Recensione Doom 3

Xbox ha un nuovo grande FPS!

Recensione Doom 3
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  • Una pesante eredità

    Che si apprezzi o meno l’intrattenimento videoludico, è improbabile che non si abbia mai sentito parlare od aver letto di Doom, della rivoluzione ha cha saputo apportare e della brillante Id Software che ne ha fatto il proprio cavallo di battaglia.
    Id software mutua il proprio nome da ciò che Freud definiva il principio fondamentale della psiche umana e proprio la capacità di coinvolgere ed appassionare la mente di milioni di videogiocatori in tutto il mondo, è sempre stata l’arma vincente di questa piccola e relativamente giovane software house texana, composta allo stato attuale da soli venti dipendenti, tra artisti e programmatori, e cinque ben noti comproprietari, ovvero Adrian Carmack, John Carmack,
    Kevin Cloud, Todd Hollenshead e Tim Willits, ai quali tempo fa si aggiungeva anche un certo John Romero, prima che lasciasse Id per fondare la sfortunata Ion Storm.
    Dopo i primi anni dedicati alla serie Commander Keen , nel maggio del 1991 Id software rilascia l’innovativo Wolfenstain 3d, che sconvolse il settore dei videogiochi per personal computer, grazie ad un impianto tecnologico allora impensabile e diede un grande impulso alla distribuzione shareware.
    Le altissime vendite e le onorificenze conseguite, non indussero Id software a riposare sugli allori, che al contrario sviluppò ulteriormente la propria tecnologia e mise in commercio nel dicembre del 1994 il primo episodio della serie Doom, che stupì grazie ad un raffinato lavoro di design, per via dell’avvolgente atmosfera che sapeva ricreare ed al supporto di modalità multigiocatore attraverso internet o su rete locale.
    Più di dieci milioni sono stati i download della versione shareware di Doom ed altrettante le copie regolarmente acquistate, a dimostrare che la distribuzione shareware funziona e se ben fatta, sa dare notevoli profitti.
    Poco tempo più in la, la software house texana rilasciò liberamente il codice sorgente del loro best seller, permettendo a tutti i talentuosi designer in erba di creare qualunque tipo di modifica o semplicemente delle mappe, assolutamente libere di essere scambiate o distribuite attraverso qualunque mezzo.
    Fu proprio questo il momento in cui la comunità che ruotava attorno a Doom crebbe in maniera spropositata e che molti dei brillanti designer amatoriali, vennero assunti dalla stessa Id Software per la realizzazione di Doom 2.
    Il passo successivo ci fu nel 1996 con Quake, il primo first person shooter rappresentato realmente in tre dimensioni, seguito a distanza di un solo anno da Quake 2, che oltre al merito di essere il più stupefacente ed esoso, in termini di richieste hardware, titolo dell’epoca, approfondì ulteriormente le possibilità multigiocatore.
    Il diffondersi delle prime reti ad alta velocità ed il crescente interesse verso le modalità per più giocatori, indusse Id Software a concentrarsi in questo settore ed a rendere Quake 3 Arena ed il successivo add-on Team Arena, i primi fps concepiti esclusivamente per le modalità multigiocatore.
    Da quel lontano giorno della fine del 1999, fatta eccezione per la collaborazione con Gray Matter Interactive e Nerve Software, che ha portato allo splendido remake di Wolfenstein (Return to castle Wolfenstein) nel 2001, Id Software si è chiusa nel più stretto riserbo, nell’intenzione di dare finalmente a Doom un seguito degno del successo che aveva saputo riscuotere negli anni passati.
    Nonostante il livello tecnologico di quel periodo non consentiva uno studio approfondito sulle superfici, John Carmack, direttore tecnico di Id, mise impiedi uno stupefacente ed altrettanto esoso motore grafico, capace di una notevole serie di effetti visivi avanzati, programmati uno ad uno via software.
    Fin dalle prime apparizioni, in primo luogo a Tokio e successivamente all’edizione 2001 dell’ E3, Doom 3 stupì per l’incredibile livello visivo, che fece sembrare di colpo tutto più vecchio e nel frattempo fra le voci di corridoio, si cominciava ad udire la eco di una probabile versione xbox.
    Quando i rumor ormai andavano affievolendosi, ecco l’annuncio ufficiale; Doom 3 sarebbe arrivato anche sulla console Microsoft per mano di Vicarious Visions.
    Fondata nel 1991, Vicarious Visions è una giovane software house con sede in New York; responsabile negli anni passati di numerosi titoli per piattaforma pc ed in tempi recenti di notevoli conversioni per praticamente tutte le console in commercio da playstation in poi.
    Avendo già lavorato con un prodotto basato sul motore Id di quake 3 arena e sulla piattaforma xbox in occasione della conversione di Jedi Knight: Jedi Academy, la scelta su quale team avrebbe dovuto ricevere l’onore e l’onere della trasposizione di Doom 3 è ricaduta senza indugio su Vicarious Visions, che ha saputo superare le aspettative, adempiendo brillantemente a questo difficile compito, che gli è valso a pieno titolo l’ingresso fra le software house sotto l’ala protettrice dell’influente Activision.
    Sono stati necessari quattro anni di lavoro, durante i quali, grazie alle più recenti direct x, altri titoli mostrarono effetti sulle superfici ben prima di doom 3, affinché Id Software rilasciasse sul mercato la sua ultima fatica nell’agosto dello scorso anno, tra critiche ed elogi ma soprattutto, divenendo in brevissimo tempo, uno dei titoli più venduti della storia dell’industria videoludica.
    Nonostante lo sviluppo della versione xbox, sia iniziato poco dopo l’avvio dei lavori della controparte per pc, si è reso necessario quasi un altro anno, affinché il pesante codice venisse ottimizzato al meglio, ma soprattutto al fine di integrare l’inedita modalità cooperativa per due giocatori su xbox Live!.

