Giunge finalmente fra noi l'ennesima incarnazione di una delle saghe più amate e conosciute dell'intero panorama videoludico. Uscito nei mercati asiatici ed in quello statunitense per le festività di Halloween sbarca nel vecchio continente uno dei giochi più attesi e discussi di sempre: Castlevania: Lament of Innocence. Atteso perché era dal lontano 1997 (anno di uscita di Simphony of the Night) che un Castlevania non compariva nella release list di una delle console di avanguardia; discusso perché realizzato in quelle tre dimensioni che tanta sfortuna hanno portato in passato alla serie, con i due (pessimi) capitoli comparsi su Nintendo 64. A tutte queste aspettative e perplessità si aggiunga che Konami ha ben pensato di affidare il progetto a Koji ‘IGA' Igarashi, reso celebre proprio per la realizzazione di SotN, a detta di molti il miglior Castlevania mai pubblicato. È facile rendersi conto di come questo gioco sia atteso al varco da un vasto pubblico di appassionati pronti sì ad accogliere l'ennesimo capolavoro, ma anche impietosi critici delle più piccole lacune. Rivoluzione compiuta o profonda delusione? Capolavoro annunciato o infruttuoso tentativo di dare nuova linfa alla serie? Come spesso accade, la verità sta nel mezzo.
In un'era molto lontana...
Con queste parole inizia la lunga prefazione che fa da cappello a tutte le vicende narrate. Siamo nell'undicesimo secolo, le grandi monarchie iniziano a sfaldarsi in favore dei piccoli feudatari. Giovani cavalieri acquistano titoli nobiliari e irrompono sulla scena politica. In questo contesto, una compagnia di cavalieri si distingue per il suo coraggio e la sua imbattibilità. Al suo comando Leon Belmont, impareggiabile guerriero, e Mathias Cronqvist, sopraffino stratega, il braccio e la mente a cui si debbono innumerevoli vittorie. Amici fraterni, indissolubilmente legati dal destino. Un grande lutto attende però Mathias: la morte dell'amata Elisabheta. Il dolore costringe il cagionevole stratega a letto, lasciando così a Leon il comando della compagnia. Passato un anno, i cavalieri sono ancora imbattuti, ma un nuovo pericolo minaccia le terre di Leon: un esercito di mostri ha invaso i suoi possedimenti. Gli ordini del Clero impediscono però al giovane cavaliere d'intervenire: i suoi servigi sono richiesti ad oriente, dove infuriano le Crociate. Ma una terrificante notizia convince Leon a disubbidire, Mathias infatti rivela all'amico che la presenza dei mostri sulle sue terre è dovuta ad un vampiro e che questi ha rapito la sua promessa sposa, Sara. Rotti gli indugi, il giovane Belmont rinuncia ad ogni suo titolo e parte alla volta del castello maledetto in cui la sua amata è tenuta prigioniera. Queste, a grandi linee, le vicende alla base del gioco. Un canovaccio che può apparire banale e scontato, ma che cela una quantità di colpi di scena capaci di scuotere anche il più smaliziato dei giocatori, non foss'altro perché la trama del gioco mira a scavare a fondo nelle radici della serie. Come i ben informati sapranno, Leon è il capostipite della dinastia dei cacciatori di vampiri, impegnati nella lotta contro dracula. Non solo, ma a chi avrà la costanza di portare a termine il gioco saranno svelate le origini stesse del Principe delle Tenebre, così come quelle della leggendaria frusta, da sempre arma di elezione dei cacciatori di vampiri. Insomma, un pretesto trito per una trama che può sembrare stentorea nelle sue prime battute, ma che riserva pirotecniche rivelazioni nel suo corso. Ciò che non mancherà invece di far discutere è la rivoluzione del gameplay della serie. Ben inteso, di rivoluzione si può parlare se a metro di giudizio si prende SotN, un paragone forse scomodo, ma inevitabile, essendo il precedente capitolo considerato (forse a ragione) come la vetta massima raggiunta dalla serie. Come più volte affermato da Igarashi (produttore sia di SotN che di questo LoI), obiettivo dichiarato del nuovo titolo era quello di riportare la serie ai fasti del vecchio gameplay, concentrando maggiormente l'attenzione del giocatore sull'azione piuttosto che su quella componente ‘ruolistica' che aveva fatto la fortuna del vecchio titolo per Playstation. Niente statistiche, quindi, niente livelli di esperienza; l'esplorazione