Recensione Alan Wake American Nightmare

Uno Spin Off per il Thriller di Remedy

Recensione Alan Wake American Nightmare
Articolo a cura di
Disponibile per
  • Xbox 360
  • Pc
  • Alan Wake è stata una delle esclusive Microsoft più discusse degli ultimi tempi. Il lavoro di Remedy, lo storico team che dette i natali a Max Payne, ha fatto innamorare la maggior parte dell'utenza, rapita letteralmente da questo Thriller videoludico, a metà fra il racconto Noire ed uno scalpitante gioco d'azione. Un prodotto tutto narrazione ed atmosfera, di quelli che d'un colpo caratterizzano la Line-Up di una console. Ai piccoli inciampi della produzione, la fanbase ha risposto con un amore incondizionato, ed una marea di richieste per un secondo capitolo.
    L'eventualità di un Alan Wake 2 non sembra poi così remota, ma intanto il team prende un grosso “respiro economico” pubblicando praticamente in contemporanea una eccelsa versione PC del primo capitolo (contenente i due DLC, che di fatto sublimano, espandono e arricchiscono l'esperienza di gioco), nonché questo American Nightmare, curioso spin-off distribuito come Xbox Live Arcade. Fin dai primi video di gioco Alan Wake American Nightmare si è mostrato un prodotto incline a puntare soprattutto sulla componente action, ma il team di sviluppo ha rassicurato i fan, sostenendo che la qualità della produzione, per ritmi, atmosfera e contenuti, non li avrebbe scontentati. La realtà, fermo restando un impegno produttivo monumentale per un titolo Digital Delivery, è leggermente diversa.