    ...miglioriamo il tuo mondo, grazie ad una maggiore potenza di fuoco...

    Quando l’evoluzione di una scienza si trova a scontrarsi con l’etica, si hanno di fronte solamente due possibili vie; arrestarsi al punto in cui si è giunti, in favore di un ordine morale superiore, oppure continuare la ricerca, incuranti della possibilità di valicare il limite.
    Nella prima metà del ventunesimo secolo la Union Aerospace Company, ha superato questo inconveniente spostando il suo centro ricerche su marte, dove non ci sono istituzioni, ne leggi che possano impedire l’avanzare di qualunque ricerca ai limiti della moralità.
    Nonostante le strutture marziane della UAC siano composte per lo più da laboratori e da generatori, la necessità di personale armato di sorveglianza, cresce di giorno in giorno a seguito di strani casi di crisi e psicosi, diffusa soprattutto fra gli addetti ai lavori nei reparti scientifici.
    Ultimo delle nuovo leve, è il nostro taciturno ed anonimo marine, giunto sulla stazione in concomitanza con un consigliere della sede terrestre della UAC e la sua guardia del corpo, inviati allo scopo di verificare l’avanzamento delle ricerche.
    Subito dopo lo sbarco e la scansione biologica di sicurezza, veniamo accolti dall’addetto alla reception che ci consegna un pda personalizzato, contenente le indicazioni da seguire ed i codici di accesso per i quali siamo abilitati, per poi indirizzarci verso il comando dei marines.
    L’intero sistema di intercomunicazione e l’assegnazione dei permessi per le aree riservate, avviene tramite pda; richiamandolo, attraverso la pressione di un tasto in qualunque momento di gioco, è possibile accadere alle comunicazioni personali, sia testuali che vocali, riprodurre i dischi video recuperati, verificare gli ordini assegnateci ed accedere a delle esplicative descrizioni del nostro equipaggiamento.
    Inoltre il nostro pda è in grado di recuperare le informazioni dai terminali presenti nella struttura marziana e dai moduli di memoria dei palmari smarriti di qualunque membro del personale, consentendoci così di accedere ad informazioni e soprattutto ad aree che vanno oltre la nostra competenza di semplice marine.
    Acquisita la dimestichezza con il nostro palmare, non resta che dirigerci verso il comando dei marines; alcune persone indaffarate nelle loro mansioni, ci rivolgono la parola solo per cortesia, altre si domandando se siamo noi gli ultimi ad essere arrivati ed altri ancora ci raccomandano di non impazzire come è successo a molti, ma una volta arrivati in prossimità del comando, i toni si fanno più amichevoli, con il personale di sicurezza che ci fornisce indicazioni per la sala comando.
    Al cospetto del nostro superiore veniamo incaricati di una semplice missione di recupero, per quella che purtroppo sembra diventata una routine nella struttura della UAC; ovvero il ritrovamento di un membro smarrito del personale scientifico.
    Prima di eseguire gli ordini, non resta che recuperare il nostro armamento di ordinanza, che comprende una corazza, una pistola ed una torcia elettrica capace di un piccolo, ma intenso cono di luce, ora come mai fondamentale, visti gli strani casi di mancanza di elettricità in alcuni settori.
    Altro elemento fondamentale dell’equipaggiamento standard, è l’apparato radio, che è in grado di tenere in contatto ogni membro dei marines, col principale scopo di coordinare le azioni e di ricevere costantemente supporto ed ordini dai superiori.
