Recensione Apollo Justice: Ace Attorney

Un nuovo avvocato calca la scena portatile

Recensione Apollo Justice: Ace Attorney
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  • DS
  • Salto nel buio

    Quando sembrava che i misteriosi criteri di localizzazione non potessero più stupire la platea di videogiocatori, dopo fenomeni inspiegabili come la sorte europea di Xenosaga, i ritardi di Yakuza o l'episodio mancante di Suikoden, ecco che arriva Capcom a ricordare che non c'è mai limite al peggio.
    A fare le spese dell'ennesimo inspiegabile "salto" saranno questa volta i fan della serie di avventure grafico-legali per eccellenza: giunge infatti anche nel bel paese, con un ritardo di pochi mesi dall'uscita giapponese e americana, Apollo Justice Ace Attorney, quarto capitolo ufficiale delle [dis]avventure di Phoenix Wright.
    Niente da contestare a prima vista, se non fosse che proprio il terzo capitolo, Trials and Tribulations, sembra stato risucchiato in un buco nero, e ancora non ha ancora avuto modo di raggiungere gli scaffali nostrani (l'uscita è al momento confermata, ma contrassegnata da un bel TBA - To Be Announced).
    A peggiorare la situazione c'è il clamoroso cambio di testimone che vede ora alla guida della serie un nuovo protagonista, Apollo appunto, che farà le veci del veterano Phoenix nei quattro casi che compongono questo nuovo episodio, ambientati ben sette anni dopo la conclusione di Trials and Tribulations.

    Confusione e lamentele a parte, bisogna subito sottolinare quanto questo Apollo Justice segni un importante passaggio nella storia della saga: si tratta infatti del primo capitolo sviluppato appositamente per DS (i precedenti erano tutti porting da GBA), su cui grava dunque la pesante eredità del bellissimo caso bonus incluso in Phoenix Wright Ace Attorney. Già tre anni fa, infatti, in occasione della riedizione per DS i programmatori avevano incluso un lungo scenario che sfruttava touch screen e microfono in modo inedito, proponendo nuovi enigmi a base di oggetti tridimensionali, calco di impronte e tanto, tanto luminol.

    Avvocati in pensione: noia e giustizia in aula

    Il salto temporale e il nuovo protagonista hanno permesso ai designer di rivoluzionare alcuni aspetti della saga, nel tentativo di svecchiarla dalle solite meccaniche e dal solito cast.
    Sfortunatamente questo ha significato inevitabilmente un taglio netto con alcuni volti davvero carismatici del passato.
    Non possiamo dirvi quali personaggi saranno inclusi nei quattro casi in cui il gioco è diviso (non ce ne vogliano gli amanti degli spoiler), ma possiamo dirvi che lo storyline non si incentrerà più su elementi quali Maya o Pearl, e che con loro mancheranno anche alcune delle caratteristiche salienti del gameplay, come gli Psyche Locks o la possibilità di presentare i profili come prove, che nel corso dei precedenti episodi avevano costituito la salda ossatura della saga.
    Il mondo di Apollo è dunque quasi del tutto nuovo, e leggermente più oscuro e complesso che in passato, almeno nelle pretese: se il tema di fondo è quello di una storia votata al ribaltamento del sistema legislativo dell'ambientazione attraverso clamorosi colpi di scena, nello svolgimento dei fatti la trama è quasi sempre pervasa da un'immatura e banale comicità di fondo.
    Il neo-protagonista inizierà il suo primo caso al servizio di Kristoph Gavin, ennesimo avvocato prodigio che ci seguirà lungo gran parte del nostro debutto in aula.
    Già dalle prime battute si renderà palese che il cambio di registro marca anche una pesante perdita di fascino: il giovane Justice è un pivello al confronto di Wright, è sempre indeciso, troppo infantile. E nel corso della storia purtroppo non sarà protagonista di alcun momento significativo di crescita. Dall'inizio alla fine resterà un personaggio inesperto, sempre trainato dai consigli dei suoi datori di lavoro (con ovvie ripercussioni sulla difficoltà generale del titolo, che risulta essere il più semplice della serie), di qualche gradito ritorno dal passato e della spalla Trucy, uno dei pochi membri veramente interessanti del nuovo cast.
    Fortunatamente proprio Trucy, una misteriosa ragazzina che veste idealmente i panni di successore di Maya, ed il suo passato sono uno dei nodi fondamentali della storia, un filo conduttore che legherà in modo subdolo e inatteso il primo, bellissimo caso, all'ultimo, passando per due episodi che potremmo definire quasi riempitivi.
    Se escludiamo dunque l'inizio e il principio, il comparto narrativo lascia profondamente interdetti. Si tratta di una questione di grande rilevanza, data la natura di adventure testuale del titolo.
    I due casi centrali sono quasi uno sfacelo, una sequela di situazioni improbabili oltre ogni limite e di pretenziose "coincidenze" (come quelle che legano ben tre crimini diversi nel secondo capitolo). Sia ben chiaro, la qualità della narrazione non è mai del tutto negativa, ma manca completamente il brio di un cast interessante, delle vicende surreali ma al tempo stesso credibili, insomma quel mix che ha reso la serie un vero successo.
    A causa di una sfilata di personaggi appena abbozzati e poco carismatici, la voglia di arrivare alla fine del gioco, a meno che non siate fan sfegatati della serie, potrebbe addirittura venire a mancare. Persino l'avvocato dell'accusa di turno, il rockeggiante Klavier Gavin, dopo un'ammaliante entrata in scena, si rivela inadeguato a competere con personaggi del calibro di Edgey-poo, i Von Karma o il divino Godot.

