Recensione Cryostasis

Il sonno della ragione genera un prodotto di grande valore

Recensione Cryostasis
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  • Анабиоз

    Fino a quando le oscure fondamenta della nostra natura, sinistra nel loro egoismo che giunge ovunque, folli perché fanno diventare quell'egoismo realtà, perché divorano tutto e fanno sì che tutto si definisca da solo, fino a quando quelle fondamenta saranno visibili e fino a quando il peccato originale continuerà a esistere tra noi, non abbiamo nessun diritto e non vi è alcuna risposta logica alla nostra esistenza.

    Immagina un gruppo di persone tutte cieche, sorde e leggermente ritardate. Improvvisamente uno tra la folla chiede: 'Cosa stiamo facendo qui?' L'unica risposta possibile è: 'Cerchiamo una cura'. Fino a quando non verrai curato, non c'è niente che tu possa fare. E, dato che non credi di essere ammalato, non ci può essere alcuna cura


    Vladimir Solovyov



    La citazione a sfondo nichilistico del filosofo sovietico qui riportata, posta come sigillo all'epilogo delle vicende di Alexander Nesterov, definisce inequivocabilmente i termini della ricerca introspettiva dell'animo umano che Action Forms ha cercato di condurre tramite la sua creazione più importante. Quel Cryostasis che, grazie alla “spinta mediatica” di Nvidia e delle sue librerie Phys-X, è divenuto famoso più come benchmark di simulazione fisica, che non come prodotto ludico a tutto tondo. Un errore di valutazione madornale, e curioso è oltretutto il fatto di come spesso, citandolo, venga omesso, volontariamente o meno, il sottotitolo. Altra citazione particolarmente attinente alle tematiche trattate dal gioco, riferita ovviamente alla celebre acquaforte del Goya.

    Сон разума

    Durante l'accidentato peregrinare dello sfortunato meteorologo attraverso le budella metalliche della rompighiaccio “Vento del Nord” non verrà mai e poi mai spiegato esplicitamente il perché quest'ultima sia popolata da mostruosità provenienti da incubi della peggior specie, o meglio ancora, quale sia la fonte del male, sicché la struttura narrativa assume ben presto i connotati dell'investigazione giallistica. Di primo acchito potrebbe apparire ingenuo trascurare lacune di questo tipo nell'economia generale della struttura narrativa, mentre in realtà ci si renderà conto ben presto di avere a che fare con dei narratori di razza: attingendo dalle memorie scritte (ma non solo) lasciate dall'equipaggio, materiale per ricostruire il quadro generale degli eventi e farsi un'idea su cosa sia successo esattamente tredici anni prima in quei luoghi dimenticati da Dio, non mancherà. Disseminate un po' ovunque lungo i locali del colosso arenato, saranno le pagine di diario strappate del capitano a farla da padrone, talvolta inframezzate da una leggenda popolare illustrata, che rivelerà ben più di qualche semplice analogia con la tragica vicenda occorsa ai disgraziati che popolavano la nave. Altrettanto determinanti saranno i copiosi flashback, che daranno modo di rivivere in prima persona, e da più punti di vista, lo speronamento dell'iceberg ai danni della rompighiaccio. Senza entrare nei più minuti dettagli per non rovinare la sorpresa, uno splendido esempio di come il lavoro del team ucraino funzioni egregiamente si ha nel livello “Il Gelo”, ambientato nei dormitori mentre all'esterno impazza la tormenta di neve. Una sezione del gioco perlomeno unica, dove all'azione tipica da sparatutto frammisto di elementi horror che caratterizza gran parte dell'esperienza di gioco, viene sostituita un'esperienza più contemplativa e cerebrale, in un forsennato “zapping” tra passato e futuro, con la ciurma inerme, aggrappata ai propri giacigli, nella speranza che l'inevitabile tragedia venga evitata dall'abilità del Capitano, ignorando del tutto la realtà dei fatti. Angosciante.

