Recensione Final Fantasy Gaiden

Recensito il nuovo Spin-off di Final Fantasy, per un'esperienza classica quanto mai

Recensione Final Fantasy Gaiden
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  • DS
  • Ci sono due sistemi grazie ai quali le software house racimolano soldi in modo facile e veloce mentre sono impegnate nello sviluppo di qualche grosso titolo. Alcune percorrono la strada dei remake: riedizioni di vecchi classici del passato, a volte “ripuliti” ed aggiornati agli standard odierni, come il recente Lunar: Harmony of Star per Psp, o il celebre Twin Snakes per GameCube. Altre, invece, scelgono tra i propri brand il nome della saga più redditizia, e lo incollano su qualsiasi titolo in procinto di uscire. Trasformando ad esempio un discreto gioco di calcio in Mario Strikers, un promettente gioco d’avventura per Nintendo 64 in Star Fox Adventure per GameCube, un clone di Animal Crossing per Psp in uno spin-off di Monster Hunter. Con la certezza di vendere vagonate di copie.
    Se si dovesse cercare tra tutte le aziende videoludiche quella che meglio pare aver compreso queste semplici regole di mercato, indubbiamente Square-Enix arriverebbe tra le prime: Final Fantasy Chronicles, Cristal Chronicles, Legends, Antology, Adventure, remake per qualsiasi dispositivo elettronico, saghe rinominate per farle rientrare nel brand: uno sfruttamento intensivo dei propri prodotti al limite della decenza.
    Come se avessimo bisogno di ulteriori conferme di questo atteggiamento, anche l'oggetto di questo articolo, “The 4 Heroes of Light”, arriva preceduto dal nome più celebre della scena ruolistica internazionale.

    Un passo indietro...

    Dopo aver realizzato le versioni Nintendo Ds del terzo e quarto capitolo di Final Fantasy, Matrix Software ha la possibilità di cimentarsi nella realizzazione di un prodotto inedito, finalmente libera dal fantasma del passato. Il titolo, come vedremo, si discosta in maniera piuttosto netta dalla saga madre, andando a ripescare formule e scelte più vicine ai titoli di Dragon Quest, e rappresentando una vera e propria sfida anche per chi mastica j-Rpg da anni.
    Il gioco comincia nel più classico dei modi: il nostro eroe viene svegliato dalla madre, che gli ordina di recarsi al castello del regno per onorare il sovrano, compiendo un rito che sottolinei il raggiungimento della maturità. Un incipit molto semplice, che ricorderà a molti le produzioni in voga negli anni ’90. Quasi una dichiarazione d'intenti, che separa nettamente il plot dalle trame complicate delle produzioni recenti. Tutta la trama, in ogni caso, resta esile e lineare, dallo sviluppo poco complesso e non certo ricca di colpi di scena. Più che un demerito, questa scelta è una netta dichiarazione d'intenti: in Final Fantasy Gaiden il plot assume un ruolo evidentemente secondario, ed ha, come unica funzione, quella di trasportare il giocatore da una locazione all'altra, catapultandolo costantemente centro dell'azione, per fargli incontrare la versa spina dorsale dell'intera esperienza ludica: il sistema di combattimento.

