Recensione Hyperdimension Neptunia Re;Birth 3: V Generation

Il remake di Hyperdimension Neptunia: Victory (uscito su PlayStation 3 nel 2012) debutta su PlayStation Vita con una serie di interessanti novità che stuzzicheranno la curiosità dei fan della serie.

Recensione Hyperdimension Neptunia Re;Birth 3: V Generation
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  • PSVita
  • La serie di Hyperdimension Neptunia è una delle più strambe saghe di J-RPG di successo nel panorama console. Nel corso del suo breve arco vitale (parliamo di soli 5 anni dall'uscita del primo episodio su PlayStation 3) ha saputo ritagliarsi una piccola nicchia felice di appassionati, grazie soprattutto all'originalità della trama che fa da sfondo alle vicende delle nostre protagoniste, che rilegge in chiave parodistica la guerra commerciale fra le principali console di settima generazione, vale a dire PlayStation 3, Xbox 360 e Wii. Il mondo di gioco, chiamato Gameindustri (nome che è tutto un programma), è conteso da quattro CPU: White Heart, Purple Heart, Green Heart e Black Heart. Quattro divinità protettrici dei quattro distretti del mondo di gioco, Lowee, Laistation, Leanbox e Neptune (si, proprio come la mai-nata console Sega) avranno a loro volta il compito di gestire (e -perché no?- concludere una volta per tutte) la Console War, eterna lotta senza fine. E se la trama così scritta vi suona assurda, sappiate che giocata era spesso ben oltre ogni senso logico, in puro stile anime. Peccato solo che, al di fuori di una narrazione senza dubbio unica, il primo Hyperdimension Neptunia aveva dei problemi non indifferenti, tra cui un battle system tedioso e un comparto grafico non propriamente brillante: tutti difetti corretti in larga parte nel remake per console PS Vita, ribattezzato Re;Birth. Discorso dissimile anche per quanto riguarda il sequel, MK2, riconvertito a sua volta sulla piccola piattaforma portatile di Sony. Poco sorprendentemente è quindi ora il turno del remake tascabile del terzo ed ultimo capitolo della trilogia, approdato originariamente sulla console di casa Sony nel 2013 e noto ai più col nome di Hyperdimension Neptunia: Victory. Eccoci quindi di fronte a Re;Birth 3: V Generation: sarà veramente la fine della guerra tra CPU o magari è solo dell'inizio di una nuova epopea delirante in salsa anime?

    Prendi un giorno in Gamindustri

    Una volta iniziato il gioco, chiunque abbia provato anche solo per qualche ora i precedenti capitoli della saga capirà da subito che la musica non è affatto cambiata, sempre non-sense come da tradizione: la divinità di Planeptune e sua sorella Nepgear sono giornalmente sgridate da Histoire, annoiata dal fatto che tutte le divinità protettrici di Gamindustri passino le loro giornate solo ed esclusivamente a giocare ai videogame, oziando e perdendo tempo. Neptune, ritornata dal livello 99 ad un banale livello 1 proprio per colpa della sua pigrizia, si ritroverà costretta a recarsi alla Gilda principale e ricominciare a darsi da fare accettando le quest più disparate. Una tra queste vedrà la giovane eroina impegnata ad affrontare un singolare individuo che non approva l'operato delle CPU, e una volta ricevuti misteriosi poteri da un misterioso essere questi catapulterà l'alter-ego di Purple Heart in una dimensione sconosciuta: stiamo parlando della Ultra Dimension, un universo alternativo nel quale gli anni '80 non sono mai finiti e dove le cose sono molto diverse rispetto alla Hyperdimension. La Console War è infatti in pieno svolgimento, con SEGA e Nintendo impegnate ad affrontarsi a colpi di bit. Riuscirà Neptune a liberarsi da questa ennesima patata bollente e a ritornare vincente nel suo mondo? Un semplice tutorial ci farà riprendere da subito confidenza con le meccaniche di esplorazione e battaglia nei dungeon, il tutto in una realtà virtuale esplorabile tramite il Nepulus Grift, un attrezzo del tutto assente nella versione originale del gioco, grazie ad alcune funzionalità che ben si legano con la portabilità offerta dalla console handheld targata Sony. Ma quante e quali sono le differenze rispetto al Victory originale? La base è la stessa dei precedenti capitoli, ossia accettare tutta una serie di missioni acquisibili inizialmente per prendere (o riprendere) confidenza con i rudimenti delle battaglie, svolte nei tradizionali combattimenti a turni. L'esplorazione degli ambienti, decisamente più ampi e labirintici rispetto al passato, avviene con la possibilità di vedere a schermo i mostri presenti nei dungeon, evitando così lo spettro dei combattimenti casuali, da sempre croce e delizia del genere di appartenenza. Una volta spintonato un nemico daremo il via al consueto combattimento, che si svolgerà sempre in un'area in cui potremo muovere uno alla volta i personaggi del nostro party entro un raggio di azione predefinito, dandoci modo di avvicinarci ai nemici e successivamente riempirli di botte in una sequenza di attacchi, oggetti o abilità speciali; il tutto intervallato da alcuni siparietti in perfetto stile visual novel (decisamente espliciti nel mostrare le rotondeggianti forme delle nostre protagoniste), che non solo sveleranno i rapporti interpersonali tra le procaci eroine, ma che grazie al rinnovato Lily Rank ci permetteranno di comporre il party a seconda del livello di affinità delle protagoniste, migliorandone così statistiche e skill speciali.
    Una volta entrati in un labirinto, avremo anche modo di sorprendere i nemici alle spalle grazie al Symbol Attack, attivabile colpendo con il giusto tempismo gli avversari sulla mappa, oppure cercando tesori nascosti ed alcune inedite scatole invisibili poste a mezz'aria, recuperabili posizionandoci sotto di esse e colpendole (si, proprio come in un classico capitolo di Super Mario).

