Recensione Fire Emblem: Shadow Dragon

Il remake di un vecchio classico

Recensione Fire Emblem: Shadow Dragon
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  • DS
  • Una storia di cappe e spade

    Era il 1990 quando, sul glorioso Nintendo 8 bit, face la sua comparsa uno dei primi titoli strategici su console: il suo nome era Fire Emblem, sviluppato dai geniali ragazzi di Intelligent Systems.
    Il gioco presentava, nella sua prima incarnazione, solo alcune delle caratteristiche implementate negli anni nei vari episodi, ma vent’anni fa rappresentava una ventata di novità nell’ambito videoludico, tanto da diventare nel tempo il brand hardcore per eccellenza di casa Nintendo. Tutto questo accadeva però quasi esclusivamente in Giappone, perché la serie strategica che tanto aveva incantato i giocatori nipponici ben prima dei vari Final Fantasy Tactics e che insieme agli Ogre Battle aveva contribuito a stabilizzare un genere, non ebbe possibilità di travalicare l’oceano se non nel 2003, con l’uscita in Nord America di Fire Emblem per Gameboy Advance, primo episodio ad arrivare in occidente (ma settimo della serie). La strada fu quindi aperta per l’uscita europea nel 2004 e per lo sbarco di altri tre episodi: Sacred Stones, ancora su GBA, e la meravigliosa accoppiata rappresentata da Path of Radiance su Gamecube e Radiant Dawn su Nintendo Wii.
    Fire Emblem: Shadow Dragon, remake per Nintendo DS del primo episodio della serie, uscito in Gaippone ad agosto ed arrivato prima in Europa che negli Stati Uniti, è quindi il quinto titolo della saga a raggiungere le mani dei giocatori nostrani, con un pesante compito: replicare in una struttura vecchia di diciotto anni l’eccellenza e la ricercatezza del gameplay assaporata con le ultime incarnazioni.

    Ecco da dove era uscito...

    Marth ormai lo conosciamo tutti: i giocatori occidentali lo videro per la prima volta in Super Smash Bros. Melee, dove dava prova di essere ottimo spadaccino (diventando non a caso uno dei personaggi più utilizzati), ed è tornato a menare le mani nella zuffa di casa Nintendo nel recente Super Smash Bros. Brawl. Ma con molte probabilità la sua storia è sconosciuta ai più.
    Le vicende di Fire Emblem: Shadow Dragon si aprono con l’invasione del regno di Altea da parte della vicina Doluna.
    Marth, giovane ed inesperto principe, si trova si trova costretto a fuggire, esiliato nel regno isolano di Tallis, lasciandosi alle spalle l'amata terra e la sorella, fatta prigioniera.
    Ma egli è il discendente di Anri, l’eroe che un secoli prima aveva sconfitto l’ora rinato Drago Ombra, il malvagio Medeus: sarà quindi suo compito radunare una potente armata per riprendersi la patria e riportare la pace in un continente avvolto nelle tenebre della guerra.

