Recensione Democracy 2

E' dura essere il capo

Recensione Democracy 2
INFORMAZIONI GIOCO
Articolo a cura di
Disponibile per
  • Pc
  • Un settore semi-sconosciuto

    “Indie”, contrazione di indipendente, è il termine usato per i lavori creati da artisti slegati dalle grandi compagnie di distribuzione: cantanti, registi o, per i videogame, sviluppatori. In genere si tratta di opere create, o distribuite, senza grandi mezzi materiali ma proprio per questo slegate dalle normali logiche di mercato; un settore seguito, di solito, solo dai veri appassionati, alla ricerca, in mezzo alla marea di prodotti scadenti o incompleti, di quelle perle rare particolarmente originali o intriganti. Democracy2 rappresenta lo stereotipo perfetto dei giochi per pc indie: creato da un solo programmatore, dotato di un lato estetico piacevole ma semplicistico, si sviluppa su un argomento mai trattato dai giochi “famosi”: una ricostruzione accurata dei compiti di un premier.

    E' uno sporco lavoro, ma qualcuno deve pur farlo

    Per chi ha fiducia nelle proprie idee la decisione giusta da prendere appare quasi sempre ovvia e tutti quelli in disaccordo o non capiscono nulla o hanno interessi di parte e sono in malafede. Come, tuttavia, questo approccio sia semplicistico è il cuore di Democracy2: quando si intraprende la via del capo di stato (desiderando rimanere in carica) non è possibile ignorare l'inevitabile scontento di una parte o, addirittura di tutti (vedi aumenti delle tasse), della popolazione; quanto poi quella decisione fosse indispensabile o meno è un problema solo di chi sta al governo.
    Democracy2 è, in effetti, un perfetto simulatore dei problemi dei "potenti": al giocatore, nominato primo ministro di una democrazia, viene offerta la possibilità di modellare il paese a proprio piacimento con compiti che vanno dalla gestione del bilancio fino alle scelte di interesse nazionale, attraverso una varietà di opzioni davvero estesa. Gestione delle tasse, leggi sull'alcool, case popolari, sostegni all'agricoltura, riciclaggio, prostituzione, scuole sono soltanto alcuni degli argomenti d'interesse, ognuno influenzabile a piacimento. Nel farlo, naturalemente, si accontenterà qualche gruppo di cittadini ma quasi sempre se ne scontenteranno altri: un vero problema in chiave rielezione. Se a tutto questo si aggiunge la limitatezza delle risorse e l'impossibilità di dare i fondi necessari a tutti i settori si può comprendere la delicatezza dell'equilibrio su cui si regge un paese. Buona parte del compito del giocatore sarà, in effetti, gestire i proventi delle tasse: al verificarsi di un deficit nel bilancio si potranno tagliare vari servizi sociali o aumentare le tasse, e viceversa in caso di surplus; inoltre si dovranno prendere decisioni legislative di vario tipo come permettere o meno le preghiere nelle scuole, o stabilire l'orientamento delle norme sul lavoro: ogni decisione contribuirà a modificare il paese col passare dei turni di gioco. Fortunatamente il tutto si svolge tramite un'interfaccia semplice ed intuitiva: le politiche attive sono tutte presenti sullo schermo contemporaneamente, raggruppate per genere e rappresentate da un'icona propria così che ritrovarle risulterà istantaneo; cliccando su di esse si intuirà facilmente il loro effetto con barre verdi o rosse, rappresentanti l'effetto positivo o negativo su altri elementi del gioco, che aumenteranno o diminuiranno a seconda dei fondi immessi o della decisione presa. Lo sviluppatore, insomma, è stato capace di realizzare un'interfaccia più difficile da spiegare che da apprendere. Da notare come la possibilità di prendere decisioni sia limitata dal potere del governo (cioè dal suo tasso di approvazione): ogni politica richiede un numero differente di punti-potere per essere modificata, riflettendo così la propria importanza tanto che, se per imporre qualche legge di scarso rilievo basterà l'equivalente di un turno del gioco, per modificare gli argomenti più importanti, o si avrà un largo consenso o si dovrà accumulare i punti-potere per più turni. Per chi desidererà, invece, essere libero da queste limitazioni (avvicinarsi quindi più ad un dittatore che ad un premier) è prevista la modalità “arcade” in cui ogni politica può essere modificata a piacimento; questa renderà il gioco più immediato ma anche decisamente irreale: in un solo turno, equivalente a 3 mesi di tempo, si potrebbe -volendo- modificare radicalmente un paese passando dal capitalismo sfrenato al comunismo più duro. Sviluppi che vanno contro lo spirito stesso del gioco: in Democracy2 infatti vengono proposti più scenari, ognuno dotato di stile proprio (e tutti riconducibili facilmente a nazioni esistenti): vi saranno quindi paesi capitalistici e ricchi o "repubbliche delle banane" povere ma in via di sviluppo, e in ognuno di questi la popolazione avrà desideri, pretese e problemi differenti che andranno affrontati di conseguenza e non sulla base di un unico sistema personale. Oltre alle decisioni, di gran lunga il cuore del gioco, ci sono poi tutta una serie di elementi di contorno da affrontare: sarà possibile nominare dei ministri, ognuno legato a diversi gruppi elettorali e alla loro soddisfazione, e si dovranno esaminare i “dilemmi” cioè quesiti scottanti proposti dal gioco le cui soluzioni portano effetti differenti a seconda delle scelte prese. Inoltre, basandosi sulle politiche del giocatore, appariranno saltuariamente degli eventi eccezzionali con effetti positivi o negativi: attuando scarsi investimenti nella sicurezza potrebbero verificarsi attacchi terroristici mentre cospicui investimenti nell'educazione potranno offrire scoperte scientifiche di rilievo, e così via. Tutto per ottenere, naturalmente, il consenso dei cittadini. Nel gioco gli elettori saranno suddivisi in vari gruppi (ricchi, lavoratori dipendenti, ambientalisti, fumatori ecc), ed ogni elettore può far parte di più gruppi alla volta. Il loro livello di soddisfazione sarà fondamentale per aumentare la probabilità che votino e lo facciano a nostro favore; i più soddisfatti potrebbero addirittura unirsi al proprio partito, mentre i più ostili si uniranno al partito opposto: dato che gli iscritti ai partiti voteranno sempre, saranno una forza da tenere in considerazione.