    Come Funziona

    The 4 Heroes of Light non è un gioco per chi vuole iniziare a prendere confidenza con il genere, ma anzi è uno di quei titoli che subdolamente da per scontata una conoscenza abbastanza approfondita di regole e sistemi utilizzati nel genere: non esistono tutorial che spieghino come fare determinate azioni fondamentali, e probabilmente i giocatori più ingenui potrebbero incontrare la disfatta già nei primissimi scontri casuali, quindi è bene fare un po’ di chiarezza.
    Il gameplay è basato su un sistema di cambio classi, il cosiddetto Job System incontrato nel terzo Final Fantasy o nel recente Dragon Quest 9. In pratica ogni classe dona abilità e tecniche esclusive al personaggio, seguendo una struttura inizialmente molto canonica. Un mago bianco può ad esempio utilizzare in modo efficiente incantesimi per curare, e un guerriero tecniche fisiche potenti, in grado di infliggere danni ingenti. Progredendo nella trama si possono sbloccare però oltre 20 classi diverse, di norma rilasciate dopo gli eventi significativi del gioco, fattore che comporta una vasta dose di personalizzazione ed una varietà con pochi precedenti, che sicuramente farà felici i giocatori più esigenti. Il sistema di cambio classe, in questo caso, viene chiamato Crown System: con un dinamismo non comune per i titoli vecchio stile, permetterà di cambiare “Job” al personaggio desiderato semplicemente ponendogli con lo stilo un buffo cappello sulla testa. Oltre a veicolare una certa pluralità d'approccio, data l'ottima dotazione di classi, il gameplay assume piacevoli sfumature strategiche, sempre collocate nell'alveo di una difficoltà sopra le righe. Senza una strategia opportunamente modellata sugli avversari che di volta in volta attaccano il party, la morte degli eroi arriverà precocemente. E' comunque possibile potenziare le proprie classi, oltre che le singole skill e le armi: per farlo occorrono delle gemme che vengono rilasciate dopo ogni scontro, fattore che sottolinea l’elevata importanza data al combattimento. Quest’ultimo si rivela molto schematico, in verità, con un sistema a turni classico quanto mai, che prevede l'utilizzo di attacchi, oggetti, magie, ed ha però una strana particolarità: l'utente dovrà solamente selezionare le azioni da far compiere ai personaggi, e sarà la Cpu che automaticamente selezionerà il nemico da colpire. Questo fattore è un po’ spiazzante all’inizio, ma in definitiva l'automatizzazione è realizzata in maniera più che discreta: nel corso dell’intero gioco abbiamo incontrato solo in un paio di occasioni in cui la scelta manuale sarebbe stata diversa rispetto a quella dell’IA. Non si deve comunque pensare che per causa di questa scelta il titolo risulti in qualche modo semplicistico. Al giocatore vengono infatti assegnati degli Action Points, cinque in totale, consumati in diversa quantità da ogni singola azione, in relazione alla sua efficacia. Gli Action Points vengono ricaricati di una singola unità ad ogni turno, e le scelte dell'utente devono essere dunque oculate, donando un pizzico di pregevole tatticità al gioco. Per la prima metà dell'avventura, inoltre, i quattro personaggi chiave non saranno riuniti in un singolo party, bensì frammentati in piccoli gruppi, in previsione del climax finale. Questa scelta impone all'utente un’attenta analisi delle classi da utilizzare, visti gli svariati cambi di formazione a cui il giocatore è sottoposto. In definitiva l’aspetto dei combattimenti, per quanto nulla di originale, si rivela realizzato con cura, presentandosi come uno dei punti forti di questo episodio.

    Realizzazione

    Grazie all’esperienza maturata con i remake già citati, Matrix si dimostra capace di spremere l’hardware del portatile Nintendo come poche case hanno fatto, sfornando un titolo assolutamente di prim'ordine, con uno stile che sembra ricreare le tinte a pastello di quadri onirici e delicatissimi. L'engine mostra ambienti ricchi di particolari, e non fa fatica a gestire una dose massiccia di effetti che impreziosiscono il lato grafico, regalando al colpo d'occhio di Final Fantasy Gaiden una discreta dose di stile.
    Indubbiamente i limiti imposti dal formato portatile (legati soprattutto alla complessità poligonale ed alla risoluzione), da sempre riscontrati nella stragrande maggioranza dei giochi per Ds, non si possono nascondere neanche per l’ultimo nato in casa Square-Enix. Eppure, la casa giapponese dimostra come un’attenta programmazione riesca a sopperire anche alle mancanze dei sistemi meno prestanti.
    Le “storture” dell'aspetto artistico e tecnico riguardano, a volerle cercare, una certa “standardizzazione” dei personaggi che si incontrano, o alcun dungeon le cui stanze appaiono un poco anonime. Ma anche tenendo in considerazioni questi punti, non si può non apprezzare il lavoro svolto dai coder nipponici. I paesaggi dal tratto fiabesco si caratterizzano in maniera davvero eccellente, per l'uso magistrale dei colori, morbidi e sfumati, accesi e sempre vari. Anche i personaggi principali, animati in maniera magistrale, vengono identificati d'un colpo dai buffi cappelli che ne rappresentano la classe, e tutto concorre a dipingere un contesto visivo e stilistico esaltante. Forse il già citato Dragon Quest IX, forte di un tratto inconfondibile come quello di Toriyama, risulta ancora una volta vincente in un ipotetico scontro, ma noi giocatori possiamo ritenerci soddisfatti nel poter apprezzare due titoli di estremo valore.
    Il comparto sonoro, pur restando ben lontano dai fasti degli episodi “originali” (onorati dalla genialità acustica di Nobuo Uematsu), risulta comunque godibile, con motivi ben realizzati che accompagnano le diverse fasi, andando a sottolineare in maniera opportuna le varie situazioni, senza però quella scintilla musicale più viva, di freschezza e qualità, caratteristica dei fratelli maggiori.

