Recensione Dark Souls 2: Scholar of the First Sin

La riedizione del terzo Souls si presenta non solo con un look rinnovato (di poco superiore -su current-gen- a quello dell'originale edizione PC), ma anche con un bel "remix" dell'esperienza di gioco: nuovi nemici ed una ritrovata difficoltà.

Dark Souls 2 Scholar of the First Sin
Recensione: PlayStation 4
Articolo a cura di
Disponibile per
  • Xbox 360
  • PS3
  • Pc
  • PS4
  • Xbox One
  • Ciò che i titoli From Software ci hanno insegnato nel corso degli anni è che bisogna sempre affrontare i propri demoni, per quanto imbattibili essi possano sembrare. La frustrazione, la disperazione, la morte insistente e pervasiva, sono tutti concetti che l'appassionato della saga Souls si sforza di trascendere, in un percorso fatto di crescita personale e consapevolezza dei limiti del nemico. Il tutto, nella prospettiva di una ricompensa futura che lo ripaghi di ogni angheria subita.
    Oggi, per la prima volta, il tormentato conflitto che si consuma in ogni progetto della Software House nipponica esce addirittura dallo schermo, e si incarna in una battaglia imponente; uno scontro tra due fratelli separati alla nascita ma legati da un comune destino: Dark Souls II: Scholar of the First Sin e Bloodborne.
    Far uscire a distanza di una settimana due interpretazioni di uno stesso concetto di gioco, per di più quando l’ultimo nato è stato acclamato all’unanimità da tutta la stampa, era un’operazione ad alto rischio, che avrebbe potuto mandare a monte anni di fidelizzazione dell’utenza. Così non sarà.
    Quella che ci siamo trovati tra le mani è, infatti, una delle maniere più intelligenti di realizzare la riedizione di un titolo che è stato letteralmente dissezionato dai suoi fan, al tempo dell'uscita e nel corso dei mesi successivi. Consapevoli del livello di conoscenza del prodotto raggiunto da certi giocatori, tutto è stato rivisto, dalla grafica al gameplay, in un modo radicale ma elegante. Procediamo quindi con ordine, perché il risultato del derby tra Yharnam e Drangleic è tutt’altro che scontato.

    LA SOFFERENZA A 60FPS

    Le lande desolate di Drangleic sono state tirate a lucido grazie alle possibilità dell’hardware current-gen, avvicinando l’impatto visivo della produzione a quanto si vide nei primissimi trailer di presentazione del gioco, grazie all’inclusione di alcune feature esclusive. Le superfici godono di texture dalla risoluzione maggiore, abbinate a una mappatura che ne esalta i rilievi e i chiaroscuri, garantendo una qualità dell’immagine estremamente pulita. L’illuminazione è stata rivista completamente, con una gestione realistica delle rifrazioni e delle luci ambientali, nonché delle zone d’ombra, ora davvero oscure e sempre più difficili da attraversare senza una torcia. Il tutto è supportato da una risoluzione nativa a 1080p e da 60 granitici fps, che non hanno mostrato esitazioni nemmeno nelle situazioni più caotiche.
    Nonostante la pregevole fattura del risultato finale, alcuni dettagli sembrano essere sfuggiti all'opera di restaurazione, come alcune texture rimaste in bassa definizione, gli aloni lasciati dall’occlusione ambientale o la gestione semplicistica dei passaggi tra zone illuminate e aree buie. Si tratta di piccoli dettagli, che tradiscono però un’origine old-gen che non è stato possibile mascherare fino in fondo, complici probabilmente anche i limiti di un engine che ha un impellente bisogno di essere ricostruito a livello strutturale. Facendo un paragone più diretto, quanto visto nella versione Playstation4 (da noi testata in questa sede) supera di alcune lunghezze l’edizione standard per PC (a dettaglio massimo), fermo restando la disponibilità dell’aggiornamento Scholar of the First Sin anche su computer, che dovrebbe garantire risultati migliori.

