Final Fantasy XV Recensione

Final Fantasy XV arriva finalmente nei negozi dopo uno sviluppo lungo e travagliato: la recensione del nuovo episodio della serie di JRPG Square-Enix.

Final Fantasy XV
Recensione: PlayStation 4
Articolo a cura di
Disponibile per
  • Pc
  • PS4
  • Xbox One
  • Parte alla grande, Final Fantasy XV, senza troppe lungaggini narrative: il saluto di un sovrano invecchiato al figlio insofferente, e un gruppo di amici che si mette in viaggio. La destinazione è Altissia, capitale della regione neutrale di Accordo, dove il principe Noctis sposerà la candida Lunafreya, garantendo così il mantenimento della pace fra l'Impero di Niflheim e il Regno di Lucis.
    Il commiato è rapido e asciutto come i ritmi della narrazione, che fin da subito si fa in disparte per lasciare spazio alle avventure del quartetto capitanato da Noctis.
    Final Fantasy 15 è insomma chiaro fin da subito, dichiarando apertamente di voler essere il racconto di un viaggio faticoso; un interattivo romanzo di formazione. La sua storia non parla di imperi e capitali, ma di adolescenti alla ricerca del proprio posto nel mondo, compagni impegnati in un pellegrinaggio meraviglioso: pieno di scoperte, di speranze, di disillusioni. E di dolore.
    Qualcuno avrebbe forse preferito una dimensione più epica, corale (la stessa suggerita dall'ottimo lungometraggio Kingsglaive), ma la scelta del team di sviluppo funziona. Di tanto in tanto la storia ci mostra frammenti di battaglie che non vedremo mai, intrighi politici, scontri fra eserciti e sovrani; salvo poi riportare tutto ad una misura più intima e personale. Nella riuscitissima prima parte dell'avventura, Final Fantasy XV indaga insomma i tormenti interiori del protagonista, i complessi rapporti con i suoi alleati, la nostalgia di un'infanzia lontana. E racconta con una delicatezza squisitamente nipponica la stagione mitologica dell'adolescenza, "rito" di passaggio verso l'età adulta.

    Manca una nemesi forte (per quanto esuberanti siano i luogotenenti dell'esercito di Niflheim) e una minaccia opprimente e avvertibile, ma va bene così: è il cammino, più che l'approdo, quello che conta.
    Va bene così, ovviamente, perché a fare da contraltare a questa narrazione un po' dimessa c'è un sistema di gioco davvero efficace, in ogni singolo aspetto. Final Fantasy XV non sconfessa la "virata action" che la saga ha ormai preso a partire dal dodicesimo capitolo, ma questa volta il team ha oliato tutti i meccanismi del gameplay. In primis c'è il combattimento, basato sostanzialmente sull'alternanza fra difesa e attacco: per colpire basta un tasto, tenuto premuto oppure schiacciato violentemente, e alla stessa maniera si schivano i colpi dei nemici, consumando però la barra del vigore. Si possono poi effettuare proiezioni per avvicinarsi agli avversari distanti, o magari per colpire i bestioni più grossi in determinate parti del corpo, cercando quindi di "mutilarli" riducendo la loro mobilità o il potere d'attacco. Una volta venuti a patti con le bizze della telecamera, che nelle aree chiuse fa un po' di fatica a seguire l'azione, e spesso viene oscurata da qualche elemento dell'ambiente circostante, si scopre un Combat System immediato ma sufficientemente stratificato, che cresce di complessità con il passare delle ore. Sebbene si abbia il controllo soltanto su Noctis, è possibile infatti richiamare i propri compagni per fargli eseguire colpi speciali, ciascuno con i suoi effetti. È possibile effettuare parate a impatto e contrattacchi combinati, "aggiramenti" che ci permettono di moltiplicare i danni colpendo i nemici alle spalle; e persino attivare la Panoplia, uno stato alterato in cui Noctis sfrutterà il potere di tutte le armi ancestrali che sarà riuscito a recuperare.
    Interessante, inaspettatamente, anche il sistema di magie, che finalmente viene svecchiato in maniera intelligente. Al posto degli incantesimi troviamo quelli che di fatto sono prodotti alchemici, che possono essere sintetizzati anche durante una battaglia, combinando essenze elementali recuperate per il mondo e vari oggetti che aggiungono funzionalità più disparate. Queste ampolle si preparano all'occorrenza, rapidamente, quando ci si rende conto di aver bisogno di un aiuto in più, cercando gli effetti che più ci fanno comodo: magari dopo aver dato un'occhiata alle Analisi di Ignis, che identificano forze e debolezze del nemico.
    I combattimenti, soprattutto quelli con mostri di pari livello, non vanno mai presi alla leggera, lontanissimi rispetto a quelli quasi "automatici" di certi episodi recenti. Spesso sarà opportuno ricorrere persino agli oggetti, utilizzabili grazie all'aiuto di comodissimo menù di scelta rapida.
    La nostra efficacia durante gli scontri andrà progressivamente crescendo anche grazie al sistema di progressione, che ci permette di sbloccare nuove abilità secondo meccanismi simili a quelli della vecchia sferografia.

