Recensione Darkout

Sul filone di Terraria e Minecraft, un sandbox game molto ostico ma interessante

Recensione Darkout
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  • Il fenomeno Minecraft ha avuto un impatto nell'industria videoludica paragonabile a pochi altri titoli nella storia di questo giovane medium. Il suo successo trascende probabilmente i suoi pur numerosi meriti, uno dei quali è stato quello d'aver sdoganato presso il grande pubblico il mondo dei videogiochi indipendenti, facendo di Notch un autentico messia della cultura indie. Il concetto di sandbox, su cui lo sviluppatore svedese costruisce il più famoso dei suoi progetti, indica una struttura ludica liquida attraverso la quale il game designer non definisce confini rigidi ed obiettivi ineludibili ma lascia al giocatore la facoltà di creare il proprio personale percorso di gioco. Ciò che l'autore offre è una raccolta di strumenti per plasmare un mondo virtuale assecondando la creatività del fruitore (ovviamente all'interno della gamma delle possibili interazioni definite dai realizzatori). É l'utente che determina le proprie personali regole del gioco a seconda dell'approccio che predilige. Il concetto di "gioco" compie dunque uno scarto facendosi "giocattolo", come una magica scatola di costruzioni Lego i cui mattoncini prendono vita aggregandosi in vasti mondi popolati da bizzarre creature nei quali lo sguardo del giocatore si accende di fanciullesca ingenuità, muovendosi liberamente tra cubettose colline ed infinite cave.
    Il successo di Minecraft ha portato alla nascita di decine di cloni, il più noto dei quali è senza dubbio Terraria (senza dimenticare, però, che il sandbox di Notch, per ammissione dello stesso autore, deve molto al meno fortunato Infiniminer). Per alcuni addirittura superiore al suo modello, Terraria si caratterizza per un approccio al sandbox più strutturato, con lontane reminescenze dal classico Metroid ed un'enfasi posta sull'esplorazione, senza ovviamente dimenticare il crafting ed il terraforming. Alla visuale in prima persona viene inoltre preferita un'impostazione da sidescrolling bidimensionale.
    Sul solco del titolo Re-Logic si inserisce Darkout, sviluppato dagli Allgraf e votato dalla comunità Steam all'interno del programma Greenlight.

    Non un banale clone

    Dopo un anno di beta, Darkout approda sugli scaffali virtuali del più famoso store digitale per PC, seguito dalla sigla "Stage 1". Questa sta ad indicare la versione "base" del gioco che, attraverso progressivi step andrà ampliandosi, offrendo nuovi contenuti. Il modello di sviluppo scelto dagli Allgraf è dunque il medesimo adottato dai già citati Minecraft e Terraria. Gli sviluppatori promettono d'espandere il loro universo (sono già stati pianificati 3 grandi upgrade di cui non si conoscono ancora le date di rilascio) aggiungendo nuovi oggetti e modalità tra cui anche il multiplayer, al momento del tutto assente.
    Una breve introduzione in computer grafica ci descriverà l'atterraggio di fortuna di un astronauta su un pianeta ignoto. Da qui avrà inizio la nostra solitaria avventura. Senza troppo spazio per le personalizzazioni estetiche, il menù iniziale ci guiderà alla creazione del nostro personaggio ed alla definizione delle dimensioni della mappa di gioco creata attraverso algoritmi procedurali. Ogni nuova partita sarà dunque diversa dalla precedente. Come Terraria, Darkout sceglie la bidimensionalità del sidescrolling ma la sua estetica mira ad un più concreto "realismo".
    Dopo aver preso con noi quel che rimane del nostro equipaggiamento dal relitto della nostra capsula spaziale, ci incammineremo tra ambienti che fanno eco ai vibranti paesaggi con cui James Cameron rappresentava il pianeta Pandora nel suo Avatar, declinati però attraverso atmosfere decisamente più cupe e sinistre.

