Recensione Fable: The Journey
L'ultimo viaggio di Peter Molyneux nelle terre di Albion
INFORMAZIONI GIOCO
Articolo a cura di
Francesco Fossetti
Disponibile perXbox 360
Non sono molte le esclusive che Microsoft ha approntato per questo periodo natalizio, ma tutte hanno nomi decisamente importanti. Sarà ovviamente Halo 4 il titolo più succulento del tris, affiancato da Forza Horizon e Fable The Journey, che anticipano il masterpiece annunciato di 343 Industries di appena qualche settimana. Attorno a questi due prodotti si assiepano comunque non pochi dubbi: da una parte l'utenza si chiede come reagiranno i fan di Forza ad un capitolo molto meno simulativo e dall'impostazione open world, sviluppato per altro da un team esordiente; dall'altra i sostenitori della saga ruolistica di Peter Molyneux non vedono di buon occhio uno spin-off pensato esclusivamente per l'utilizzo di Kinect.
Se ancora ci fosse qualcuno a cui il concetto è sfuggito, ricordiamo infatti che Fable The Journey non è un titolo della serie regolare, bensì un esperimento pensato per portare anche nel mondo di Albion l'invadente motion control di Microsoft.
Ad onor del vero di questo Fable non dev'esser stato contento neppure il creatore della serie, che da qualche tempo ha lasciato Lionhead per dedicarsi a prodotti ben più sperimentali, rilasciando ad ogni piè sospinto dichiarazioni abbastanza pungenti su come la creatività dei designer tenda spesso ad essere soffocata dai publisher.
Giocando a Fable The Journey si capisce perfettamente l'origine del malcontento di Molyneux. Nonostante il team di sviluppo si sia impegnato per vivacizzare in ogni possibile maniera questa linearissima avventura, il “viaggio” resta intrappolato in una struttura di gioco troppo monotona, cercando come meglio più di sfruttare un Motion Controller che ha già dimostrato tutti i suoi limiti nel gestire gameplay complessi e articolati. Nonostante sia di tanto in tanto illuminato dal valore di una direzione artistica sempre “magica”, Fable the Journey resta quindi un titolo molto limitato. Vediamo perchè.
Racconti di viaggio
La storia di Fable The Journey è ambientata in seguito agli eventi del terzo episodio, ma non c'è nessuna correlazione diretta con la precedente avventura. Il titolo ci mette infatti nei panni di Gabriel, giovane membro di una carovana di nomadi che solca le strade di Albion, guidata dal risoluto Katlan. Non passa molto tempo che l'indole un po' scostante del ragazzo lo mette nei guai, facendogli perdere i codazzo dei suoi compagni e costringendolo ad un tortuoso giro fra le foreste. Sarà proprio qui che Gabriel incontrerà Theresa, la veggente che ha da sempre guidato il cammino di ogni eroe di Albion, inseguita da un'entità malvagia che minaccia di compromettere la sicurezza e la felicità nel reame incantato. Fuggendo dal “Distruttore”, Gabriel sarà costretto ad indossare le Manopole del Potere, strumenti magici che rappresentano l'unica possibilità di salvare stella, la cavalla a cui il nostro protagonista è legato da un rapporto di profondo affetto.
Una volta agganciate ai polsi, le manopole daranno a Gabriel grandi poteri e, molto prevedibilmente, grandi responsabilità. Nonostante le resistenze, il giovane si avvierà in quello che è un vero e proprio viaggio di formazione, che lo trasformerà in un altro degli eroi del mondo di Fable. Il plot, purtroppo, scorre in maniera abbastanza prevedibile, lentissimo nei ritmi narrativi e senza brillare praticamente mai. La storia di Fable the Journey è una di quelle già sentite, quasi fosse riciclata da uno dei tanti racconti attorno al fuoco che i carovanieri si tramandano di generazione in generazione. In certi momenti, purtroppo, la noia prende il sopravvento, mentre si resta immobili ad osservare l'ennesima Cut-Scene (non certo esemplari in quanto a regia e tempi narrativi).
C'è però da dire che questo Fable mantiene fede alla sua titolazione, e riesce in maniera indovinata a trasmettere il senso di un lungo viaggio. Mentre guidiamo la carovana per le strade scoscese, compagni di avventure vecchi e nuovi, improvvisati o meno, ci raccontano pezzi della loro vita, o del passato glorioso di villaggi ormai in rovina. Ad ogni sosta negli accampamenti Theresa si diverte a svelare qualcosa su di se, ripescando nomi noti e personaggi molto cari ai fan, come il tremendo Jack di Spade o il bandito Doppia Lama. Fable the Journey non nega quindi all'utente il piacere di scoprire e riscoprire i retroscena di un'ambientazione che ci ha accompagnati per lunghi anni, distillando momenti nostalgici ed altri persino toccanti. Del resto Fable è una delle poche serie che esplora un numero impressionante di registri stilistici ed emozioni, alternando siparietti comici alla fatalità cupa del senso della morte.
