Recensione Bujingai: Sword Master

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Recensione Bujingai: Sword Master
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  • PS2
  • Esiste una storia vecchia come il mercato di massa, che insegna come sia assai più facile vendere un cattivo prodotto con un elemento già noto al pubblico, piuttosto che uno ben fatto ma concepito ex novo. Nel caso dei videogiochi solitamente è la storia di tanti, troppi soldi spesi nell'acquisto dei diritti di un film, o di un cartone animato, preferibilmente quelli più in voga.
    In Bujingai: Swordmaster la produzione attesta più volte, con sommo orgoglio, la partecipazione di tale Gackt, idolo della musica pop nipponica, nelle vesti di protagonista del gioco. Costui, per chi non lo sapesse, ha ispirato in maniera meno ufficiale (ma palesemente) anche il design degli ultimi Final Fantasy, in particolare dell'ottavo capitolo. Più o meno sarebbe lo stesso se da noi venisse prodotto un videogioco in cui il personaggio principale fosse Nek.

    La storia

    In Bujingai Gackt "interpreta" Lau Wong, personaggio contraddistinto dall'ambigua sessualità (è facile, nelle prime fasi di gioco, crederlo donna) e dagli abiti dai colori abbaglianti (bianco, giallo e viola). La maggior parte della trama la apprendiamo dal retro della confezione: Lau Wong è tornato da un esilio di 400 anni (ben portati), deciso a vendicarsi del suo vecchio amico Rei Jenron, ma per raggiungere il suo obiettivo dovrà affrontare un'orda di mostri dal design piuttosto scadente. Nel corso del gioco i filmati di raccordo ci informeranno sullo sviluppo della storia, regalandoci un pout pourri di luoghi comuni: giovani principesse da salvare, vecchi maestri saggi, cattivi che diventano mezzi demoni e via dicendo. La vicenda sembrerebbe ambientata in un futuro post-atomico (tanto per continuare a brillare di originalità), almeno a giudicare dal primo livello: una città devastata in stile Hokuto No Ken. Purtroppo, proseguendo nel gioco, pare che questa idea sia stata abbandonata, perché ci ritroviamo ad attraversare tutt'altro genere di locazioni. Senza voler apparire esigente trovo che la trama sia eccessivamente pretestuosa, anche se è fin troppo chiaro l'intento di creare un'ambientazione nello stile di film come "la Tigre e il Dragone", "Hero", o l'ultimo "La Foresta dei pugnali volanti".

    Gameplay

    Il titolo non vuol essere niente di più e niente di meno che un picchiaduro a scorrimento, senza introdurre particolari innovazioni e impiegando schemi già ampliamente collaudati. Il nostro personaggio è in grado di compiere tutte le azioni del caso: saltare, correre, attaccare, in più può galleggiare nell'aria per qualche istante e correre sulle pareti. Queste ultime due possibilità rendono il nostro cammino attraverso gli scenari assai divertente: in qualsiasi momento ci ritroveremo a svolazzare e saltare da una parete all'altra, evitando di annoiarci eccessivamente nelle "zone morte" dei livelli. Le combo a disposizione non sono molte e si finisce, per comodità, con l'impiegare sempre la stessa mossa base, che risulta incredibilmente efficace. Decisamente più stimolante è il sistema di contrattacco, che permette di parare i colpi dell'avversario e capovolgere la situazione a proprio favore. Soprattutto contro alcuni boss questa possibilità diventa essenziale, dal momento che anch'essi, come il protagonista, sono in grado di contrattaccare: le battaglie diventano sequenze di parate e attacchi, finché la difesa del nemico (o la nostra) non viene spezzata. Ci sono anche alcune magie a nostra disposizione, ma hanno soltanto un ruolo di contorno: un diversivo rispetto alle solite mosse, e la loro varietà aumenta con l'avanzare del gioco. Da sottolineare la presenza di un tasto auto-target, particolarmente utile nelle situazioni concitate e nell'affrontare i boss, perché permette di mantenere la visuale alle spalle del personaggio e tenere sempre bene in vista l'avversario. I livelli sono piuttosto lineari: per la maggior parte del gioco ci viene richiesto di uccidere tutti i mostri in modo da sbloccare porte o altri elementi indispensabili per proseguire. Di tanto in tanto si presentano delle missioni differenti, ma questo elemento, anziché rappresentare un punto a favore, contribuisce soltanto ad appesantire e rallentare l'azione. Solo per citare un esempio: nel secondo livello ci viene richiesto di raccogliere cento sferette luminose, contenute nelle canne di bambù sparse per tutto il livello. Si affettano le canne e si raccolgono le sfere, cosa già di per sé non entusiasmante, ma la cosa peggiore è che il numero delle sfere raccolte diminuisce ogni secondo, così che bisogna prenderne ben più di 100 per avere sufficiente autonomia da poter raggiungere il luogo designato. Frustrante.

    Grafica

    Complessivamente il reparto grafico di Bujingai non stupisce, ma quantomeno garantisce un'immagine fluida, con i suoi 60 frames al secondo, che per un gioco di questo genere sono sempre assai graditi. Il modello di Lau Wong è realizzato con cura e animato in maniera più che accettabile, mentre non si può dire lo stesso per i nemici: grezzi ammassi di poligoni e textures, eccezion fatta per i boss, che hanno beneficiato di un'attenzione simile a quella concessa al protagonista. La qualità delle ambientazioni è molto altalenante, ma non eccelle quasi mai: si passa dalla mediocrità di alcuni livelli, all'indecenza di altri (il secondo scenario è all'altezza di un gioco brutto per Playstation 1, solo un po' ripulito) ma tutti hanno in comune l'assenza di architetture elaborate e la scarsa varietà delle textures. Da sottolineare il gran uso di effetti di luce, concentrati massicciamente intorno alle mosse del protagonista e dei boss di fine livello, alle volte così esagerati da rendere la scena leggermente caotica.

    Sonoro

    La musica in background è costituita prevalentemente da brani techno-dance nel tipico stile del mainstream discografico giapponese, cosa che il più delle volte spinge a premere il tasto "mute" del telecomando. La qualità del doppiaggio durante gli intermezzi in FMV è apprezzabile, anche se, forse a causa dei testi, la recitazione risulta eccessivamente teatrale. Il resto degli effetti sonori rientra nella media: grugniti dei nemici, lame che tagliano l'aria. Nulla di sconvolgente.

    Conclusioni

    Bujingai si rivela come un gioco mediocre sotto ogni punto di vista, tremendamente lineare e difficilmente rigiocabile. Forse ai fan disperati di questo genere potrà non dispiacere un titolo che non richieda particolare impegno e che si limita ad essere un'interminabile sequenza di ammazzamenti, ma per chiunque altro risulterà inevitabilmente noioso. Un elemento da non trascurare è lo scarso coinvolgimento del giocatore nella vicenda, sia per l'inconsistenza della storia, sia perché riesce difficile immedesimarsi nei ridicoli e androgini panni del protagonista. Va ricordato che questo particolare prodotto nasce in origine per essere commercializzato unicamente nella terra del sol levante, e che i suoi evidenti limiti potevano passare in secondo piano rispetto alla figura centrale del protagonista-cantante pop. E la storia si ripete.

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