Escape Plan: recensione dell'inconfondibile puzzle game per PS Vita

Un Puzzle Game dallo stile inconfondibile

Escape Plan: recensione dell'inconfondibile puzzle game per PS Vita
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  • PSVita
  • PS4
  • Presentato in occasione della scorsa GamesCom, Escape Plan ha fin da subito stregato più di un giocatore, grazie ad uno stile che definire delizioso sarebbe un inopportuno eufemismo. Come macchie d'inchiostro in un mondo grigio, malsicuro e malaticcio ma ricchissimo di dettagli, i due protagonisti ricordavano con la loro “tipizzazione” e le loro movenze la comicità d'epoca delle SlapStick. Il sottile voyeurismo sadico con cui si osservavano le morti dei protagonisti, insistite e sottolineate, era un sentimento sempre allegro e vivace: vuoi per la trottante colonna sonora, vuoi per l'assurda fragilità che i membri del duo dimostravano ad ogni piè sospinto, finendo al creatore solo per essere inciampati in un mattone. Messe le mani su quello che appariva un piccolo gioiello, i dubbi sulla sostanza ludica hanno però cominciato a serpeggiare. Escape Plan pareva pensato come una deliziosa tech demo, che esaltasse con leggerezza le funzionalità tattili della console, ma la sostanza ludica appariva in fondo un po' troppo evanescente.
    Poco prima del lancio di PlayStation Vita siamo venuti a sapere che il titolo in oggetto sarebbe stato commercializzato solamente su PSN al prezzo abbastanza modico di 12,99 euro. Questa dimensione ridotta ed il costo contenuto, a conti fatti, sono gli aspetti che salvano in corner Escape Plan, dal momento che -versione completa alla mano- tutte le incertezze sulla consistenza dell'esperienza di gioco si sono trasformate in un'amara realtà.

