Recensione Atelier Iris -Eternal Mana-

Finalmente anche in Europa la saga di RPG di Nippon Ichi.

Recensione Atelier Iris -Eternal Mana-
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  • PS2
  • Finalmente nell'Atelier

    Dopo l’avvento di Disgaea è seguito un periodo fortunato per i titoli made in Nippon Ichi (al secolo NIS), che hanno cominciato finalmente a proliferare anche al di fuori del Giappone.
    A beneficiare della scia di localizzazioni è stata, per una volta, anche la vecchia Europa. Ecco dunque comparire nei negozi nostrani prima proprio quegli strategici a turni di Disgaeana memoria, e finalmente a seguire anche RPG più convenzionali, come questo Atelier Iris - Eternal Mana.
    Come i giocatori più acuti noteranno dalla nomenclatura del progetto mostrata nella “sigla di testa”, Atelier Iris fa parte di una serie di giochi della NIS di cui sono usciti diversi titoli esclusivamente in Giappone. Nonostante questo, però, la storia di Atelier Iris - Eternal Mana è perfettamente fruibile anche da parte di noi occidentali, in quanto episodio indipendente e sostanzialmente slegato dai precedenti capitoli.

    Un altro mondo governato dal Mana

    In un mondo dominato dall’equilibrio del mana, esistono alcune persone in grado di manipolare le forze vitali della natura e piegarle al loro volere, creando oggetti e magie dal nulla.
    Queste persone sono chiamate Alchimisti.
    In Atelier Iris vestiremo i panni di Klein, un giovane alchimista. Egli ha deciso di vagare per il mondo perfezionando le sue arti alchemiche in compagnia del suo fido amico Popo, lo spirito del mana del legno. L’avventura di Eternal Mana comincia quando Klein incontra Lita, una giovane cacciatrice di mostri nei dintorni della città di Kavok. I due cominciano ad investigare e cercare informazioni su Avenberry, la leggendaria città volante le cui rovine si trovano su una montagna poco distante da Kavok. La loro ricerca, i rapporti che stringeranno con i personaggi più disparati ed un misterioso segreto custodito da Lita saranno i temi portanti della storia di questo titolo, un RPG estremamente classico che strizza l’occhio in più di un’occasione agli antenati del genere, in special modo quelli del periodo dei 16 bit.

    La via dell'Alchimista

    Non è solo nella trama (e come vedremo più avanti anche nella cosmesi) che Atelier Iris ricorda i giochi di ruolo di vecchia generazione.
    Il gameplay infatti, malgrado qualche aggiunta interessante resta ancorato agli standard e, soprattutto, agli stereotipi di un genere che ormai anche i giocatori europei conoscono fin troppo bene. Muovendovi tra foreste, città, rovine, ovvero le più classiche delle locazioni del genere e giostrando con i soliti menu di gestione dei personaggi, però, potreste provare un piacevole senso di deja vu misto a nostalgia... Ma dopotutto siete un alchimista, e quindi com’è lecito aspettarsi le cose si movimentano nella fase di creazione degli oggetti. Popo è solo il primo di una serie di esseri con i quali Klein stringerà amicizia. Grazie ad essi, infatti, potrete canalizzare il mana per creare gli oggetti più disparati da usare in battaglia, ma prima dovrete trovarne le “ricette” e farli apparire nel menu dei vostri Mana Item. Inoltre per ogni nuovo Mana alleato, acquisirete una nuova abilità, che vi permetterà in qualche modo di proseguire con il gioco (incendiando oggetti che vi sono d’intralcio o raggiungendo piattaforme elevate ad esempio) ma anche di mettere le mani su artefatti a cui prima non potevate arrivare. In effetti il movimento attraverso le aree ricorda molto più un action RPG, visto che potrete saltare ed usare svariate delle sovracitate abilità selezionandola da un menu in tempo reale attivabile e ruotabile tramite la pressione del tasto L1. Sin dall’inizio del gioco Klein potrà utilizzare il suo bastone alchemico per “assorbire” svariati tipi di oggetti, come sassi, tronchi e addirittura alcuni mostri. In questo modo si caricheranno le barrette dei vari tipi di mana elementale, ingredienti indispensabili alla sintetizzazione di Mana Item. Il successo di questo processo dipende dunque dalla quantità di mana posseduto, ma anche dal rapporto con i vari spiriti del mana. Klein potrà migliorare il suo rapporto con essi (lenendo la loro stanchezza allo stesso tempo) regalando gli oggetti più disparati ottenuti durante l’esplorazione.
    Oltre a questo genere di processo, il protagonista potrà, con l’aiuto di negozianti sparsi per le varie città, creare nuovi oggetti che appariranno nei negozi, utilizzando diversi tipi di ingredienti e dando vita a varie combinazioni.
    Malgrado tutte queste operazioni possano sembrare complesse (a causa di alcuni passaggi inutilmente arzigogolati), il gioco interverrà puntualmente con un tutorial quando un numero eccessivo di dubbi si saranno rannuvolati nella mente del giocatore, dissipandone le incertezze.
    Questi tutorial sono delle specie di lezioni tenute dai personaggi stessi del gioco, che spesso danno vita a gag divertenti. In effetti il gioco non si prende mai troppo sul serio, creando un’atmosfera scanzonata e allegra, tipica dei titoli targati Nippon Ichi. Grazie a questa particolarità, si passa volentieri su alcuni difetti della trama, che a volte risulta scontata o confusionaria a causa di una cattiva gestione dei tempi narrativi. Durante gran parte delle ore di gioco vi limiterete a scorrazzare da una locazione all’altra svolgendo compiti per personaggi poco importanti, e di tanto in tanto vi imbatterete in qualche evento chiave in cui gli sceneggiatori vomiteranno una miriade di informazioni, per poi tornare ad una situazione di stallo. Per questo motivo talvolta il giocatore non potrà che restare confuso ed interdetto.
    Come per le fasi esplorative e di equipaggiamento, anche i combattimenti di Atelier Iris seguono delle regole precise ed in un certo senso limitate. Le opzioni a disposizione durante le battaglie sono piuttosto essenziali. I tre personaggi presenti nel party, che agiscono secondo turni stabiliti dalla loro agilità alternandosi con gli avversari, potranno attaccare, difendersi, scambiarsi con uno dei personaggi in riserva o utilizzare una manciata di attacchi speciali acquistabili e potenziabili man mano che guadagnerete livelli. L’unico personaggio a presentare differenze sensibili e, soprattutto, aggiunte interessanti, è proprio Klein. Egli infatti potrà utilizzare il mana accumulato durante il corso del gioco per generare oggetti ed incantesimi dagli effetti più disparati. E’ un peccato che i programmatori non abbiano pensato di inserire delle abilità personali simili a quelle di Klein anche agli altri personaggi giocabili, in modo da renderli interessanti e più utili in battaglia.
    Malgrado non sia esente da difetti, il battle system risulta godibile, e la sua semplicità si sposa perfettamente con il feeling spensierato di cui l’intero titolo è impregnato.