    Effettuando numerosi assalti stealth o sconfiggendo più nemici senza subire danni potremo inoltre sbloccare dei mini obiettivi chiamati Challenge, utili per incrementare le nostre statistiche. E sempre come i precedenti episodi della serie, tutta l'esperienza, il denaro e i materiali raccolti potranno essere investiti nell'utile sistema di crafting chiamato Remake System, grazie al quale sarà anche possibile sbloccare nuovi equipaggiamenti, oggetti e addirittura creare dungeon ex novo modificandone le caratteristiche e i nemici al loro interno. Nota a margine per il minigioco Stella's Dungeon, l'RPG in tempo reale che vede protagonista l'eroina amata dagli sviluppatori, con l'obiettivo di recuperare oggetti ed equipaggiamento che potrà poi essere utilizzato nel corso dell'avventura principale da Neptunia e le sue alleate. Se quindi a livello di gameplay le novità sono poche e non troppo incisive, sotto il profilo tecnico e stilistico qualcosa (anche se non troppo) è cambiato rispetto all'originale Hyperdimension Neptunia: Victory. Pur condividendo il tradizionale look in cel shading, che renderà sempre più "morbide" le varie protagoniste del gioco, ad essere stato sensibilmente migliorato è il level design e la struttura delle varie ambientazioni che andremo ad esplorare: l'estensione dei dungeon raggiunge ora un livello di dettaglio assolutamente accettabile, nonostante il riciclo di ambientazioni e di nemici sia comunque onnipresente. Ma non solo: la qualità degli sprite bidimensionali e dello stile anime che caratterizza le scenette di intermezzo sembrano aver subito un piccolo upgrade, pur mantenendo ovviamente il medesimo stile spiccatamente nipponico. Colonna sonora e doppiaggio, invece, restano copia-incollati dalla precedente versione del gioco, proponendo una soundtrack senza guizzi e dialoghi assolutamente fuori di testa nella maggior parte dei casi.

    Hyperdimension Neptunia Re;Birth3: V Generation Hyperdimension Neptunia Re;Birth3: V GenerationVersione Analizzata PlayStation VitaHyperdimension Re;Birth 3: V Generation è la conclusione di una trilogia che, nel contesto portatile in cui è stata riconvertita, ha vissuto una vera e propria seconda giovinezza, dopo le non proprio esaltanti uscite originali su console da casa. I pregi, come la leggerezza narrativa di fondo e lo stile estetico ad un passo dall'Hentai, oltre alle ambientazioni che ora appaiono maggiormente strutturate e ricche, vengono affossati da un combat system che si limita a riproporre le stesse identiche meccaniche offerte in precedenza nei passati capitoli della serie Re;Birth (salvo qualche sparuta novità di poco conto). Fortunatamente, la trama principale fuori da ogni schema risolleva il giudizio finale, lontano dalla bocciatura che aveva condannato il primo episodio ai tempi della sua uscita. V Generation è quindi la perfetta conclusione di una serie che, da sempre, o si ama o si odia, spesso per le ragioni sbagliate. Almeno su questo, potete andare sul sicuro.

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