Piuttosto che una storia epica e avvolgente come quella dei capitoli principali, Fable The Journey si diverte a mettere insieme una serie di racconti e novelle che servono a rendere meno opprimente il lento incedere della carovana (e, fidatevi: ce n'è davvero bisogno). Il giudizio non può essere totalmente positivo, soprattutto perché gli eventi della storia principale procedono secondo un canovaccio trito e ritrito, entusiasmando solo di striscio.
Guidare e sparare
Il primo impatto con Fable the Journey non è dei migliori. Sbrigate alcune piccole formalità, il gioco ci fa sedere sul posto del nocchiere, per cominciare il nostro viaggio sulla carovana. Dimenticandoci totalmente del pad, ci troviamo a guidare la nostra fida Stella con le mani leggermente protese, come se stessimo tenendo un paio di redini virtuali. Uno schiocco è sufficiente per farle aumentare l'andatura, dal trotto al galoppo, mentre per direzionare la nostra fedele compagna a destra o sinistra bisogna allentare una redine e tirare l'altra, allontanando un braccio dal corpo e avvicinando quello opposto. Tirare a se entrambe le braccia riporterà la cavalla ad un passo più moderato, mentre sollevare le redini sopra la testa la farà fermare completamente.
Le prime fasi dell'avventura procedono così, mentre si regola il passo del nostro destriero per fargli superare indenne i sentieri dissestati e si schivano i molti ostacoli sulla strada. Al contempo bisogna cercare di recuperare le sfere di esperienza che permettono poi di accumulare livelli e sbloccare abilità. Nonostante il gioco ci presenti di volta in volta una situazione leggermente diversa e qualche bivio, tutta questa pratica viene a noia quasi subito, risultando monotona e tediosa.
Purtroppo Fable The Journey costringe a restare sulla carrozza per molti minuti, perdendo ore intere alla guida della carovana. In questi frangenti, che si debba procedere tranquilli oppure correre come forsennati per sfuggire alle grinfie del Distruttore, il tedio regna sovrano, e gli stimoli per proseguire nell'avventura vacillano notevolmente.
Per fortuna ben presto si incontrano fasi un po' più attive, in cui divertirsi a massacrare Hobbe e Balverini grazie al potere delle manopole. In certi frangenti, infatti, Gabriel è costretto a procedere a piedi, ostacolato da tutto il nutrito bestiario di nemici che abbiamo imparato a conoscere nel corso dei tre capitoli principali. Per affrontare la minaccia, si hanno a disposizione inizialmente due incantesimi d'attacco: una spinta, con cui allontanare i nemici più invadenti, ed una rapida saetta, che si caricano e si lanciano rispettivamente con la mano sinistra e con quella destra. Dopo aver superato un tutorial che serve anche per calibrare la periferica (vi consigliamo di ripetere l'operazione all'inizio di ogni nuova sessione di gioco), sarà possibile direzionare le sfere di energia con una discreta precisione, addirittura deviandone al volo le traiettorie per esibirsi in qualche virtuosismo. Inizialmente queste fasi di combattimento, strutturate come delle sequenze on-rail, riescono a compiacere. Grazie alla spinta è possibile interagire con qualche elemento dello scenario, per far crollare ad esempio le stalattiti sulle tane degli insetti che popolano le caverne. Oppure, con un tiro preciso, si possono far esplodere i barili disseminati nelle tane degli Hobbe. Agli attacchi dei nemici si risponde schivando (con un rapido movimento del busta a sinistra o a destra), oppure con l'incantesimo “risposta”: portando un braccio davanti al petto si attiva uno scudo di energiache ci protegge dagli assalti corpo a corpo e respinge i proiettili.
Ben presto anche questa routine viene a noia, soprattutto perchè invece di spingere sul pedale dell'interazione ambientale, che avrebbe potuto rendere molto più vari gli scontri, il team si limita a buttarci addosso tonnellate di avversari, da eliminare in maniera piuttosto meccanica. Serve a poco la possibilità di salire di livello, sbloccando di volta in volta varie abilità che migliorano la nostra life bar, la resistenza di Stella, o l'efficacia degli incantesimi, che colpiscono più bersagli allo stesso tempo. Dopo appena qualche livello, Fable The Journey esaurisce le frecce nel suo arco, strutturando un'avventura non solo lineare, ma anche monotona. Proseguendo nel gioco si sbloccano nuovi incantesimi, fra sfere di fuoco che vanno infiammate agitando la mano e saette da caricare roteando le braccia. Non basta questo a fare i Fable The Journey un titolo vario e divertente, e ben presto anche le fasi più movimentate risultano noiose. Di tanto in tanto, mentre si esplorano i templi in rovina, si presenta qualche enigma ambientale da risolvere con le magie a nostra disposizione, ma anche in questo caso l'iter è lo stesso: la curiosità iniziale si esaurisce in fretta, quando si scopre che le varianti sono pochissime, e non c'è mai una vera e propria evoluzione del gameplay nel corso del gioco.
