Everything Recensione

Il nuovo gioco di David OReilly è un "simulatore di esistenza" in cui potremo impersonare letteralmente "ogni cosa".

Everything Recensione
Articolo a cura di
Disponibile per
  • Pc
  • PS4
  • La differenza tra la "filosofia" ed il "gioco" è che la filosofia non può essere un gioco, ma un gioco può essere filosofia. Everything, la nuova (ambiziosa) creatura digitale di David OReilly, è proprio questo: è la rappresentazione virtuale di un pensiero astratto, che pesca a piene mani dalle suggestioni cosmologiche, dal mito della creazione e dell'essenza naturale di "ogni cosa". Non potevamo aspettarci nulla di diverso dall'autore di un titolo squisitamente provocatorio e concettuale come Mountain, un'opera che permetteva al giocatore di impersonare, per l'appunto, una montagna, fluttuante nell'immenso vuoto della sua ciclica esistenza. Con il suo ultimo parto, però, l'obiettivo di OReilly raggiunge "vette" ben più elevate: Everything è, al tempo stesso, sia un profondo saggio metafisico sui grandi misteri dell'universo, sia un discutibile concentrato di intellettualismo fine a se stesso. È sia una forma d'arte interattiva, sia un semplice esercizio di stile. È sia una riflessione sulla natura della vita, sia su quella dell'intrattenimento videoludico. È un gioco sul tutto. Ed è un gioco sul niente.

    Piccola cosmogonia portatile

    Un frammento di luce vaga nella vuotezza del cosmo, interrogandosi sulla sua identità, sulla sua ragion d'essere. Perso in una vastità senza confini, il suo pellegrinare sembra non avere alcun senso: almeno finché, come per miracolo, questo lieve scintillio non trasmigra nel corpo di un essere vivente, qualunque esso sia.

    Noi abbiamo impersonato, come prima cosa, una mucca, intenta a muggire su un pianeta dalla conformazione vegetale del tutto simile alla Terra. Dopo pochi minuti ci siamo ritrovati a prendere il controllo di questo animale: il contatto iniziale con Everything è però straniante, finanche risibile, se preferite. Privo di qualsivoglia tipo di animazione, il modello poligonale della nostra mucca si muove in modo sgraziato, rotolando come se fosse un unico blocco tridimensionale senza nessuna malleabilità. L'impatto diviene ancor più buffo e spiazzante quando osserviamo interi branchi di creature spostarsi all'unisono, in grado di dar vita ad uno spettacolo a schermo piuttosto bizzarro, con bestioline di ogni genere che zampettano a testa in giù o fluttuano sull'erba. Superata l'innegabile ilarità delle prime fasi, però, Everything inizia a mostrare la sua vera natura: molto presto, infatti, otterremo la possibilità di tramutarci letteralmente in ogni cellula che compone questo infinito mondo virtuale. Grazie alla capacità di "ascendere" nelle cose più grandi e "discendere" in quelle più piccole alla semplice pressione di un paio di tasti, in pochi secondi ci trasformeremo ora in una sequoia, ora in un insetto, ora in un uccello, ora in una falena, ora in una minuscola pietra, ora in un intero continente. Il senso di meraviglia è totale, così come indescrivibile è il vibrante brivido della nuova scoperta. Vi ritroverete dopo pochi istanti a voler conoscere nel profondo tutte i microrganismi del sottosuolo, scavando a fondo nelle radici del terreno, oppure scandagliare gli abissi degli oceani, prendendo il controllo di un misero krill o dell'alga più insignificante. L'ascesa vi porterà invece sino alla conquista del cosmo, al possesso del sole, dei pianeti, degli asteroidi. Ma non vi basterà: come novelli Icaro, sarete assaliti dal desiderio di volare sempre più in alto, per comprendere ciò che si cela oltre i confini dello spazio remoto. Tra nebulose astrali, forme geometriche primordiali e particelle di ozono antiche quanto il tempo, Everything vi condurrà alla conoscenza della forma stessa dell'universo, in un connubio delicato e magistrale tra fantasia e scienza, sogno e concretezza. Non esiste una vera e propria "progressione" nell'esperienza di David OReilly, se si escludono le prime due ore di quello che potremmo considerare una sorta di "prologo" con il quale impareremo ad interpretare Dio. Pian piano scopriremo tutte le interazioni che l'opera ci mette a disposizione, non legate esclusivamente alla semplice trasfigurazione tra un corpo e l'altro ma anche alla "comunicazione" e all'"unione" tra le cose. Con profonde velleità esistenzialiste, Everything ci suggerisce che tutto, nel mondo, è connesso in qualche modo: mentre saremo impegnati a girovagare nella moltitudine universale, ci imbatteremo in alcuni "balloons" che trasmettono i pensieri di ogni elemento: assisteremo così alle riflessioni di una teiera in crisi mistica, o di una galassia a spirale che ci saluta amorevolmente. Everything vuole dare una "voce" a tutte le entità (animate ed inanimate) che popolano l'universo, e lo fa sia attraverso la dissertazione filosofica, sia con l'uso di una curiosa ironia che, di tanto in tanto, alleggerisce i toni delle "conversazioni". I pensieri vengono poi raccolti nel nostro "banco mentale" richiamabile tramite il touchpad del Dualshock 4, grazie al quale rivivere la pungente icasticità di un aforisma che magari abbiamo dimenticato.

