Duke Nukem Forever Recensione: il Duca è tornato?

Il Duca fa il suo ritorno. Recensito il titolo con lo sviluppo più travagliato di sempre

Duke Nukem Forever
Recensione: Xbox 360
Articolo a cura di
Disponibile per
  • Xbox 360
  • PS3
  • Pc
  • Anche senza particolari qualità ludiche, tecniche o artistiche alcuni videogiochi restano perennemente scolpiti nella memoria dei giocatori, generazione dopo generazione. E’ il caso di Duke Nukem, shooter in prima persona la cui comparsa è datata 1991, che seppe entrare nel cuore del popolo videoludico soprattutto per il distorto carisma del suo protagonista, il biondo e muscoloso Duke, sprezzante del pericolo e convinto maschilista. Uno strabordare di volgarità e riferimenti sessuali sempre più espliciti hanno dunque scolpito a fuoco i lineamenti del “Duca” nella memoria ludica dei primissimi anni ’90, durante i quali il biondo “eroe” ha letteralmente spopolato.
    Con un protagonista tanto eccentrico ed anti-conformista (unico nella sua volgarità) pare piuttosto normale trovare, anche ad oltre 10 anni di distanza, uno zoccolo duro di fan disposti a qualsiasi cosa pur di rivivere le gesta del Duca, che, dopo innumerevoli peripezie (cancellazioni, ri-scritture, promesse) torna con un capitolo inedito. Duke Nukem Forever, completato (più che sviluppato) da Gearbox, rappresenta il debutto Next Gen del brand, disponbile per PC, Xbox 360 e Playstation 3 dal 10 di Giugno.

    Il ritorno del Duca

    Per quanto riguarda lo storytelling (se di storia davvero si può parlare) non c’è moltissimo da dire: a 12 anni di distanza dalla cacciata degli alieni-porcello da parte dell’indomito Duke Nukem, il biondo eroe è diventato una vera e propria star. Possiede un’enorme villa-mausoleo, ha inaugurato catene di fast-food e di negozi, prende parte ad innumerevoli talk show e, naturalmente, è idolatrato dalle “pupe”, che non manca di soddisfare. Tutto questo sta però per avere uno sconsiderato epilogo, quando l’impazzita razza aliena -arcinemica del Duca- decide di ritentare l’invasione. Toccherà naturalmente al nostro beniamino, tra una volgarità e l’altra, liberarsi della minaccia nella maniera più sadica e violenta possibile. Da questo punto in poi le 12/15 ore di gioco necessarie a completare l’avventura scorrono in maniera del tutto lineare, focalizzando l’attenzione unicamente sulla componente shooter della produzione.
    Da questo punto di vista l’avventura si rivela a dir poco datata, mostrando, oltre alla decantata linearità della progressione, un’estrema piattezza per quel che riguarda il level desing. Le pochissime variazioni alle normali meccaniche shooter si contano sulle dita di una mano e presentano situazioni del tutto collaterali che paiono spesso cozzare con il globale fluire della progressione. Nei primi livelli di gioco, ad esempio, sperimenteremo il raggio rimpicciolente, che trasformerà l’eroe in una sorta di soldatino giocattolo. Tra improbabili battutine a sfondo sessuale ci troveremo nientemeno che a guidare un’automobilina telecomandata, ma semplicemente per attraversare alcune aree che, tornati a dimensioni normali, dovremo ripercorrere per ripulire. Dello stesso calibro le sezioni platforming, interminabili (e noiose), in cui ci verrà chiesto di saltare e spostare oggetti, spostare oggetti e saltare, in continuazione. Ogni espediente alternativo si rivela dunque piuttosto velleitario, per un’esperienza che incarna sostanzialmente lo spirito degli sparatutto di quindici anni fa. Dai movimenti del protagonista alle meccaniche di fuoco, passando per l’imprecisione dell’hit box, ogni elemento porta le nostre menti al passato, ai tempi di Duke Nukem 3D ma anche di Doom, titoli a cui Forever somiglia in maniera preoccupante.
    Ciò che rende unica la produzione Gearbox, soprattutto per i più sfegatati fan del Duca, è quindi la caratterizzazione del protagonista e degli elementi di contorno, ricchi come mai s’era visto di citazioni al passato e dissacranti parodie delle più recenti produzioni (esemplare quella di Halo, con Duke a definire “roba da fighette” l’armatura di Master Chief, presentatagli come “la sua armatura verde”). Se siete disposti ad accettare di buon grado (o se addirittura apprezzate) gli espliciti ammiccamenti sessuali che ogni essere femminile esternerà alla vista del nostro eroe, e le volgarità (spesso di cattivo gusto) in cui il Duca e tutti gli altri comprimari si produrranno, allora potrete godervi un’avventura accessibile e dallo scorrere leggero e fluente. L’accessibilità è infatti una delle caratteristiche principali della produzione, che non implementa alcuna delle meccaniche “avanzate”, dei talenti o dei perks che abbiamo visto nei recenti concorrenti. Oltre allo sparare, infatti, avremo la possibilità di utilizzare tre semplici potenziamenti legati alla croce direzionale (la Duke Vision per vedere al buio, la Birra e gli Steroidi per guadagnare temporanea invulnerabilità e potenza e l’Holoduke, un ologramma in grado di confondere i nemici). potremo inoltre piazzare mine ed utilizzare ordigni esplosivi a comando. Il tutto si aggiunge ad una -tutto sommato- buona varietà di bocche da fuoco, che vanno dalla semplice pistola semi-automatica allo Sventratore (un potente mitragliatore), passando da immancabili lanciarazzi e fucili da cecchino, per un arsenale quasi interamente tratto dal predecessore. A controbilanciare la potenza dei pugni (avremo anche la facoltà di sferrare attacchi melee) e delle armi del Duca le decine di avversari pesantemente armati a cui dovremo far fronte, dotati di intelligenza artificiale praticamente nulla ma “imbottiti” di un’aggressività non comune che, anche a livelli di difficoltà minimi, produrrà una discreta sfida. Peccato non si possa dire lo stesso per gli spettacolari Boss Fight, durante i quali ci scontreremo con enormi creature dalle routine sin troppo basilari e prevedibili.
    Non fossimo soddisfatti dalla campagna il team ha pensato di aggiungere alla produzione anche una componente multiplayer, che si presenta altrettanto classica e datata quanto la campagna. Ci troveremo infatti di fronte a tre sole modalità: Deathmatch, Deathmatch a squadre e Cattura la Pupa, una variante del cattura la bandiera con sexy stripper da catturare (e sculacciare) al posto degli stendardi. Le meccaniche, in multigiocatore, non cambieranno affatto e, complice un netcode non sempre ottimizzato al meglio, il limite di 4 vs 4 in mappe piuttosto ridotte e la povertà generale del gaemplay, non produrranno alcun incremento alla longevità del prodotto. A salvare un comparto competitivo raffazzonato alla buona ci prova, senza successo, una singolare idea feticista: la possibiltà di personalizzare la dimora del Duca... con materiale puramente estetico la cui natura lasciamo alla vostra immaginazione.

