Recensione Innocent Life

La fattoria di Marvelous Entertainment sbarca nel futuro (e su PSP)!

Recensione Innocent Life
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  • Una vita meravigliosa

    La serie di Harvest Moon delizia da una decade il mondo dei videogiochi e si è saputa nel tempo ritagliare una fetta di appassionati tutt’altro che trascurabile. Fin dal suo primo episodio su Snes (uscito, appunto, nel 1997) questa improbabile simulazione di fattoria è riuscita ad incantare giocatori di tutto il mondo grazie alla sua semplicità, ad una veste grafica accattivante e, soprattutto, perché capace di trasmettere a chiunque impugnasse il pad il tranquillo scorrere della vita di campagna. Certo, gli appassionati di Harvest Moon non hanno mai dovuto curare i calli alle mani e i dolori di schiena regalati da una giornata di lavoro nei campi, ma hanno sicuramente imparato quanta cura e dedizione occorrano per ottenere un raccolto rigoglioso e l’attenzione necessaria per far quadrare i bilanci di una fattoria.
    Dopo dieci anni di titoli di successo, usciti praticamente su ogni sistema di gioco, i ragazzi di Marvelous Entertainment hanno deciso di dare una decisa svolta alla serie, affidandola ai programmatori di ArtePiazza (al loro esordio) che hanno ben pensato di ambientare le vicende di questo nuovo titolo in un prossimo futuro, dove tutti sembrano aver dimenticato le gioie (e le fatiche) del lavoro nei campi.

    Voglio diventare un bambino vero!

    Proprio come nella favola di Collodi, il protagonista del gioco è un piccolo burattino (nel nostro caso, un androide, ma le differenze alla fin fine son solo generazionali), chiamato a dover comprendere l’animo umano e a risvegliare le coscienze degli abitanti dell’isola di Heart Flame, proprio attraverso il contatto con la natura ed il duro lavoro manuale della vita di campagna. Di questo, almeno, sembra essere convinto il Dr. Hope (in inglese, “speranza”) geniale inventore e creatore dell’intelligenza artificiale di cui il giocatore deve vestire i panni. Una “vita innocente” (da qui il titolo del gioco), una mente vergine e pura, che proprio in virtù di queste qualità può e deve ritrovare la sintonia, a lungo perduta dal genere umano, con la natura.
    Proprio questa semplice premessa, per quanto banale, segna una prima e netta distinzione con gli altri titoli della serie. Pur mantenendo intatta l’atmosfera dei precedenti titoli e riproponendone in toto meccaniche e sistema di gioco, Innocent Life, si presenta non più come un semplice gestionale, ma come un’avventura in piena regola, con tanto di elementi ruolistici ad approfondire ulteriolmente l’esperienza di gioco.
    Dopo un tutorial, invero molto dettagliato ma estremamente lento, teso ad insegnare i rudimenti dell’agricoltura (dissodare il terreno, piantare le sementi, innaffiare quotidianamente e infine raccogliere i frutti), il buon dottore, nostro padre “putativo”, ci affida la nostra fattoria, situata nientemeno che sulla cima di imponenti rovine. È in questo luogo mistico (vagamente somigliante ad una piramide Maya), teatro di lontane guerre, che dovremo rientrare in contatto con gli spiriti della natura, accedendo ad aree nascoste delle rovine, aprendo appezzamenti di terreno sigillati da oscure forze ed infine placando lo spirito del fuoco che minaccia di far eruttare il vulcano dell’isola.
    Come detto, a corollario di questa nuova parte avventurosa ed esplorativa, tornano tutte le meccaniche che hanno reso celebre il nome di Harvet Moon, nel panorama dei videogiochi. Dovremo quindi prestare la massima attenzione al susseguirsi delle stagioni, selezionare le giuste sementi, arare i campi a nostra disposizione ed infine vendere i frutti del duro lavoro al mercato della città. Questo almeno, fino a che, col proseguire del gioco, non ci viene offerto l’ausilio di un piccolo robot (derivato da un modello bellico) in grado di automatizzare le operazioni di innaffiatura ed alleviare così notevolmente il ritmo delle giornate lavorative.
    Paradosso nel paradosso, quindi: non soltanto il compito di ritrovare la sintonia tra uomo e natura è affidato ad un androide, ma, a dispetto di quanto le premesse del gioco potessero far pensare, questi non risparmia certo in automazione pur di semplificarsi il compito.
    Per quanto questa scelta (che sminuisce a tutti gli effetti il gameplay originale della serie) possa indispettire i fan di lunga data, consente tuttavia di concentrare le attenzioni del giocatore sull’avventura, invero molto curata, celata sotto i panni del puro gestionale. Nonostante le iterazioni con gli abitanti dell’isola siano limitate (a differenza dei precedenti capitoli di Harvest Moon, la componente sociale è del tutto secondaria), la trama scorre piacevolmente, presentando tematiche che paiono ispirate alle opere di registi come Myazaki e che lasciano al giocatore una palpabile sensazione di malinconia. Coerentemente con l’atmosfera bucolica del titolo, il ritmo è molto blando, e permette al giocatore di esplorare con comodo l’area di gioco, scoprendo nuove sezioni nascoste, imparando a cucinare, guardando programmi televisivi ed in definitiva compiendo tutta una serie di attività che permetteranno al protagonista di avvicinarsi a grandi passi al traguardo della propria umanità.