    Ovviamente il nostro arsenale offensivo non si limita alla sola pistola, ma avremo modo di recuperare, man mano che ci addentreremo nei meandri della stazione marziana, una dozzina di strumenti bellici, tra i quali ritroveremo alcune devastanti armi non convenzionali e vecchie conoscenze dei primi due episodi di Doom, come la motosega ed il potente bgf, senza dimenticare la possibilità di scagliare pugni a mani nude.
    Ogni arma ha un solo fuoco primario e richiede munizioni univoche, trasportabili in quantità limitata e recuperabili esclusivamente da cadaveri o da armadietti di rifornimento; la difficoltà nel prendere la mira è alleviata dalla possibilità di attivare una funzione di automira limitata e dal buon sistema di controllo, totalmente personalizzabile nella sensibilità e nella configurazione delle leve analogiche e ben studiato ai fini dell’immediatezza, grazie alla possibilità di effettuare salvataggi rapidi con la pressione di un tasto e di assegnare quattro armi a scelta ad ognuna della quattro direzione del pad digitale, in modo da poterle sfodera immediatamente.
    I pregi di un sistema di controllo così ben studiato, fatta eccezione per la vicinanza dei tasti per richiamare il pda e per utilizzare la torcia, che alle prime crea confusione, non si apprezzano immediatamente per via della lentezza dei primi ostili che si incontrano, ma solo successivamente, quando avremo a che fare con esseri sempre più aggressivi e veloci, tra i quali, anche in questo caso, ritroveremo alcune vecchie conoscenze che hanno fatto la loro comparsa nei due prequel.
    In favore degli ostili vengono gli ambienti che esploreremo; ben presto agli alloggi luminosi e popolati, si sostituiranno buie strutture sotterranee e tetri laboratori malamente illuminati, nei quali ogni angolo può nascondere delle spiacevoli sorprese, alle quali saremo chiamati a far fronte, sempre e comunque da soli, dal momento che nel corso dell’avventura non ci saranno comprimari armati ad aiutarci.
    Il buio, in presenza di creature ostili che vedono benissimo anche in assenza di luce, rappresenta la prima minaccia, ma è pur sempre possibile esorcizzarla con la nostra torcia dalle pile inesauribili, che grazie al piccolo ma potente cono di luce proiettato, sa illuminare intensamente ogni angolo oscuro.
    Ma l’uso della torcia, se da una parte ci consente di comprendere al meglio la morfologia dell’ambiente e di prevedere in buona parte gli attacchi improvvisi dei nemici, dall’altra ci impedisce di utilizzare qualsiasi arma, probabilmente dal momento che queste ultime, fatta eccezione per la pistola, vengono imbracciate a due mani.
    La conseguenza di questa limitazione, è la possibilità di farsi cogliere di fronte al nemico con la sola torcia fra le mani e quindi di potersi difendere malamente, utilizzando quest’ultima come manganello, oppure, armi alla mano, di subire attacchi da ostili che non si ha la possibilità di identificare per via del buio.
    Da qui nasce la necessità di sviluppare una certa velocità nel passare dalla torcia all’arma più idonea per il nemico appena identificato, cosa a cui viene incontro, come già detto, il buon sistema di controllo, ma soprattutto si rende indispensabile restare sempre all’erta, perché in Doom 3 può succedere di tutto da un momento all’altro, magari proprio mentre uno dei nemici che ne ha la facoltà, si teletrasporta alle nostre spalle.
    La tensione che genera da tutto ciò, unita all’atmosfera ricreata dalle situazioni che si andranno ad affrontare e dagli ambienti tutt’altro che ospitali, costituiscono i maggiori punti di forza di questa produzione e la avvicinano in certa misura al genere survival horror coniato da capcom, elevandolo da semplice sparatutto in prima persona, a qualcosa di più intenso e coinvolgente.

