Recensione Death by Degrees

Nina Williams esce dal contesto picchiaduro. Seducente, mortale, streotipata.

Recensione Death by Degrees
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  • PS2
  • “Prima fu formato Adamo e solo dopo Eva; e non fu Adamo il primo ad essere sedotto, ma fu la donna, che si lasciò sedurre tanto che giunse fino alla trasgressione.”
    (Prima Lettera a Timoteo - Cap.II, Versetti 13-14 - S. Paolo Apostolo)


    La nostra è una società splendidamente liberale.
    Sguazza gioiosa nei propri liberi costumi e si nutre avida di effimeri valori che subdolamente riveste di gloria ed insaziabile orgoglio.
    Sterile vanto di una cultura che si dipinge grandiosa e superiore ma che ancora stenta a “vedere aldilà dello specchio”.
    Riflesso in esso scorge voluttuosa l’esaltata immagine di un Uomo nuovo e moderno, ideale modello del divenire nostro, ma che ancora fatica ad accettare la delicata bellezza del mondo, la viva semplicità delle piccole cose, la gentile armonia del creato.
    Nel seducente universo della Femminilità rivede ancora l’eterna angoscia della propria incompletezza, le innumerevoli crepe della propria fragile virilità, e non riesce ancora a spiegare quel senso di vuoto che lentamente e inesorabilmente divora il suo gracile castello di certezze.
    Completarsi in essa, perfezionarsi in essa, è la vera chiave della felicità. Della vita.
    Ma l’uomo persevera invano la solitaria strada dell’egoismo e cinicamente “distrugge” tutto ciò che “non comprende”, ricoprendo la Donna di un’impalcatura ammaliante e ferina, esuberante e sensuale, specchio deformato delle sue più recondite frustrazioni, ma che quasi mai rievoca la sua più vera intima essenza, la sua più naturale bellezza.
    “Death By Degrees” è un chiarissimo e fulgido riflesso dei tempi, un gioco che, come molti altri prima di lui, incarna l’ideale della donna affascinante e seducente, determinata e letale, costruita su misura dalle sapienti mani di sviluppatori rigorosamente maschi per un pubblico rigorosamente maschile.
    “Voglio altresi’ che le donne siano vestite con decoro, adorne con modestia e verecondia, non di trecce d’oro, di perle e di vesti lussuose, ma di opere buone, come si conviene a donne che professano di servire a Dio.”
    (Prima Lettera a Timoteo - Cap.II, Versetti 9-10 - S. Paolo Apostolo)

    Il gioco si presenta inizialmente bene ai nostri occhi, con una magnifico filmato in computer grafica in apertura che, fra il perfezionismo dei disegni, le mirabolanti animazioni e lo splendore di una regia che ben conosce i suoi mezzi, ci illustra le potenzialità della nostra eroina virtuale e della sua personalissima avventura.
    Non appena cominciamo una nuova partita un altro splendido filmato ci introduce nel contesto delle vicende nella quale Nina Williams, agente segreto della CIA, viene coinvolta.
    Una nave da crociera scompare misteriosamente fra le acque del Triangolo delle Bermuda mentre un’altra nave, sempre della stessa flotta e apparentemente correlata alla precedente, diventa il teatro di misteriosi incontri di losche organizzazioni e di “affari” molto poco chiari.
    Nina, assieme ad altri due agenti come lei (ma maschi), deve infiltrarsi in quest’ultima nave, chiamata “Amphitrite”, e ovviamente fare luce su tutti gli intrighi del caso.
    La nave sarà dunque la nostra prima compagna di viaggio, con la sua architettura poligonale abbastanza complessa e discretamente riprodotta, le scenografie stilisticamente semplici e sobrie, moderatamente interattive, con una buona cura nei dettagli e nei particolari, in condizioni di perenne luminosità diurna.
    La volontà di rendere credibile e realistica la sensazione di esplorare una nave da crociera (apparentemente...) ha però condizionato i grafici all’utilizzo di una palette di colori tendente al monocromatismo, con una predominanza di tinte chiare e pastello, con il risultato di una certa monotonia ambientale e scenica che sembra molto lontana dagli splendori creativi delle navi di un “Metal Gear Solid 2” (a cui questo gioco esteticamente deve molto) o di un “Cold Fear” (che peraltro vantava pure la bellissima sensazione del “galleggiamento” in acqua, cosa che qui non esiste). A poco servono alcuni arredamenti di ispirazione classica greca, come statue e colonne, che mal si addicono alla generale essenzialità e sobrietà del tutto.
    Validi effetti di luce, piacevoli riflessi di pavimenti e determinati oggetti, e tante altre piccole sfumature grafiche, disegnano dunque una gradevole ambientazione quasi bucolica che probabilmente non si adatta ai toni (presunti) cupi e deliranti della storia.
    Il successivo scenario, ambientato in un penitenziario isolato modello Alcatraz, cambia tutto il registro stilistico precedentemente utilizzato, con texture decisamente più cupe e curate, cromatismi affascinanti e strutture articolate e realmente ispirate, che più di una volta ricordano le atmosfere di “Resident Evil: Code Veronica” (titolo anche questo ampiamente saccheggiato) con qualche spruzzatina di Silent Hill 2 (avete presente la prigione ?).
    Alla fine dell’avventura si ritorna nuovamente nella nave, ma stavolta di notte, anche se, eccetto alcuni effeti di luce, rimane tutto quasi immutato.