    "L'aspetto che forse più d'ogni altro conferisce a Darkout una propria, specifica fisionomia, permettendogli di affermarsi sull'anonima massa dei cloni di Minecraft è la ricchezza dei suoi paesaggi"

    La vegetazione emette una flebile, suggestiva fluorescenza colorata che rischiara appena la densa oscurità che avvolge, come un funereo sudario, l'atmosfera greve del pianeta su cui abbiamo avuto la sventura di capitare. A differenza di tutti gli altri giochi che s'ispirano a Minecraft, il tempo ha qui valenza meramente cronologica, la coltre di nubi che avvolge il pianeta cancella ogni traccia del ciclo solare, distendendo sui minacciosi panorami un'eterna notte. Dall'ombra affiora il pericolo: le aggressive creature appariranno improvvisamente presso ogni buio anfratto. In un pianeta privo del conforto della luce solare s'intuisce facilmente come il pericolo sarà quindi sempre in agguato.
    I primi minuti di gioco rischiano d'essere un vero inferno a causa di scelte di design che rendono il gioco terribilmente frustrante. Un brevissimo tutorial testuale dovrebbe guidarci a soddisfare la nostra prima necessità: quella di costruire un rifugio. Cercare di comprendere le complicate meccaniche di gioco mentre decine di nemici ci ronzano intorno non è però impresa semplice. La morte, fortunatamente, non comporta alcuna penalizzazione e verrete semplicemente trasportati accanto al vostro letto oppure, se non ne avete ancora uno, al punto di partenza. Come se non bastasse l'interfaccia (non customizzabile) si presenta goffa e mal congegnata. Assegnare al tasto destro e al tasto sinistro del mouse rispettivamente l'ordine superiore ed inferiore dell'action bar si rivela subito una scelta decisamente poco intuitiva. Inoltre, durante l'interazione con l'ambiente, il puntatore si dimostra spesso impreciso e lento nella risposta. Armandoci di perseveranza e tanta pazienza riusciremo (dopo decine di tentativi) a mettere da parte la legna necessaria a fabbricare un riparo capace di proteggerci dalla letale fauna locale ma, diversamente da Terraria, i materiali grezzi dovranno prima essere raffinati.
    Il tutorial è scarno al tal punto da non riuscire a chiarire nemmeno le nozioni di base. Il giocatore dovrà dunque imparare dai propri errori e acquisire la padronanza delle regole del gioco tentativo dopo tentativo. Se questo approccio potrebbe forse affascinare una ristretta nicchia di giocatori hardcore, allontanerà di certo tutti coloro che non sono disposti a dedicare ore ed ore solo per assimilare anche soltanto i processi più elementari di gioco. Darkout sembra non preoccuparsi troppo di accompagnare il giocatore alla scoperta delle sue meccaniche di gameplay, tenendole celate come i segreti custoditi delle immense gallerie sotterranee dell'ostile pianeta. Analogamente ad ogni altro titolo che s'ispiri a Minecraft la raccolta di risorse assume un ruolo di primo piano. Gli strumenti che utilizzeremo sono gli stessi che troviamo in Terraria: una pala per scavare gallerie, un piccone per estrarre minerali dalle rocce e un'ascia per abbattere alberi e ricavare legna. Una novità che, almeno in questo caso, va nella direzione d'una gradita semplificazione è quella relativa all'automatizzazione nella selezione dell'utensile idoneo all'operazione intrapresa: ogni volta che cliccheremo su una risorsa, l'interfaccia di gioco sceglierà per noi lo strumento più appropriato alla raccolta di quel determinato materiale. Durante l'operazione di scavo ed estrazione dei minerali sarà inoltre possibile scegliere se interagire sullo spazio d'un o di tre "blocchi" per volta.