stessa del castello è adesso molto meno libera, più guidata, presentando fin dall'inizio una rigorosa suddivisione dell'ambiente di gioco in cinque aree, tutte collegate con il salone principale. L'esperienza rimane comunque gratificante, dal momento che per esplorare nella sua completezza l'area di gioco occorre molto spesso visitare più volte i vari scenari, alla ricerca di una chiave o della giusta strategia per raggiungere una sezione segreta. Siamo tuttavia lontani dall'epica sensazione di smarrimento e di libertà che dava il castello del vecchio SotN. Un passo indietro quindi? A prima vista parrebbe proprio di sì. Non va però dimenticato che se veramente l'obiettivo era quello di ritornare alle origini di quello che è stato Castlevania, riproponendolo con una veste grafica tridimensionale ed un approccio moderno senza per questo snaturarne il feeling, allora lo scopo non può che considerarsi soddisfatto. Procedendo nel gioco, infatti, si ha la netta sensazione di ritrovarsi a giocare ad una versione ‘ipervitaminizzata' dei vecchi capitoli della saga, quasi che le recenti incarnazioni per Game Boy Advance rivivessero nello sfarzo delle tre dimensioni. E il bello è che tutto funziona egregiamente, con nemici che tentano di circondarci e movenze da funambolo del protagonista, impegnato nell'evadere attacchi mortali e nel prodursi in micidiali combinazioni di colpi di frusta. Certo, il tutto ricorda molto da vicino l'ormai classico Devil May Cry di casa Capcom, ma con un glamour ed un'atmosfera inimitabili che sono da sempre il marchio di fabbrica del titolo Konami. Lo stesso ritmo di gioco non può non riportare alla memoria i primissimi episodi della serie. E se ci si lascia rapire dalla purezza dell'esperienza di gioco, si passa sopra a tutti i piccoli difetti che alla fine appaiono come dei compromessi, necessari a riprodurre fedelmente questa particolarissima sensazione di gioco. Le stanze non sono altro che una sequenza infinita di grandi ‘scatoloni' che si succedono quasi senza un senso logico, e si avverte veramente la piattezza e la mancanza di interazione con i fondali. Alla fin fine sono ben pochi gli oggetti sul fondale che sono in qualche modo ‘attivabili', così come quelli che è possibile distruggere (se si esclude la presenza massiccia dei candelabri, immancabili in qualsiasi Castlevania). La telecamera contribuisce ad appiattire il tutto, e a far sentire il giocatore impossibilitato ad intervenire liberamente nel gioco. Le inquadrature sono infatti fisse per ogni stanza, e tendono sempre a porre al centro dell'azione il protagonista, costringendo alle volte a movimenti ciechi con Leon in corsa verso la camera e la strada completamente fuori visuale. Una telecamera fastidiosamente fissa quindi, ma che permette di avere sempre una visione ottimale dell'azione, sacrificando ancora una volta le libertà del fruitore in nome di un rigore privo di sbavature. Contribuisce alla sensazione di immergersi nelle origini della saga il ritorno delle cinque armi secondarie, un caposaldo della serie almeno quanto la frusta. Croce, ascia, acqua santa, pugnali e cristalli sono inoltre combinabili con sette sfere dai magici poteri, nascoste nei meandri del castello, in grado di amplificare l'efficacia di ciascuna arma, mettendo quindi a disposizione del giocatore una gamma di ben quaranta attacchi diversi. Se non bastasse nel suo viaggio nelle stanze del vampiro, Leon può ritrovare una serie di reliquie in grado di potenziare le proprie abilità. A ciò si aggiungano i vari tipi di frusta che si possono ottenere nel corso del gioco e una corposa serie di combinazioni d'attacco che Leon è in grado di apprendere solo con il prosieguo della sua avventura, con un sistema che ricorda da vicino quello visto in Rygar della Techmo. La varietà non manca quindi al titolo Konami, pur essendo focalizzata a rendere appagante quasi soltanto l'azione. Come nei precedenti capitoli è presente un inventario, stavolta gestibile in tempo reale, ma va detto che la quantità di oggetti che è possibile equipaggiare e gestire nel corso del gioco è nettamente inferiore a quella di un qualsiasi altro capitolo della serie. Un'ulteriore dimostrazione della vocazione arcade del titolo.