    A riscattare una realizzazione altalenante per i fondali (discreta la nave, ottimo il penitenziario) interviene comunque un’ottima resa grafica degli sprite poligonali sia nemici che (presunti) amici, che indubbiamente brillano per design e animazioni.
    Nina, soprattutto, risplende di luce propria, con una caratterizzazione estetica formidabile, animata perfettamente, con gusto e varietà.
    I suoi vestiti succinti, spesso cambiati durante il gioco, si adagiano sensualmente sulle sue forme lacerandosi col tempo ai colpi inferti dai nemici, e lasciando scoperte maliziose zone di un corpo fin troppo perfetto.
    Ma la regia, putroppo, non riesce quasi mai a cogliere la generale bontà del tutto, impastando il frenetico dinamismo dei combattimenti e il tranquillo peregrinare delle esplorazioni con delle visuali sbagliate, inquadrature confuse e telecamere assassine (con la protagonista che viene sempre coperta da elementi del fondale, o che corre incontro allo schermo) che non riescono né a spettacolarizzare né a valorizzare quanto di buono la grafica ha da offrire.
    Il motore grafico, per fortuna, non inceppa mai, garantendo uno scrolling sempre fluido e preciso anche nelle scene di combattimento più concitate, e soltanto alla fine si capisce il motivo per cui alla Namco non si sono sentiti di appesantire troppo, di dettagli ed effetti, una grafica tutto sommato buona, di fronte alla possibilità di assicurare quantomeno una costante fluidità degli scontri (con a volte sette e passa guardie che ti pestano a sangue, contemporaneamente !!!).

    “La donna ascolti l’istruzione in silenzio, con piena sottomissione.
    Non permetto alla donna di insegnare né di dettar legge all’uomo, ma se ne stia zitta ed in pace.”
    (Prima Lettera a Timoteo - Cap.II, Versetti 11-12 - S. Paolo Apostolo)


    La colonna sonora del gioco si adegua piuttosto bene agli stilemi imposti dalle due ambientazioni, offrendo spazio a sonorità discrete e mai invadenti nelle scene d’avventura, e diventando più ritmata e compulsiva in quelle di combattimento, con una musicalità vicina alle produzioni cinematografiche ma intrisa di una piacevole anima elettrica e rock.
    Si segnala peraltro l’illustre collaborazione del noto (e grande) bassista dei Primus, Les Claypol, che con le sue ritmiche di basso riesce ad infondere la giusta atmosfera, che in alcuni frangenti (lo scenario del penitenziario) diventa addirittura inquitetante.
    I validi effetti sonori accompagnano l’avventura con soddisfazione e rimarcano, assieme alla colonna sonora, il profondo legame citazionistico del gioco stesso con i già citati “Metal Gear Solid 2” (nello scenario navale) e “Resident Evil: Code Veronica / Silent Hill 2” (nello scenario del penitenziario), dipingendo difatti atmosfere simili, ma senza mai raggiungere comunque l’altissimo livello qualitativo delle rispettive influenze.
    A peggiorare la situazione ci pensa, putroppo, un doppiaggio italiano ridicolo, talmente dilettantesco e mediocre che verrebbe da rimpiangere la sua più completa assenza.
    Se non altro ha il merito di adeguarsi perfettamente alla pessima ed inutile trama che condisce tutto il gioco.