    Tutto ciò che esiste nel mondo di Everything è collegato poi da un invisibile filo rosso stretto tra le nostre dita. Ed il verbo universale con cui comunicheremo è la "musica" della natura. Disporremo, infatti, della facoltà di richiamare a noi ogni altra creatura utilizzando il canto: in pratica, se all'inizio potremo unirci in branco solo con gli esseri della nostra specie (siano esse piante o animali, o particelle o satelliti), ben presto sbloccheremo l'abilità di raggruppare praticamente tutto quello che ci circonda con l'emissione di peculiari e specifici suoni. Vedere intere foreste che si muovono in simbiosi con gli scoiattoli oppure planetoidi vorticare in compagnia di galassie pulsar è uno spettacolo davvero sensazionale. Quando due o più "cose" si connettono, inoltre, possono anche dare il via a quella che il gioco definisce una "danza": volteggiando con delicatezza, gli elementi creano così un proprio simile, che compare dal nulla su questo affascinante palcoscenico digitale. Ecco che, con la danza, Everything - da manuale di filosofia - diviene metafora della "nascita". L'ambizione enciclopedica di OReilly è, del resto, confermata dalla presenza di un ricchissimo database in cui vengono raccolti i dati su tutto quello che impersoneremo nel corso del nostro vagare senza meta. Esiste un numero enorme, ma non infinito, di oggetti che compongono la cosmogonia di Everything, suddivisi sia per specie d'appartenenza sia per lo spazio occupato dal loro volume (monodimensionali, bidimensionali o tridimensionali). Ad un certo punto della progressione, avremo persino l'opportunità di trasformarci istantaneamente in qualsiasi cosa desideriamo, aprendo un apposito menù radiale: nulla ci vieterà, in sostanza, di impersonare un maiale in fondo all'oceano, e finanche un orso tra le stelle. In Everything, quindi, l'intero universo è avviluppato al giogo delle nostre mani e della nostra creatività. Magnifico, poi, il modo (semplice ma geniale) con cui OReilly è riuscito a digitalizzare l'idea della relatività del tempo. In breve, ogni essere possiede una propria "prospettiva" temporale: nei panni di una formica il trascorrere dei giorni sarà lentissimo e quasi impercettibile, mentre, controllando un continente, dinanzi ai nostri occhi si accavalleranno rapidamente albe e tramonti, temporali ed aurore boreali, in un continuo susseguirsi di stagioni. Negli evanescenti panni di un atomo, ovviamente, non esiste alcun divenire, ma solo un'interminabile fluttuazione nel mare dell'infinito. In mezzo a questo concentrato di suggestioni implicite, lasciate all'interpretazione di ogni giocatore, spesso fanno capolino anche momenti di pura disquisizione intellettuale. Sparse per il cosmo (tra le maglie fangose di una palude o tra le nuvole di un cielo terso), infatti, troveremo alcune registrazioni audio da raccogliere ed ascoltare.

    Si tratta dei monologhi di Alan Watts, filosofo inglese del Novecento, la cui voce suadente, calda e rassicurante ci spinge ad interrogarci sull'anima umana, sul finalismo della nostra esistenza, sull'origine e lo scopo ultimo della vita: è in questi momenti, quindi, che Everything si trasforma in una sorta di "Dear Esther tra le molecole". E ci immergiamo, allora, avvinti dai legacci dell'eternità, in un vero e proprio "documentario videoludico" (non è un caso, d'altronde, che sia stata implementata anche la funzione di autoplay, con la quale l'opera, una volta abbandonato il pad, si evolve da sola secondo un meccanismo procedurale): lasciandoci travolgere dal piacere della contemplazione (interattiva o passiva) intraprenderemo pertanto un lungo viaggio senza meta, a galoppo oltre i confini della nostra fantasia.

    Everything EverythingVersione Analizzata PlayStation 4Everything, oramai lo avrete capito, è un gioco indefinibile. Se proprio dovessimo affibbiargli un’etichetta, la più appropriata sarebbe forse quella di “simulatore d'esistenza”. Everything è dunque l’esaltazione dei sensi e della libertà, della sperimentazione e della continua, inenarrabile sorpresa. Per riuscire ad apprezzarlo fino in fondo occorre però soprassedere dinanzi ad un impianto tecnico che, nella pochezza (quasi ridicola) delle animazioni, rischia di infrangere l’incanto dell’immedesimazione. Ma è necessario altresì predisporsi, anima e corpo, ad abbandonarsi a un’esperienza unica nel suo genere: intangibile, evanescente e vacua, tanto meravigliosa quanto indecifrabile. Nella sua rara preziosità, Everything è un’opera sui generis, una sinfonia ludica ed intellettuale che elogia la bellezza delle piccole e delle grandi cose, senza mai impelagarsi alla ricerca di un significato o di uno scopo ultimo da adempiere. Ed è per questo che Everything è un gioco sul niente. Ed è per questo che è un gioco sul tutto.

    Che voto dai a: Everything

    Media Voto Utenti
    Voti: 14
    7.3
    nd