Recensione JU-ON: The Grudge

Recensione della versione europea del controverso Cinematic-Horror game

Recensione JU-ON: The Grudge
Articolo a cura di
Disponibile per
  • Wii
  • Ritorno alla casa

    Ju-On : The Grudge non rientra nei soliti canoni di videogioco.
    Diciamo che non li vuole proprio considerare, i canoni.
    Il fatto stesso che il celebre regista dell'omonima serie di film Horror, Takashi Shimizu, abbia avuto la possibilità di influenzare pesantemente il game design del titolo pur non avendo mai lavorato ad un videogioco, conferma l'intenzione degli sviluppatori, fin dal principio del progetto, di creare qualcosa di nuovo.
    AQ Interactive è la principale responsabile del titolo - già produttrice di Blue Dragon Plus (NDS) e Vampire Rain (XBOX360 e PS3)- e volendo far coincidere l'uscita del titolo con il decennale del capostipite cinematografico omonomino, ha creato, grazie alla manovalanza di Feelplus ( Lost Odyssey ), uno dei più controversi titoli che ci si potrebbe aspettare da uno dei “soliti” tie-in videoludici legati a blockbusters più o meno noti.
    E' innegabile che la media qualitativa dei giochi tratti da famose licenze cinematografiche sia quantomeno risibile, salvo qualche rara eccezione di recente produzione, e da un titolo come “Ju On: The Grudge” sarebbe lecito aspettarsi la reiterata povera routine creativa della software house pigra e “furbetta” di turno: un FMV preso dal film, qualche sequenza ispirata ad una scena del lungometraggio, stravolgimenti strutturali atti a semplificare l'intreccio narrativo della sceneggiatura originale, gameplay scimmiottante titoli più famosi... tutte pratiche standard ai quali gli sviluppatori non sembrano poter rinunciare durante la stesura dei titoli tratti dai grandi successi del cinema.

    Tuttavia il titolo in questione è differente. Nasce come produzione ispirata alle tematiche e alle vicende della storia originale, pur non volendo essere riconosciuta come mera trasposizione dell'omonimo film. Shimizu stesso ha definito il titolo come una sorta di “Gaiden”, retelling della storia dello spirito inquieto di Kayako e del figlio Toshio. Quello che, in linguaggio cinematografico odierno, chiameremmo “reboot”. La moda del momento.
    Punto di congiunzione fra cinematografia e videoludo? Scelta coraggiosa e funzionale? Scopriamolo insieme.

