GRIS Recensione: Devolver Digital trasforma la sofferenza in arte

L'opera d'esordio del team Nomada Studio è un platform game dal grandissimo valore artistico, che si sorregge sulla forza dei suoi simbolismi.

GRIS
Recensione: PC
Articolo a cura di
Disponibile per
  • Pc
  • PS4
  • Switch
  • Tutto inizia con un canto, tenue, sospeso, intriso di poesia. E poi, d'improvviso, il suono si affievolisce, fino a svanire in un singhiozzo di disperazione: una fanciulla ha perduto la sua voce e, mentre le lacrime le rigano le guance, vede l'ambiente intorno a sé cadere a pezzi, frantumarsi e dissolversi come una scultura sommersa dal temporale. Quando la ragazza precipita nel vuoto, senza più alcun supporto, la culla solo il vento ed il rumore, sordo ma intenso, di un mondo che finisce.
    Comincia così, Gris, con un tonfo al cuore e con una serenata per gli occhi. L'avventura di Nomada Studio, distribuita nella pinacoteca virtuale di Devolver Digital, mette sin da subito in chiaro le sue intenzioni: fare dell'incantevole art design il mezzo tramite il quale comunicare un messaggio, raccontare un processo di rielaborazione della perdita, trasportare il giocatore in una dimensione onirica e vorticosa, fatta di simboli, metafore ed allusioni.
    Senza dimenticare la sua natura puramente ludica, inoltre, Gris accompagna il nostro cammino con alcuni flebili elementi da puzzle-platform, che si innestano nell'avanzamento con una grazia ed una delicatezza davvero rarissime. Alla fine del viaggio, disponibile al momento soltanto su PC e Nintendo Switch, i mille colori di questo adventure bidimensionale ci dipingeranno lo sguardo con pennellate indelebili.

    Il canto degli acquerelli

    Gris narra la sua storia sottovoce, senza dire neppure una parola. Lascia che a dialogare con il giocatore siano ora l'espressività della protagonista da cui il titolo prende il nome, ora le meraviglie architettoniche della direzione artistica, ora le note della colonna sonora.

    Sin dai primi istanti è facile intuire che Gris racconti una discesa nel baratro della depressione, dell'avvilimento, della sconfitta personale ed emotiva: un piccolo poema per immagini che trova la sua forza in una messa in scena dall'impatto devastante, sia per le orecchie sia per gli occhi. L'opera di Nomada Studio, a metà tra la poetica di Journey e quella di Monument Valley, è un connubio sublime di sonorità e visioni, un concerto che ci conduce, poco alla volta, alla scoperta di un mondo che cade a pezzi, rappresentazione simbolica dell'interiorità della ragazza. Gris ha i capelli azzurro cielo, uno sguardo sognante ed una voce angelica, ma non riesce, purtroppo, ad emettere più alcun suono.

    Non appena smette di cantare, il panorama intorno a sé perde i propri colori, fino a tramutarsi in una tela smorta e spenta. "Grigia", per l'appunto. Se dopo essere caduti in basso, su una terra arida e vuota, proviamo a farla parlare, Gris si limiterà ad emettere un gorgoglio strozzato. Non potremo far altro che muoverci a passi lenti, avanzando lungo un percorso che ci condurrà verso la consapevolezza della sofferenza. Non è difficile individuare in Gris una intelligentissima manifestazione in formato pixel delle cinque fasi di elaborazione del lutto teorizzate dalla psichiatra Elisabeth Kubler Ross nel 1970: prima c'è la "negazione", poi la "rabbia", la "contrattazione" (altrimenti nota come "speranza"), la "depressione" ed infine "l'accettazione". Man mano che avanzeremo lungo i mondi di cui si compone l'esperienza di Nomada Studio, viaggeremo attraverso reami immaginifici, ognuno dei quali sarà caratterizzato da uno specifico colore, dal rosso al giallo, passando per il verde ed il blu. La simbologia legata alla gamma cromatica, in tal senso, è perfettamente esplicativa, e combacia alla perfezione con le fasi che abbiamo elencato. La profondità artistica ed intellettuale di un'opera come Gris, agli occhi di chi sa guardare, potrebbe lasciare ammutoliti: è splendido inoltre notare come la teoria della dottoressa Ross venga tradotta digitalmente con scelte estetiche tanto belle da vedere quanto evolute sul piano concettuale.

    Secondo la psichiatra, d'altronde, le "fasi", durante il processo, potevano alternarsi o sovrapporsi: allo stesso modo, nel corso dell'avventura, i vari cromatismi che pennellano la tela di Gris finiranno poco alla volta per sommarsi l'uno con l'altro. Potrebbe di primo acchito sembrare una semplice soluzione visiva per riempire di colori il setting di gioco, ma in realtà testimonia a chiare lettere la mescolanza dei sentimenti che si affollano nel cuore della protagonista. È un'idea geniale, da scroscianti applausi a scena aperta, che mostra quanta cura il team abbia riposto nella costruzione del suo immaginario.

