Recensione Call of Duty 2: Big red One

Imbracciate le armi, è tempo di combattere!

Recensione Call of Duty 2: Big red One
Articolo a cura di
Disponibile per
  • PS2
  • Xbox
  • NGC
  • LA STORIA SI RIPETE

    Piegati in due, come vecchi straccioni, sacco in spalla,
    le ginocchia ricurve, tossendo come megere, imprecavamo nel fango,
    finché volgemmo le spalle all'ossessivo bagliore delle esplosioni
    e verso il nostro lontano riposo cominciammo ad arrancare.
    Gli uomini marciavano addormentati. Molti, persi gli stivali,
    procedevano claudicanti, calzati di sangue. Tutti finirono azzoppati;
    tutti orbi; ubriachi di stanchezza; sordi persino al sibilo
    di stanche granate che cadevano lontane indietro.

    Il GAS! IL GAS! Svelti ragazzi! - Come in estasi annasparono,
    infilandosi appena in tempo i goffi elmetti;
    ma ci fu uno che continuava a gridare e a inciampare
    dimenandosi come in mezzo alle fiamme o alla calce...
    Confusamente, attraverso l'oblò di vetro appannato e la densa luce verdastra
    come in un mare verde, lo vidi annegare.
    In tutti i miei sogni, davanti ai miei occhi smarriti,
    si tuffa verso di me, cola giù, soffoca, annega.

    Se in qualche orribile sogno anche tu potessi metterti al passo
    dietro il furgone in cui lo scaraventammo,
    e guardare i bianchi occhi contorcersi sul suo volto,
    il suo volto a penzoloni, come un demonio sazio di peccato;
    se solo potessi sentire il sangue, ad ogni sobbalzo,
    fuoriuscire gorgogliante dai polmoni guasti di bava,
    osceni come il cancro, amari come il rigurgito
    di disgustose, incurabili piaghe su lingue innocenti -
    amico mio, non ripeteresti con tanto compiaciuto fervore
    a fanciulli ansiosi di farsi raccontare gesta disperate,
    la vecchia Menzogna: dulce et decorum est pro patria mori (dolce e bello è morire per la patria)


    "Dulce et decorum est" - Wilfred Owen


    Questi versi, sebbene composti in occasione del primo conflitto mondiale, riescono a descrivere con magistrale e cruda chiarezza qualsiasi realtà bellica, esprimendo concetti di sofferenza ed orrore che nessuno dovrebbe provare mai. Allo stesso tempo però offrono un quadro generale delle situazioni in cui verrete immersi nella penultima fatica Activision, prodotta da Treyarch: Call of Duty 2 - Big Red One (da non confondere con Call of Duty 2 per PC ed XBOX 360). Nato nel 2003 come action/adventure ed evolutosi fino a diventare sparatutto in prima persona, il celebre marchio torna di nuovo sotto i riflettori per sconvolgere gli utenti Ps2, GC e XBOX, riproponendo per la quarta volta (quinta, se si considera l’episodio next-gen) e con una fedeltà sorprendente la realtà storica della Seconda Guerra Mondiale. Il dovere chiama, siete pronti ad imbracciare il fucile per difendere la patria?

    L’UNIONE FA LA FORZA

    Ottobre 1942. La Big Red One, famosa e pluridecorata prima divisione di fanteria dell’esercito americano (contraddistinta da una toppa cucita sulla propria uniforme e raffigurante, appunto, un grande "1" rosso), è finalmente pronta a fare il suo ingresso ufficiale nel secondo conflitto mondiale...
    La scelta di infondere una grande intensità cinematografica a questo titolo appare chiara e lampante sin dalla prima scena, frangente in cui il giocatore, nei panni di un soldato semplice, riceve le prime istruzioni dal proprio Sergente, tuffandosi, di lì a poco, a capofitto tra le schiere nemiche. Quello che colpisce immediatamente l’occhio è senza ombra di dubbio è l’estremo realismo infuso nella realizzazione del contesto bellico: minacciosi aerei che solcano un cielo gravido di nuvole, fumo, fiamme, mezzi pesanti in movimento, gente che grida, corre e impreca. In mezzo a tutto questo caos l’utente, senza uno straccio di addestramento né un minimo di preparazione, deve cercare di crearsi un varco tra orde di “crucchi” (così verranno simpaticamente chiamate le forze tedesche per tutta la durata del gioco) senza rimanere stecchito.
    Come ogni FPS (acronimo di First Person Shooter) la schermata di gioco è caratterizzata dalla classica visuale in prima persona che, in questo caso, può essere orientata a piacere sia nelle fasi in-game che durante le scene di intermezzo. Questa peculiarità torna piuttosto utile in diverse occasioni poiché, a causa dell’eccessiva confusione (peraltro ben giustificata dal tipo di ambientazione) di cui soffrono alcune missioni, permette di individuare la direzione da cui proviene il fuoco ostile o magari il prossimo bersaglio da colpire.