    Super turkey puncer turbo 3

    Come accennato nell’introduzione, la peculiarità di questa conversione, risiede nella possibilità di affrontare la campagna del single player in cooperativa con un altro giocatore, attraverso il system link, oppure via xbox Live!.
    Una volta deciso se abilitare i danni da fuoco amico o meno, si può scegliere da quale mappa iniziare l’avventura fra le venti disponibili, che ripropongono esattamente la metà delle locazioni presenti nella modalità principale di gioco.
    Avviata la mappa ci si ritrova immediatamente in gioco, senza passare per una hub nella quale invitare ed attendere amici e di conseguenza, si può gestire il proprio team e la propria coordinazione, solo a gioco iniziato.
    L’ovvia impossibilità di salvare a propria discrezione la propria posizione durante questa modalità, ha reso necessari numerosi interventi alle mappe di gioco, al fine di focalizzare l’attenzione maggiormente sull’azione che sull’esplorazione e quindi sulla velocità di gioco.
    Oltre ad aver dimezzato il loro numero, in Vicariosu Visions hanno ritoccato la morfologia delle mappe, rendendole più lineari, hanno eliminato ogni cut-scene ed ogni pda smarrito, fatta eccezione per le necessarie chiavi di accesso ed infine sono stati inseriti dei check point, che automaticamente ed in maniera del tutto trasparente, salvano temporaneamente l’avanzamento del gioco.
    Se infatti uno dei due, od entrambi i marines dovessero soccombere agli attacchi nemici, si verrebbe rigenerati in corrispondenza di precisi punti della mappa privi di ostili, ma del tutto spogli del nostro equipaggiamento, se si esclude la torcia e la pistola.
    Per recuperare quanto perduto, è necessario ritornare li dove si è deceduti e raccogliere il nostro equipaggiamento, rappresentato da uno zaino, che solo il giocatore a cui appartiene può recuperare.
    A volte però, quando si muore molto lontani da uno di questi invisibili check point, si rende purtroppo necessario ripercorrere intere sezioni di livello, quasi sempre inevitabilmente prive di qualunque nemico, per poter tornare ad assaporare un po di azione e questo aspetto, unito ai numerosi corridoi a volte troppo stretti per due persone che cercano di far fuoco sullo stesso obbiettivo, rappresenta forse l’unico neo concettuale di questa interessante e coinvolgente modalità.
    La possibilità di cooperare infatti, assume presto le vesti di una coinvolgente necessità di coprirsi le spalle e di tenersi costantemente in contatto, tramite le capacità vocali offerte dal servizio Live!, per via di un numero davvero esiguo di munizioni ed equipaggiamenti da dividere con criterio e di un sostenuto livello di difficoltà, affrontabile con successo solo se si agisce in coppia , quanto negli spazi bui, dove uno dei giocatori può illuminare la via, mentre l’altro elimina gli ostili, quanto durante i frequenti attacchi di massa, ai quali sopravvivere da soli risulta un impresa impossibile.
    Vicarious visions ha inoltre escogitato un semplice sistema per forzare la collaborazione e soprattutto impedire che un giocatore superstite possa andare troppo avanti, senza attendere il ritorno del compagno; tutte le porte di sicurezza infatti sono state dotate di un sistema di accesso, che consente il passaggio solo ed esclusivamente, se in prossimità del pannello di controllo si trovano entrambi i giocatori.
    Inoltre è impossibile non menzionare la simpatica decisione degli sviluppatori, di posizionare due copie del cabinato, già presente nella modalità singola, “super turkey puncer turbo 3”, proprio all’ingresso della struttura di accoglienza del primo livello di questa modalità cooperativa, attraverso i quali è possibile realizzare una buffa sfida tra i due giocatori, al fine di ottenere per primi i tremila punti.

