Recensione Army of Two: The Devil's Cartel

Una nuova avventura cooperativa targata Army of Two

Army of Two: The Devil's Cartel
Recensione: Xbox 360
Articolo a cura di
Disponibile per
  • Xbox 360
  • PS3
  • Per rilanciare una proprietà intellettuale, in questa generazione di console, spesso si è fatto ricorso con successo all'affidamento della stessa ad un team completamente diverso, per un reboot. Electronic Arts ha già dimostrato di apprezzare questo sistema, rilanciando una delle due "branchie" di Need for Speed con successo. Ora ci riprova, ma questa volta con il controverso Army of Two. Lo sviluppo passa alle sapienti mani di Visceral Games, che ci presenta Army of Two: The Devil's Cartel, in arrivo su Xbox 360 e Playstation 3 questo 28 Marzo. Purtroppo, come vedremo nelle prossime righe, il prodotto non riesce in quel processo di rilancio che molti avevano auspicato. The Devil's Cartel, a causa di una forte ripetitività e della piattezza ludica generale, rimane un Third Person Shooter come tanti altri. Senza peculiarità davvero vincenti, se non la facoltà di intraprendere l'intera avventura in coop (anche in locale), la produzione Visceral Games rimane piuttosto mediocre - adatta al particolare target che, per un motivo o per l'altro, ha già apprezzato i precedenti episodi della saga.

    Distruggiamo insieme il cartello messicano

    Nel produrre The Devil's Cartel, Visceral Games ha tentato di imprimervi una certa spinta narrativa. Tutto ha inizio dall'attentato ad un importante funzionario politico Messicano, intenzionato ad eliminare per sempre il cartello La Guadana - una delle più importanti organizzazioni narcotrafficanti messicane. I protagonisti (Alpha e Bravo - reclute degli "storici" Rio e Salem) vengono coinvolti nell'attacco al convoglio di scorta, perdendo alcuni compagni e risultando così ancor più motivati alla distruzione dei malviventi.
    Si dipana, a partire da questo punto, una vicenda abbastanza scontata, priva di vero mordente e puntellata da colpi di scena piuttosto "telefonati". Tra flashback ed azione al presente, il tutto si focalizza sostanzialmente sul desiderio di vendetta dei protagonisti, e sull'azione nuda e cruda che fa da unica spina dorsale alla produzione. L'intreccio, infatti, pur nascondendo qualche spunto ben sviluppato, non appare mai all'altezza delle ultime produzioni. Diverse lacune allo script ed alla sceneggiatura (spesso "bucata") rendono monotoni gli eventi in Army of Two: The Devil's Cartel, tratteggiando una progressione adatta perlopiù a chi volesse spegnere completamente il cervello dopo una dura giornata lavorativa e gettarsi nel frenetico massacro di trafficanti. Lo testimonia una volta di più, semmai ce ne fosse stato bisogno, la grossolana caratterizzazione dei personaggi - due veri e propri concentrati di stereotipi. Le linee di dialogo sono continuamente intrise da sproloqui, riferimenti sessuali e chi più ne ha più ne metta. E quando il prototipo di conversazione tra Alpha e Bravo è "Ehi, finalmente sei arrivato ad aiutarmi" -e in risposta- "Sai...ero al telefono con tua madre", capiamo facilmente quale possa essere il target della produzione. Inutile dire che se in un primo momento tutta questa "caciara" può anche divertire, sul lungo periodo l'assenza di un po' più di spessore si fa sentire e tutte le lacune di Army of Two: The Devil's Cartel vengono a galla. E' chiaro che da una produzione fortemente focalizzata sull'azione non potevamo aspettarci grandi cose a livello narrativo, o di caratterizzazione psicologica. Tuttavia, considerando il coinvolgimento di Visceral, pareva lecito sperare almeno in un pizzico di maturità in più.

    TPS molto classico

    Dal punto di vista ludico l'intelaiatura di Army of Two: The Devil's Cartel appare piuttosto classica, sia guardando ai TPS in generale che riferendosi in particolare al brand stesso. Questo vuol dire che ad affiancare le dinamiche shooter c'è, in primo luogo, l'indispensabile sistema di coperture. Per questa nuova incarnazione, però, Visceral ha pensato di ammodernarlo, tentando di renderlo molto più accessibile. Entrati in copertura basterà sfruttare lo stick destro (adibito alla mira) per puntare il prossimo ostacolo e, premendo semplicemente il tasto dedicato ("A" o "X"), raggiungerlo automaticamente. Per quanto sulla carta tale possibilità possa sembrare interessante, alla prova con mano non funziona benissimo, forse a causa di un'implementazione non troppo oculata. Il problema più grosso è sostanzialmente l'impossibilità di "rompere" l'animazione quando il protagonista si sposta da un riparo all'altro. Unitamente ad una qual certa problematica nel riconoscere precisamente gli ostacoli papabili, vengono a crearsi spiacevoli situazioni nelle quali ci troveremo completamente esposti al fuoco nemico. Presa la mano, tempo un paio d'ore, bisogna comunque ammettere che il problema diventa quasi totalmente aggirabile - anche solo gestendo "manualmente" i movimenti tra una copertura e l'altra. Ed è proprio una volta superato questo primo "scoglio" che le vere problematiche di Army of Two: The Devil's Cartel si fanno sentire. Anzitutto proponendoci una progressione molto lineare, diretta conseguenza di un level design piuttosto piatto. In pochissimi frangenti la geografia dei quadri mostra vere ed efficaci alternative all'azione diretta, al confronto faccia a faccia con il nemico.

