Recensione Amnesia: A Machine for Pigs

Il secondo capitolo di Amnesia non convince

Recensione Amnesia: A Machine for Pigs
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  • L'amnesia, secondo la sua definizione medica, è un 'disturbo della memoria a lungo termine'. In termini più spicci, le persone che ne sono affette sono 'incapaci di ricordare eventi della loro vita recente e, in casi gravi, anche eventi remoti'. Durante la propria vita, praticamente chiunque, ne è stato almeno per un brevissimo momento affetto, e la sensazione provata non è sicuramente delle più piacevoli: a prescindere dall'importanza e dalle conseguenze che il perdere un determinato ricordo può portarci, la sensazione di smarrimento e di totale mancanza di controllo sulla parte del nostro cervello adibita alla memoria può dimostrarsi tanto spiazzante quanto fonte di sincera angoscia. Ed è proprio con quest'ultimo sentimento in corpo che Oswald Mandus, il protagonista di Amnesia: A Machine for Pigs, viene consegnato nelle nostre mani all'inizio dell'avventura, favorendo sin da subito un'immersione ed un'empatia nei suoi confronti capaci di accompagnare il giocatore fino alle schermate finali. E' quindi un vero peccato che a questa diffusa perdita di memoria sembrino partecipare anche i ragazzi di The Chinese Room, team al quale Frictional Games ha affidato lo sviluppo di questo secondo capitolo della saga di Amnesia, dimenticatosi di alcune delle finezze strutturali che nel 2010 imposero The Dark Ascent come vero e proprio capolavoro dell'horror. Nonostante le solide basi sulle quali lavorare, il team di sviluppo britannico si presenta infatti ai molti fan del primo capitolo trasportando il franchise verso lidi a lui più congeniali, e già assaporati nel suo titolo di maggior successo: Dear Esther; come per l'avventura sperimentale della software house di Brighton, infatti, l'essenza di A Machine for Pigs sta tutta nel vivere un'esperienza indimenticabile e capace di catturare il giocatore dal primo all'ultimo secondo, lasciandolo senza fiato, tenendone i sensi perennemente all'erta e riuscendo a rimanerne nella memoria anche una volta finita la propria sessione di gioco. Purtroppo, a minarne un'efficace sospensione dell'incredulità, troviamo scelte ludiche non sempre condivisibili , che denotano, almeno in questo settore, un sensibile passo indietro rispetto al capostipite della saga.

    NUOVI ORRORI

    A Machine for Pigs, in modo simile al precedente capitolo, si apre con il proprio alter ego completamente privo di memoria, se non per qualche vago e annebbiato ricordo dei suoi figli Edwin ed Enoch: sarà proprio l'eco lontano delle voci dei due bambini a risvegliare Oswald Mandus da un sonno tormentato, consegnandolo ad una realtà ben peggiore dei suoi incubi. Sin dalle prime battute di gioco, l'ambiente intorno a noi ci aiuterà a ricostruire la memoria perduta di Oswald grazie a documenti collocati all'interno di scrivanie e armadi o semplicemente abbandonati al loro destino, e, allo stesso scopo, dopo momenti particolarmente salienti o nelle vicinanze di un enigma, il protagonista annoterà le proprie sensazioni e reminiscenze in utili promemoria all'interno del suo diario. Lo sviluppo della trama passa fondamentalmente per la lettura di questi due tipi di documenti (completamente localizzati in italiano), insieme all'ascolto di registrazioni sparse per le ambientazioni e l'utilizzo di apparecchi telefonici: questi permetteranno ad Oswald di interagire con una misteriosa figura che ne seguirà, passo dopo passo, la discesa verso l'abisso di fronte a se, consigliandolo, esortandolo ed implorandolo in base alle circostanze. Proprio l'isolamento del protagonista in scenari che ci aspetteremmo abitati da altre forme di vita, gioca un ruolo importantissimo nell'immergere, e allo stesso tempo turbare, il giocatore: come nella miglior tradizione horror, la ricerca di elementi che riportino quegli ambienti a lui inconsciamente noti ad una natura più umana e meno opprimente, è uno dei fattori di più grande stress. In tal senso svolge un lavoro egregio anche il particolare sistema (trasportato direttamente dal primo episodio) che permette al protagonista di interagire con l'ambiente intorno a lui: di stampo molto 'fisico' e basato principalmente sulle dinamiche del mouse, l'interazione con porte, mobilio, casse e leve passa per la pressione del tasto sinistro del mouse, seguita dal naturale movimento che vorremmo trasmettere ad ognuno di questi elementi. La sensazione e la capacità di controllo che il giocatore sembra esercitare grazie a tale impostazione, però, si rivela tanto esaltante quanto ben presto effimera: oltre agli elementi già elencati, infatti, pochissimi altri oggetti potranno essere manipolati durante l'avventura, creando una situazione abbastanza paradossale. Subito dopo l'inizio del gioco, ad esempio, alcune semplici indicazioni su schermo ci spiegano come, tenendo premuto il tasto R durante l'interazione con un oggetto, questo possa essere ruotato, avvicinato ed allontanato a piacimento, lasciando presupporre la possibilità di trovare indizi o nuove tracce studiando a fondo almeno quei pochi elementi a nostra disposizione. Quest'eventualità non verrà mai sfruttata per tutta la durata del gioco. Se la mancanza di un inventario non è, di per se, un fattore necessariamente negativo, la scarsità di risorse ed elementi con i quali interagire ne accentua ancora di più l'assenza, insieme ad un altro aspetto forse più importante: gli enigmi che ci troveremo ad affrontare saranno infatti tutti risolvibili grazie a risorse vicine al punto di utilizzo designato o, mal che vada, necessiteranno di un leggero backtracking, limitando in modo enorme qualsiasi sforzo celebrale da parte del giocatore.