    Qui abbiamo tuttavia molti diagrammi, ciascuno dedicato a diversi aspetti: ci sono schemi non strettamente correlati al combattimento, che ci permettono ad esempio di migliorare la raccolta di risorse nel mondo di gioco (su Everyeye.it trovate un ricco approfondimento sulle meraviglie di Eos), e altri invece esplicitamente legati alle abilità belliche, magiche e curative di protagonista e comprimari Nel corso di tutta l'avventura il combat system non finisce mai di crescere: Prompto, Ignis e Gladio apprendono nuove skill che utilizzano autonomamente, imparano ad usare le loro armi secondarie, mentre Noctis ottimizza il consumo di Vigore durante le parate e gli scatti, prolunga le combo aeree, proietta doppioni che attirano le attenzioni del nemico, permettendogli di eseguire gli aggiramenti con più facilità. Funziona tutto, e funziona alla grande: sulle prime il fatto che i Punti Abilità si possano guadagnare in diverse maniere -persino mettendosi a pescare o guidare la Regalia- tende a "deresponsabilizzare" il giocatore, ma in verità bisogna compiere tante scelte, lasciare indietro le abilità più costose, e decidere se legare la crescita dei personaggi all'aumento dei valori statistici o all'incremento delle loro azioni d'attacco.
    Final Fantasy XV, e non lo diciamo con leggerezza, è un titolo pieno di trovate miracolose, che tiene botta dopo cinque, dieci, venti ore, deciso a riscattare Square-Enix di tanti episodi contestati e contestabili.
    Il merito è proprio dell'eccezionale senso di progressione che si percepisce in ogni momento, legato a doppia mandata non solo al combat system ma anche al completamento delle side quest, all'esplorazione ed alla scoperta del mondo di gioco. La regione esplorabile di Lucis è traboccante di attività, punti di interesse, dungeon pericolosi.

    Noctis può dedicarsi alle corse in sella ai Chocobo, al recupero di ingredienti rari per i manicaretti di Ignis, o di materie prime con cui potenziare il proprio equipaggiamento. Ci sono le armi ancestrali, appartenute agli avi della stirpe regnante, che vanno rivendicate nei mausolei, spesso posizionati al termine di dungeon intricati. L'esplorazione di queste "Zone Pericolose", alcune delle quali labirintiche e piene di nemici spietati, è una delle attività più riuscite dell'avventura, ma in verità ogni nostra azione trasmetterà un'avvertibile sensazione di crescita e maturazione. Accamparsi per passare la notte e gustare una delle ricette di Ignis per incrementare il suo talento culinario, scegliere le foto che Prompto avrà scattato durante il viaggio, recuperare nuovi potenziamenti per la Regalia o far salire di livello i pennuti più famosi dell'intera serie, saranno attività in grado di acchiappare il giocatore e catturarlo per lunghe ore.
    Ci sono dei tempi morti, è vero, mentre l'auto del quartetto corre lungo le strade di Duscae e Leide, ma prima che il Fast Travel arrivi in nostro aiuto (chiedendoci comunque di sopportare lunghi tempi di caricamento) i momenti di stanca vengono riempiti dalla meraviglia per la scoperta di un mondo meraviglioso. La regione esplorabile di Lucis è traboccante di luoghi splendidi, di scorci evocativi, e di creature dal design finalmente moderno, originale, coraggioso. Forse l'aspetto più sconvolgente di questo FFXV, alla fine dei conti, è proprio la coerenza ed il fascino del mondo di gioco. La voragine della Faglia di Cauthess visibile dalle terrazze di Lestallum, le propaggini incandescenti del vulcano Ravatogh, e le acque limacciose del lago Vesperpool: tutte queste zone riusciranno a scolpirsi nella vostra memoria come lo hanno fatto le ambientazioni storiche dei capitoli usciti sulla prima PlayStation, proprio perché riescono a svecchiare un intero immaginario. Ci sono ancora, riconoscibili, alcuni elementi tradizionali della saga, ma in questa nuova commistione di antico e moderno, di fantasy e fantascienza, di tecnologia e ritualità, si nasconde il tratto più prezioso della produzione.