    " Siamo di fronte al solito Army of Two, dedicato ai videogiocatori meno attenti, disposti a passare sopra ad una realizzazione piuttosto raffazzonata pur di avere tra le mani un nuovo shooter da “spolpare”"

    Anche quando lo fa, purtroppo, ci troviamo di fronte ad una serie di variabili piuttosto inconsistenti, spesso monotone: aggirare un gruppo di avversari procedendo in un vicolo piuttosto che lungo la strada principale, tanto per fare un esempio, sarà la soluzione più inflazionata. Manca la verticalità (eccezion fatta per sparuti frangenti) e manca quella varietà nella costruzione ambientale che ha reso interessanti e vari tanti altri Third Person Shooter pur non innovativi. E non stiamo parlando di atmosfera, sia chiaro, ma di puro e semplice design strutturale, la cui troppa semplificazione -in Devil's Cartel- ci ha fatto più di una volta storcere il naso.
    E' un vero peccato, poiché le meccaniche cooperative, anche imbastite sfruttando l'IA computerizzata al posto di un compagno umano, funzionano abbastanza bene. Il D-Pad, in questo caso, viene sfruttato pienamente per ordinare al proprio commilitone di attirare il fuoco su di se, di seguire i nostri passi o di aggirare i bersagli mentre noi facciamo da esca. In aggiunta troviamo la possibilità di affidarci alla TWO Vision, un particolare sistema di hint grafici che saprà indicarci al meglio quali strade percorrere per assaltare -spesso da due lati- il nemico. Non moltissime opzioni, ma ben implementate all'interno di una struttura ludica che incoraggia (forse un po' troppo) le azioni in tandem. Per farlo, però, sfrutta le stesse due o tre situazioni ripetute ad intervalli regolari: una mitragliatrice fissa dalla quale ripararsi o un gruppo di nemici ben appostati e magari dotati di lanciarazzi. Proprio di questo passo Army of Two: The Devil's Cartel imbastisce la ripetitività di cui si parlava in apertura, capace di sgretolare pian piano quanto di buono fatto a livello tattico. Le circa dieci ore di avventura vomiteranno contro i protagonisti uno stuolo di avversari da eliminare, con meccanica soluzione di continuità. Considerandone la varietà -davvero misera- e la già descritta povertà a livello di level design, il risultato è un gameplay da prendere veramente in dosi minime per evitare la noia.
    Ad onor del vero il dev team ha tentato di spezzare un po' la monotonia, inserendo ad esempio un paio di sezioni on rail (di guida o a bordo di veicoli), una di solo cecchinaggio e qualche intermezzo spettacolare. Purtroppo però, una realizzazione davvero sommaria di ciascuna di esse, nonché la loro presenza estremamente sporadica, non riesce mai davvero a fare la differenza, lasciando solamente grande amarezza nel giocatore più smaliziato. Di contro, un arsenale di tutto rispetto ed un'ottima possibilità di personalizzazione dello stesso e dell'avatar aggiungono un pizzico di pepe ad una struttura che ne ha davvero bisogno. Divise in segmenti le missioni ci consentono di accumulare punti (kill in combo, strisce di uccisioni, corpo a corpo...), che si trasformano in dollari sonanti al termine di ciascuno. Riscattato il denaro potremo recarci nella corposa sezione Armeria, dove comprare nuove bocche da fuoco e personalizzare pesantemente quelle già a nostra disposizione (mirini, sottocanna, soppressori, caricatori migliorati...). Inoltre, nella sottosezione dedicata al Mercenario, saremo in grado di comprare nuovi outfit e tatuatti o nuove maschere per il nostro alter ego. E se i soldi non fossero sufficienti potremo sempre creare un design da zero, sfruttando un tool molto simile a quello sdoganato da Turn 10 con Forza Motorsport ma ridotto qui a 12 layer di spavalderia artistica. Non si tratta ovviamente di possibilità capaci di rivitalizzare una struttura ludica complessivamente monotona, ma certamente di spunti per vivacizzare un minimo la progressione, soprattutto in coop.