    Nonostante i documenti e gli appunti di Mandus siano spesso fonte di indizi riguardo alla soluzione degli enigmi di gioco, la loro semplicità è tale da permetterne la risoluzione non appena vi ci troverete di fronte.Per un paio di casi in cui il design degli enigmi risulta più riuscito rispetto alla media, pressoché tutti gli altri non si discostano molto da una troppo triste semplicità, con fusibili da inserire nell'unico slot disponibile all'interno di un particolare motore, e via di questo passo, riducendo i puzzle a prove di abilità e resistenza del proprio mouse. La mancanza di appagamento ludico alla quale A Machine for Pigs viene esposto a causa di questa impostazione, risulta ancora più irritante se si considera che ognuno dei puzzle è coerentemente ed efficacemente inserito nella struttura narrativa di fondo, lasciando un grosso punto interrogativo nella testa del giocatore su come il tutto avrebbe potuto beneficiare di un design degli enigmi più approfondito.Anche volendo giustificare una tale scelta come una semplice predilezione da parte degli sviluppatori verso uno sviluppo più agile e rapido della trama, in questo nuovo capitolo di Amnesia sembrano essere stati rimossi quegli elementi strutturali che non solo arricchivano e rendevano avvincenti le partite a The Dark Descent, ma ne rendevano estremamente più inquietante e terrificante l'attraversamento degli scenari. I veterani della saga ricorderanno ancora con piacere (misto ad orrore) l'interessante idea di un indicatore della sanità mentale del protagonista del primo episodio: mano a mano che ci si inoltrava a fondo nell'avventura e si aveva a che fare con creature ed esperienze sovrannaturali, infatti, era necessario compiere gesti che ci riportassero alla nostra natura umana (come cercare una fonte di luce, risolvere un enigma, leggere un testo e così via) pena una reale rappresentazione del terrore del nostro alter ego, manifesta sottoforma di visuali offuscate o risposte ai comandi interrotte. Nulla di tutto questo è ora presente in A Machine for Pigs: nonostante l'incontro con le malvagie creature che popolano gli ambienti riesca ancora a garantire una buona dose di sobbalzi dalla propria postazione, con versi disumani ed un ottimo utilizzo di ombre e luci ad accompagnarne l'ingresso in scena, il ridottissimo numero di avversari dai quali dovrete fuggire (unica opzione contemplata per liberarsene), vi permetterà di tenere sempre a portata di mano la vostra fidata lampada. Nonostante la maggiore possibilità di localizzarvi che questo aspetto fornirà ai vostri nemici, infatti, un'intelligenza artificiale estremamente elementare insieme ad un'architettura degli ambienti piuttosto favorevole alla fuga, vi permetteranno di lasciarli agevolmente alle spalle praticamente dopo ogni incontro, senza che il nostro personaggio manifesti il benché minimo sintomo di ansia o vi sentiate braccati da entità malvagie irrefrenabili. Il prezzo da pagare in caso di incontro troppo ravvicinato sarà comunque un respawn in una zona adiacente al luogo della vostra morte, e quindi nulla che possa spaventare un vero appassionato di survival horror.

