
    La vicenda è ambientata ai giorni nostri, a Clockford, piccola cittadina ai confini della Pennsylvania, caratterizzata da quartieri vecchi e logori che ricordano periodi passati. E’ sempre stato, però, un luogo importante tanto dal punto di vista culturale, per i suoi palazzi storici, quanto da quello commerciale, per le numerose gioiellerie.
    E’ la tipica ambientazione in cui un serial killer potrebbe trovarsi a proprio agio e ricorda pellicole quali Seven o alcuni scorci visti nel recente Heavy Rain.
    Proprio intorno a una serie di omicidi gravita la trama: Jonathan Weaver e Kate Hathaway sono due agenti dell’FBI sulle tracce di Providence, un serial killer che sembra tornato allo scoperto, dopo le sei vittime che si è lasciato alle spalle diciannove anni fa. Quegli omicidi sono rimasti un caso aperto e nessuno è mai stato in grado di scoprire la vera identità del killer, così come il movente alla base di tanto spargimento di sangue.
    I due protagonisti vengono affidati al caso ma è J, così viene chiamato Jonathan da amici e collaboratori, il più coinvolto, in quanto i suoi genitori furono due delle vittime di Providence. J è quindi un sopravvissuto ed è intenzionato a fare tutto il possibile per scoprire l’identità dell’assassino e assicurarlo alla giustizia.
    La scintilla che mette in moto la trama è tanto semplice quanto inquietante: un nuovo omicidio viene attribuito a Providence. Il killer è quindi tornato in attività? I primi indizi lo farebbero subito pensare, in quanto sulla scena del crimine viene trovato il suo marchio di fabbrica: il ritaglio di una parte di banconota da un Dollaro che raffigura l’occhio della provvidenza. Strane coincidenze, poi, faranno sì che J prenda coscienza di un potere incredibile: la capacità di vedere, come se dotato di un terzo occhio, gli eventi passati avvenuti nei luoghi in cui le vittime vennero uccise.

    Una struttura collaudata

    Mettere a confronto Again con la serie Phoenix Wright è giusto da un punto di vista e sbagliato da un altro. Entrambi i titoli basano il proprio gameplay su due diverse tipologie di interazione: la parte di raccolta di indizi e quella in tribunale per quanto riguarda la saga di Capcom, l’indagine verbale e quella pratica sulle scene del crimine per il titolo di Cing.
    Le due modalità si amalgamano molto bene e si passerà dall’interrogare i testimoni, discutere sui risultati della scientifica e analizzare gli sviluppi sul caso con Kate, partner di J per tutta la durata dell’avventura, fino ad arrivare alla minuziosa analisi dei luoghi in cui sono avvenuti gli omicidi.
    Il confronto con Phoenix Wright non regge quando si va ad analizzare lo stile, l’ambientazione, i personaggi. Capcom ha sempre tentato di proporre casi folli, testimoni strampalati e situazioni al limite dell’assurdo. Cing, invece, ha preferito puntare sul realismo, tanto per quanto riguarda la trama quanto per i personaggi coinvolti.
    La storia è adulta, cruda, ed è strano vedere certe scene o scoprire le motivazioni di alcune azioni tenendo in mano una console come DS, in cui normalmente si trovano a proprio agio i classici personaggi Nintendo o i cagnolini di Nintendogs.
    Lo stile grafico scelto, poi, è particolarmente interessante: è un’evoluzione diretta di quello di Hotel Dusk, nel quale i personaggi erano disegnati e ammorbiditi con ampio uso di tratti di matita, con una resa finale che ha in qualche modo anticipato il filtro applicato in seguito allo strepitoso, almeno dal punto di vista visivo, Valkyria Chronicles per Playstation 3.
    A differenza del predecessore, però, in Again i personaggi e le animazioni sono stati portati nel gioco con riprese effettuate con una telecamera: ogni attore è stato quindi filmato in molti modi e stati d’animo: dalla risata al pianto, dal gesto d’ira allo sguardo interrogativo. Le animazioni sono volontariamente minimali e spesso si ripetono durante i frequenti scambi di battute previsti nello script.
    La resa finale, però, è ottima e si integra perfettamente con l’ambientazione e l’atmosfera generale, dando una caratterizzazione tutta particolare al gioco, inedita non solo per quanto riguarda i titoli sviluppati per DS.
    Un’ultima differenza è il modo in cui si gioca: Again utilizza l’impostazione a libro della console, sfruttando lo schermo tattile per il testo e l’interazione con l’interfaccia e l’altro per la parte grafica, i video e gli intermezzi. Non è una novità in quanto anche Hotel Dusk prevedeva l’utilizzo della console con le stesse modalità.