    “Tuttavia ella si salverà mediante la maternità, purchè perseveri nella fede, nella carità e nella santità, senza dimenticare la modestia.”
    (Prima Lettera a Timoteo - Cap.II, Versetto 15 - S. Paolo Apostolo)

    “Death By Degrees” è un Action-Adventure, questo è bene chiarirlo subito.
    I suoi modelli di riferimento non sono “Devil May Cry”, “Rygar” o Action Game simili, ma piuttosto tutti quei giochi che, miscelando equilibratamente azione e avventura, hanno fatto la storia del videogioco, nella fattispecie la saga di “Metal Gear Solid” e quella di “Resident Evil”.
    Da entrambi riprende una concezione della meccanica di gioco ampiamente bidimensionale, con la bilanciata scansione del ritmo di gioco tra fasi di puro combattimento, appassionanti e stimolanti (assimilabili per frenesia e stile ad un vero e proprio picchiaduro a scorrimento) e fasi di mera esplorazione investigativa, molto classica nelle forme e nella concretezza.
    Il sistema di combattimento, molto complesso, profondo e appagante, prevede la possibilità di utilizzare dinamiche di tecniche corpo a corpo in continua espansione numerica e coreografica, assieme allo sfruttamento (contemporaneo) di una buonissima varietà di armi da fuoco e bianche, tutte raccoglibili dai nemici sconfitti o recuperabili da valigette e casseforti alveari (?!?) sparse in giro per il gioco. Il loro utilizzo è comunque estemporaneo, dal momento che sono soggette entrambe le tipologie a deterioramento e/o consumo, con la conseguenza di doverle buttare un po’ di tempo dopo. Ma se ne incontrano talmente tante nel gioco che quasi mai si rimane senza armi.
    Un semplice ma intrigante sistema di crescita consente di accumulare punti esperienza e livelli (da cui l’efficacia delle nostre difese e attacchi) più svariati punti abilità (in base al nostro “comportamento combattivo” negli scontri) che adeguatamente spesi ci serviranno ad incrementare ulteriormente il parco abilità che generosamente ci viene messo a disposizione.
    Il tutto imperniato attorno ad una interfaccia di controllo originale ed innovativa, ma al tempo stesso complessa e difficile.
    “Rise To Honor” e la sezione con la katana di “Metal Gear Solid 2” rappresentano degli illustri esempi per un sistema di controllo che invece di sfruttare i soliti tasti frontali per gli attachi, si affida invece alla sensibilità della levetta analogica destra, col quale è possibile direzionare tutti i colpi nelle molteplici direzioni che si desidera, a 360°
    Questa interfaccia, apparentemente semplice ed intuitiva, rivela tutta la sua complessità e la sua potenza soltanto al giocatore esperto e perseverante (le decine di combo prevedono nella maggior parte dei casi l’utilizzo contemporaneo di entrambe le levette analogiche in svariati modi !!!), frustrando invece quello occasionale e superficiale che mal si adatta ad un sistema che abolisce di colpo l’agganciamento automatico dell’obiettivo, a favore di un approccio completamente manuale, totalmente libero.
    La buonissima intelligenza degli avversari (e la discreta varietà degli stessi, per armamentario e comportamenti) garantisce degli scontri frenetici, divertenti e sempre imprevedibili, dove è possibile fare proprio di tutto, comprese prese e chiavi articolari (svariati tipi) e tecniche speciali che consumano un’apposita barra di “concentrazione” (che si può recuperare coi colpi inferti/subiti). Qeste particolari tecniche speciali sono poi la vera ciliegina sulla torta, con la possibilità di indirizzare determinati colpi più potenti del solito a precisi punti del corpo dell’avversario, il tutto ovviamente a nostra discrezione, in una spettacolare scena rallentata e a raggi X (difficile da spieagare a parole...).