Bara in mogano, rivestita in pelle
Dal punto di vista tecnico, il gioco si presenta più che bene. I poligoni presenti su schermo non sono tantissimi, ma sfruttati con sapienza, e la loro mancanza (soprattutto negli ambienti di gioco) è ben mascherata da un intelligente utilizzo di texture di buona risoluzione. L'impatto è più che gradevole e capita spesso di rimanere attoniti di fronte all'epicità e alla grandiosità con cui sono realizzate alcune ale del castello. Va detto che alle volte elementi scenografici tendono a ripetersi troppo spesso, con una fastidiosa sensazione di ‘già visto'; peccato comunque veniale che in qualche modo contribuisce a sperdere il giocatore nel castello. Molto buoni i modelli poligonali dei personaggi principali, ottimamente animati se si escludono piccole dimenticanze (come il movimento dei capelli). Sullo stesso livello la realizzazione dei boss di fine livello (spettacolare l'animazione della medusa). Comprensibilmente di qualità inferiore i modelli fisici e le animazioni dei nemici ‘comuni', presenti però in una quantità disarmante, tanto da essere catalogati e elencati nell'apposita enciclopedia. Il motore di gioco non mostra mai la minima incertezza, ancorato stabilmente com'è (grazie soprattutto alla telecamera ‘fissa') ai 60 frame al secondo. Un discorso a parte meritano le musiche, commuoventi, vibranti, intense. Un piccolo gioiello per inventiva, realizzazione e stile. Michiru Yamane (già responsabile delle musiche di SotN) ci regala ancora una volta una colonna sonora che accompagna alla perfezione l'azione. Mai invasive, le tracce sanno adattarsi alla perfezione ai contesti, facendosi ora discrete, ora potenti. Val la pena qui ricordare il character desing di Ayami Kojima, altro caposaldo della serie di Castlevania, un'artista che ha saputo tradurre in sognanti realtà figure di severi cavalieri e malinconici vampiri. Molto buoni gli effetti, così come il parlato (in inglese), ben eseguito ed interpretato. Il gioco è comunque completamente tradotto e sottotitolato in italiano.
La caccia continua
La domanda è quindi legittima: mezza delusione o capolavoro? Nessuna delle due, purtroppo. Chi si aspettava un degno successore di SotN, capace di riportare nelle tre dimensioni le stesse appaganti sensazioni del capitolo per Playstation, rimarrà purtroppo con l'amaro in bocca. Il nuovo titolo Konami è una sorta di ‘nuova fondazione' di Castlevania, in pratica una pietra miliare da cui prendere le mosse per il futuro. Il passaggio alle tre dimensioni c'è stato, funziona (sì, ragazzi, funziona) senza scimmiottare eccessivamente scomodi rivali come Devil May Cry e senza snaturare il feeling della serie. Il prezzo pagato è alto, ed è la mancanza quasi completa di innovazione. È come se in quanto a gameplay si fossero compiuti parecchi passi indietro, andando a ripescare gli elementi più classici e caratteristici di Castlevania. Comprensibilmente la cosa può far storcere la bocca come rendere entusiasti, ma non è una scelta infelice in assoluto. Il gioco è molto più che gradevole, ottimamente realizzato e sufficientemente longevo (anche se in otto ore di gioco, si esplora senza difficoltà una prima volta il castello al 100%). Lament of Innocence sa catturare appieno lo spirito e il fascino della serie, prendendone però anche tutte le limitazioni. Sembra quasi che Konami non si volesse esporre a rischi eccessivi, fatto questo facilmente comprensibile, data l'importanza della serie. La sensazione è quella di giocare uno dei capitoli per GBA (senza scomodare improbabili paragoni con SotN) con una veste grafica tridimensionale, il che non è in fin dei conti cosa da poco. Rimane lo charme, l'intensità ed un gameplay piacevolmente datato. La trama, pur rivoluzionando in qualche dettaglio quella raccontata fin'ora, sa farsi apprezzare. Eccellenti le musiche, desing da standing ovation. Un po' poco forse per le aspettative che si erano create, ma abbastanza per farne un buon gioco ed un ottimo e solido punto di partenza per i capitoli futuri.