    Qualcosa di più e qualcosa di meno

    Il gameplay classico della serie, che è rimasto immutato negli anni, di certo non poteva venire stravolto proprio in occasione di un remake: le battaglie si svolgeranno pertanto sulla classica griglia ove gestiremo le azioni dei personaggi, a turni tra il proprio esercito e quello avversario.
    Avvicinandosi ad un’unità nemica si avrà la possibilità di attaccarla, non prima di aver consultato un'esauriente tabella informativa che ci mostrerà punti salute, probabilità di colpire, danno inflitto, probabilità di effettuare un devastante colpo triplo. Il tutto ovviamente seguendo le ferre regole di una "morra cinese" idealizzata e ormai radicata nell'immaginario ruolistico. Nel mondo degli strategici d'altri tempi, il triangolo equilatero delle armi si chiude senza scappatoie: la spada batte l'ascia, l'ascia sconfigge la lancia e la lancia sovrasta la spada.
    Ovviamente particolari luoghi sul terreno permetteranno di schivare meglio gli attacchi (boschi) o di avere una maggior difesa, ed addirittura di recuperare alcuni punti salute all’inizio di ogni turno.
    Fin qui niente di nuovo, pare: tutto impostato secondo i crismi di un GDR tattico in cui il posizionamento e l'utilizzo delle opportune unità sono i fattori primari. Eppure ci sono alcuni elmenti del gameplay che sono stati ritoccati rispetto all'originale, e sfuggono alla formula canonica. Su di loro vale la pena spendere alcune parole, visto che influiscono non poco sia sul bilanciamento delle battaglie che sulla crescita delle unità.
    Quello che più colpisce ad una prima partita è la distribuzione delle caratteristiche portanti di ogni classe, quasi come se ogni "job" avesse una propria specializzazione. I generali, ad esempio, sono l’unità difensiva per eccellenza: grandi e grossi, bardati con un’armatura pesantissima, son fatti per stare nelle prime linee, attirare e contenere gli attacchi nemici. E lo fanno benissimo, forse troppo, dal momento che raramente subiscono danni superiori al 5% della loro salute. Ovviamente un nemico con la frangicotta, arma fatta appositamente per penetrare le armature, li ucciderà al primo colpo.
    I maghi sono più potenti del solito, arrivando spesso ad essere la classe in grado di arrecare maggior danno ad un qualunque nemico. I mirmidoni, abili spadaccini, sono velocissimi, ma poco potenti e assai fragili.
    In quest’ottica di aumento esponenziale dei punti di forza come di quelli di debolezza di ogni classe stona la mancanza di alcune caratteristiche chiave che negli episodi più recenti della saga rappresentano degli importanti punti attorno a cui costruire una strategia vincente. Ad esempio è impossibile muovere i fantini dopo aver colpito o proteggere gli alleati: si tratta di una semplificazione delle risorse in mano al giocatore che renderà spesso più feroci gli scontri.
    Un'unità sottoposta a più di tre attacchi probabilmente perirà sotto i colpi nemici abbandonandoci definitivamente, come nella tradizione della serie, senza possibilità alcuna di resuscitarle. E la dipartita definitiva degli uomini caduti sul campo di battaglia ha da sempre aggiunto una componente affettiva al gameplay: spesso ci si trova a rimanere veramente dispiaciuti di aver perso in uno scontro, magari per un errore tattico grossolano, un personaggio particolarmente carismatico. Eppure in questo episodio ciò avverrà meno del solito, e non per una mancanza di sfida, dato che comunque il livello di difficoltà è relativamente elevato (pur non toccando i picchi di Radiant Dawn e pur presentando una curva di crescita praticamente perfetta): il motivo è di carattere strutturale, dal momento che spesso alcune unità si uniranno a noi dopo poche righe di testo, che saranno con ogni probabilità anche le uniche, vista la totale assenza di dialoghi di supporto (punto di forza di Path of Radiance, incomprensibilmente modificato in peggio in Radiant Dawn). Inoltre fin dai primi capitoli avremo una forza comprendente numerosi combattenti, privandoci della gioia di far livellare con comodo piccolo gruppi ai quali aggiungere mano a mano nuovi eroi. Anzi, alcune volte si uniranno all’esercito gruppi di tre unità in contemporanea. Diventa quindi difficile affezionarsi a particolari unità, se non ai personaggi più carismatici (ma sognatevi ad esempio di trovare in Shadow Dragon un personaggio secondario amato come la silenziosa ma devastante Nephenee dei capitoli casalinghi). Una piccola ripulitura del gameplay a tal riguardo: un combattente reclutabile lampeggerà quando sarà nel raggio dell’unità che potrà reclutarlo, aggiunta non essenziale ma certamente molto comoda.
    Abbiamo parlato della funzione di supporto, presente durante la preparazione delle battaglie negli episodi per Gamecube e Wii. La schermata di preparazione ci viene proposta anche in questo episodio portatile, seppure in maniera meno dettagliata: potremo vedere le statistiche delle unità, comprare e fondere armi nell’armeria e...nient’altro. Manca quindi la possibilità di assegnare punti extra per l’esperienza, introdotta solo nei capitoli su console da salotto ma che sarebbe stata assai gradita in questo remake, dal momento che l’unico modo per potenziare al meglio tutte le unità è alternarle ogni volta in battaglia o usare l’arena che appare in qualche mappa, nella quale si può allenare un personaggio facendogli combattere un nemico (perdendolo definitvamente, anche in questo caso, se dovesse essere sconfitto): un compito affatt facile quindi, che costringe a prodursi in ponderatissimi turn over (dovendo tener conto del livello crescente dei nemici) o a lasciare nel dimenticatoio personaggi che magari potrebbero avere, a nostra insaputa, possibilità di crescita eccellenti. E di quanto ciò influisca sul gameplay ce ne accorgeremo quando dovremo affrontare i boss alla fine di ogni capitolo: esageratamente forti, spesso capiterà che solo tre o al massimo quattro dei vostri personaggi riusciranno a infliggergli danni sostanziosi. Ciò non tende ad essere un difetto rilevante però, dal momento che ad aiutare il giocatore ci sono sempre le vulnerabilità alle armi (permettendo quindi ai personaggi con la possibilità di impugnare quella giusta di attaccare anche il boss più coriaceo e guadagnare esperienza).
    La difficoltà inoltre aggiunge suspance al momento culminante della maggior parte delle battaglie, dato che in gran numero avranno come obiettivo la conquista del forte sorvegliato da uno di questi boss in questione. Se questo può provocare legittimi dubbi sulla varietà delle missioni è bene indicare come spesso l’obiettivo sia simile ma cambino le modalità di svolgimento dello scontro.
    Un elemento che di sicuro controbilancia l’abbondanza di personaggi è la possibilità data dal gioco di potergli cambiare classe in ogni momento (non durante la battaglia comunque): non è detto che quello che sembra un inutile e debole fantino non possa trasformarsi in un devastante cavaliere drago. Largo agli esperimenti quindi, dato che il cambio di classe non determina alcun malus e di sicuro aumenta le possibilità di variare la nostra schiera.
    Ciò di cui si sente la mancanza, per i giocatori più esigenti, è delle risorse strategiche introdotte da Path of Radiance in poi: impossibile spingere gli alleati per fargli guadagnare una casella di movimento, o trasportare a cavallo o in groppa alle viverne personaggi con movimento ridotto al fine di avvicinarli ai punti nevralgici della battaglia. Dettagli, ai quali in molti non faranno caso, ma che di certo potevano essere introdotti anche in questo episodio senza troppi sforzi, con un notevole guadagno di varietà di situazioni.
    Tirando le somme il gameplay è quello tipico della serie, tremendamente appagante e in grado di causare grande dipendenza. Un agguato ben riuscito, proteggere un ingresso stretto anche solo con due o tre unità, far avanzare la propria schiera in maniera metodica, schivare un colpo potenzialmente letale, sfruttare a favore il terreno per aggirare il nemico sono solo alcune delle caratteristiche che rendono anche questo Fire Emblem una piccola gemma di strategia e tattica, che inevitabilmente appassionerà a lungo (25 sono i capitoli che compongono la storia) chi avrà la fortuna di giocarlo. Il livello di difficoltà portato a livelli umani consentirà inoltre di godersi il gioco anche a chi dovesse avvicinarsi alla serie per la prima volta, e rende anzi Shadow Dragon perfetto per i neofiti, paradossalmente anche grazie alla mancanza di tutte le feature aggiunte nei vari seguiti di cui abbiamo lamentato la mancanza fino a qualche rigo fa.