    L'altro pilastro su cui poggiano gran parte dei sandbox è il crafting. È in rapporto a questo aspetto che il gioco degli Allgraf vanta le innovazioni di maggior rilievo. Prima però d'occuparci della fabbricazione degli oggetti dovremo anzitutto dedicarci alla ricerca delle necessarie tecnologie (un sistema che ricorda vagamente quello adottato da EVE ma senza gli enormi tempi d'attesa imposti dal mmorpg della CCP). Per avviarla dovremo disporre dei materiali indicati sull'apposito menù e spendere i "punti ricerca" che accumuleremo durante le operazioni di gathering e l'uccisione di creature ostili. Una volta scoperta una determinata applicazione tecnologica essa potrà essere fabbricata grazie all'utilizzo di appositi banchi da lavoro, alcuni dei quali dovranno essere alimentati attraverso generatori di corrente e connessi ad improvvisate reti elettriche. Sebbene quello descritto sia un passo avanti rispetto al sistema di crafting di Terraria, l'assenza d'un chiaro diagramma che illustri le possibili evoluzioni tecnologiche (sul modello di Civilization, per intenderci) rende il senso di progressione estremamente vago. Il gioco non ci restituisce mai la sensazione che sia possibile pianificare quale ramo della ricerca vogliamo privilegiare. Non ci rimane dunque che selezionare tutti gli oggetti disponibili all'interno del panello ricerca, sbloccando nuove possibilità attraverso la creazione di tecnologie chiave (solitamente marcate in arancione).
    I combattimenti acquistano spessore rispetto ad altri giochi simili grazie all'introduzione d'una meccanica che riporta alla mente Alan Wake. Al buio i nemici saranno decisamente coriacei; come nel gioco Remedy sarà la luce ad indebolirli. Dormire ci permetterà di ripristinare la barra della vita, e in alternativa è possibile preparare appositi medikit.
    Darkout è un gioco dalla scorza assai dura che, sulle prime, respingerebbe qualsiasi neofita del genere sandbox. Superato il primo, traumatico impatto e dopo aver preso la mano con controlli inutilmente tortuosi, il titolo Allgraf ripaga con la suggestione dei suoi cupi scorci, un'immensa varietà di oggetti da ricercare e spazi sempre nuovi da esplorare. Un titolo complesso che, alla lunga, premia il giocatore paziente con meccaniche profonde e stimolanti.
    Dopo decine di ore di gioco s'insinua però il sospetto che, senza un valido supporto narrativo, l'intero processo di crescita, upgrade, potenziamenti sia del tutto fine a se stesso, privando di senso i nostri sforzi per rimanere in vita su uno spietato pianeta. Critiche queste che accomunano però la stragrande maggioranza dei sandbox game e che sarebbe dunque ingeneroso rivolgere al solo Darkout.

    Il fascino della notte

    L'aspetto che forse più d'ogni altro conferisce a Darkout una propria, specifica fisionomia, permettendogli di affermarsi sull'anonima massa dei cloni di Minecraft è la ricchezza dei suoi paesaggi che emanano uno straniante fascino carico di mistero e minaccia. Personaggi ed ambienti sono resi attraverso un ottimo uso del 2D prerenderizzato. Sebbene esteticamente riuscito, il titolo Allgraf manca però di quella coerenza stilistica che rendeva piacevolmente naif l'aspetto grafico di Minecraft e Terraria. Rispetto a questi due modelli i singoli elementi che compongono l'impianto visivo di Darkout si combinano in maniera meno organica. Sono visibili vistosi scarti di qualità soprattutto in relazione alle animazioni: fluidi e gradevoli i movimenti del nostro alterego quanto "a scatti" ed approssimativi quelli delle creature aliene.
    I suoni ambientali svolgono egregiamente il loro compito nel restituire al meglio le tetre atmosfere del sinistro pianeta, mentre la colonna sonora, che accompagna dinamicamente le nostre imprese, accavalla i suoi temi musicali in maniera spesso inopportuna e confusa.

    Darkout DarkoutVersione Analizzata PCNonostante Darkout non possa vantare innovazioni capaci di far compiere al genere un salto di qualità, la forza evocativa dell’ambientazione e alcune valide trovate di gameplay rendono il gioco sviluppato dagli Allgraf assolutamente appetibile a tutti coloro che hanno accumulato decine di ore d'esperienza sul titolo dei Re-Logic e a cui non dispiacerebbe provare qualcosa di diverso (ma non troppo). Gli altri si troveranno invece tra le mani un prodotto ancora piuttosto acerbo e con molti angoli da smussare (primi fra tutti, interfaccia e controlli). Chi oggi si affaccia per la prima volta sul mondo dei sandbox troverà probabilmente in Terraria un’esperienza più solida ed appagante che ha beneficiato del tempo necessario per giungere a maturazione. Darkout è, allo stato attuale, un promettente "work in progress" la cui forma dovrà ancora andare in contro a numerosi cambiamenti prima d’assumere un proprio definitivo volto. Il suo è comunque una buon avvio e la solerzia con cui gli sviluppatori cercano d’accontentare le richieste della loro effervescente community lascia ben sperare.

    7

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