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Dishonored I Riflessi del Tempo: Recensione del libro di Adam Cristopher
I Riflessi del Tempo è il primo volume di una trilogia di romanzi dedicati alla serie Dishonored ambientati tra il primo e il secondo capitolo della serie.
INFORMAZIONI GIOCO
Articolo a cura di
Daniele D'Orefice
Disponibile perPc
PS4
Xbox One
Tra il primo e il secondo Dishonored c'è un grosso buco di quindici anni di cui sappiamo pochissimo. Dopo aver messo fine alle macchinazioni del Lord Reggente, Corvo salva sua figlia Emily che in seguito diviene l'erede di Jessamine Kaldwine, l'imperatrice di Dunwall assassinata da Daud e la sua banda di tagliagole. Emily non conduce solamente una vita da regina, che la vede occuparsi della ricostruzione di una Dunwall fortemente provata dall'epidemia della peste di ratto, ma è anche addestrata da Corvo nell'arte del combattimento e del sotterfugio: insegnamenti preziosi che le avrebbero permesso di sopravvivere in un mondo insidioso e in cui è facile venir pugnalati alle spalle.
Questo è quello che ci viene raccontato da Dishonored 2, chiaramente non abbastanza. Cogliendo l'occasione, quindi, è stata annunciata una trilogia di tre romanzi scritti con lo scopo di far luce su quegli anni apparentemente poco interessanti, che, invece, le abilità creative di Adam Cristopher (l'autore dei romanzi) hanno reso sorprendentemente ricchi d'avventurosi avvenimenti. Il primo della serie si intitola The Corroded Man (I Riflessi del Tempo in Italia) e introduce un nuovo antagonista munito dei poteri dell'Esterno, che vuole portare a termine una terribile vendetta per un torto subito anni prima.
Una gabbia di parole
Prendere al balzo le opportunità di ingigantire un brand e trasformarlo in un'opera transmediale è una pratica che ultimamente sta divenendo sempre più comune. Al di là di infelici esperimenti che possono essere compresi solo viaggiando tra un media ed un altro, ce ne sono altri in cui la differenza nel metodo espressivo arricchisce l'intero universo narrativo, seppur sia raro trovare creazioni che, partendo dal videogioco, riescono a mantenersi interessanti anche in altre forme. Fare l'esempio di cinema e videogiochi è come sparare sulla croce rossa, ma tant'è. Per quel che riguarda la letteratura, al contrario, la situazione è molto migliore. Se, però, molti prodotti videoludici ben si prestano a finire su bobine di celluloide o su pagine di cellulosa, ce ne sono alcuni troppo legati all'unicità del medium d'appartenenza, senza la quale rischiano d'ingrigirsi e di trasformarsi in qualcosa d'informe. Dishonored è tra questi: se qualcuno mi avesse detto che sarebbe stato prodotto un film sul gioco di Arkane (e ci hanno pure provato con un trailer fanmade) avrei risposto con una sonora risata, similmente, mi sarei di certo insospettito se fosse stato annunciato un libro legato al brand, anche se i tempi un po' più dilatati della letteratura avrebbero permesso di fare un lavoro migliore.
Quando ho scoperto l'esistenza del romanzo "I Riflessi del Tempo" la curiosità mi ha pervaso e non ho esitato a leggerlo. L'interesse, più che legato alle avventure di Corvo ed Emily, era diverso, più generale e parzialmente slegato dal profondo amore nutrito per la serie. Quella che cercavo era una risposta ad una domanda: se l'autore fosse stato così abile a rendere al meglio un universo senza più spina dorsale, oppure se, più prevedibilmente, avrebbe fatto un lavoro "di mestiere", insipido e senza particolari caratteristiche di spicco. Per la legge di Murphy, che si richiama sempre quando fa comodo, mi sono trovato alle prese con un libro bruttino ed anonimo, nulla a che vedere con Dishonored, quello vero. I demeriti per questo non poi tanto sorprendente fallimento sono imputabili in parte all'autore, che ha fatto scelte narrative (vedremo poi) criticabili, tuttavia vanno cercati soprattutto nell'intento di voler cristallizzare un'identità che rifulge solo grazie alla sua poliedricità, al suo agitarsi e al suo adattarsi a chi ci entra in contatto. Ingabbiare Dishonored in un flusso di parole lo priva della sua linfa vitale, lo costringe ad una staticità irritante. Perciò l'adattamento, in generale complicato, è in questo caso ancor più difficile, impossibile senza pesanti sacrifici, troppo pesanti.