    Il 3D di DS

    Dal punto di vista tecnico non si può certo gridare al miracolo: durante le parti investigative, nelle quali il testo è predominante, il touch screen mostra l’interfaccia di gioco, stilizzata e funzionale, e lo schermo rimanente mostra il volto dell’interlocutore, animato in modo abbastanza grezzo ma piacevole, con pochi frame che tentano di enfatizzare l’umore della persona in base alla direzione in cui sta andando la discussione.
    E’ nelle analisi delle scene del crimine, però, che il gioco da il meglio di sé: in questo caso i due schermi verranno sfruttati al massimo, proponendo la doppia visione del luogo, nel momento attuale e nel passato, in modo da poter confrontare le due locazioni per scoprire indizi che erano stati tralasciati e sfruttare il potere di J per poter rivedere cosa accadde davvero.
    Il motore grafico è in grado di proporre ambienti piacevoli, anche se non molto dettagliati, con texture a bassa risoluzione ma in grado comunque di far assaporare l’atmosfera dei vari luoghi.
    Spesso i due schermi mostreranno zone quasi identiche, andando ad applicare un filtro che fa sembrare la visione passata una pellicola usurata, con colori falsati e varie imperfezioni, andando in questo modo a dare una distinzione netta ai due periodi temporali.
    Gli ambienti verranno analizzati in soggettiva, camminando con l’aiuto della croce direzionale (o i tasti per l’utenza mancina) e l’uso del pennino per muovere lo sguardo e interagire con l’ambiente.

    Parole, parole, parole

    Ogni scena in cui è avvenuto un omicidio nasconde un numero fisso di indizi da scoprire, spesso riportando le cose a come erano diciannove anni prima, nel momento dell’omicidio.
    Ogni indizio svelato garantisce la visione di uno spezzone di video del passato, proposto con tinte gialle acidissime che vanno a nascondere dettagli e volti delle persone coinvolte.
    Solo scoprendo tutti i dettagli e riordinando temporalmente gli spezzoni la scena si farà più chiara e riusciremo finalmente a vedere in modo chiaro alcuni particolari, come l’arma del delitto o il viso di qualcuno coinvolto nei fatti.
    I video sono diretti, girati con riprese particolari, angolazioni atipiche e trasmettono un senso di inquietudine abbastanza marcato, cosa singolare visto che gli schermi della console non sono certo di dimensioni adeguate a garantire un pieno coinvolgimento.
    Scoprendo nuovi dettagli si sbloccheranno molte scelte di dialogo aggiuntive e in base a quanto visto potremo tornare a parlare con persone coinvolte nei fatti che in precedenza erano già state interrogate o accusate.
    La parte dei dialoghi rappresenta più della metà del gioco ed è leggermente appesantita da scambi di battute a volte ripetute o da discorsi ridondanti. La narrazione, però, è molto buona e il gioco regge benissimo per le oltre dieci ore necessarie a portarlo a termine.
    Gli argomenti su cui si basa tutta la trama, poi, sono quelli classici di Cing: i legami familiari instabili, il passato che ritorna, il senso del rimorso nel quale molti dei personaggi sono costretti a vivere, l’amnesia che annebbia i ricordi ma che, poco a poco, si dirada e svela il passato, spesso remoto, delle persone.
    I protagonisti, quindi, scavano nelle proprie vite per scoprire cosa accadde davvero, in modo da tentare di cambiare il loro presente, lavando i peccati e puntando a migliorare la propria vita attuale. Ovviamente non tutto andrà come previsto e ognuno avrà qualcosa da nascondere, ancora.

    Again: Eye of Providence Again: Eye of ProvidenceVersione Analizzata Nintendo DSAgain è un titolo particolare e, come già accaduto con i due Another Code e Hotel Dusk, non piacerà a tutti. L’interazione è lenta e ragionata e non c’è un briciolo di azione in tutto il gioco. La trama però appassiona, come da tradizione per Cing, e questo basta e avanza per soddisfare chi vuole leggere un buon giallo partecipando alla storia, senza limitarsi a sfogliare le pagine di un libro. I fan dell’ormai ex sviluppatore nipponico, poi, non dovrebbero lasciarselo sfuggire, magari continuando a sperare che Last Window, il seguito vero e proprio di Hotel Dusk, arrivi al più presto anche in occidente.

    8

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