    Le modifiche apportate non sono quindi limitate ad aspetti marginali, ma elevano il colpo d’occhio complessivo di Dark Souls II anche per gli utenti meno interessati alle minuzie tecniche. Un paragone con Bloodborne sarebbe quasi inopportuno vista l’esclusività di quest’ultimo su un solo hardware, ma la qualità della rimasterizzazione è innegabile: segno di uno sforzo artistico che non fa sfigurare il titolo From Software anche di fronte ad altre produzioni viste di recente sulle nuove console.

    LA CRISI DELLE CERTEZZE

    In situazioni normali l’aggiornamento tecnico -lo svecchiamento dei già splendidi scorci di cui la perduta Drangleic poteva vantarsi anche nella passata edizione- sarebbe stata l'unica novità della riedizione. Ma nel caso di Scholar of The First Sin è bastato il tempo di entrare nella Foresta dei Giganti Caduti per far crollare questa convinzione: l’area era radicalmente diversa da come l’avevamo vissuta in passato e solo in seguito abbiamo scoperto che tutte le zone dell’avventura hanno subito lo stesso destino. Grazie alle nuove possibilità dell’hardware, ogni zona include dal doppio al triplo dei nemici, con una disposizione alternativa per favorire nuove imboscate e di conseguenza con un innalzamento del livello di difficoltà che, vi anticipiamo, rende questa a tutti gli effetti un’edizione Hardcore di Dark Souls II. Tutti coloro che avranno già solcato questi sentieri non potranno non nascondere un senso di sorpresa (in certi casi misto a un po' di disperazione) nel ritrovarsi a fronteggiare un drago nella Torre della Fiamma di Heide, o nello scoprire che un passaggio in precedenza libero è diventato adesso una porta chiusa a chiave. Ma questa è solo una parte del rinnovamento strutturale a cui abbiamo piacevolmente assistito.

    Novità infatti anche per i red phantom, che non ricoprono più un ruolo marginale, ma invadono continuamente e in maniera randomica la nostra partita, fieri di una ritrovata intelligenza artificiale che li ha resi molto più aggressivi e scaltri nella loro opera di intralcio molesto. Questa caratteristica trova un respiro più ampio in tutta la produzione, estendendosi anche ai nemici comuni, che disporranno di alcuni nuovi attacchi e della capacità di avvistare il giocatore da distanze significative, così da limitare pesantemente ogni strategia volta a evitare gli scontri di gruppo. Stranamente non abbiamo notato particolari cambiamenti nei duelli con i boss, che, salvo un paio di eccezioni, sono rimasti immutati rispetto al passato, spezzando quella sensazione di curiosità continua a cui il gioco mira, almeno per quanto visto nel primo playthrough.
    Parallelamente all’incremento generale della difficoltà si scopre l’intenzione da parte di From Software di migliorare il senso di progressione e, più nel dettaglio, di rivedere la frequenza del ritrovamento di oggetti e NPC nel corso della main quest. Pur rimanendo in piedi un insieme di segreti da scoprire e tutto il sistema di eteree missioni secondarie legate alla Lore, la maggior parte degli equipaggiamenti di prima necessità ha subito un riposizionamento in modo da facilitarne l’acquisizione anche ai giocatori meno avvezzi alle ormai consuete ricerche online. Dall’altro lato tale semplificazione si tradurrà nell’ennesima ricerca disperata da parte dei veterani, che dovranno rivedere tutte le proprie conoscenze in materia e dedicarsi con rinnovato gusto all'esplorazione.
    I guerrieri più desiderosi di novità potranno placare la propria brama grazie ai nuovi set messi a disposizione e all’aggiornamento di alcune delle descrizioni degli oggetti, che colmeranno rispettivamente esigenze di gameplay e arricchiranno la mitologia di Drangleic. Pur tenendo a mente il lavoro di bilanciamento eseguito per far fronte all’innalzamento generale della difficoltà, rimangono alcuni dubbi sull’effettiva possibilità di portare a termine agevolmente quest’avventura da parte dei neofiti del genere. Alcuni momenti frustranti sono stati saggiamente aggiustati, ma in altri casi abbiamo dovuto dare prova di tutta la nostra abilità per riuscire a proseguire, soprattutto nel primo terzo di gioco. È innegabile che ciò potrebbe facilmente scoraggiare chi dovesse avvicinarsi per la prima volta alla saga, salvo fare ricorso alle immancabili evocazioni, ora disponibili in numero maggiore e meglio posizionate.