    Incubo Ricorrente

    American Nightmare è un vero e proprio Spin-Off della saga principale, totalmente irrelato con gli eventi che abbiamo vissuto assieme ad Alan. Questa breve avventura, infatti, è strutturata come se fosse una puntata di Night Springs, la celebre trasmissione che ci ha accompagnato anche nel titolo originale, parodiando le serie televisive degli anni '80 legate all'ambito del paranormale e dell'occultismo. In verità una connessione con l'avventura principale c'è eccome: la puntata che saremo chiamati ad “interpretare” pad alla mano fa parte di una stagione interamente scritta dal nostro Alan, alle sue prime armi come scrittore. Nella storia che fa da sfondo alla vicenda, dunque, ci sono ancora in sottofondo le tematiche care all'autore: il duello fra luce e oscurità, l'insicurezza creativa ed i dubbi sul proprio lavoro. Ma si tratta appena di un accenno: fin da subito la narrazione prende un'altra direzione, affrontando il tema del doppio malvagio e della circolarità del tempo.
    Senza troppi preamboli, infatti, l'Alan protagonista di questa puntata si risveglia avvolto da un vortice di tenebra, e sa solo che deve trovare e fermare il suo antagonista, modellato a sua immagine e somiglianza ma cinico e spietato.
    Il gioco si ambienta in una sperduta cittadina dell'Arizona, e mentre usciamo fuori dal canyon per ammirare la desolazione del panorama notturno, riprendiamo confidenza con il gameplay, rimasto inalterato rispetto a quello che già conosciamo. Nelle sue fondamenta ludiche, American Nightmare è uno shooter in terza persona, ma non di quelli dai ritmi compulsivi. I grilletti servono sempre per puntare e sparare, ma l'azione è scandita dalle dinamiche di interazione fra luce ed ombra. Tutti i nemici di Alan emergono infatti dalla tenebra, avvolti da uno scudo impenetrabile di oscurità. Prima di poterli colpire con i proiettili, dunque, è necessario puntare il fascio flebile della torcia contro di loro, e mantenerli sotto la minaccia della luce per qualche secondo. In seguito, bastano pochi colpi ben assestati per farli sparire in un tripudio di scintille.
    L'utilizzo della torcia è regolato come sempre dalle batterie, che si esauriscono in fretta: è possibile fermarsi qualche istante per ricaricarle o, in situazione di emergenza, sostituirle al volo intaccando le nostre scorte. Ritrovare un sistema di gioco funzionale e diverso dal solito è ovviamente un piacere: tutto è come lo ricordavamo, con le schivate all'ultimo (evidenziate da un ralenti), ed i bengala a fungere da deterrente per i gruppi troppo folti di nemici.
    Fin dai primi momenti di gioco, tuttavia, si capisce che rispetto alla progressione molto ansiogena del capitolo originale, American Nightmare punta su un'azione più trotterellante. Al posto della pistola è possibile imbracciare una sparachiodi dal ritmo di fuoco elevatissimo, e non passa molto tempo prima di recuperare Uzi e Fucili d'assalto. Gli incontri con le creature d'ombra sono molti e presentati ad ogni piè sospinto, ed abbondantissimo è il munizionamento: sparse nell'area di gioco ci sono casse di munizioni che riempiono automaticamente i nostri caricatori.
    Manca quindi quella tensione che aveva reso unico il vecchio capitolo, quell'atmosfera malsicura. Non è un male: questo prodotto vuole rappresentare qualcosa di alternativo per i fan, e le dinamiche di gioco funzionano comunque.
    I problemi di American Nightmare cominciano ad emergere quando si scopre com'è strutturata questa breve avventura. La piccola cittadina in cui ci troviamo sembra molto minuta, rispetto alle location del vecchio capitolo. Inizialmente ci viene chiesto di recuperare un tris di oggetti per ricostruire un momento descritto dalle pagine del romanzo di Alan, sparse per tutta l'ambientazione. Il ritorno del manoscritto, che viene letto dalla voce narrante e presentato, pagina dopo pagina, in una veste molto più interessante che in passato, è proprio quello che i fan chiedevano a gran voce. American Nightmare continua a giocare con l'orizzonte d'attesa degli eventi, raccontando una storia nella storia, e questo è senza dubbio uno dei suoi più grandi pregi.
    Eppure, poco a poco si scopre che gli incarichi che dobbiamo compiere sono tutti molto banali, e prevedono una intensa dose di backtracking, mentre andiamo avanti ed indietro dal Motel alle zone circostanti. La situazione non migliora quando ci spostiamo nella seconda ambientazione, un osservatorio abbandonato in cui capteremo un messaggio etereo lasciato paradossalmente dalla stessa mente creativa del protagonista.
    Sulle trecce del bieco individuo che ci somiglia, ci sposteremo infine in un Drive In, per un tris di ambientazioni potenzialmente interessante, che tuttavia ci verrà ben presto a noia. Del resto, una volta arrivati allo scontro finale, il nostro doppione non farà altro che rispedirci, senza apparente motivo, al punto di partenza. In pratica, il canovaccio di American Nightmare segue quello di tanti racconti che si basano sull'idea del tempo circolare. Ci viene in mente il Giorno della Marmotta, o la celebre puntata “Monday” di X-Files. In un videogioco, inutile ribadirlo, questa ripetizione ciclica non funziona benissimo, soprattutto se il giocatore è costretto a compiere per tre volte le stesse azioni. Ci sono piccole variazioni su tema ogni volta, ed il “percorso” si fa più breve mentre ci avviciniamo all'epilogo, ma il riciclo impietoso di ambientazioni e situazioni non è certo funzionale al divertimento del giocatore. La storia, concentrata in circa 4 ore di gioco (una durata che pensiamo appropriata se consideriamo il prezzo del titolo), non ingrana, e non compiace nonostante il lieto fine (scontato e senza una logica evidente).
    Arrivati agli ending credit, insomma, il prodotto ci appare per quello che è: un divertimento rapido e passeggero, distribuito (speriamo) con la volontà di stimolare un “ritorno di fiamma” per ingolosire gli appassionati. Ma della perizia narrativa e della varietà di Alan Wake, American Nightmare ha poco. Anche la voce narrante, quella del commentatore ufficiale di Night Springs, non ha la stessa caratura di quella di Alan. Eppure, a fronte di tutto questo, si deve riscontrare un'attenzione maniacale per alcuni dettagli: gli show televisivi imbastiti dal pazzoide con i nostri tratti somatici, alcuni momenti in cui la colonna sonora si fa più presente, impastandosi con l'epicità dell'azione, o ancora la qualità degli spezzoni Live Action che contrappuntano l'avanzamento, difficile da trovare di questi tempi. Insomma, non si può certo accusare Remedy di aver sviluppato il prodotto in fretta e furia. Forse, insomma, bastava puntare su una sceneggiatura un po' più varia e movimentata. Quella che abbiamo sotto mano, sembra più adatta ad i tributi cinematografici che ad un videogame.