    La grande fuga

    Escape Plan è un gioco fatto con poco. L'estrema sintesi delle risorse visive e narrative, che fa da controcanto all'asettica bicromia del colpo d'occhio, delizia il giocatore fin dai primi momenti, quando è sufficiente qualche parola ed un paio di artwork per immergerlo in un contesto dal carattere unico. Lil e Laarge, i buffi protagonisti del gioco, sono stati intrappolati dal malvagio Bakuki in un centro di ricerca da cui devono scappare con l'aiuto del giocatore, attraversando sudicie celle e malsani impianti di produzione. Non sappiamo nulla di questo losco individuo mascherato che appare nelle retrovie, spuntando de piccole finestrelle per osservarci arrabbiato, ma quasi sempre come se stesso tenendo d'occhio le cavie di un esperimento inumano. Sappiamo soltanto che il nostro compito è quello di portare il gongolante Laarg e lo scheletrico Lil fuori da lì, attraversando in sequenza un labirinto di stanze. Il giocatore è un vero e proprio Deus ex Machina, che controlla con rapidi tocchi tutti i movimenti dei protagonisti, e plasma l'ambiente di gioco cercando di eliminare gli ostacoli che si frappongono all'uscita. Il sistema di controllo è essenziale: facendo scivolare il dito in una direzione, si invita il protagonista ad avanzare lentamente, mentre con un rapido tap lo si immobilizza nel punto desiderato. Basta questo per animare i primi stage: mentre Lil cammina risoluto verso l'uscita, si procede toccando sul touchscreen gli oggetti che potrebbero arrestarne l'avanzata, spingendoli così in profondità. Analogamente, un tocco sulla superficie tattile sul retro della console, spinge in avanti casse e barili, magari a formare un ponte improvvisato che eviti una brusca caduta nel vuoto.
    C'è bisogno di prendere un po' di confidenza con il sistema: i movimenti dei protagonisti non sono del tutto reattivi, come se Lil e Laarg fossero animati da un'indolente svogliatezza, che ci impone di spingerli, stimolarli costantemente. Questa sorta di “resistenza motoria”, una strana inerzia meccanica che si deposita sulle membra ciondolanti del duo, trasmette un ritmo pacato all'avanzamento. Una volta metabolizzati i tempi di reazione, la struttura enigmistica delle stanze comincia a farsi lievemente più complessa. Se prima era sufficiente spingere e tirare qualche oggetto, ben presto le difficoltà si inaspriscono, ed aumentano notevolmente gli elementi interattivi. Ad ostacolare il cammino, ad esempio, intervengono cupi scagnozzi di Bakuki, che vanno attirati -con un tap sul touchpad retrostante- nelle trappole mortali che ci circondano, ovviamente da disinnescare prima che passi la “strana coppia”. Ci sono poi tubi danneggiati, che perdono un gas scuro e velenoso: certe volte è sufficiente tappare la falla con un dito, da tenere fermo in posizione mentre con l'altro gestiamo i movimenti di Lil e Laarg; in altre occasioni si deve anche attivare, con un repentino movimento circolare, il sistema di ventilazione, che liberi le stanze dalla sostanza mortale.
    Sparsi qua e là si trovano distributori di caffè e grosse bombole di elio. Dando da bere la scura brodaglia a Lil è possibile farlo entrare in uno stato di divertita eccitazione nervosa: a questo punto può essere letteralmente “pizzicato”, affinchè esegua un rapido scatto in avanti, utile per superare porte a tempo o piattaforme pericolanti. Con la bombola di elio, il piccolino può invece essere gonfiato, così che possa poi fluttuare mentre gestiamo i movimenti con l'inclinazione del dispositivo (un sistema di controllo in verità non troppo preciso, e causa spesso di morti improvvise e frustranti).
    Purtroppo la varietà delle situazioni sembra esaurirsi in fretta, e ben presto il fattore sorpresa viene meno. Senza il sostegno di un avanzamento curioso ed il piacere della scoperta, Escape Plane mostra in fretta tutti i limiti della sua struttura. Anche perchè il livello di difficoltà di questa breve avventura (che può essere conclusa in meno di tre ore) è relativamente basso: non c'è mai incertezza su dove andare, o su quale sia la sequenza giusta di azioni da far eseguire ai protagonisti. C'è bisogno, semmai, di sperimentare le reazioni dell'ambiente di gioco: registrare i tempi di caduta dei barili che formano un ponte, contare i secondi che avanzano prima della chiusura di una porta. Non mancano quindi le morti occasionali, ma il processo di Trial & Error è piuttosto lineare e poco creativo, e di fatto appare poco stimolante.
    Ogni stanza, per il cui attraversamento impiegherete raramente più di un minuto, scorre via senza enigmi memorabili, lasciando una generale sensazione di piattezza e di vuoto. Si può tentare di risolvere la situazione cercando di ottenere una valutazione di tre stelle in ciascuna sezione: per ricevere l'ambito premio (legato ovviamente all'ottenimento di un trofeo), si deve non solo muoversi in fretta, ma anche fare economia di movimenti, cercando di toccare lo schermo il minimo indispensabile. In certi casi, tuttavia, anche la più incrollabile volontà completista si scontra con un riconoscimento impreciso degli input, che manda all'aria gli sforzi logici per eliminare i tocchi superflui. Anche se spesso dunque ci si arrende in preda alla frustrazione, questo resta l'unico sistema per “tirar fuori” da Escape Plan un decente senso di sfida: soprattutto nelle sezioni in cui si deve alternare il controllo di Lil e Laarg, è necessaria un'attenta pianificazione dei “click” e degli “swipe”. Ma in linea di massima l'avventura della coppia concede soddisfazioni solo moderate, che svaniscono dopo l'entusiasmo iniziale legato alla meraviglia stilistica.
    Sul fronte delle coreografie e del Character Design, del resto, Escape Plan è un vero e proprio gioiello: la silhouette dei due protagonisti, i loro gesti goffi e imbranati, il numero quasi tatuato sulla loro pancia, che conta ogni morte improvvisa, scaturiscono da una verve creativa unica, ed hanno il potenziale per restare scolpiti a fuoco nella mente dei giocatori. Sottili echi delle opere del primo Tim Burton, una comicità alla Buster Keaton, persino qualche guizzo del PlayTime di Tatì (nell'uso morigerato degli stridenti effetti sonori), si respirano per tutto il corso dell'avventura, mentre l'accompagnamento sonoro sfrutta arrangiamenti di brani di musica classica, intramontabili motivetti Jazz, o le note melanconiche di fisarmonica per avvicinare ancor più il contesto a quello del cinema muto.
    E' un peccato che all'entusiasmo per questo lavoro creativo eccezionale si mescoli la delusione per un impianto ludico appena sufficiente, nonché una longevità che forze è appropriata al costo del pacchetto, ma che viene anche potenzialmente intaccata dalla frustrazione.

    Escape Plan Escape PlanVersione Analizzata PlayStation VitaEscape Plan avrebbe potuto essere un titolo di ben altro spessore. Con un sistema di controllo più reattivo e preciso, ma soprattutto con un level design più articolato, questo Launch Title avrebbe sicuramente riscosso enorme successo. Invece, se si superano i nervosismi generati da una risposta non sempre impeccabile agli input, il titolo procede a metà fra un Puzzle Game ed una “Tech Demo” pensata per far mostra del sistema di controllo tattile della macchina. Alcune stanze sono talmente semplici da risultare quasi fini a se stesse, per nulla stimolanti, e nonostante all'inizio il titolo inserisca molti elementi interattivi da scoprire, questa varietà svanisce in un lampo e lascia spazio ad una progressione monotona. Il titolo è salvato da un comparto artistico eccezionale, che attrae e incuriosisce anche dopo aver scoperto i limiti del gameplay. Il prezzo moderatamente contenuto potrebbe dunque spingere qualcuno all'acquisto.

    6.8

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