    Un gameplay svecchiato, ma intrappolato da una sceneggiatura tiranna

    Che siate veterani della serie o avvocati alle prime armi, come di consueto il primo capitolo di questo Ace Attorney vi servirà, oltre che da introduzione agli eventi che muoveranno i primi ingranaggi della trama, anche da esaustivo tutorial.
    Questa volta ci verrà anche insegnato come interpretare in modo creativo le prove, utilizzando la telecamera per ruotare ed esaminare con attenzione i vari oggetti (finalmente tridimensionali), interagendo, ad esempio, stappando una bottiglia per rivelarne l'inaspettato contenuto all'interno.
    Nel corso del gioco, inoltre, saranno molte le occasioni in cui ci verranno proposte delle interessanti alternative al classico gameplay: con l'aiuto della detective Ema Skye, dovremo eseguire calchi d'impronte ed altre delicate operazioni che sicuramente faranno la gioia dei fan di CSI, o nel corso del terzo caso spesso ci toccherà misurarci con una serie di enigmi musicali davvero particolari. Purtroppo però, queste fasi che potremmo definire inedite all'interno dell'economia della serie, sono tutte esageratamente teleguidate: il comprimario di turno ci dirà cosa dovremo fare, e passo dopo passo seguiremo le direttive (attraverso una serie di azioni contestuali) fino a giungere alla risoluzione telegrafata di un'enigma ormai privo di fascino.
    Un'altra, importantissima novità riguarda le scene del crimine: almeno una volta per ogni caso, durante i processi, la solita planimetria bidimensionale in cui si è consumato il delitto di turno si trasformerà in una stilizzata immagine tridimensionale, in cui saremo chiamati a disporre tutti gli elementi del caso, ruotando, ad esempio, il testimone oculare in modo da assicurarci che la sua visuale combaci con quanto descritto nel suo racconto, oppure spostando un armadio per rivelare un passaggio nascosto e far crollare la teoria dell'accusa.
    Niente che non si sia visto negli episodi precedenti, eppure la possibilità di interagire con un ambiente 3D connota il titolo di un fascino completamente nuovo e rende i casi ancora più imprevedibili e divertenti. Purtroppo, anche queste fasi sono scandite eccessivamente dalle tiranne righe di testo della trama, che limiteranno il giocatore con spiegazioni eccessive, mutilando sul nascere quella che poteva essere un'aggiunta davvero significativa.
    Salvo qualche piccolo colpo di scena che capovolgerà inaspettatamente lo stile di gioco per breve tempo, proprio come avevamo annunciato precedentemente, l'elemento paranormale aggiunto, derivato dalla natura di alcuni vecchi protagonisti e veicolato nel gameplay dalla channelling technique di Maya e dagli Psyche Locks del Magatama di Phoenix, è stato limato via in questo Apollo Justice, e sostituito dalle ablità illusionistiche di Trucy, che talvolta ci toglieranno d'impiccio quando saremo alle strette sotto gli attacchi verbali di Klavier Gavin, e dal potere magico di cui lo stesso Apollo è dotato: grazie ad un misterioso braccialetto al suo polso, il protagonista potrà raggiungere uno stato di concentrazione superiore ed analizzare con attenzione il comportamento dei testimoni, individuando tic nervosi di vario genere grazie a cui riuscirà a smascherare anche le menzogne più credibili.
    In termini di gioco, potremo utilizzare quest'abilità solo in determinate fasi dei processi, cliccando sull'apposita icona. Apollo rallenterà il tempo, mentre lo schermo superiore visualizzerà una versione ingrandita dello sprite del personaggio incriminato, che mostrerà dettagli altrimenti impercettibili. Quando avremo individuato l'anomalia nella testimonianza, potremo ribaltare la situazione a nostro vantaggio, utilizzando la bugia ben celata per far perdere la calma all'avversario, facendogli compiere un fatale passo falso.
    Davvero geniale, quest'intuizione dei game designer si integra alla perfezione nel gameplay, anche se, ancora una volta, si tratta di una feature che lascia poca libertà decisionale al giocatore, da utilizzare solo in momenti pre-scriptati, proprio come accadeva con gli psyche-locks.