    Madre e figlio

    Ju On si apre con un FMV che palesa fin da subito il collegamento all'opera cinematografica dalla quale eredita il nome. Scorci della casa infestata nella pellicola di Takashi Shimizu si stagliano sullo schermo illustrando qualche scena confusa dedicata ai due protagonisti indiscussi del gioco: Kayako e Toshio, rispettivamente madre e figlio in forma ectoplasmatica. Uniche vere star della produzione, i due non perderanno occasione di disturbare la vostra esplorazione nelle diverse location che il gioco presenta.
    Il titolo illustra efficacemente situazioni che coinvolgono protagonisti differenti, appartenenti tuttavia alla stessa famiglia: gli Yamada. Colpiti dalla maledizione vendicativa di una donna morta in circostanze violente e non del tutto chiare, questi devono scontare la triste condanna attraverso esperienze sempre differenti ma ugualmente terrificanti. Dopo aver creato il proprio dato in uno dei tre slot disponibili per memorizzare i progressi all'inizio del titolo, Ju-On chiede al giocatore di comunicargli il sesso e il segno zodiacale, così da adattare l'esperienza di gioco al profilo che la combinazione delle due scelte designa.
    Il primo livello dà l'occasione di testare con mano la bontà del sistema di gioco ideato dai Feelplus, connubio di innegabile immedesimazione e semplicità d'utilizzo. Impugnando il wiimote senza alcun bisogno di nunchuk o confusionarie mappature dei tasti, si è direttamente catapultati nell'azione. La telecamera è in prima persona e il puntatore del miracoloso pad Nintendo visualizza su schermo un cerchio di luce equivalente a quello emesso dalla torcia elettrica del protagonista, lasciando al giocatore la possibilità di muovere a suo piacimento il fascio luminoso all'interno delle buie location. Per avanzare basta semplicemente premere il tasto B e il personaggio interpretato dal giocatore muove dei timidi - lenti - passi verso la direzione puntata dal wiimote, con la possibilità di girarsi velocemente di 180° con una rapida oscillazione orizzontale (proprio come ci è stato dato modo di vedere in Project Zero 4). L'interazione con l'ambiente è tutta affidata al tasto A, che capeggia sul lato frontale del wiimote, pronto ad essere premuto nelle vicinanze di qualsiasi oggetto sospetto. Una volta presa confidenza con il sistema di controllo - di per sé molto semplice, ma anche molto macchinoso e poco reattivo - è possibile impegnare i propri sforzi nell'esplorazione degli ambienti infestati con un occhio di riguardo per l'icona a forma di batteria che appare in basso a sinistra della schermata di gioco. In Ju-On non è presente alcun indicatore vitale né menù di qualsivoglia natura, poiché tutto è affidato alle schematiche indicazioni sullo schermo che tengono compagnia durante l'esplorazione, per nulla invasive e, anzi, vitali alla totale comprensione del sistema di gioco. Tornando all'utilità della batteria precedentemente nominata, essa rappresenta non solo la fonte di salvezza del giocatore ma anche un'inesorabile countdown che, esaurendosi, segna l'ineluttabile venuta della classica schermata “game over”. Se le batterie si esauriscono, infatti, il gioco finisce automaticamente, trasformando le inquietanti scampagnate nell'oscurità dei componenti della famiglia Yamada in una corsa contro il tempo all'insegna del risparmio energetico. Nulla è lasciato al caso, ovviamente, e le ambientazioni sono disseminate di batterie addizionali o torce elettriche d'emergenza, utili alla sopravvivenza del giocatore nonché alla risoluzione del gioco. Tenendo conto di queste premesse, l'esplorazione delle location, schemi lineari collegati da corridoi, è semplice, mentre l'evoluzione propriamente “ludica” è spesso affidata alla risoluzione di piccoli enigmi che incoraggiano una minuziosa esplorazione degli ambienti. Locazioni che, ovviamente, rispondono attivamente alla curiosità della torcia dei protagonisti, reagendo in modo spesso inaspettato, regalando così qualche brivido al giocatore e agli ipotetici spettatori. I fan della serie saranno contenti di sapere, inoltre, che è presente la famosa casa da cui tutto è iniziato.
    Sporadicamente si assiste alla comparsa di qualche Q.T.E. e minigiochi dagli esiti, nel caso non si riuscisse a completarli con successo, fatali - come tenere il puntatore del wiimote all'interno di un piccolo cerchio in movimento sullo schermo per trattenere il respiro e non essere scoperti dagli inquietanti inseguitori.

    Il risentimento (dei videogiocatori)

    Una delle feature più interessanti del titolo consiste in una modalità di riconoscimento in tempo reale della tensione del giocatore basata sull'interpretazione delle oscillazioni del wiimote, più frequenti per un giocatore irrequieto e ovviamente meno per un giocatore dai nervi saldi, poco impressionabile.
    Effettivamente in due walkthrough differenti dei primi tre livelli c'è stato dato modo di osservare la comparsa di sequenze (marginalmente) diverse a seconda dell'utente impegnato, con tanto di schermata riassuntiva a fine livello con indicatore di codardia e di spavento. Caratteristica tanto interessante quanto inutile, non influendo minimamente nel gameplay o nella risoluzione del gioco.
    Gli eventi della storyline sono raccontati attraverso brevi riassunti testuali all'inizio e alla fine dei vari episodi in cui è suddiviso il gioco, con la possibilità di richiamare un ulteriore approfondimento, che quasi sempre funge da mero pretesto narrativo per giustificare la scelta di location, mettendo semplicemente in pausa il gioco.
    Nessuna cutscene precalcolata racconta le vicende degli Yamada, né esiste una sola stringa di dialogo in tutto il titolo. Tutto per rientrare in una visione di Ju-On: The Grudge, che esula dal consono campo adventure-survival horror, puntando all' essere riconosciuto come un vero e proprio "simulatore di ambientazione infestata", dai tratti dunque squisitamente arcade.
    Ad aumentare la sensazione di tensione e la carica emotiva che il gioco riesce a creare nel giocatore, uno spettatore armato di secondo wiimote può disturbare ulteriormente l'amico impegnato nel gioco facendo comparire, previa la pressione sul tasto A, vari effetti “disturbanti” in linea con le atmosfere che caratterizzano il titolo.