    Quattro personaggi ed un ping preoccupante

    La modalità cooperativa non è la sola possibilità multigiocatore offerta da Doom 3; è infatti possibile organizzare dei canonici match, per un numero massimo di quattro giocatori, attraverso il system link ed xbox Live!.
    Così come il numero massimo di giocatori, anche le modalità nelle quali si può competere sono solamente quattro, ovvero il canonico Deathmatch, Team Deathmatch, Last man, nel quale ogni giocatore ha a disposizione un numero limitato di vite e vince l’ultimo a sopravvivere ed infine Tourney, che consiste in un mini torneo nel quale due giocatori si sfidano faccia a faccia, mentre gli altri due assistono come spettatori in attesa del loro turno.
    Le mappe a disposizione per questa modalità, si rifanno alle varie strutture incontrate nella campagna, ma sono purtroppo in numero davvero esiguo ed inoltre il più delle volte, troppo ampie per soli quattro giocatori, col risultato che capita spesso di girovagare per molti secondi senza incontrare nessuno e che gli scontri si riducono per lo più a degli uno contro uno.
    Inoltre non è presente nemmeno in questo caso una hub in cui organizzarsi, ne la possibilità di scegliere alcun personaggio aggiuntivo da utilizzare, ma solo il nostro marine, del quale possiamo decidere esclusivamente ed a partita iniziata, il colore della corazza.
    Una particolarità di questa modalità, è la maggiore velocità a cui si muove il nostro personaggio, rendendo il ritmo dell’azione molto simile a quello del cugino Quake 3 arena, ma al tempo stesso impedendo di fatto la possibilità di mirare accuratamente, che unita ai frequenti problemi di lag per gli ospiti, questa volta con un ping misurato numericamente, portano a favorire nettamente il giocatore dotato di armi ad ampio raggio e soprattutto l’host.
    Infine a completamento del supporto Live!, sono presenti la canonica ricerca Optimatch, la classifica mondiale per le partite multiplayer, il supporto per degli auspicabili download content ed inoltre la possibilità di inviare e ricevere messaggi testuali e vocali, ai membri della nostra friend list.

    Con un colpo ti uccido, con un altro ti scarnifico...