    Lo svolgimento del gioco riprende pedissequamente quello dei suoi predecessori, con un'attento bilanciamento tra fasi puramente punta e clicca, in cui dovremo esplorare scene del delitto e luoghi d'interesse legati al caso per cui staremo lavorando, a quelle tipiche della saga, ovvero i processi, un cui dovremo combattere a suon di prove, dichiarazioni e smentite per difendere la libertà del nostro cliente.
    La struttura dei quattro capitoli, seppur danneggiata non poco dalla qualità della sceneggiatura, riesce a mantenere alta l'attenzione del giocatore in termini di "level design", grazie all'ottima distribuzione delle due tipologie di gioco, dando più peso ai processi nel primo e nell'ultimo scenario, e inscenando invece fasi investigative più ricche e complesse, con interrogatori utili ad approfondire la (deludente) psicologia dei vari comprimari, negli episodi centrali.

    The polished badge

    Ad una prima occhiata superficiale la grafica di Apollo Justice potrebbe sembrare la stessa dei vecchi Ace Attorney. Questo perchè Capcom è riuscita a mantenere uno stile fedelissimo ai primi tre episodi, realizzando però sprite nuovi molto più grandi (contraddistinti da un tratto morbido e gradevole), in rispetto alle possibilità maggiori del DS.
    Anche il comparto animazioni è notevole, con picchi altissimi (come l'air guitar Klavier o i trucchi di Trucy) che lasciano raramente spazio a cadute di stile. Tuttavia, proprio come la caratterizzazione psicologica, anche lo stile dei personaggi raramente raggiunge gli apici che sarebbe lecito aspettarsi da un titolo legato alle avventure di Phoenix Wright.
    Oltre a questo difetto, il comparto grafico soffre anche di un problema leggermente più grave, anche se ugualmente trascurabile, ovvero la presenza di alcuni sprite ereditati direttamente dai vecchi episodi. Il giudice ad esempio, seppur lievemente rimaneggiato nei contorni e nel colore, sfigura eccessivamente con il nuovo cast, e questo divario si accentua ancor più notevolmente quando sul banco dei testimoni salirà qualche volto noto che, purtroppo, non ha goduto di un restyle sufficiente. Oltre ad un'ovvia differenza in termini di "spixellizazione", anche le proporzioni dei personaggi in questo caso risulteranno innaturali.
    I fondali sono più colorati e dettagliati, e anche nel caso in cui siano stati ripresi direttamente dai primi episodi, come accade per tutti gli scenari ambientati in tribunale, il lavoro svolto con i gradiente di colore e il rifacimento di alcuni elementi riescono a donare un look azzeccato alla fresca visione d'insieme.
    Per quanto concerne gli oggetti tridimensionali, bisogna segnalare l'ottima realizzazione delle varie prove: che si tratti di scarpe, telefoni cellulari, bottiglie, pistole, i modelli poligonali sono semplici ma ben fatti, e le texture risultano definite e riconoscibili anche a seguito delle ispezioni più accurate e ravvicinate possibili.
    Le scene del crimine, invece, risultano un po' troppo stilizzate, e dotate di animazioni un po' troppo statiche.
    Per quanto riguarda la colonna sonora, la qualità dei brani è davvero elevata, e seppur sfacciatamente sintetiche, le melodie sono varie e perfettamente calzanti con l'atmosfera del gioco: merito della mano di Toshihiko Horiyama, che i fan delle produzioni Capcom ricorderanno per le ottime performance in alcuni, grandi titoli del passato quali Megaman X, che ha saputo firmare una colonna sonora ricca di track memorabili.
    Non possono poi mancare un buon numero di campionature vocali, che come sempre sottolineano con esuberanza talune azioni chiave dei personaggi, come l'esibizione di prove, o un'obiezione, vero marchio di fabbrica della serie.

    L'adattamento italiano del titolo è come sempre buono. Parte della comicità che contraddistingue i dialoghi si perde inevitabilmente, ma in generale il lavoro svolto in fase di localizzazione soddisferà pienamente coloro i quali sono impossibilitati a comprendere appieno la versione (comunque sempre consigliata) in lingua inglese, a causa di numerosi termini legali, piuttosto ostici.

    Apollo Justice: Ace Attorney Apollo Justice: Ace AttorneyVersione Analizzata Nintendo DSApollo Justice è il classico titolo in cui i normali parametri di valutazione non possono coprire l'intero spettro di pregi e difetti riscontrabili nel gioco. Anche se il comparto grafico e sonoro sono decisamente soddisfacenti, il gameplay è troppo poco dissimile dai vecchi episodi di Phoenix Wright: le aggiunte sono troppo limitate dalle esigenze di copione, e non colmano il vuoto lasciato da tutte le feature rimosse. Ci aspettavamo di più da Apollo Justice, e anche se Capcom ha confezionato un'opera assolutamente non insufficiente, avrebbe potuto dimostrare più coraggio e curare in modo più libero le aggiunte al gameplay. Ma sopratutto è nella caratterizzazione di storia e personaggi che questo nuovo capitolo delude profondamente. Si tratta di un elemento vitale per la sua valutazione, considerando che la narrazione è sempre stato forse l'aspetto più importante in questo genere di giochi. Speriamo che quello che c'è di buono in questo titolo d'esordio per DS venga migliorato e limato nei seguiti che, siamo sicuri, Capcom non tarderà ad annunciare per affiancare il prossimo Perfect Prosecutor Miles Edgeworth.

    6.5

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