    Confronti col passato

    Data la sua doppia natura di gioco indie e di simulazione, Democracy2 non brilla certo sotto il lato estetico: la grafica è un mix tra disegni a mano ed utilizzo di foto storiche nello sfondo più una serie di grafici e icone; gli unici disegni rappresentanti persone sono i ritratti di singoli elettori o dei ministri (tuttavia sono solo immagini statiche). L'effetto complessivo è piacevole ma nella schermata principale, quella delle decisioni, si nota un marcato sovraffollamento: troppe icone e troppe barre di influenza. Saranno infatti presenti non solo le icone delle decisioni ma anche quelle dei problemi e dei vantaggi (situazioni derivanti da indifferenza o grandi investimenti in certi settori) più quelle delle statistiche di riepilogo; pur rimanendo il tutto gestibile, si avverte insomma una sorta di “assenza di spazio”. Limitato nella varietà anche il sonoro, basato su poche musiche di fondo e alcuni effetti sonori, tutti, fortunatamente, di alta qualità ed appropriati alla situazione.
    Un simile lato tecnico, inalterato rispetto al primo Democracy, permette un paragone diretto col suo predecessore: un confronto invebitabile dato che è l'unico titolo in concorrenza diretta. Democracy2 è, in effetti, più un espansione che un seguito: il lato tecnico è sì migliorato ma senza sbalzi di qualità mentre il gameplay vede pochissime innovazioni di alto rilievo introducendo soprattutto elementi marginali come i ministri, un certo numero di nuove politiche ed eventi e i paesi “fittizi” invece che nominati e basati su quelli reali (elemento peraltro in via di ripristino data la fiorente comunità di modder del gioco). Non è stato risolto, del resto, quello che è forse il problema principale: ogni partita si concentra sul bilancio e sul denaro, tanto che per vincere è sufficiente far ripartire l'economia (il che richiede sempre le stesse decisioni) utilizzando poi i maggiori fondi a disposizione per accontentare più gente possibile; a quel punto diventa impossibile non essere rieletti, con grave danno per la rigiocabilità delle singole partite. No, la vera differenza tra i due titoli, anche se poco appariscente, è nell'interfaccia: nel primo Democracy le politiche, oltre che all'influenza sugli elettori, facevano capo ad 8 sole statistiche di riferimento (Pil, crimine, povertà...) così che gli effetti delle proprie decisioni, pur formando sempre una trama complessa, erano facilmente comprensibili dal giocatore. Nel seguito, Democracy2, tali statistiche sono presenti in numero pari alle decisioni da prendere tanto da lasciare fortemente spaesato chiunque non sia un appassionato hardcore delle simulazioni; il giocatore medio difficilmente le controllerà tutte finendo per tenere d'occhio il bilancio e le due-tre più importanti, o addirittura la sola situazione complessiva perdendo quindi il vero pregio del gioco e cioè il bilanciare tutta una serie di elementi reali per ottenere un paese prospero. Una scelta di design che segue la linea di sviluppo della serie, incentrata sul rendere il gioco sempre più realistico e quindi più complesso, ma che potrebbe non rivelarsi vincente verso i giocatori che, pur desiderando una sfida seria ed impegnativa, non cercano un vero secondo lavoro come politico e desiderano immergersi nel gioco, non esserne sommersi. Data quindi la sostanziale somiglianza tecnica tra i due titoli e le altre differenze citate, poche e di scarso rilievo, per il giocatore occasionale potrebbe essere meglio provare anche la demo del predecessore e solo in seguito decidere eventualmente per Democracy2, titolo sicuramente più completo ma non per questo più divertente.

    Democracy 2 Democracy 2Versione Analizzata PCUnico nel suo genere, salvo il primo episodio, Democracy2 brillerebbe anche se fosse un titolo mediocre e tale non è: profondo, semplice ed insieme complesso, riesce contemporaneamente a divertire ed introdurre il giocatore alle "sottigliezze" politiche. Chiunque sia anche solo minimamente appassionato di simulazioni o abbia mai detto “Eh, se fossi io il capo, vedreste” dovrebbe provarlo senza sé o ma, ed anche i giocatori appassionati di altri generi potrebbero trovare in esso una sfida originale e divertente. In un mare di giochi basati sugli stessi concetti e di serie giunte al 4°-5°-10° episodio, Democracy2 è una perla rara, paragonabile solo al suo predecessore.

    7.5

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