    Come già accennato nell’introduzione, l’aspetto visivo di Doom 3 fece, ai tempi della sua prima comparsa, sembrare tutto più vecchio, ma purtroppo sono passati diversi anni da quel momento e numerosi titoli sono andati tecnologicamente oltre, ma nonostante tutto, il titolo della Id software riesce ancora a stupire, soprattutto in ambito più strettamente artistico.
    La modellazione degli ambienti di gioco, non è certamente impressionante, ma piuttosto adempie perfettamente al compito di riproporre superfici sufficientemente curvilinee, laddove se ne presenta la necessità ed un numero di oggetti di contorno, tali da riprodurre con coerenza gli ambienti che ci si aspetta di vedere all’interno ed all’esterno di una struttura di ricerca del futuro.
    Ad aumentare esponenzialmente i dettagli di questi ambienti, troviamo in Doom 3 un uso intensivo della tecnica grafica denominata polybump, che attraverso l’uso di diversi strati di texture, uno per il grado massimo di luminosità, uno per il minimo, uno ancora per la semplice trama ed infine una texture di bump ricavata da un modello ad alto numero di poligoni ed illuminata da tutte le possibili angolazioni, garantisce un dettaglio che va oltre la modellazione poligonale di ogni oggetto ed in più, grazie all’illuminazione per pixel, permette ad ogni superficie di mostrare zone di ombre e di luce, come se le asperità texturizzate, fossero realmente solide.
    Doom 3 non è certamente il primo titolo che su xbox mostra superfici in polybump ed in più associa a tale tecnica anche texture di mediocre ed a volte pessima qualità, ma con buona probabilità primeggia in quanto a resa delle superfici metalliche, palette grafica e soprattutto qualità dell’illuminazione.
    La ricercata marcata differenza tra luce ed ombra, unita alle ombre dinamiche in tempo reale proiettate da qualunque cosa si muova in prossimità di una fonte di luce ed infine la realistica maniera in cui è capace di illuminare la torcia del nostro personaggio, non solo hanno dell’incredibile come realizzazione, ma contribuiscono in buona parte a quella opprimente e coinvolgente atmosfera che differenzia Doom 3 da qualunque altro first person shooter.
    Inoltre, in ogni ambiente sono sempre presenti numerosi oggetti e strumenti, capaci di illudere facilmente di trovarsi all’interno di laboratori o di strutture di mantenimento, dotati ognuno, così come i corpi dei nemici, di un discreto modello fisico, che però è stato implementanto solo parzialmente e soprattutto, purtroppo in modo marginale ed ininfluente ai fini del gameplay.
    Particolarmente efficace è invece la tecnologia impiegata da Id Software, per la rappresentazione dei testi nei display sparsi per la struttura marziana; ogni monitor o schermo che si incontra per tutta la durata del gioco, non riporta dei testi come semplici texture, ma piuttosto come veri e propri font ed è possibile avvicinarsi ed ingrandire la vista, tramite l’apposita funzione, senza scorgere alcuno spiacevole effetto tipico dello zoom di una bitmap e ciò va a favore di una elevata e chiara leggibilità di ogni testo presente sui terminali.
    Al di là degli alti e bassi tecnologici di Doom 3, ciò che proprio non si può negare, è la grandiosa capacità artistica dei designer di Id Software, che trova apici di maestria, tanto nella rappresentazione di strutture meccaniche, quanto nel concepimento e nel disegno delle più incredibili ed inquietanti creature mai apparse in un videogioco.
    Ogni struttura metallica ed ogni macchinario presente nel gioco, sono stati concepiti come se avessero uno scopo, nell’ottica della funzionalità dell’intera struttura e vedere un apparecchio muovere tutti i suoi organi e le sue luci in maniera così realistica, fa credere facilmente che stia davvero funzionando, così come ogni “materiale” organico, sembra davvero pulsare di vita e di malignità.
    Allo stesso modo, ognuna delle numerose tipologie di creature che si incontreranno nel corso della campagna, è realizzata in maniera impeccabile; ad un basso numero di poligoni, è stato associato un ottimo uso di polybump e trame di buon livello ed infine sono stati dotati di una semplicistica intelligenza artificiale, che li fa muovere senza alcuna tattica verso il giocatore, ma fortunatamente in maniera molto realistica ed inquietante, grazie a delle ottime animazioni.
    Purtroppo in Doom 3 i nemici non manifestano l’impatto dei colpi incassati, con alcun tipo di animazione e neppure ricevono danni differenti, a seconda della zona del coro colpita, ma semplicemente, dopo un tot di colpi ricevuti, cadono a terra rantolanti, alcuni stramazzando al suolo, altri decomponendosi istantaneamente.
    Una particolarità emblematica dei civili che si incontrano e dei nemici che non si decompongono alla morte, sta nel fatto che, se uccisi con un colpo molto potente, oppure colpiti anche con la torcia dopo essere caduti, secondo un modello ragdoll, privi di “vita”al suolo, semplicemente vengono scarnificati, lasciando il solo cervello che cade a terra e lo scheletro che svanisce immediatamente dopo, con uno strano effetto che davvero non ci si aspetterebbe da qualunque arma e soprattutto dalla tradizione di “cadaveri che esplodono” alla quale ci ha abituato Id Software.
    Inoltre in Doom 3 sono stati impiegati buoni effetti per riprodurre scintille, vapore, fumo e fiamme ai quali si aggiunge un discreto effetto di post produzione, per rappresentare la deformazione delle immagini in prossimità delle fonti di calore, realizzato tramite deformazione locale sul frame singolo.
    Infine, a conferma del magistrale lavoro di conversione effettuato da Vicarious Visions, che sono stati in grado di adattare il pesantissimo codice della versione pc, all’hardware xbox, va segnalata la notevole pulizia video, il buon utilizzo di anti alias, il supporto delle tv con schermo a 16:9 ed infine un aggiornamento dello schermo costantemente fissato sull’ottimo valore di trenta semiquadri al secondo, fatta eccezione per dei poco frequenti e comunque istantanei scattini, soprattutto in multiplayer, che non compromettono assolutamente il gameplay.