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Castlevania Lament of Innocence: il ritorno in 3D della celebre saga
Leggi la nostra recensione e le opinioni sul videogioco Castlevania Lament of Innocence: il ritorno in 3D della celebre saga - 1120
Nel castello del vampiro
Giunge finalmente fra noi l'ennesima
incarnazione di una delle saghe più amate e conosciute dell'intero panorama
videoludico. Uscito nei mercati asiatici ed in quello statunitense per le
festività di Halloween sbarca nel vecchio continente uno dei giochi più attesi e
discussi di sempre: Castlevania: Lament of Innocence. Atteso perché era dal
lontano 1997 (anno di uscita di Simphony of the Night) che un Castlevania non
compariva nella release list di una delle console di avanguardia; discusso
perché realizzato in quelle tre dimensioni che tanta sfortuna hanno portato in
passato alla serie, con i due (pessimi) capitoli comparsi su Nintendo 64. A
tutte queste aspettative e perplessità si aggiunga che Konami ha ben pensato di
affidare il progetto a Koji ‘IGA' Igarashi, reso celebre proprio per la
realizzazione di SotN, a detta di molti il miglior Castlevania mai pubblicato. È
facile rendersi conto di come questo gioco sia atteso al varco da un vasto
pubblico di appassionati pronti sì ad accogliere l'ennesimo capolavoro, ma
anche impietosi critici delle più piccole lacune. Rivoluzione compiuta o
profonda delusione? Capolavoro annunciato o infruttuoso tentativo di dare nuova
linfa alla serie? Come spesso accade, la verità sta nel mezzo.
In un'era molto
lontana...
Con queste parole inizia la lunga prefazione che fa da cappello a tutte le
vicende narrate. Siamo nell'undicesimo secolo, le grandi monarchie iniziano a
sfaldarsi in favore dei piccoli feudatari. Giovani cavalieri acquistano titoli
nobiliari e irrompono sulla scena politica. In questo contesto, una compagnia di
cavalieri si distingue per il suo coraggio e la sua imbattibilità. Al suo
comando Leon Belmont, impareggiabile guerriero, e Mathias Cronqvist, sopraffino
stratega, il braccio e la mente a cui si debbono innumerevoli vittorie. Amici
fraterni, indissolubilmente legati dal destino. Un grande lutto attende però
Mathias: la morte dell'amata Elisabheta. Il dolore costringe il cagionevole
stratega a letto, lasciando così a Leon il comando della compagnia. Passato un
anno, i cavalieri sono ancora imbattuti, ma un nuovo pericolo minaccia le terre
di Leon: un esercito di mostri ha invaso i suoi possedimenti. Gli ordini del
Clero impediscono però al giovane cavaliere d'intervenire: i suoi servigi sono
richiesti ad oriente, dove infuriano le Crociate. Ma una terrificante notizia
convince Leon a disubbidire, Mathias infatti rivela all'amico che la presenza
dei mostri sulle sue terre è dovuta ad un vampiro e che questi ha rapito la sua
promessa sposa, Sara. Rotti gli indugi, il giovane Belmont rinuncia ad ogni suo
titolo e parte alla volta del castello maledetto in cui la sua amata è tenuta
prigioniera. Queste, a grandi linee, le vicende alla base del gioco. Un
canovaccio che può apparire banale e scontato, ma che cela una quantità di colpi
di scena capaci di scuotere anche il più smaliziato dei giocatori, non
foss'altro perché la trama del gioco mira a scavare a fondo nelle radici della
serie. Come i ben informati sapranno, Leon è il capostipite della dinastia dei
cacciatori di vampiri, impegnati nella lotta contro dracula. Non solo, ma a chi
avrà la costanza di portare a termine il gioco saranno svelate le origini stesse
del Principe delle Tenebre, così come quelle della leggendaria frusta, da sempre
arma di elezione dei cacciatori di vampiri. Insomma, un pretesto trito per una
trama che può sembrare stentorea nelle sue prime battute, ma che riserva
pirotecniche rivelazioni nel suo corso. Ciò che non mancherà invece di far
discutere è la rivoluzione del gameplay della serie. Ben inteso, di rivoluzione
si può parlare se a metro di giudizio si prende SotN, un paragone forse scomodo,
ma inevitabile, essendo il precedente capitolo considerato (forse a ragione)
come la vetta massima raggiunta dalla serie. Come più volte affermato da
Igarashi (produttore sia di SotN che di questo LoI), obiettivo dichiarato del
nuovo titolo era quello di riportare la serie ai fasti del vecchio gameplay,
concentrando maggiormente l'attenzione del giocatore sull'azione piuttosto che