    Stile impeccabile

    Terminata l'avventura principale è possibile dedicarsi anche ad un speciale modalità Orda, in cui Alan deve semplicemente resistere per 10 minuti, fino al sopraggiungere dell'alba, ad una serie di ondate di nemici. Declinata in ogni salsa, questa opzione non può far certo la differenza, anche se ci porta in alcune ambientazioni nuove, che non abbiamo visitato. Basterà per prolungare la longevità di qualche ora, nel tentativo di sbloccare tutte le arene.
    Impressionante, se confrontato con la qualità media dei colleghi in digital delivery, è l'impianto tecnico di American Nightmare, mutuato direttamente dal primo episodio e altrettanto gradevole. La molte poligonale un po' ridotta per quel che riguarda gli ambienti (mancano gli orizzonti mozzafiato e le distese boscose) fa in modo che il team non abbia intaccato la bontà delle texture e, più in generale, di tutto l'impianto stilistico. I giochi di luce, la distorsione dello spazio causata dallo scudo d'ombra dei nemici, ed fasci oleosi della torcia e dei fari, ancora compongono un insieme brillantissimo ed entusiasmante. Il colpo d'occhio è insomma eccezionale, ed anche i nuovi nemici sono ben caratterizzati. Troviamo qui per la prima volta una sorta di granatiere, un enorme gigante che impugna una sega circolare, ed un insidioso avversario che si divide in due se colpito con il fascio di luce. Anche gli sciami dei corvi scendono a terra per trasformarsi in un essere infido, dai tratti simili a quelli di un'arpia, ed in generale il lavoro su questo fronte compiace ed in certi casi supera quello del titolo originale. I ragni giganti sono una piccola caduta di stile, ma si può soprassedere.
    Si registra qualche calo di framerate quando si sparano i bengala o i razzi di segnalazione: un pegno che siamo disposti a pagare, per materializzare queste immense nebulose di densa luce rossa, che rendono gli scontri evocativi come pochi.
    Il comparto sonoro è sempre ai massimi livelli. Il doppiaggio inglese è di altissimo livello, anche se come abbiamo detto la scelta di dare più spazio ad un anonimo narratore non è indovinatissima. Il sottofondo musicale è partecipe e spigliato, e grazie alla licenza di alcuni ottimi brani rock riesce a rendere qualche momento davvero indimenticabile.

    Alan Wake's American Nightmare Alan Wake's American NightmareVersione Analizzata Xbox 360Alan Wake American Nightmare è un titolo onesto, e per i fan del brand Remedy un prodotto sicuramente da non perdere. Ma è impossibile non sentire il peso di una struttura narrativa che si ripete quasi uguale a se stessa, fra l'altro nel condensatissimo arco temporale di quattro ore: troppo poco per non arrivare affannati alla fine di un'avventura, quasi ci volessimo sbrigare a chiudere i conti. La maggiore importanza concessa alle sparatorie non è un difetto, ed anzi ci fa assaporare un Alan Wake leggermente diverso dal solito, un po' più movimentato, ma sempre scandito dall'incessante uso della torcia. La qualità produttiva a livelli altissimi, la recitazione digitale, la componente stilistica che spicca sono sempre lì ad entusiasmare chi cerca un prodotto che, nel suo pescare da generi classici, rivendica una precisa identità. Ma è un peccato che tutti gli sforzi siano in parte rovinati da un incedere breve eppure stancante. A poco serve la (solita) modalità Orda: prolunga brevemente la vita di quello che ci sembra a tutti gli effetti un antipasto per il secondo episodio. Remedy deve sapere che non siamo ancora sazi.

    7.8

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