    Ed è proprio in cooperativa che Army of Two: The Devil's Cartel funziona meglio. Il gioco cooperativo inserisce quelle variabili in più che rendono un po' più appetibile la progressione, pur senza modificare la sostanza. La possibilità di dialogare con un compagno umano, decidere piccole strategie e massacrare in compagnia una valanga di nemici rende ancora una volta Army of Two adatto, ad esempio, a chi cerchi un'esperienza scanzonata ed esagerata in split screen. Talmente esagerata da presentare come novità principale l'Overkill - una sorta di abilità speciale da attivare una volta riempita la speciale barra. In questo caso uno o entrambi i membri della squadra si trasformeranno in vere e proprie macchine da guerra. Proiettili infiniti, invulnerabilità, bullet time e schermo a tingersi di rosso per un breve periodo di tempo. Solo il preludio alla facoltà di disintegrare pareti, distruggere veicoli e far saltare in aria praticamente ogni elemento dell'ambientazione anche con una semplice pistola semi-automatica. L'introduzione appare chiaramente adatta a gonfiare a dismisura il tasso di testosterone ed adrenalina, riuscendoci con buona efficacia: peccato l'estrema piattezza e ripetitività si facciano anche in questo caso sentire, rendendo ogni azione sostanzialmente uguale all'altra.
    Chiude un cerchio piuttosto lontano dalla perfezione un'intelligenza avversaria allo stadio embrionale, del tutto incapace di sfruttare la superiorità numerica o i momenti di difficoltà del giocatore. Basti pensare che, una volta a terra, invece che darci il colpo di grazia (anche quando in prossimità) si limiteranno ad attendere che il compagno ci rianimi, al massimo sparandogli timidamente. Un ulteriore punto a sfavore per una produzione che, pur guadagnandosi la sufficienza, non riesce mai ad incidere come dovrebbe.

    Frostbite 2.0? Really?

    Army of Two: The Devil's Cartel si avvale delle ultimissime tecnologie EA (e in questo caso DICE) come il Frostbite 2.0. Il problema è che, a schermo, i risultati non sempre si vedono; non sempre sono così lampanti. La modellazione poligonale dei personaggi è molto buona, anche se osservando il dettaglio dei volti ci accorgiamo essere piuttosto lontani dalle ultime produzioni apparse sul mercato. Spostando lo sguardo sugli avversari notiamo invece (antagonisti "importanti" a parte) la solita realizzazione con lo stampino, due o tre gradini sotto agli attori principali. Queste differenze sarebbero anche "normali" ed accettabili se non fosse che l'intero ambiente circostante, sempre parlando di modellazione, appare sotto tono alla stessa maniera. La carenza di dettaglio si estende purtroppo anche alla texturizzazione ed all'implementazione dell'effettistica particellare, che adornano un quadro abbastanza stonato in ultima analisi. Si recupera qualcosa, fortunatamente, a livello d'illuminazione - grazie ad una saggia gestione delle fonti di luce e ad un'implementazione oculata di un leggero effetto blur. Abbastanza bene anche sul fronte animazioni, anche se, una volta in più, i protagonisti hanno quella marcia in più che distingue esseri umani da manichini animati alla bell'e meglio. Naturalmente la distruttibilità ambientale (per quanto di qualità non eccelsa) è uno dei punti meglio riusciti a livello grafico: capace di dare timidi spunti ludici ed offrire sinceri momenti di scapestrato divertimento.
    Riguardo al comparto sonoro il livello è più o meno lo stesso: le campionature sono buone, così come la spazialità sonora. Un buon impianto, in ogni caso, metterà in luce tutti i limiti di un reparto non certo allo stato dell'arte, dove la parte meno riuscita è senza dubbio alcuno il doppiaggio in italiano. Spesso atono e totalmente fuori contesto, il parlato non riesce a dare quel mordente, quel tasso di "sbruffonaggine" alla produzione che ci saremmo aspettati, rendendo solamente ridicoli una parte dei protagonisti.

    Army of Two: The Devil's Cartel Army of Two: The Devil's CartelVersione Analizzata Xbox 360Tra veri e propri disastri e idee davvero interessanti, Army of Two: The Devil’s Cartel è esattamente il titolo che una buona parte della platea si aspettava. Siamo di fronte al solito Army of Two, dedicato ai videogiocatori meno attenti, disposti a passare sopra ad una realizzazione piuttosto raffazzonata pur di avere tra le mani un nuovo shooter da “spolpare”, soprattutto quando la focalizzazione è la cooperativa. E, almeno da questo punto di vista, Devil’s Cartel dimostra di funzionare, rimanendo ancora una volta uno dei punti di riferimento per quei giocatori interessati a passare qualche ora in compagnia di amici e fratelli, di fronte ad una modalità split screen immediata e, a suo modo, divertente. Per tutti gli altri i sessantacinque euro di Army of Two: The Devil’s Cartel potrebbero non essere il migliore degli investimenti.

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