su quella componente ‘ruolistica' che aveva fatto la fortuna del vecchio titolo
per Playstation. Niente statistiche, quindi, niente livelli di esperienza;
l'esplorazione stessa del castello è adesso molto meno libera, più guidata,
presentando fin dall'inizio una rigorosa suddivisione dell'ambiente di gioco
in cinque aree, tutte collegate con il salone principale. L'esperienza rimane
comunque gratificante, dal momento che per esplorare nella sua completezza
l'area di gioco occorre molto spesso visitare più volte i vari scenari, alla
ricerca di una chiave o della giusta strategia per raggiungere una sezione
segreta. Siamo tuttavia lontani dall'epica sensazione di smarrimento e di
libertà che dava il castello del vecchio SotN. Un passo indietro quindi? A prima
vista parrebbe proprio di sì. Non va però dimenticato che se veramente
l'obiettivo era quello di ritornare alle origini di quello che è stato
Castlevania, riproponendolo con una veste grafica tridimensionale ed un
approccio moderno senza per questo snaturarne il feeling, allora lo scopo non
può che considerarsi soddisfatto. Procedendo nel gioco, infatti, si ha la netta
sensazione di ritrovarsi a giocare ad una versione ‘ipervitaminizzata' dei
vecchi capitoli della saga, quasi che le recenti incarnazioni per Game Boy
Advance rivivessero nello sfarzo delle tre dimensioni. E il bello è che tutto
funziona egregiamente, con nemici che tentano di circondarci e movenze da
funambolo del protagonista, impegnato nell'evadere attacchi mortali e nel
prodursi in micidiali combinazioni di colpi di frusta. Certo, il tutto ricorda
molto da vicino l'ormai classico Devil May Cry di casa Capcom, ma con un
glamour ed un'atmosfera inimitabili che sono da sempre il marchio di fabbrica
del titolo Konami. Lo stesso ritmo di gioco non può non riportare alla memoria i
primissimi episodi della serie. E se ci si lascia rapire dalla purezza
dell'esperienza di gioco, si passa sopra a tutti i piccoli difetti che alla
fine appaiono come dei compromessi, necessari a riprodurre fedelmente questa
particolarissima sensazione di gioco. Le stanze non sono altro che una sequenza
infinita di grandi ‘scatoloni' che si succedono quasi senza un senso logico, e
si avverte veramente la piattezza e la mancanza di interazione con i fondali.
Alla fin fine sono ben pochi gli oggetti sul fondale che sono in qualche modo
‘attivabili', così come quelli che è possibile distruggere (se si esclude la
presenza massiccia dei candelabri, immancabili in qualsiasi Castlevania). La
telecamera contribuisce ad appiattire il tutto, e a far sentire il giocatore
impossibilitato ad intervenire liberamente nel gioco. Le inquadrature sono
infatti fisse per ogni stanza, e tendono sempre a porre al centro dell'azione
il protagonista, costringendo alle volte a movimenti ciechi con Leon in corsa
verso la camera e la strada completamente fuori visuale. Una telecamera
fastidiosamente fissa quindi, ma che permette di avere sempre una visione
ottimale dell'azione, sacrificando ancora una volta le libertà del fruitore in
nome di un rigore privo di sbavature. Contribuisce alla sensazione di immergersi
nelle origini della saga il ritorno delle cinque armi secondarie, un caposaldo
della serie almeno quanto la frusta. Croce, ascia, acqua santa, pugnali e
cristalli sono inoltre combinabili con sette sfere dai magici poteri, nascoste
nei meandri del castello, in grado di amplificare l'efficacia di ciascuna arma,
mettendo quindi a disposizione del giocatore una gamma di ben quaranta attacchi
diversi. Se non bastasse nel suo viaggio nelle stanze del vampiro, Leon può
ritrovare una serie di reliquie in grado di potenziare le proprie abilità. A ciò
si aggiungano i vari tipi di frusta che si possono ottenere nel corso del gioco
e una corposa serie di combinazioni d'attacco che Leon è in grado di apprendere
solo con il prosieguo della sua avventura, con un sistema che ricorda da vicino
quello visto in Rygar della Techmo. La varietà non manca quindi al titolo
Konami, pur essendo focalizzata a rendere appagante quasi soltanto l'azione.
Come nei precedenti capitoli è presente un inventario, stavolta gestibile in
tempo reale, ma va detto che la quantità di oggetti che è possibile equipaggiare
e gestire nel corso del gioco è nettamente inferiore a quella di un qualsiasi
altro capitolo della serie. Un'ulteriore dimostrazione della vocazione arcade
del titolo.