    Riassumendo, il titolo è basato sulla lenta esplorazione degli ambienti, la risoluzione dei semplici enigmi, la corsa contro il tempo per portare a termine gli scenari prima che la torcia possa estinguersi improvvisamente e - sebbene il titolo non lo palesi fino al quarto schema - la ricerca degli indizi sparsi per tutti i livelli per risolvere il mistero dietro la natura dei due fantasmi tormentati. Senza questi oggetti collezionabili, infatti, il gioco non si conclude, precludendo al giocatore il quinto e ultimo livello di gioco (il tutto, completabile nel giro di un paio di ore). Questa formula ludica potrebbe far storcere il naso ai fruitori medi di videogiochi, non essendo ben classificabile in alcun genere fino ad ora conosciuto. Se dovessimo dare una definizione del titolo, infatti, dovremmo ricordare quelle particolari simulazioni presenti in parchi di divertimenti e fiere, il cui concept si ricollega perfettamente a quello di Ju On: The Grudge.
    Un cinematic-horror game, “simulatore di ambientazione infestata”, che poco ha da spartire con i canonici linguaggi videoludici. La mancanza di una vera e propria “sfida”, un replay value concreto e una qualsivoglia soluzione per variare il gameplay porterebbe chiunque a giudicare il titolo con occhio severo, tuttavia c'è chi potrebbe apprezzare le uniche dinamiche di gioco.

    Trucco e parrucco

    Il comparto grafico del gioco non brilla certamente per virtuosismi tecnici. Le ambientazioni soffrono di una palette cromatica poco varia e di un design blando e forzatamente lineare e la modellazione poligonale degli elementi di sfondo e dei due fantasmi risulta pressapochista e in linea di massima poco curata, tuttavia grazie al sistema d'illuminazione in tempo reale, evidenziando solo una piccola porzione dell'ambiente per volta e proiettando ombre qui e là, riesce comunque a concretizzare il titolo in modo gradevole e credibile nell'insieme.
    Il comparto sonoro accompagna in modo discreto tutta l'avventura con rumori ambientali campionati in modo eccelso - risultando comunque poco vario - e sono ovviamente presenti i caratteristici suoni tratti dal film usati per dare anima a madre e figlio fantasma.
    La componente “propriamente” musicale è ridotta, invece, all'osso: giusto qualche brano strumentale per sottolineare le scene più intense. Come detto in precedenza, non è presente alcun tipo di doppiaggio. In chiusura, è lecito, se non doveroso, evidenziare la pessima campagna pubblicitaria europea del titolo, che può vantare una delle peggiori cover mai realizzate per un videogioco.

    JU-ON: The Grudge JU-ON: The GrudgeVersione Analizzata Nintendo WiiJu-On: The Grudge non è propriamente un videogioco piuttosto un interessante software simulativo che, salvo per alcuni QTE e il tempo limitato, di ludico ha ben poco. Non si parla di esperienza passiva o di film interattivo bensì di un iter lineare capace di ricreare le atmosfere di una delle serie horror più note del panorama cinematografico giapponese: The Grudge. Le mancanze tecniche più che svalutare il comparto visivo e scenografico definiscono un gameplay a tratti lento e blando, a tratti veloce e, se vogliamo, ostico. Coraggiosa (o avventata?) la scelta di pubblicare un titolo così sperimentale su console WII? Lo diranno le vendite.

    4.5

    Che voto dai a: JU-ON: The Grudge

    Media Voto Utenti
    Voti: 45
    4.9
    nd