    Come quindici anni fa

    Dal punto di vista tecnico, esattamente come da quello ludico, Duke Nukem Forever è rimasto ad una generazione fa. La modellazione poligonale dei personaggi risulta appena sufficiente, povera di particolari e totalmente priva di una qualsivoglia caratterizzazione facciale. A peggiorare la situazione ci pensa, però, un comparto animazioni del tutto insoddisfacente, da vero e proprio paleolitico videoludico, con movimenti che presentano pochissimi passi avanti rispetto alle produzioni sin qui più volte citate (Doom, Duke Nukem 3D). Solo gli scenari, per quanto altalenanti, riescono a risollevare leggermente le sorti visive della produzione. S’alternano, in questo caso, ambientazioni sufficientemente particolareggiate ad altre completamente spoglie e texturizzate alla bell’e meglio, dove il pop-in è all’ordine del giorno: un’alternanza che dimostra tutte le problematiche di cui soffre un prodotto dalla così lunga gestazione. Anche dal punto di vista dell’effettistica non si può certo gridare al miracolo: particellari, effetti visivi ed illuminazione rimangono infatti sempre uno/due gradini al di sotto della corrente generazione, mostrando un colpo d’occhio globale del tutto inaccettabile.
    Di levatura decisamente migliore il comparto sonoro, che presenta una buona serie di campionature ed una colonna sonora hard rock piuttosto adatta ad ogni occasione. Il titolo presenta poi un discreto doppiaggio in italiano, reo però di “storpiare” alcuni dei più irriverenti doppi sensi, che nell’idioma anglosassone risaltano in maniera ben più graffiante.

    Duke Nukem Forever Duke Nukem ForeverVersione Analizzata Xbox 360Duke Nukem Forever, esattamente come ci aspettavamo, non è nient’altro che un continuo fan service. Una produzione ricca di rimandi al passato e di gag al limite del buon gusto che solamente i fan sapranno apprezzare appieno. Per tutti gli altri si tratta, sostanzialmente, di un videogame immediato e divertente, che promette diverse ore di frenetico massacro a patto di essere disposti a scendere a compromessi con una struttura di gioco del tutto superata e con un comparto tecnico, ad oggi, inguardabile.

    7

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