    Il sistema di controllo, un tantino macchinoso per i profani ma senz’altro familiare per i veterani del genere, è sufficientemente funzionale e studiato in modo tale da simulare l’effettiva difficoltà nel riuscire a maneggiare armi di grosso calibro: sotto questo punto di vista il senso di realtà infuso è assolutamente eccezionale: oltre a riprodurre nei minimi dettagli la meccanica e il tempo necessario ad effettuare la ricarica, il gioco varia notvolmente la risposta agli stick analogici, rendendo i movimenti più o meno ostici a seconda del tipo di arma che scegliete di utilizzare. Se da un lato è apprezzabile la grande varietà di strumenti di offesa a disposizione (mitragliatrici, fucili, pistole, granate, bazooka e chi più ne ha più ne metta) dall’altro la necessità di sbarazzarsi in fretta della miriade di nemici che pullula nello schermo spinge spesso a servirsi di uno “strumento di morte” quanto più veloce e versatile, lasciando quasi sempre inutilizzati (salvo qualche raro caso) i fucili più potenti e precisi che richiedono un tempo di caricamento troppo lungo. Questo aspetto rispecchia alla perfezione il ritmo di gioco frenetico e serrato in cui il giocatore deve cercare con ogni mezzo di sopravvivere, facendo piazza pulita di tutti coloro che intralciano il suo cammino; compito questo, che viene di gran lunga facilitato dalla copiosa presenza di medikit, armi e munizioni nelle varie location. Va detto però che la distribuzione di oggetti curativi non sempre è ben bilanciata: sebbene questo inconveniente non si verifichi spesso, accade che nei momenti di maggiore bisogno sia impossibile ricaricare la propria energia (di certo negli stilemi del genere non si annovera la presenza di un semplice inventario, a cui attingere in maniera più autonoma e discrezionale). Stessa mancanza di delicatezza per la distribuzione dei punti di controllo: la scelta di una gestione automatica dei salvataggi alla fine di ogni missione, sebbene i checkpoint siano molto numerosi, comporta l’inesorabile perdita di tutti i progressi nel caso di un'interruzione prematura del gioco (come nel più recente Black), e questo aspetto per certi versi fa rimpiangere il vecchio e sicuro salvataggio manuale.

    Ogni missione (12 in tutto, più il prologo iniziale), oltre che da coloriti dialoghi tra commilitoni e cortometraggi militari dell’epoca, viene scandita dal raggiungimento di svariati obiettivi, primari e non, visualizzabili da un apposito menù rapido al quale è possibile accedere in qualsiasi momento premendo il tasto SELECT. Una buona diversificazione nella struttura di gioco è data dall’alternanza tra le sessioni a piedi e quelle in cui si rende necessario l’utilizzo di determinati mezzi (carri armati, postazioni di contraerea, cingolati, mitragliatori fissi e aerei tanto per citarne alcuni) alcuni dei quali piuttosto difficili da controllare. Nel primo caso, lo scopo del giocatore è sostanzialmente quello di avanzare tra le varie locazioni utilizzando tutto ciò che può metterlo al riparo dall’incessante fuoco nemico: tavoli rovesciati, trincee, muretti, casse, barili, rocce e quant’altro. La vulnerabilità del personaggio non dipende però solo dalla presenza o meno di luoghi sicuri in cui rifugiarsi ma anche dal modo, prudente o sconsiderato, in cui decide di muoversi nel campo di battaglia: l’utente è in grado di scegliere (caratteristica decisamente rara per uno shooter) se procedere strisciando, carponi o correndo, a seconda della situazione in cui ci si imbatte. L’aspetto determinante del gioco è senza ombra di dubbio rappresentato dalla grande importanza attribuita allo spirito di gruppo, rafforzato dal continuo supporto dai membri della squadra, egregiamente controllati dall’ottima IA (Intelligenza Artificiale), che purtroppo non si riscontra nei comportamenti di parecchi nemici: nonostante alcuni siano appostati in maniera strategica e invisibile ai nostri occhi, la maggior parte dei crucchi entra in scena con una irruenza inaudita, aspettando pazientemente (e in bella vista) di essere maciullati dal fuoco americano. Oltre ad offrire una valido sostegno morale ed una utilissima copertura nelle fasi più caotiche, i “nostri” sono assolutamente indispensabili sia per l’esplorazione delle varie zone che per l’apertura di porte e la creazione di varchi, azioni che sono totalmente precluse al personaggio principale e che rendono impossibile una gestione più autonoma dell’avventura. Sebbene il gioco di squadra abbia i suoi bei vantaggi (avere qualcuno che ti sostiene costantemente e va sempre avanti al posto tuo è senz’altro molto utile), toglie completamente la libertà di azione al giocatore, perennemente in balia della propria squadra che lo guida e gli suggerisce di volta in volta quello che bisogna fare.