    Puntare al passato è sufficiente?

    Il comparto grafico di Atelier Iris ricattura in parte l’atmosfera dei personaggi e delle ambientazioni dei giochi di ruolo dei bei tempi andati. Gli ambienti di gioco, spesso disegnati a mano, sono enormi e complessi, anche talvolta esageratamente pieni di dettagli. Questo, assieme al fatto che l’aspetto prospettico di alcune costruzioni non si possa definire esattamente realistico genera in alcune locazioni un effetto confusionario: si ha l’impressione che i fondali siano troppo compressi e impastati. A peggiorare il senso di smarrimento c’è anche il fatto che scrollando, le ambientazioni sgranano ed i contorni perdono nitidezza.
    Gli sprite invece sono grandi e ben dettagliati, specie durante i combattimenti, ma sono animati da pochi frame, e talvolta risultano un po’ troppo legnosi. Durante i combattimenti i fondali sono realizzati in modo superficiale, e restano anonimi.
    Gli effetti speciali degli attacchi e delle magie invece sono di discreta fattura e piacevoli da guardare, anche se talvolta non sono accompagnati dai giusti effetti sonori (un esempio è l’attacco della balestra di Delsus) e quindi non convincono completamente.
    Anche se a volte gli effetti sonori non sono esattamente appropriati, c’è da dire che il lavoro svolto sul comparto musicale di Eternal Mana è molto più che sufficiente. Le musiche che accompagnano i viaggi attraverso le varie locazioni sono sempre molto orecchiabili, e malgrado a volte possano risultare un po’ troppo zuccherose, restano in linea con la filosofia di base del gioco. Se da un lato è vero che alcuni effetti sonoro sono fuori luogo, bisogna anche precisare che a parte questi pochi casi isolati, anche effetti e dialoghi sono realizzati ottimamente. Moltissime delle frasi pronunciate dai personaggi sono recitate appropriatamente da doppiatori, e la maggiorparte di queste scene di dialogo sono accompagnate da grandi artwork estremamente espressivi in stile NIS.
    Le gesta di Klein richiedono un discreto monte ore per essere portate a termine, ma i giocatori più incalliti che vorranno raccogliere tutti i Mana Item sparsi per il mondo supereranno non di poco le venti ore previste per giungere alla fine di questo titolo.

    Atelier Iris -Eternal Mana- Atelier Iris -Eternal Mana-Versione Analizzata PlayStation 2Anche se Atelier Iris non si propone come innovatore di un genere, riesce a proporre elementi a sufficienza dal passato, in modo da poter destare l’interesse di giocatori nostalgici. Senza contare che il particolare stile dei titoli Nippon Ichi (e soprattutto il loro taglio umoristico) potrebbe rivelarsi un piacevole diversivo tra tanti giochi dalla trama pesante ed eccessivamente seria. Anche se non brilla per realizzazione tecnica, l’avventura di Klein resta piena di spunti, situazioni e personaggi interessanti. Consigliato agli amanti degli RPG in cerca di qualcosa di diverso dalla solita solfa.

    6.5

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