    Una spada luccicante

    E’ un piacere ammirare un 2D come quello utilizzato da Intelligent System per Fire Emblem: Shadow Dragon. La resa visiva sul campo di battaglia è raffinatissima, ma è negli scontri che si vede la cura maggiore: gli sprite dei personaggi sono animati in maniera certosina da un gran numero di frame, muovendosi fluidamente su sfondi caratterizzati da un ottimo livello di dettaglio.
    Uno solo è l’appunto che si potrebbe fare: sarebbe stato bello avere personaggi più curati e somiglianti ai vari ritratti sia sulla mappa che durante gli scontri, ma di certo ciò è poca cosa rispetto alla bontà del lavoro profuso.
    La direzione artistica è di prim’ordine, con personaggi completamente aggiornati negli artwork delle scene d’intermezzo, infarcite a loro volta di splendidi disegni: e non sarebbe potuto essere altrimenti, vista la mano di Masamune Shirow, autore e artista di Ghost in the Shell ed innumervoli altre opere.
    Il comparto sonoro propone le splendide melodie già ascoltate tanto negli altri capitoli della serie, ma anche in Super Smash Bros. Brawl, dato che è proprio da Shadow Dragon che provengono la maggioranza dei temi targati Fire Emblem che abbiamo imparato ad apprezzare nel picchiaduro di Masahiro Sakurai.
    Non mancano ovviamente temi inediti, ed anche gli effetti sonori svolgono ottimamente il loro lavoro.
    Gradita è l’implementazione della Wi-Fi Connection: tramite i server Nintendo potremo sfidare gli amici (da aggiungere tramite i soliti codici) in piccole battaglie con cinque unità per parte, comprare oggetti presso un negozio che ogni giorno avrà merce diversa e scambiarci personaggi da usare nella modalità principale.

    Fire Emblem DS Fire Emblem DSVersione Analizzata Nintendo DSAncora un Fire Emblem, ancora una (questa volta piccola) perla. In Shadow Dragon mancano gli elementi che contribuiscono a fare di un ottimo titolo un capolavoro, ed in qualche aspetto gli anni sulle spalle si sentono. Ciò però non inficia assolutamente l’efficacia di un gameplay collaudatissimo ed assuefacente come al solito, bilanciato in maniera ancora più ricercata e per di più condito da alcune raffinatezze e gradite aggiunte, come la modalità online; il tutto retto da un comparto tecnico su livelli di assoluta bontà e perizia. Probabilmente il miglior strategico per Nintendo DS.

    8

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