    E insomma Final Fantasy XV "ce la fa", contro il disfattismo dei disillusi. Ce la fa perché è forse il primo capitolo della saga veramente moderno, che prende tutti gli elementi tipici dei JRPG (il sistema di sviluppo, il dungeon crawling, l'esplorazione del mondo) e li porta efficacemente fuori dalla nicchia in cui il genere li aveva chiusi. Ce la fa perché sa essere leggero, sa giocare con gli stereotipi tipici della categoria e con la sua tradizione (quando ad esempio Prompto si mette a canticchiare il Victory Theme di Final Fantasy VII). Ce la fa perché è accessibile, ma non rinuncia ad una buona profondità. Ma pure per la qualità del colpo d'occhio (efficace nonostante i compromessi tipici di ogni Open-World), e per l'enfasi della colonna sonora.
    Final Fantasy XV ce la fa, e poi crolla. Butta via tutto, d'un colpo, a metà dell'avventura. Distrugge con metodo quello che aveva costruito, lo getta alle ortiche in un lampo: in uno di quei capitomboli storici e incomprensibili, che fanno un fragore forte almeno quanto l'entusiasmo per l'insperato successo.

    Fine della Fantasia

    Tabata-San non ha mai fatto mistero che la seconda parte dell'avventura sarebbe stata più lineare, pilotata: decisa a proiettare il giocatore verso il finale della storia di Noctis. Una volta abbandonate le spiagge di Lucis, per raggiungere la meravigliosa Altissia, succede esattamente quello che ci si aspetta: l'eccelsa complessità della struttura di gioco, la sua solida varietà, spariscono d'un colpo. La storia corre veloce in avanti, fra combattimenti spettacolari ma poco interattivi ed una mole soverchiante di dialoghi. Venire privati d'un colpo di tutte le attività secondarie, e di conseguenza vedere ridotte anche le possibilità di far salire di livello i protagonisti, è già un colpo abbastanza duro. Ma in fondo è inutile professarsi nemici giurati della linearità, pretendere che l'unico valore di un gioco di ruolo sia la sua estensione. Saremmo stati ben propensi ad accettare una parte finale dell'avventura più inquadrata, e magari più intensa -dal punto di vista del racconto- di quanto non fossero state le prime venti ore di gioco.
    Ma il problema è che di queste "ultime" ore non si salva davvero nulla. La sceneggiatura è banale, piena di omissioni, di falle narrative. L'evoluzione dei personaggi sbrigativa e frettolosa, con alcuni eccessi di patetismo che fanno venire i nervi. Si moltiplicano i tempi morti, per via di soluzioni semplicemente assurde, che portano avanti il racconto in maniera lenta e asfissiante. In quei pochi momenti in cui ci viene dato il controllo di Noctis esploriamo aree poco ispirate, monotone, con un level design che non ha nulla da spartire con quello dei dungeon della regione di Lucis.
    Siamo costretti ad affrontare sezioni stealth mal progettate, scontri pilotati e poco divertenti, interminabili chiacchierate con personaggi dallo spessore discutibile.
    La corsa verso la capitale dell'Impero, insomma, è un disastro integrale. È difficile capire se questa lunga parentesi sia un residuo del vecchio progetto, frammento di un'altra Fantasia appiccicato in maniera posticcia alla fine del sogno di Tabata. Oppure se sia davvero lo scivolone creativo di un'azienda che non sa più raccontare storie.
    Qualsiasi sia la verità, la delusione resta quasi intollerabile. Square-Enix aveva per le mani il Final Fantasy del riscatto, e spreca un'occasione probabilmente irripetibile.
    C'è da dire che il finale, la sequenza conclusiva, riscatta in parte questa decina di ore di inspiegabili vaneggiamenti, riuscendo persino a strappare qualche lacrima ai più sensibili. Ma è davvero troppo poco per perdonare tutte le leggerezze di un incedere incontestabilmente tremendo.
    Per fortuna non è tutto perduto. Pur dovendo sopportare un espediente abbastanza risibile (un cane magico che ci riporta nel passato), possiamo infatti tornare a Lucis prima di affrontare lo scontro finale: come se stessimo vivendo altri giorni del nostro viaggio, in precedenza "omessi" dal racconto.