    Mars

    Cryostasis: Il Sonno della Ragione si pone idealmente a metà strada tra Condemned e Doom 3. Il lavoro di Monolith è rintracciabile nei ritmi lenti di esplorazione e combattimento, che ben si sposano con la verve horrorifica del titolo, grazie anche alla predilezione per le potenti armi da mischia, vista l'estrema imprecisione delle armi da fuoco. Queste ultime sono letteralmente piagate dalla - voluta - mancanza di un sistema di puntamento a schermo e conseguentemente dall'imprescindibilità dell'ironsight (tutt'altro che affidabile oltre una certa distanza), da tempi di ricarica biblici (si avrà a che fare con pezzi dell'anteguerra, perlopiù arrugginiti) e dall'esigua resistenza del personaggio alla corsa (la barra “stamina” si esaurisce nel giro di una manciata di secondi) che lo costringerà ad affrontare le minacce a cortissimo raggio. L'ascia, l'agile catena ed una grossa valvola offriranno di conseguenza un supporto vitale, quando l'alternativa sarebbe di stendere degli ammassi putrescenti di carne, che nel migliore dei casi - mancandovi - si schianteranno contro le pareti (tale è la loro veemenza), con un Mosin Nagant del 1891... buona fortuna.
    Del secondo sono ripresi dei livelli solo apparentemente organici, che nascondono in realtà modalità di risoluzione totalmente lineari e che puniscono di conseguenza qualsiasi iniziativa o intuizione personale trascendenti i dettami stabiliti a priori in fase di sviluppo. Ed esattamente come in Doom 3 il meccanismo prediletto per incutere timore nel giocatore è lo quello che andrebbe definito come “script infame”, che scatta nei momenti e nei posti più imprevedibili, per non dire improbabili, facendo apparire dal nulla abomini infernali.

    Χρόνος

    Talvolta azzeccati, ma ancor più di frequente abusati, sia il level design che la vena horror del titolo est-europeo appaiono dunque anacronistici e pretestuosi. A tenere in vita l'interesse, oltre al formidabile comparto narrativo di cui si è già discusso precedentemente, sono un paio di aspetti che discostano sensibilmente Cryostasis dalla maggior parte dei titoli analoghi.
    Si è già parlato dell'importante ruolo ricoperto dai flashback come elemento fondante del plot in Cryostasis, i quali però sono “solamente” (e il virgolettato si riferisce ovviamente alla qualità intrinseca degli stessi) uno strumento passivo per fare capolino sul passato. Di ben altra rilevanza è l'abilità Mental Echo di Nesterov; attraverso la quale è possibile penetrare nella coscienza residua dei personaggi deceduti di morte violenta o tormentati dall'inadempienza dei rispettivi compiti, in occasione dell'incidente che costò la vita all'intero equipaggio. Sebbene l'andamento lineare del gioco non sia mai messo in discussione, col rischio che ad alcuni possa venire presto a noia, l'intreccio di due linee temporali parallele dà luogo ad un “montaggio” perlomeno appassionante, che terrà facilmente incollati al monitor. Laddove nel 1981 (nell'universo di gioco, il presente) il giocatore accumula esperienza, esplorando i desolati locali della nave, quasi fossilizzati dalla coltre di ghiaccio che li ricopre, il flashback nella sua forma classica prepara l'”humus sensoriale”, la carica emotiva nel giocatore, affinché infine il Mental Echo abbia un fortissimo impatto sull'astante, il quale per empatia si colloca di volta in volta nei ruoli più disparati, a tratti davvero sorprendenti e pregni di significato. E' proprio da questa precisa sequenza che l'esperienza di gioco esce oltremodo rafforzata, al di là di qualsiasi retaggio della vecchia scuola degli fps, o peggio dei numerosi nei tecnici (su tutto un'intelligenza artificiale dei nemici e delle animazioni deficitarie, oltre ad una cronica mancanza di rifinitura a livello tecnico) che altrimenti ne minerebbero irrimediabilmente l'efficacia.