    ...sono dappertutto!...

    Un titolo che punta all’atmosfera come Doom 3, vanificherebbe qualunque sforzo tecnico ed artistico, se non fosse affiancato da un comparto audio adeguato e per fortuna, il titolo Id Software, non solo soddisfa le aspettative, ma sa andare oltre.
    Le musiche ed i motivetti dei primi due Doom, hanno lasciato il posto al silenzio dei corridoi desolati e bui, interrotto solo dal suono dei propri passi e dei macchinari che ci circondano; sfiati di vapore, turbine in moto, terminali e registratori di dati che lavorano incessantemente, sono solo alcuni dei numerosi effetti sonori che spezzano il freddo silenzio della struttura marziana.
    L’incredibile varietà e qualità di questi fx, fa un prezioso uso della decodifica in dolby digital, che gioca un ruolo fondamentale nell’incrementare ancora di più quella sensazione di insicurezza e di costante minaccia, che rende unica l’atmosfera di Doom 3.
    Mentre si attraversa un silenzioso e buio sotterraneo, anche un’ improvviso sfiato di vapore che spezza il silenzio, può metterci in guardia, tanto quanto udire delle urla e dei versi disumani provenire alle nostre spalle.
    Inoltre la qualità di ogni fx è davvero di livello molto elevato ed è facile constatare l’accurata selezione che ha portato a questo risultato, come l’effetto associato alla raccolta di una nuova corazza, così volutamente simile al verso di un nemico, oppure l’fx che riproduce il caricamento del fucile, non dissimile dal suono associato al movimento di una superficie organica, o ancora l’inquietante effetto sonoro dello stato di berserk, realizzato da numerose urla strazianti ed inquietanti.
    Ottimo anche il livello della localizzazione nel nostro idioma, con recitazioni a volte di qualità cinematografica ed a volte di qualità mediocre, ma nel complesso ai massimi livelli della produzione videoludica.
    In particolare ottime, anche se all’inizio ripetitive, le comunicazioni radio, che contribuiscono ancora di più a creare l’atmosfera di smarrimento ed infine le battute dirette al protagonista, recitate sia al singolare, che al plurale per la modalità cooperativa, lasciando intuire come, fin dalla fase di incisione delle tracce audio, sia stata prevista tale caratteristica per la versione xbox.

    Concept vecchio fa buon brodo...?