    SUONI DA BRIVIDO

    Alla semplice e lineare struttura ludica di A Machine for Pigs, fa da contraltare un comparto narrativo in grado di tenere l'interesse del giocatore piuttosto alto durante tutta la durata dell'avventura: i documenti recuperati durante il cammino riescono a dipanare poco alla volta la verità dietro la perdita di memoria del protagonista, creando, all'interno del giocatore, tutta una serie di teorie e congetture che lo porteranno a proseguire verso la schermata finale per vedere soddisfatta la sua curiosità, e magari anche una delle sue ipotesi. La qualità globale della trama è caratterizzata da una buona originalità, con temi ed argomentazioni di fondo che, per quanto insane e grottesche, si faranno sempre più interessanti avvicinandosi all'epilogo della vicenda. Le vere basi sulle quali questo nuovo capitolo di Amnesia sembra voler costruire le proprie fortune e tenere alto il nome di una saga che ha terrorizzato migliaia di appassionati, sono però tutte da ricercare nel suo comparto tecnico: se graficamente il titolo di The Chinese Room non farà certo gridare al miracolo per la complessità e la varietà dei suoi modelli poligonali (spesso un po' troppo riciclati), il suo riscatto avviene attraverso un buonissimo livello di dettaglio, con texture ricche di particolari e generalmente ben fatte, e un utilizzo di luci ed ombre sempre in grado di mantenere alto il livello di allerta del giocatore. Ma il vero punto di forza, capace di rendere veramente terrorizzante l'esperienza del giocatore nonostante qualche caduta di stile strutturale, è senza ombra di dubbio la componente audio: se la qualità del doppiaggio si attesta su livelli già raggiunti da altre produzioni, è la varietà e la qualità dei suoni ambientali a colpire come un pugno nello stomaco il giocatore: versi innaturali, screpitii lontani, scricchiolii di tubature, scosse ed esplosioni improvvise, strumenti musicali suonati da entità invisibili; tutto quello che non vorreste mai sentire nella distesa di penombra e solitudine che si parerà di fronte a voi, sarà invece lì, e non vi concederà un attimo di tregua. Buona anche la varietà delle ambientazioni proposte che, grazie ad alcune architetture di pregevole fattura, riesce a mantenere sempre viva l'attenzione del giocatore, nonostante un'ultima parte di gioco estremamente lineare e una durata complessiva dell'avventura abbastanza esigua, con un primo playthrough che ha fermato il nostro cronometro sotto le nove ore di gioco.

    Amnesia: A Machine for Pigs Amnesia: A Machine for PigsVersione Analizzata PCE' bene chiarirlo subito: Amnesia: A Machine for Pigs è un buon survival horror, ma probabilmente non è quello che molti fan della saga si sarebbero aspettati. Il nuovo team di sviluppo, The Chinese Room, ha scelto di percorre strade narrativamente più convincenti, affidando alla follia delle sue tematiche e a all'atmosfera ricreata da un solido comparto tecnico il compito di spaventare ed angosciare il giocatore, abbandonando alcuni interessanti spunti ludici del primo capitolo, come il controllo della propria sanità mentale e l'implacabilità dei nemici, e favorendo un sistema di enigmi fisici e meccanici semplice ed essenziale. Alla luce di questo, A Machine for Pigs rimane un titolo in grado di infondere della sana paura nelle ossa degli appassionati del genere, ma, come noto a questi ultimi, tra paura e terrore c'è una sostanziale differenza: capita questa differenza, capirete come il terrore vero rimanga ancora un'esclusiva del capostipite di questa saga.

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