Per farvi capire meglio vi consiglio di ripensare ad uno dei due giochi di Arkane, ad ogni cosa: all'architettura di Dunwall, a suoi colori grigiastri, oppure alla più soleggiata Karnaca e alle sua architetture slanciate. Ai brevi dialoghi dei poveracci ai bordi delle strade, ai viottoli nascosti e ai fogli di carta che raccontano una città più nascosta, più umana. Togliete da tutto ciò la sorpresa di aver scoperto una strada alternativa, le conseguenze, percepibili, di aver preso una scelta o, semplicemente, la facoltà di potersi girare ed osservare, anche per un'ora, il triste panorama di una metropoli invasa da una letale piaga. Togliete voi stessi, la vostra esperienza: capirete subito che in Dishonored, in maniera maggiore rispetto ad un numero altissimo di altri videogiochi, siete voi a partecipare attivamente alla caratterizzazione dell'ambientazione, a plasmare il carattere di Corvo ed Emily. Senza il vostro contributo a Dishonored rimane un gruppo di protagonisti e coprotagonisti poco carismatico, una storyline non molto avvincente e un'ambientazione artisticamente sontuosa, vero, ma impossibile da esplorare.
A I Riflessi del Tempo rimane solo un universo intrigante, che però l'autore non ha voluto arricchire più di tanto: il libro è purtroppo parco di descrizioni ambientali e si concentra di più sui monologhi interiori dei protagonisti. Corvo ed Emily, che sono i due personaggi su cui l'autore spende più righe insieme all'antagonista, si rivelano due personaggi con poco carisma, un agglomerato di cliché senza nessuna profondità: l'imperatrice è lo stereotipo della regnante stufa della vita di corte, che saltuariamente esce da palazzo e si caccia nei guai. Mentre Corvo è un padre premuroso, abile e saggio, che tenta di impedire che la figlia si faccia male. Loro due, come tutto il mondo che li circonda, sono permeati da un irritante buonismo, non c'è neanche una stilla di malvagità (se non in un preciso episodio che vede protagonista Corvo) che invece in Dishonored e Dishonored 2 usciva fuori con prepotenza, anche se la nostra scelta era quella di non spargere sangue.
Le follie e le perversioni non sono, insomma, quasi mai protagoniste. L'unico che sembra non curarsi di commettere omicidi e di far piombare la città nuovamente nel caos è un personaggio misterioso, nascosto dietro un cappello, spessi occhiali rossi e un pesante cappotto invernale. Egli è anche capace di utilizzare i poteri dell'esterno in modo sorprendente, e sembra avere conoscenze sulla magia oscura perfino superiori a quelle della strega Delilah. Anche il tenebroso antagonista, è, però, un personaggio psicologicamente piatto, scarsamente memorabile, se non per le sue abilità sovrumane.
Il primo romanzo di Dishonored è, quindi, un libro che può essere consigliato solo a tutti i fan che non vogliono farsi mancare nulla del mondo inventato da Arkane. Pur rimanendo un lettura moderatamente piacevole, gli altri rischieranno di rimanere delusi per uno sfruttamento non troppo azzeccato della licenza. Una cosa va detto, ci è comunque piaciuta: l'autore ci racconta Tyvia, un'altra delle isole dell'arcipelago che comprende Gristol e Serkonos. Tyvia è un territorio gelido in cui governa un'oligarchia mascherata da democrazia, un regno di terrore simile alla Russia stalinista, in cui i prigionieri politici vengono catturati e costretti a spaccarsi la schiena un fredde e letali miniere di sale. Poco ci viene raccontato di questa affascinante nuova regione, che compare solo in pochi flashback dedicati all'antagonista. Con sommo dispiacere, aggiungerei
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Dishonored 2Versione Analizzata LibriIl problema più grande de I Riflessi del Tempo è di voler avvicinarsi troppo ai videogiochi, ai suoi protagonisti e ai luoghi dove hanno vissuto le loro avventure. L’autore Adam Cristopher si è trovato alle prese con un’eredità scomoda, celebre e difficile da trasporre in altra forma. Forse sarebbe stato meglio dimenticare i comignoli di Dunwall, la giovane Emily e il Protettore Reale per salpare su un’altra delle isole, raccontando una storia diversa e nuova, lasciando i mondi di Arkane in un universo digitale. Lì dove si trovano immensamente più a loro agio.