Del tutto superflue sono poi le fasi che si svolgono negli accampamenti. Qui è possibile abbeverare stella, pulirla, nutrirla con una mela colta dall'albero, ma anche recuperare il “prezioso” contenuto di uno dei molti forzieri sparsi per Albion. Idealmente questi forzieri si trovano anche per strada, decidendo di effettuare delle soste opzionali e superando quindi una piccola prova d'ingegno o un rapido combattimento. Peccato che i collectibles siano solo delle carte che raffigurano i personaggi o gli oggetti più famosi del mondo di Fable. Ci troviamo a comporre in pratica una collezione di figurine che, tramite una divertente descrizione, dovrebbero dirci qualcosa di più sul gioco o farci tornare dolci memorie delle nostre passate avventure. Ma questa “raccolta” è del tutto fine a se stessa, poco intrigante per i fan di vecchia data (che non hanno certo bisogno di nuovi indizi sull'ossessione di Molyneux per le galline), e totalmente oscura per chi invece si avvicina a Fable per la prima volta.
Ecco dunque che complessivamente il viaggio di Fable risulta davvero povero di stimoli. Nonostante un utilizzo molto buono di Kinect, che permette di gestire con cognizione di causa il lancio delle magie, tutta l'avventura si risolve in un'alternanza fra le fasi di viaggio noiose e poco ispirate, le soste agli accampamenti, che strizzano l'occhio ai casual game pensati per allevatori virtuali, e sequenze d'azione che diventano quasi subito meccaniche, ripetitive poco ispirate. E' ironico che proprio Molyneux, che ha comunque seguito il progetto nelle sue fasi di sviluppo, parli adesso di creatività e voglia di sperimentare: se Fable the Journey avesse osato di più, concentrandosi sull'interazione ambientale sia nelle fasi di combattimento che per strutturare enigmi ambientali più convincenti, ci saremmo trovati di fronte ad un titolo decisamente migliore.
Una Albion annebbiata
Neppure dal punto di vista tecnico Fable The Journey fa faville. Il motore di gioco, recuperato da quello dell'ultimo Fable, mostra ironicamente qualche falla in più, in quanto la modellazione e la texturizzazione dei personaggi principali sono poco rifinite e abbastanza frettolose. Senza opportuni aggiornamenti, il colpo d'occhio globale non ce la fa a restare del tutto al passo coi tempi, ed in molti casi la semplicità delle strutture ambientali si sposerà con una scelta di texture dalla risoluzione non sempre convincente.
Il riciclo reiterato di modelli, personaggi, avversari e location, per cui il team di sviluppo ha razziato mezza Albion, è un'arma a doppio taglio. Da una parte, infatti, i luoghi che attraverseremo e i nemici che li popolano portano con sé un discreto fascino ed il dolce ricordo di antiche avventure. Ma è proprio riletto alla luce di questo ricordo che Fable the Journey non impressiona: senza la possibilità di esplorare liberamente la foresta di Thorndeep, le miniere degli Hobbe, i villaggi di campagna nei dintorni di Bowerstone, è davvero difficile ammirare la bellezza dello stile così attentamente costruito da Lionhead in tanti anni di lavoro. Quel rapporto di affetto finiva per legare il giocatore ad alcuni dei luoghi più evocativi del mondo di gioco, qui manca totalmente, così come manca un protagonista dal carattere convincente, in cui l'utente possa immedesimarsi. Il fare ramingo di Gabriel, il suo essere eroe per caso e non per vocazione, lo incatena ai margini dell'iconografia della saga.
Fortunatamente il doppiaggio italiano è più che buono, nonostante in certi casi i livelli di volume siano del tutto sballati. Il piglio interpretativo degli attori è sempre convincente, le battute ben recitate. Le musiche e gli effetti sonori, invece, cominciano a stancare, riproposti praticamente identici rispetto a quelli del terzo capitolo. Anche chi non li avesse mai sentiti non troverà certo una pulizia acustica impressionante delle campionature, mentre le musiche riescono a mantenere il proprio fascino, a metà fra le sonorità fantasy, quelle celtiche, e le fascinazioni un po' folk che hanno sempre caratterizzato la saga.
5
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Fable: The JourneyVersione Analizzata Xbox 360Per tanti mesi Molyneux ha cercato di convincerci che Fable The Journey fosse un titolo caratterizzato dagli stessi valori produttivi dei capitoli principali. Un'altra avventura magica nel mondo di Albion, ricca e sfaccettata. Non è così: questo Fable non ha niente di avventuroso, di eroico, o di epico. Si tratta di un gioco su binari, che alterna fasi da semplice shooter ad altre in cui guidare una stanca carovana fra strade pericolose e poco battute. Nonostante in certi momenti il carattere della saga torni a brillare, nel racconto di un viandante o della veggente Theresa, le sessioni giocate annoiano in fretta, monotone e scarsamente ispirate. Eravamo pronti per un ultimo viaggio nel mondo di Fable, se non altro per salutare il suo creatore, ma non era questa la destinazione che avremmo scelto.