    Una vita adatta a pochi

    Premesse importanti, quindi, per festeggiare degnamente il decimo anniversario di una serie per molti versi storica. Purtroppo però, il cambio di rotta di questo titolo, con l’inserimento (per molti versi forzato) di elementi ruolistici e di avventura ha sbilanciato forse eccessivamente la formula vicente di Harvest Moon, rendendo questo Innocent Life un titolo atipico ed assolutamente di nicchia. Principale imputato di un analisi oggettiva è il ritmo stesso del gioco che appare fin dall’inizio eccessivamente dilatato. Non soltanto il tutorial è forse eccessivamente lento nel suo esporre le meccaniche classiche della serie, ma il prosieguo stesso della trama è legato a precise scadenze temporali. In pratica, ogni Domenica, il giocatore è chiamato a recarsi per una revisione nella villa del Dr. Hope, che oltre a verificare i progressi del gioco svelerà importanti tasselli della storia, oltre a fornire strumenti utili (ma spesso addirittura indispensabili) per il lavoro nei campi.
    Come detto, da un certo momento in poi, la coltivazione assume una connotazione del tutto secondaria, delegata com’è a sistemi automatizzati. Se da un lato questa scelta consente di apprezzare maggiormente l’ibridazione di questo Harvest Moon con generi diversi dal solito gestionale, dall’altro regala al giocatore fin troppo “tempo libero” per un’esplorazione che è gratificante soltanto nelle prime fasi di gioco ma che, ben presto, diventa un mero particolare del gioco. Stesso dicasi per l’accumularsi delle risorse economiche che il gioco elargisce, a differenza dei precedenti capitoli della serie, con disarmante semplicità. Così ci si trova a trascorrere le giornate "virtuali" a sbrigare nel minor tempo possibile i compiti basilari per poi coricarsi ad orari impossibili (le 10 del mattino) in modo da raggiungere velocemente l’agognata Domenica e l’evolversi della trama.
    Le statistiche del giocatore non si evolvono quasi mai coerentemente alle azioni svolte. Semplicemente ci si risveglia con punteggi accresciuti in caratteristiche come “sfida”, “intelligenza”, “spirito” e “cucina”. Purtroppo, nessuna di queste voci fornisce un reale vantaggio o cambiamento nel gioco, e così, l’incremento delle statistiche del nostro alter ego finisce per essere più un metronomo dell’avanzamento del gioco piuttosto che un reale elemento del gameplay. Allo stesso modo i dialoghi con gli altri abitanti dell’isola sono ininfluenti ai fini del gioco: ad eccezione dell’appuntamento domenicale con il nostro creatore sono ben poche le conversazioni necessarie all’evolversi della trama, ed il gioco stesso fa in modo che queste non vengano ignorate.
    Alla fin della fiera, Innocent Life, somiglia molto più ad un gioco di ruolo o ad un avventura di vecchio stampo, limitata ma dall’indubbio fascino, che ad un ibrido tra questi generi ed un gestionale puro. Il che non è necessariamente un male, soprattutto considerando la trama piacevole (anche se banale) ed una direzione artistica che sfiora livelli di eccellenza. Tecnicamente infatti il titolo si presenta in maniera più che valida, con un motore grafico capace di generare panorami da sogno ed un character design di ottima fattura. Anche sul fronte sonoro ci troviamo di fronte ad un titolo curato, con una colonna sonora melodica e piacevole, che fa da perfetto accompagnamento alle vicende narrate.

    Innocent Life a Futuristic Harvest Moon Innocent Life a Futuristic Harvest MoonVersione Analizzata PSPUn gioco per pochi. Un titolo che prende coraggiosamente una direzione diversa da quella della serie da cui è tratto e che, forse, sarebbe bene considerare più come uno spin-off che come un vero e proprio sequel. Proprio in virtù di un’ibridazione tra generi non perfettamente riuscita e bilanciata, Innocent Life rischia di deludere (e molto) gli appassionati, ma al tempo stesso può rappresentare un ottimo “punto di inizio” per chi non ha mai giocato ad un episodio di Harvest Moon. A patto di accettare ritmi di gioco blandi e rilassati ed un’esperienza di gioco che è, in definitiva, poco più che una didascalia all’indubbio valore artistico del titolo, Innocent Life può risultare un titolo gradevole ed affascinante, quasi un tributo allo spirito delle vecchie avventure grafiche. Un gioco coraggioso che tenta di rivoluzionare una serie storica, riuscendoci soltanto in parte, ma che non mancherà di affascinare proprio grazie alla sua atipicità. Adatto a chi cerca un’avventura rilassante, sconsigliato a chi da un videogioco pretende forti emozioni. Gli appassionati della serie farebbero bene a valutare attentamente l’acquisto: per chi si aspetta un degno erede della saga di Harvest Moon, Innocent Life potrebbe essere una cocente delusione.

    7

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