    Questa ridotta capacità di iniziativa va purtroppo ad aggiungersi alla mancanza di una componente strategica che, vista l’ambientazione storico/militare avrebbe sicuramente giovato alla ricchezza di un gameplay caratterizzato da percorsi quasi esclusivamente obbligati e situazioni prestabilite. Questo aspetto tuttavia non deve farvi giungere a conclusioni affrettate. Nonostante la sua struttura semplicistica e leggermente ripetitiva (cosa vi aspettavate? in guerra si spara!) questo gioco riesce a coinvolgere come pochi, offrendo momenti di puro e sano divertimento (far saltare in aria con una granata un covo di crucchi è maledettamente appagante) unito ad una grande varietà delle azioni da compiere in ciascun livello: proteggere un convoglio, aggirare un ostacolo, far saltare in aria un panzer, sgomberare hangar e bunker dalle presenze ostili, coprire la squadra dei genieri mentre smina un campo, far fuori i cecchini, conquistare postazioni e molto altro ancora. Il giocatore medio impiegherà non più di 12/13 ore per completare l’avventura “giocatore singolo” mentre il discorso cambia completamente per quanto riguarda l’opzione “multigiocatore”, la quale prevede lo scontro di massimo 16 giocatori nelle modalità deathmatch, capture the flag, domination e team deathmatch. Nonostante non sia presente un sistema di classifica, l’elemento online offre un piacevole intrattenimento, in grado di prolungare in maniera piuttosto soddisfacente l’esperienza di gioco.

    LA GUERRA TRADOTTA IN BIT

    Il fiore all’occhiello di questa produzione è costituito dal suo eccellente comparto tecnico. Gli effetti visivi (fumo, esplosioni, fiamme, mura che crollano, polvere, acqua che schizza, zolle di terreno staccate di netto da colpi di mortaio) sono sorprendentemente realistici ed accurati così come le ambientazioni, immense e variegate, che riproducono alla perfezione e con grande cura nei dettagli i luoghi storici attraversati dalla Big Red One durante la guerra: basta pensare al torrido deserto Nordafricano, oppure alle desolate campagne siciliane o alle infide spiagge della Normandia per rendersi immediatamente conto della magnificenza del lavoro svolto in questa sezione. I personaggi della squadra godono di una buona caratterizzazione sia sul piano estetico che su quello vocale, peculiarità che rende ognuno di loro unico e inconfondibile quasi fossero usciti da un film di Spielberg. L’ottimo motore fisico, sebbene si perda in qualche piccola imperfezione, esegue egregiamente il proprio lavoro rendendo vivo, senza nessun evidente calo di frame rate, tutto quello che si trova all’interno dello schermo: ogni cosa (a parte i cadaveri ovviamente) si muove infatti senza posa contribuendo alla creazione di una scena coinvolgente ed assolutamente affascinante. Un grande elogio va inoltre allo splendido comparto sonoro, protagonista indiscusso di questo titolo: lo stupendo doppiaggio italiano (ma anche i tedeschi che imprecano nel loro astruso idioma sono fantastici), in assoluto uno dei migliori mai sentiti su Ps2, dona ai dialoghi e alle scene di intermezzo uno spessore ed una credibilità fuori dal comune mentre gli effetti audio (deflagrazioni, urla, rombi di automezzi e aerei) sono talmente verosimili da rendere palpabile la sensazione di “esserci” a tutti gli effetti. Nonostante la presenza di musiche non sia massiccia, quelle che vengono proposte risultano perfettamente in linea con l’ambientazione e contribuiscono ad aumentare la carica emotiva delle scene.

    Call of Duty 2: Big red One Call of Duty 2: Big red OneVersione Analizzata PlayStation 2Call of Duty 2: Big Red One è nel suo complesso un ottimo gioco. Pur presentando qualche difettuccio (scarsa libertà di azione, pochissima interazione con gli ambienti e gameplay “sempliciotto”) rappresenta uno dei migliori sparatutto in 3D attualmente disponibili sul mercato delle console “vecchia generazione” L’esemplare lavoro svolto sul piano tecnico, unito al grande realismo infuso nella realizzazione di ogni singolo dettaglio (armi, mezzi, scenari, personaggi, rumori) costituiscono senza dubbio alcuno i suoi punti di forza e tendono a rafforzare la vaga percezione che questo titolo abbia puntato più all’apparenza che alla sostanza. Si tratta tuttavia di un gioco che sicuramente farà la felicità di coloro che amano le produzioni videoludiche frenetiche e disimpegnate ma che potrebbe non essere all’altezza dell’utenza più esigente, la quale, con ogni probabilità non vedrà di buon occhio la “leggerezza” di una struttura di gioco che mette la pura e semplice azione al di sopra di tutto.

    8

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