Recensione Lemmings Touch

Un touch-screen tra voi e l’ennesimo suicidio di massa

Recensione Lemmings Touch
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  • PSVita
  • Per essere tra le mascotte più anziane e iconiche dei videogiochi, i Lemmings sono creature piuttosto timide e riservate. Nonostante il loro folgorante successo negli Anni 90, si sono ben guardate dal proporsi in continui sequel che potessero rovinare l’immagine di quello che resta uno dei puzzle-game più rinomati e glorificati nella storia del nostro hobby preferito.
    Fonte di ispirazione di innumerevoli cloni e titoli che in qualche modo ne richiamano le meccaniche (Mario vs Donkey Kong, giusto per citarne uno), il brand finalmente torna a distanza di quattordici anni da Lemmings Revolution. Lo fa senza alcun clamore, in sordina, con un capitolo che effettivamente non avrebbe giustificato grandi annunci o una roboante campagna marketing. Non che Lemmings Touch si un puzzle game da buttare: ma qualche magagna al sistema di controllo e un concept chiaramente invecchiato lo rendono apprezzabile solo ai nostalgici o agli irriducibili del genere.

    Salvateli da loro stessi

    In questi anni lontani dalle luci della ribalta, i Lemmings sembrano non aver imparato proprio nulla. L’istinto di autoconservazione continua ad essere sconosciuto a questi strani esserini che, testardamente, non fanno altro che cercare la morte in ogni modo con una naturalezza che ha del patologico.
    Comparsi nel livello di turno, rigorosamente bidimensionale, procederanno persistentemente in linea retta, noncuranti di burroni, ostacoli e minacciosi meccanismi che non vedono l’ora di attivarsi nel momento più indicato. Impattare contro un muro gli farà semplicemente cambiare direzione, senza che lo scontro gli faccia comparire sul volto alcuna smorfia di dolore.
    Chissà per quale motivo, ma voi, a questo clan di estemporanei emo (non gli manca neanche il ciuffo ribelle), sarete legati indissolubilmente. Sarà infatti compito vostro salvarli da loro stessi, guidandoli, sani e salvi, sino all’uscita dello scenario. Purtroppo non si tratterà di prenderli uno ad uno, agendo direttamente sul touch-screen, e trascinarli controvoglia. Dovrete utilizzare le stesse abilità dei Lemmings, selezionandole dall’apposito menù. L’ombrello è l’ideale per sopravvivere a una rovinosa caduta. Il piccone serve per creare lunghi cunicoli attraverso le pareti. Con i mattoni si creano lunghissime scale per raggiungere piattaforme sopraelevate. Posizionare un Lemmings in mezzo alla strada può servire a far cambiare il senso di marcia al resto della truppa, magari per evitargli di finire sotto un masso. Bisogna essere pazienti e pianificare ogni mossa con largo anticipo, sfruttando saggiamente i due dorsali che fermano il tempo o lo fanno scorrere più velocemente (opzione graditissima e giustamente usufruibile solo quando ormai il sentiero è sgombro da pericoli).
    Come da tradizione non si tratta di un’operazione di salvataggio priva di sacrifici. Ogni tanto bisogna rassegnarsi all’idea di “spendere” un Lemmings del gregge per attivare volutamente una trappola o far sì che il resto proceda nella direzione giusta: un’infame filosofia di fondo a cui dovrete abituarvi molto presto ma che, ovviamente, nei gli stage in cui tale strategia è prevista, non pregiudicherà lo score finale.

    Alla formula di base della saga, classica e immutata, quest’edizione aggiunge un ingrediente inedito. In alcuni livelli faranno la loro comparsa dei Lemmings malefici che non devono assolutamente raggiungere l’uscita. Mescolati al resto dello schieramento, dovrete trovare il modo di dividerli ed eliminarli o mandarli fuori strada. Il "ribaltamento" dell'obiettivo di fondo, comunque fuso indissolubilmente a quello tradizionale, ha il non secondario pregio di donare un minimo di varietà alla campagna, nonostante sia evidente come gli sviluppatori non abbiano voluto (o potuto) esprimere più approfonditamente quest’anima del gioco nei circa cento schemi presenti. Un vero peccato: non che la sostanza deluda, ma il level design dà costantemente l’impressione di trattenersi. Paragonare la complessità di alcuni stage con quelli visti in Mario Vs Donkey è ingeneroso e vengono a galla quelli che sono limiti strutturali di un puzzle-game divertente ma modesto.
    Inoltre non si può soprassedere sulle evidenti pecche del sistema di controllo che si appoggia, quasi totalmente, al touch-screen. Selezionare creature e abilità con un tocco è un attività sulla carta intuitiva e rapida. Peccato che alla prova dei fatti ci si scontri con il normale sovraffollamento dello schermo, che rende estremamente difficile effettuare l’operazione desiderata con la velocità richiesta. Fortunatamente sarà possibile interrompere in qualsiasi momento il fluire del tempo, ma verrete scossi da un moto d’ira all’ennesimo “tocco” sbagliato.
    Sensazioni simili le restituisce il comparto grafico-sonoro. Lemmings Touch non è brutto da vedere: più semplicemente, non emoziona. Non bastano colori sgargianti e ambientazioni (timidamente) eccentriche per infondere carattere: serve ben altro e il compitino confezionato dagli artisti di D3T ne è una prova lampante. Orecchiabili ma insipide le musiche.

    Lemmings Touch Lemmings TouchVersione Analizzata PlayStation VitaScongelati dal freezer dopo anni nel limbo, i Lemmings in qualche modo se la cavano. Invecchiati e ancorati a meccaniche, ritmi e stilemi di un mondo videoludico che ormai non esiste più, riescono comunque a divertire i fan dei puzzle game. E’ un gioco chiaramente indirizzato a pochi: nostalgici, irriducibili del genere e curiosi che hanno sempre sentito parlare un gran bene della saga. Il grande pubblico non tarderà a bollarlo come un titolo vecchio e penalizzato da un sistema di controllo impreciso e poco reattivo.

    6

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