    Al debutto su personal computer Doom 3, al di là dalle vendite stratosferiche, ha sollevato tanto entusiasmo quante critiche, soprattutto per un gameplay inaspettatamente scarno.
    Che la meccanica dell’ultimo lavoro di Id sia semplice, è chiaro fin dai primi minuti di gioco; si procede per i corridoi e si trova una porta chiusa, si raccoglie un pda , si ottiene il codice di accesso e così avanti fino alla prossima porta bloccata.
    Anche le meccaniche del vero e proprio combattimento con i nemici sono molto semplici; è inutile mirare nei punti che si ritengono cruciali, perché comunque non cambia il danno inferto, sentire un verso sinistro equivale nove volte su dieci all’attacco di un nemico ed inoltre si può quasi sempre star certi che quella parete che sembra tanto strana, verrà giù e lascerà uscire un nemico proprio quando gli diamo le spalle.
    La stessa torcia ed il compromesso che è stato deciso, riguardo l’impossibilità di usarla in concomitanza con le armi, al palese fine di incrementare l’atmosfera e la tensione, è da una parte una scelta che senz’altro ha dato il risultato sperato, ma al tempo stesso risulta poco convenzionale nell’attuale panorama videoludico ed inoltre, all’interno dell’avventura non è neppure data una spiegazione a tale inconveniente, oltre a quella, poco logica per un marine tecnologico, che porta a pensare semplicemente ad un problema di praticità.
    L’aver adottato questi criteri, certamente legati alla scorsa generazione di fps, ha reso Doom 3 meno coinvolgente dal punto di vista dell’interazione con gli ambienti e delle possibilità di gioco nei confronti dei più recenti esponenti del genere, ma ha al tempo stesso permesso di ottenere un atmosfera unica per questo genere di titoli ed un bilanciamento di gioco che onora la semplicità e l’immediatezza dei capostipiti del genere in questione.

    Doom III Doom IIIVersione Analizzata XboxProprio come i primi Doom infatti, l’ultimo lavoro di Id Software, è un fps puro e non lascia distrarre il giocatore con esercizi di fisica applicata, con sessioni di guida o con una trama approfondita, ma non vuole altro che regalare le frenetiche emozioni di uno sparatutto ricco di atmosfera e ne è fiero di saperlo fare così bene e soprattutto così semplicemente. L’aver preso così chiaramente le parti, ha inevitabilmente creato due contrastanti opinioni riguardo il reale valore di Doom 3; per alcuni è vergognosamente vecchio, mentre per altri il titolo Id Software incarna la vera essenza dello sparatutto, ma al di là delle preferenze personali, è indiscutibile che in un mercato di fps che tentano in ogni modo di introdurre elementi di originalità, che il più delle volte non fanno altro che complicare e rendere meno piacevole l’esperienza di gioco, la presenza di Doom 3 non può far altro che piacere e, paradossalmente, portare una ventata di aria fresca in questo panorama. Infine, è d’obbligo fare i complimenti a Vicarious Visions per un fantastico lavoro di conversione, che al prezzo dell’eliminazione di alcuni effetti, come l’ombra dei nemici generata dalla nostra torcia e di un visibile ridimensionamento dei livelli, ha saputo portare uno dei più esosi titoli per personal computer, su una piattaforma dalla potenza limitata come xbox. Il confronto con l’originale per pc, per quanto riguarda i contenuti, risulta impari, in quanto sono numerose le cut-scene e le ambientazioni accessorie tagliate dalle necessità del progetto, ma nonostante questo, se qualcosa si è perso, è stato solo nella narrazione della storia e non certamente nell’azione di gioco ed inoltre queste perdite hanno un peso ancora minore, se si pensa che il target di questa conversione non è certamente chi già ha giocato la versione pc e comunque, anche se si trattasse di giocatori che conoscono l’originale Doom 3 come le proprie tasche, ovviamente avranno acquistato questa conversione soprattutto per l’inedita e frenetica modalità cooperativa. Per chiudere, va segnalata la presenza sul mercato di Doom 3 xbox, anche in una versione limitata da collezione, che al prezzo di cinque euro in più nei confronti della versione normale, offre un elegante confezione metallica, brevi interviste non sottotitolate ed in lingua originale agli sviluppatori, un interessante speciale sul fenomeno Doom, una magra galleria di concept art ed infinte gli episodi integrali ed originali di Ultimate Doom e Doom 2, da poter giocare anche in cooperativa od in deathmatch tramite split screen per un massimo di quattro giocatori, che certamente faranno la gioia degli amanti della saga.

    8.5

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