    La notevole profondità ed originalità del sistema di combattimento cozza purtroppo con una struttura dell’avventura fin troppo classica e derivativa, accarezzata da un buon Level Design e da una piacevole varietà di situazioni, ma che a conti fatti sembra più il tentativo non molto riuscito di sintetizzare elementi ed idee prese quà e là (le citazioni sono cosi’ palesi da sembrare plagi, a giochi che precedentemente ho accennato).
    Il ritmo di gioco è comunque serrato ed equilibrato, gli enigmi semplici ma logici e funzionali, con qualche gradevole diversivo come le “serrature-alveare” (scrigni che contengono armi e che vanno aperti risolvendo una sorta di minigioco numerico con tasselli), le fasi di cecchinaggio modello “Time Crisis”, alcune fasi ricognitive con lo Stingray (piccolo dispositivo volatile telecomandato che utilizzeremo per attraversare stretti condotti ed arrivare in stanze altrimenti inaccessibili) e cosi via. Purtroppo non saremo noi a decidere se e quando utilizzare derminati accessori o compiere determinate azioni, dal momento che tutte le situazioni che viviamo e le cose che facciamo sembrano preordinate da un copione già scritto, assolutamente rigido, stupidamente lineare.
    Finita la prima volta il gioco si accede a delle nuove modalità che sono: Anna (col quale impersoneremo l’amata/odiata sorellina, nostro nemico nel gioco, in un preciso frangente dell’avventura, come in una sorta di prospettiva parallela !), Sfida (una serie di singole missioni di combattimento di difficoltà crescente), Cecchino (missioni in modalità cecchino), Stingray e Serratura Alveare (altrettante missioni nelle rispettive modalità, che come le altre hanno diversi livelli di difficoltà e vanno affrontate entro un certo lasso di tempo).
    Un’ottima longevità garantita non solo dunque dall’impegnativo livello di sfida ma anche dalle numerose modalità extra e risorse acquisibili dopo aver completato il gioco diverse volte (tre livelli di difficoltà presenti, di cui il Normal ad inizio gioco, l’Easy quando si muore diverse volte, e l’Hard dopo il primo completamento), compresa una nutrita lista di brani della colonna sonora ed una splendida galleria di immagini.
    La qualità della sceneggiatura è però talmente infima che vanifica tutti gli sforzi della meccanica di gioco e della sua intrinseca estensione, glorificando il tutto con ineguagliabile mediocrità e prorompente banalità.
    Tutti i personaggi, persino le sorelle Nina ed Anna che in più di un occasione rivelano degli spunti relazionali interessanti, vengono affogati nella piattezza di caratterizzazioni stereotipate e insignificanti, tutto ovviamente condito da un intreccio farraginoso e confuso, degno del peggior film di spionaggio.

    Death by Degrees Death by DegreesVersione Analizzata PlayStation 2"Death By Degrees: Seduzione Letale” rappresenta un modesto tentativo da parte di Namco di dire la sua in un universo fin troppo affollato -quello degli Action-Adventure- alimentando l’immaginario collettivo con l’immagine edulcorata ed esuberante della sensuale Nina Williams, personaggio sicuramente affascinante se inserito nel semplice ma poco pretenzioso contesto dei picchiaduro, ma che sfigura completamente dinanzi alle più profonde e carismatiche “colleghe” che l’hanno preceduta. Anche se la complessiva realizzazione audio-visiva rimane tutto sommato buona, la derivativa e antiquata meccanica dell’avventura e la mediocre trama rovinano un potenzialmente brillante sistema di combattimento che da solo non può sorreggere una struttura di gioco vagamente precaria e stantia. Quello che rimane, comunque , è un discreto Action-Adventure che può essere liberamente consigliato solo agli amanti più sfrenati dei personaggi di Tekken (di cui il gioco cita molteplici aspetti) e al contempo stesso degli Action-Adventure. Senza nessuna pretesa. Senza nessuna colpa, se non la nostra.

    7

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