Bara in mogano, rivestita in pelle
Dal punto di vista tecnico, il gioco si presenta più che
bene. I poligoni presenti su schermo non sono tantissimi, ma sfruttati con
sapienza, e la loro mancanza (soprattutto negli ambienti di gioco) è ben
mascherata da un intelligente utilizzo di texture di buona risoluzione.
L'impatto è più che gradevole e capita spesso di rimanere attoniti di fronte
all'epicità e alla grandiosità con cui sono realizzate alcune ale del castello.
Va detto che alle volte elementi scenografici tendono a ripetersi troppo spesso,
con una fastidiosa sensazione di ‘già visto'; peccato comunque veniale che in
qualche modo contribuisce a sperdere il giocatore nel castello. Molto buoni i
modelli poligonali dei personaggi principali, ottimamente animati se si
escludono piccole dimenticanze (come il movimento dei capelli). Sullo stesso
livello la realizzazione dei boss di fine livello (spettacolare l'animazione
della medusa). Comprensibilmente di qualità inferiore i modelli fisici e le
animazioni dei nemici ‘comuni', presenti però in una quantità disarmante, tanto
da essere catalogati e elencati nell'apposita enciclopedia. Il motore di gioco
non mostra mai la minima incertezza, ancorato stabilmente com'è (grazie
soprattutto alla telecamera ‘fissa') ai 60 frame al secondo. Un discorso a
parte meritano le musiche, commuoventi, vibranti, intense. Un piccolo gioiello
per inventiva, realizzazione e stile. Michiru Yamane (già responsabile delle
musiche di SotN) ci regala ancora una volta una colonna sonora che accompagna
alla perfezione l'azione. Mai invasive, le tracce sanno adattarsi alla
perfezione ai contesti, facendosi ora discrete, ora potenti. Val la pena qui
ricordare il character desing di Ayami Kojima, altro caposaldo della serie di
Castlevania, un'artista che ha saputo tradurre in sognanti realtà figure di
severi cavalieri e malinconici vampiri. Molto buoni gli effetti, così come il
parlato (in inglese), ben eseguito ed interpretato. Il gioco è comunque
completamente tradotto e sottotitolato in italiano.
La caccia
La domanda è quindicontinua
legittima: mezza delusione o capolavoro? Nessuna delle due, purtroppo. Chi si
aspettava un degno successore di SotN, capace di riportare nelle tre dimensioni
le stesse appaganti sensazioni del capitolo per Playstation, rimarrà purtroppo
con l'amaro in bocca. Il nuovo titolo Konami è una sorta di ‘nuova fondazione'
di Castlevania, in pratica una pietra miliare da cui prendere le mosse per il
futuro. Il passaggio alle tre dimensioni c'è stato, funziona (sì, ragazzi,
funziona) senza scimmiottare eccessivamente scomodi rivali come Devil May Cry e
senza snaturare il feeling della serie. Il prezzo pagato è alto, ed è la
mancanza quasi completa di innovazione. È come se in quanto a gameplay si
fossero compiuti parecchi passi indietro, andando a ripescare gli elementi più
classici e caratteristici di Castlevania. Comprensibilmente la cosa può far
storcere la bocca come rendere entusiasti, ma non è una scelta infelice in
assoluto. Il gioco è molto più che gradevole, ottimamente realizzato e
sufficientemente longevo (anche se in otto ore di gioco, si esplora senza
difficoltà una prima volta il castello al 100%). Lament of Innocence sa
catturare appieno lo spirito e il fascino della serie, prendendone però anche
tutte le limitazioni. Sembra quasi che Konami non si volesse esporre a rischi
eccessivi, fatto questo facilmente comprensibile, data l'importanza della
serie. La sensazione è quella di giocare uno dei capitoli per GBA (senza
scomodare improbabili paragoni con SotN) con una veste grafica tridimensionale,
il che non è in fin dei conti cosa da poco. Rimane lo charme, l'intensità ed un
gameplay piacevolmente datato. La trama, pur rivoluzionando in qualche dettaglio
quella raccontata fin'ora, sa farsi apprezzare. Eccellenti le musiche, desing
da standing ovation. Un po' poco forse per le aspettative che si erano create,
ma abbastanza per farne un buon gioco ed un ottimo e solido punto di partenza
per i capitoli futuri.
Quanto attendi: Castlevania: Lament of Innocence
Hype totali: 2
Altri contenuti per Castlevania: Lament of Innocence