    Concludiamo segnalando l’annunciata inclusione dei DLC dedicati agli antichi re, che costituiscono una parte integrante dell’endgame e coronano (in tutti i sensi) un’esperienza che, a livello di mole e qualità, difficilmente trova paragoni nell’industria videoludica. Unica contraddizione di quanto precedentemente detto sull’accessibilità dei contenuti è la necessità di recuperare in giro le chiavi per entrare nei suddetti regni, impedendone l’ingresso sia ai giocatori ancora troppo poco esperti, sia a coloro che semplicemente hanno giocato in maniera più disinvolta e se le sono lasciate sfuggire. Nulla che, comunque, non possa essere risolto da un occhio ben attento ai dettagli.

    Invadimi!

    Scholar of the First Sin vanta un aumento dei giocatori nella stessa partita fino a 6, espandendo le possibilità di invasioni amichevoli o ostili. È molto probabile che tale novità servirà a colmare l’incremento del numero dei nemici, che potrà essere “addolcito” dall’aiuto di bot o giocatori altruisti: eventualità che ci sentiamo di consigliare soprattutto a coloro che dovessero avvicinarsi al genere per la prima volta.
    Segnaliamo inoltre che, per quanto riguarda la compatibilità della versione PC, la versione Scholar of the First Sin impedisce di poter giocare con chi non l’abbia acquistata, dettaglio da tenere presente soprattutto se si gioca tra amici.

    Dark Souls 2 Scholar of the First Sin Dark Souls 2 Scholar of the First SinVersione Analizzata PlayStation 4Dark Souls II: Scholar of the First Sin è quanto di meglio potremmo mai aspettarci da un'edizione remastered. Nuova grafica, nuove situazioni e nuovi contenuti: in altre parole un gioco conforme nella proposta ludica alla sua versione originale ma nuovo in termini di struttura e progressione. Scholar of the First Sin ha il solo svantaggio di condividere gli elementi visivi (e i boss) con un titolo uscito un anno fa: ma al confronto con la brutalità di questa riedizione, il Dark Souls II che conoscevamo impallidisce. Solitamente le versioni remastered sono pensate per chi non abbia mai giocato titoli usciti magari nella generazione precedente. In questo caso From Software sembra invece voler parlare anche e soprattutto ai suoi fan sfegatati, soddisfacendo le loro richieste più “perverse” e dandogli l’occasione per riscoprire la lande di Drangleic. Considerate le novità ed una difficoltà ritrovata e accentuata, Scholar of the First Sin vuole quasi a scardinare quelle certezze duramente accumulate in centinaia di ore di gioco, che oggi hanno lo stesso valore di una spada spezzata. È l’apologia del dolore, un esercizio di umiltà e di sfida con noi stessi, necessario per poter affermare, trionfando sui cadaveri dei nostri nemici, che nulla è più forte della nostra volontà. E magari chissà: anche chi si è lasciato tentare da Bloodborne, ed alla saga Souls si è avvicinato solo grazie all'esclusiva Sony, potrebbe aver sviluppato la masochistica curiosità necessaria ad incontrare il fantasy oscuro di From Software. Scholar of the First Sin è un prodotto insomma eccellente, che ci ammalia e ci lascia con una domanda ancora insoluta: potremo mai parlare di una vera vittoria nei confronti della morte, finché essa continuerà a tentarci nei suoi tragici, diabolici, richiami?

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