    E qui, nella regione sotto l'influenza della capitale Insomnia, ritroveremo il vero Final Fantasy XV. Ritroveremo un Endgame fatto di titaniche battute di caccia, di sfide opzionali, di mostri grossi quanto una montagna, di porte segrete nascoste negli anfratti più bui dei dungeon, di fogne infestate da serpenti leggendari e di volatili mitologici pronti a farci la pelle. Ritroveremo la rilassatezza di una battuta di pesca, il piacere del viaggio, dell'esplorazione, la voglia di raggiungere il livello massimo, l'ebrezza di vedere il contatore dei danni salire fino al 9999.
    Proprio a Lucis finiremo per passare molte altre ore - ben più delle trenta necessarie a completare l'avventura principale - decisi a dimenticare il brutto passo falso della seconda parte, in nome e per merito dei meccanismi che funzionano.
    È ironico che il più moderno dei Final Fantasy concluda la sua parabola costringendo il giocatore a tornare nel passato, confinandolo in una stagione (e in una regione) meravigliosa: come se dovesse vivere solamente di nostalgia.

    Final Fantasy XV Final Fantasy XVVersione Analizzata PlayStation 4Final Fantasy XV è un prodotto in cui coesistono due anime opposte e inconciliabili. Da una parte c'è la voglia di rilanciare una saga, rendendola moderna ma rispettosa delle proprie radici, cercando di sviluppare un prodotto universale, immediato, ma al contempo profondo e stratificato. Un gioco di ruolo che punti sulla vastità, sul valore dell'esplorazione, sulla quantità di attività secondarie e diversivi. Dall'altra c'è invece un torbido “lato oscuro”, fatto di una narrazione inefficace e di una linearità desolante, di scontri spettacolari ma vuoti. Stando così le cose, dare un giudizio che possa inquadrare il prodotto nella sua interezza è un compito terribilmente complesso. Nelle trenta ore che ci hanno portato a concludere l'epopea di Noctis abbiamo di fatto giocato due titoli differenti: uno dei migliori episodi tridimensionali del franchise, ed un guazzabuglio di idee mal assemblate sicuramente peggiore del tredicesimo capitolo e dei suoi spin-off. Per quanto la chiusura del racconto riesca ad essere persino toccante, proprio la presenza di una parentesi narrativa mediocre e imperfetta suggerisce molta cautela a chi cerca una storia affascinante e ben raccontata. Al di là di pochi guizzi riusciti e di un filmato in computer grafica che è forse uno dei più belli nella storia dei videogiochi, Final Fantasy XV avrà poco da dire a chi pretende una sceneggiatura penetrante e personaggi ben costruiti. Eppure, soppesando il numero di ore passate nelle terre di Lucis, non si può fare a meno di pensare che il brutto intoppo narrativo rappresenti in fin dei conti una parte minoritaria dell'esperienza di gioco. Se si riesce ad accettare che Final Fantasy XV non resterà nei nostri cuori per merito della trama, concentrandoci sulle meraviglie del viaggio di Noctis piuttosto che sui suoi esiti, troveremo un gioco titanico e assuefacente. Troveremo un ottimo combat system, un endgame impegnativo, un sistema di progressione estremamente interessante. Ma soprattutto un mondo affascinante come Dalmasca e Cocoon non sono mai riuscite ad essere, popolato da creature stravaganti e curiose e da capricciose divinità belligeranti. Se la trama avesse mantenuto la stessa qualità dell'incipit Final Fantasy XV avrebbe rappresentato per la serie una ripartenza mitica e meravigliosa, indelebile e storica. Rappresenta, invece, un rilancio “solamente” esemplare, convincente ed efficacissimo. Resta, considerato il processo di sviluppo molto travagliato e la crisi creativa in cui versavano gli ultimi capitoli della saga, un piccolo miracolo firmato da Tabata-San. E, più in generale, quello che serviva per poter guardare al futuro con un vigoroso ottimismo.

    8.5

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