    Retrogaming Mania

    Avviandoci verso la conclusione, è doveroso riscontrare che alcune scelte, strizzando l’occhio alle produzioni ruolistiche del passato, si rivelino un’arma a doppio taglio. Per cominciare il limite posto agli oggetti del proprio inventario, fisso sui quindici, potrebbe portare più di un giocatore all’isteria. Considerando che il proprio armamentario occupa uno slot, ogni qual volta ci si appresta ad affrontare un difficoltoso dungeon è estremamente importante la scelta dell'oggettistica da portarsi dietro. Basta una piccola leggerezza per rischiare di scontrarsi con un boss senza nemmeno una pozione. Certamente questo limite aggiunge una dose di tensione sconosciuta a chi è abituato ad avere 99 pezzi di ogni oggetto, ed è giusto essere preparati a fare delle scelte per poter progredire nell'avventura in modo soddisfacente.
    Altro punto fastidioso è l’importanza del “grinding”, ovvero la necessità di fermarsi per un po' in qualche area in modo da incrementare il livello dei personaggi. In Final Fantasy Gaiden questa pratica tocca punte da tempo dimenticate: preparatevi a girare per la mappa con l’unica motivazione di passare qualche livello, per riuscire a sconfiggere anche solo i primissimi nemici che vi aspettano alla fine dei vari sotterranei. Dal momento, inoltre, che l'unico sistema per ottenere le pietre che permettono di potenziarsi è quello di combattere, armatevi di pazienza e sangue freddo, perchè ne avrete bisogno in abbondanza.
    Bisogna comunque sottolineare che la difficoltà generale del gioco è attenuata dai numerosi punti di salvataggio sparsi per il mondo, nonché dal fatto che non esista un vero e proprio Game Over: dopo l’annientamento del proprio party si viene teletrasportati alla più vicina città, privati di alcune gemme, rimosse come punizione.
    Altra aggiunta che svecchia un po’ l’esperienza ludica è la possibilità si affrontare delle missioni assieme ad un massimo di tre amici via wireless, ottenendo nel caso oggetti altrimenti impossibili da avere.
    Nel complesso, considerando comunque non solo l'estrema difficoltà, ma anche la linearità assoluta del plot e l'adesione ad un canone assolutamente standardizzato, è impossibile non considerare The 4 Heroes of Light come un “regalo” per chi è cresciuto a pane ed RPG, divorando i primi Dragon Quest, i titolo per Pc-Engine come Emerald Dragon, i SaGa, i vecchi Phantasy Star. Titoli estremamente difficili, caratterizzati da una trama scarna, infiniti scontri casuali, ma che ancora oggi si configurano, nella mente dei fan, come piccole esperienze realizzate con cura maniacale, capaci di intrattenere per decine e decine di ore chiunque fosse in grado di regalargli il tempo necessario per essere apprezzate. Ovviamente, non ci sentiamo di sconsigliare a priori questa esperienza ai cosiddetti neofiti: chiunque, con (molta) pazienza, (tanta) pratica, e un po' di voglia (tenace), può tranquillamente cimentarsi in questa avventura, anche solo per conoscere le radici di un genere ultimamente in declino, ma che fino a pochi anni fa coinvolgeva milioni di giocatori.

    Final Fantasy: the Four Heroes of Light Final Fantasy: the Four Heroes of LightVersione Analizzata Nintendo DSIl Dual Screen di casa Nintendo si riconferma scelta primaria per tutti gli amanti del genere ruolistico di stampo nipponico. Il genere è ulteriormente arricchito da questo spin-off della saga principale di Square-Enix, confezionato in modo sublime ma con un cuore che strizza l’occhio ai veterani ed ai più pazienti tra i giocatori. Dragon Quest IX rimane un paio di spanne avanti, ed è forse un peccato che le due uscite siano così vicine, portando alcuni utenti a dover scegliere tra i due prodotti. Proponendo un sistema di gioco forse un po' ingessato e schematico (ma non privo di interessanti sfumature strategiche), una trama esile e diretta, ed una difficoltà accentuata (che impone lunghe sessioni di Grinding e non esclude il fallimento), The Four Heroes of Light possiede tutti i pregi (ed i difetti) per accontentare il vasto pubblico degli aficionados. Una gemma vecchio stile, classica fino allo sfinimento, e per questo forse preclusa a qualche palato.

    7.5

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