    Potrebbe già bastare questo per inchinarsi dinanzi all'intuizione degli sviluppatori, ma c'è dell'altro. Quanto vi abbiamo appena descritto non è che la superficie della rete simbolica che Gris riesce ad intessere: il gioco è estremamente stratificato e complesso da analizzare, a tratti forse persino eccessivamente criptico. Nella sua cornice artistica si celano metafore molto ardue da decifrare, raffigurazioni animalesche e naturalistiche finemente intrecciate per stranire il giocatore e stimolarne la riflessione. Basteranno solo quattro ore per completare il cammino di Gris, minuti che trascorreranno in un lampo, senza che nemmeno ve ne accorgiate: bombardati da un flusso di immagini e riferimenti, verrete probabilmente assaliti dal desiderio di tornare sui vostri passi per cercare di captare tutte quelle allusioni che in precedenza sono passate inosservate.

    Ad un secondo giro, se possibile, Gris si rivela ancora più bello. L'estro visionario dell'artista spagnolo Conrad Roset tocca vette elevatissime, e si esprime in un oceano di deliziosi acquerelli: ogni tratto viene poi nobilitato da un accompagnamento sonoro che, al pari dell'art design, contribuisce a delineare la narrazione del gioco. L'operato strumentale della band Berlinist sfiora le corde del capolavoro, e crea un amalgama a metà strada tra il lirico, l'epico e l'ambientale, capace di rimanere immortalato nell'udito con la stessa intensità con cui la direzione artistica s'imprime nella vista.

    Sopravvivere al dolore

    Per superare le fasi di elaborazione del dolore, la protagonista deve necessariamente fronteggiare gli ostacoli che rendono impervio il suo cammino, e districarsi tra le macerie di ciò che resta del suo mondo. Nomada Studio, al fine di massimizzare l'empatia con la triste viandante, ci chiede di vestire i suoi leggiadri panni ed avere la meglio sulle insidie che ci attendono.

    Gris non si limita quindi ad allestire un corredo artistico sopraffino, ma cerca di coinvolgere l'utente anche sul versante dell'interazione: assumendo le forme di un platform leggero e fuggevole, l'opera ci porta ad avanzare con naturalezza, scivolando dolcemente lungo differenti reami che sfidano le leggi della realtà. Non esiste la morte, in Gris, né il fallimento: il viaggio scorre senza troppi impedimenti, e la frustrazione non è contemplata. Le sequenze in cui balzare sulle piattaforme sospese o risolvere piccoli enigmi si bilanciano in un piacevole punto di incontro tra la banalità e la complessità: nessun rompicapo vi porterà via più di qualche minuto, e nessun salto vi chiederà di dosare al millimetro la vostra precisione. Vero è che, nelle sequenze conclusive, quando il level design si fa un po' più articolato, a volte la sfida diviene lievemente più ostica, senza però mai raggiungere un grado di difficoltà tale da distrarre il giocatore ed indebolire la forza del tessuto estetico e sensoriale. Raccogliendo dei minuscoli punti di luce sparsi nell'ambientazione, solitamente "protetti" da un puzzle, Gris potrà proseguire lungo la sua strada ed apprendere nuove abilità che le permetteranno di sopravvivere. La fanciulla otterrà, ad esempio, la capacità di solidificare il suo vestito, così da resistere alle intemperie del vento, ed anche di saltare più in alto, per atterrare su superfici più distanti.

    Prevedibilmente, ogni talento rappresenta un tassello inedito nel suo percorso di auto-miglioramento, grazie al quale la protagonista trova in se stessa il potere per ricomporre i frammenti della sua psiche. Benché sia strutturato con una progressione abbastanza lineare e schematica, Gris cela qualche sorpresa all'utente più curioso: alcuni stage, del resto, nascondono al loro interno dei collezionabili da recuperare dopo aver portato a compimento delle sequenze di platforming del tutto opzionali, che richiedono anche un impegno leggermente più ampio di quello imposto dal sentiero principale.

    A chiosa, tra le pieghe dello scenario, si annidano degli anfratti segreti, rinvenibili solo con un'attenta esplorazione, nei quali troveremo ulteriori indizi visivi utili a comprendere un po' più a fondo le ragioni da cui scaturisce la tristezza della fanciulla senza voce. Non sarà facile decifrare il significato di Gris nella sua interezza: come se fungesse da contrappeso alla semplicità del gameplay, l'interpretazione del gioco sarà insomma la prova più impegnativa a cui il giocatore verrà sottoposto. Di fronte alle diverse chiavi di lettura che l'opera propone, non avvertirete comunque il bisogno di capirne appieno tutte le sfumature: per apprezzare la grandezza di Gris, infatti, è sufficiente osservarlo, ascoltarlo, interiorizzarlo.

    GRIS GRISVersione Analizzata PCMetafora dell'accettazione di sé e del superamento della perdita, Gris scorre al contempo con leggerezza ed intensità: un'avventura dove il gameplay fa da contorno ad un art design ammaliante, espressivo e potente, affiancato da una colonna sonora di rara bellezza, capace di dar voce alle emozioni di una ragazza che cerca disperatamente di ricostruire quel che resta della sua anima. L'esordio di Nomada Studio è dunque un piccolo prodigio sinestetico che, a fronte di un simbolismo in parte bulimico e non sempre pienamente comunicativo, vi lascerà spesso senza parole. Proprio come la giovane Gris.

    8.5

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