    Di scudi ricaricabili, funghi, e stimpack Nesterov se ne farebbe ben poco; al Polo c'è solo una cosa che conta: il calore. Di conseguenza tubazioni incrinate, valvole svitate, braci ardenti, dinamo, motori o, in assenza di tutto ciò, semplici lampadine incandescenti diverranno ben presto le migliori alleate del giocatore. Il funzionamento della termodinamica nel gioco si basa sul rapporto tra la temperatura esterna e quella corporea del protagonista, e dato che, ovviamente, la prima sarà prevalentemente più bassa della seconda, occorrerà premurarsi di sfruttare ciascuna potenziale fonte di calore per sopravvivere. Un'ottima trovata che sposa game e level-design, e che non mancherà di sorprendere più di una volta per via degli stratagemmi richiesti di volta in volta per evitare l'assideramento.

    Vento del Nord

    Prevedibilmente tutti gli sforzi di programmazione sono stati indirizzati verso la realizzazione di una piattaforma tecnologica che valorizzasse al massimo il signore incontrastato della location designata: il freddo glaciale. Non si può che convenire che l'obiettivo sia stato raggiunto, sebbene ad un costo non propriamente ottimale, un aspetto su cui torneremo a breve; ancor più delle mostruosità assortite che braccheranno lo sfortunato meteorologo, ad incutere maggior timore sarà proprio l'eterno gelo polare. Nel novero delle caratteristiche tecniche facenti parti del motore grafico AtmosFear 2.0 rientrano numerose tecniche di rendering di ultima generazione, che si avvale di particellari fisici per l'acqua, di un largo uso di offset bump mapping per i materiali e di shader procedurali per le superfici ghiacciate, le quali risponderanno dinamicamente alla temperatura (banalmente: si scioglieranno!). Potentissimo anche l'audio multicanale 7.1, pienamente compatibile con lo standard audio EAX Advanced HD, che spicca per riverberi, bassi e distorsioni decisamente convincenti, riuscendo a restituire un tangibile feedback sensoriale e aumentando drammaticamente l'illusione di essere “al centro dell'azione”. Va precisato peraltro che non esiste una vera e propria colonna sonora ad accompagnare le gesta dell'avventuriero solitario; saranno esclusivamente l'inquietante cacofonia metallica del vascello, unita ai rumori ambientali provenienti dall'esterno a creare l'adeguato sottofondo auditivo.
    Come anticipato, poco sorprendentemente l'utilizzo simultaneo delle librerie Direct-X 10 e Phys-X (queste ultime peraltro utilizzate solamente in ambiti occasionali, mentre in generale la fisica di Cryostasis non sembra mai imporsi come un nuovo caposaldo della simulazione), unite ad un codice non propriamente “snello” porta a delle prestazioni largamente inaccettabili al massimo livello di dettaglio, che si aggirano mediamente sulla ventina scarsa di fps su un sistema provvisto di processore quad-core e una scheda video GeForce 9800 GTX. Scalando di dettaglio le prestazioni salgono sensibilmente, al costo però di un aspetto estetico decisamente compromesso.

    Cryostasis CryostasisVersione Analizzata PCArrivati a questo punto il dubbio sorgerà spontaneo. Tra le due facce di Cryostasis: Il sonno della Ragione, narrazione avvincente e impalcatura ludica parzialmente obsoleta, qual'è a prevalere? Col senno di poi certamente la prima, poiché se di videogiochi di cui faremmo volentieri a meno per un palese appiattimento di idee ne sono pieni gli scaffali, altrettanto non si può dire di un'opera di ingegno che, al di là di un involucro tutt'altro che ineccepibile, è in grado di provocare una scintilla che può smuovere qualcosa all'interno dell'individuo, cambiandolo. Tutto questo è Cryostasis: si vada oltre gli angusti e reiterati livelli della sua porzione centrale, oltre l'impacciato sistema di interazione, oltre i suoi a volte effimeri sfarzi grafici e si punti a quel qualcosa che in pochi tentano di veicolare di questi tempi attraverso il videogioco: un messaggio, una riflessione sulla natura umana.

    8

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